lunedì 20 giugno 2016

Symbol SE-1200-I000A Barcode Scan engine con Arduino

Ed ecco che stavolta tocca a lui, un modulo di lettura disassemblato da un terminale di rilevamento codici a barre, del quale mi resta solo questo pezzo, il resto è andato nel corso dei periodici riordini del laboratorio per fare spazio a nuovo hardware da studiare e riutilizzare. 
Il modulo di lettura laser è un "cubetto" compatto dal quale esce una piattina flessibile a 8 fili, prodotto dalla Motorola per Symbol, modello della serie SE1200. Mi sono messo in testa di accenderlo e vedere il laser tracciare una riga. L'idea originaria era quella di costruirmi una livella laser ma dopo alcuni esperimenti, trovo didatticamente più interessante giocarci un pò e magari documentare come implementare il modulo con una basetta a microprocessore (tipo Arduino o Raspberry per capirci... che le devo ancora comprare ma prima o poi...). 
Inizialmente pensavo di ricavare e decodificare i segnali seguendo le piste, giusto per capire come alimentarlo ma le difficoltà si sono manifestate sin da subito. Fortuna vuole che in rete c'è un documento del produttore, che spiega in modo molto dettagliato come utilizzarlo. 
Al momento mi manca solo un idea di come implementare il software che decodifica i codici che escono dal modulo sotto forma di barra/spazio, ma... andiamo con ordine, per documentazione, visto che in futuro proverò a fare lo stesso con un modulo simile ma ad alta visibilità (SE1200HV-I000A).
La piattina flessibile è connessa al suo connettore e per estrarla occorre delicatamente far scorrere di poco verso l'esterno la parte in marron scuro che fissa stabilmente i contatti. Il pin numero 1, guardando il modulo con il circuito stampato verso l'alto (girato come in foto), è il primo a sinistra. Nel dubbio, si usa un tester  in modalità prova diodi, collegando il puntale nero sul corpo metallico e con l'altro cercare il pin 1. Nel maneggiare il cubetto occorre sempre fare attenzione in quanto, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, il corpo metallico usato come supporto e dissipatore di calore in realtà è connesso ai +5Volts. Per la piedinatira del flat all'altra estremità, occorre fare attenzione perchè un contatto è sdoppiato ed un altro non collegato. 
I segnali del connettore sono così classificati:
  • pin 1 Alimentazione + 5 Volts
  • pin 2 Range limiter. Se posto a massa il range dello scanner è ridotto, mentre se è a +5V o non collegato, funziona alla massima prestazione possibile. Per alcuni modelli questo segnale è trattato leggermente diversamente (ad esempio per tracciare un puntino per individuare l'area che si sta puntando)
  • pin 3 Abilitazione laser. Serve ad accendere il laser quando messo a massa
  • pin 4 Abilitazione scan. Si usa per abilitare la lettura (alimenta i circuiti interni) quando posto a massa.
  • pin 5 Uscita lettura. Tramite una resistenza di pull-up da 10k ohm quando è "alto" (+5Volts) significa che ha letto una barra mentre se "basso" (GND) uno spazio. Per leggere occorre temporizzare per 55 millisecondi dopo l'abilitazione del laser e dello scan.
  • pin 6 Start of scan. Questo non l'ho ancora compreso bene... devo approfondire... meglio riportare la frase originale e sperare che qualcuno nei commenti spieghi cos'è "Provides the start of scan signal to the decoding system. This signal toggles each scan line and is a square wave with a frequency of about 18 Hz."
  • pin 7 ed 8 - Massa


Per accendere il modulo e vedere la linea rossa è sufficiente collegare + 5 volt al pin 1 e mettere a massa i pin 7,8,3 e 4. Funziona!... massacrando la piattina. Io, in mancanza del connettore adeguato all'altro capo, ho massacrato la piattina flessibile ed ho dovuto grattarla con una lametta dopo che i contatti si sono staccati, per effetto del calore, dal kapton. 
Ora la parte più interessante è quella di creare un software (ad esempio per Arduino o Raspberry o qualsiasi altra scheda a microprocessore) che alla pressione di un tasto fa partire il laser abilitando le lettura e poi visualizze da qualche parte il risultato della scansione, una figata. 
A fantasticare, vista la relativa semplicità del modulo, lo si potrebbe usare in catena di montaggio tra la produzione reparto prodotti finiti ed il magazzino o tra magazzino e zona di carico, per leggere i codici e memorizzarli nel database. Oppure inserirlo in qualche piccolo negozio per creare un piano lettura simile a quello che si vede nei supermercati, una figata. Di applicazioni ce ne potrebbero essere altre ed il limite è solo la fantasia. Ma per la livella laser?? Si può fare ma occorre trovare un sistema che tenga in bolla tutto il modulo... un pò complicato, fattibile ma laborioso. Magari lo installo sul trapano a colonna assieme all'altro per tracciare il punto di foratura.  Alla prossima.

P.S. Luca e Piero sono al bar. Ripeto: Luca e Piero sono al bar.

sabato 18 giugno 2016

Q1617-60001 HP scanner motor assembly

Autopsia di un unità motore di uno scanner, disassemblato da una stampante HP PSC1315 All-In-One. Si tratta del motore facente parte dell'unità di trascinamento del sensore CIS di uno scanner passato a miglior vita. La curiosità e l'idea di riutilizzarlo per qualche applicazione robotica, mi hanno spinto a riportarlo in vita, più che altro a scopo "didattico" e per impratichirmi con la realizzazione di esperimenti nell'ottica "impara l'arte e metti da parte". L'unica foto "dettagliata" dell'unità, in rete, sembra essere disponibile a questo indirizzo.
Intanto partiamo da alcune sigle. L'unità motore ha il part code HP Q1617-60001 (fa parte dell'asssembly  Q1647-60256) ed è compatibile con molte stampanti simili a quella da cui proviene. Per una lista completa dei modelli compatibili, basta visitare partsurfer.hp.com, per accorgersi che il pezzo non è venduto al pubblico come parte di ricambio (forse ai centri autorizzati).
Codice motore: FC130SA - BD063Z08, alimentato a 5 volts, desunti da prove sperimentali. Si parte dalla tensione più bassa e la si aumenta sino a valori "umani", lontani dalla soglia di distruzione. Alcuni motorini a 5 volts non si avviano nemmeno. Questo invece a 5 volts gira ad una velocità che a orecchio è compatibile con quella a cui viaggiava lo scanner, per cui... 5 volts come valore standard e non facciamoci venire altri dubbi.
Lo schema è facilmente ricostruibile seguendo le piste del PCB che ospita il motore. Il segnale che avvisa il processore che l'unità scanner è in movimento (ed in quale direzione) si basa su un doppio sensore a fototransistor e led ad infrarossi. Una rotellina forata, solidale all'asse del motore, interrompe il fascio di luce e alternativamente manda in conduzione/interdizione i fototransistors per produrre in uscita un segnale analogico che viene successivamente campionato e trattato dal microprocessore. Le resistenze inserite nel circuito ci facilitano l'esercizio di calcolo delle correnti e dei valori. La corrente del led ad infrarosso è di 50mA (compatibile con i valori di massima applicabili a questa tipologia di sensore). La corrente di collettore calcolata grossolanamente con la resistenza di emettitore da 1kohm, dovrebbe essere di 10 mA, anche questa compatibile con la stragrande maggioranza degli opto-interruttori a forcella (max value 30/40mA). Per cui....5 volts è l'alimentazione corretta. 
Per visualizzare il segnale in uscita, prelevato dall'emettitore dei fototransistor, se non si dispone di un oscilloscopio, è sufficiente collegare un led rosso con una resistenza in serie da 220ohm (5% 1/4Watt, chi non ce l'ha nel cassetto?), in grado di limitare la corrente a circa 15mA e non rischiare di bruciare i fototransistor. Il segnale prelevato all'emettitore del fototransistor dovrebbe attestarsi sui 3,16 volts, compatibili per la maggior parte dei processori attualmente in uso (Arduino, Raspberry, ecc...). Ok, quasi ci siamo. La tabella del segnale in uscita, prelevato dai due collettori, per una rotazione in senso orario è la seguente:
00
10
11
01
mentre nel senso contrario 
00
01
11
10
Con una semplice routine software (esercizio e compitino da fare a casa) non è difficilissimo interpretare il senso di rotazione del'asse del motorino ed agire di conseguenza. 
Bene, manca la piedinatura del connettore che può essere rimosso o lasciato al suo posto se si è conservato il cavo flessibile piatto. Se si guarda il PCB lato saldature tenendo a destra il connettore, numerando dall'alto verso il basso i punti di saldatura avremo la seguente disposizione:
1 Motore
2 Motore
3 Massa
4 Alimentazione +5 volts (anodo e collettore comune)
5 segnale 1
6 segnale 2
Seguendo le piste è possibile ricavare la piedinatura del sensore a forcella entro cui gira l'interruttore ottico del fascio di luce infrarossa.
Ok, ci siamo. Abbiamo tutti gli elementi per riutilizzare l'oggetto o per modificarlo a piacere. Come? Un idea strampalata può essere quella di un retrofit della stampante, sostituendo la mother board con processore, interfaccia e firmware proprietario e realizzare una stampante open source. Magari, finalmente, potrebbe essere possibile stampare anche con un colore assente senza dover sostituire tutta la cartuccia. O divertirsi a scannerizzare solo con la luce blu o verde (utile per scovare o evidenziare particolari colori, tipo i ghost dot che marchiano le nostre stampe a nostra insaputa) o magari inserendo dei led UV in aggiunta o in sostituzione ai tre già presenti nel CIS (già analizzato nei post precedenti). Esperimenti in corso, ci sarà da divertirsi. Alla prossima.

P.S. Piove governo ladro. Ripeto: Piove governo ladro.


martedì 14 giugno 2016

Sharp Z-20 (Mission impossible))

Mi ero quasi dimenticato di averla conservata. Una fotocopiatrice a piano mobile con inserimento manuale dei fogli, apparentemente funzionante ma senza toner. Inizialmente prevista per recupero dei pezzi all'interno (lenti, specchi, cuscinetti, microswitch, lampade, fusore, calamite cilindriche...) mi piacerebbe rimetterla in funzione. Un fotocopiatore, in generale, è ormai obsoleto, stante la facilità di reperire PC + scanner + stampante magari a colori. La soluzione con il PC però è leggermente complicata, occorre accendere tutto, aspettare che si avvii, avviare il software ecc.ecc... per una semplicissima copia... In aiuto può venire una multifunzione (meglio se laser, che le cartucce inkjet si seccano con una rapidità impressionante, specie quando l'uso è saltuario). Il problema è sempre il costo dell'unità. Se poi il fotocopiatore è recuperato agratis, un tentativo di rimetterlo in funzione è forte. Poche copie all'anno, al volo... si dai, è comodo, ci può stare. Il problema è la "vetustità" dell'apparecchio. Troppo datato, sembra, per suscitare l'appetito avido dei centri di assistenza. Alcuni non rispondono nemmeno, altri ti dicono chiaro e tondo che "non ne vale la pena" (la pena di chi?), altri che "non conviene" (a chi?), altri ci provano col deterrente del costo (60 euro solo per vederlo e la risposta è chiaramente no, alla fine, che tanto non lo guardano nemmeno per guadagnare di più...ladri disonesti).
Un giro in rete per verificare il costo della cartuccia... dai 30 ai 185 euro, da non credere, troppo... le parti di ricambio consumabili non si deprezzano col tempo al pari dell'hardware che li ospita. In fin dei conti è polvere sottile di plastica, che sarà mai? Viene da cercare il kit di ricarica... sempre trenta euri per una bottiglietta. Il prezzo minimo per una cartuccia che ho trovato è 18 euro free shipping (ultimi pezzi) ma solo per gli USA, a noi europei non la vogliono vendere. 
E così ci si ritrova per le mani un rifiuto tossico, colpevole di funzionare ma mancano i pezzi di ricambio o la manodopera specializzata per una manutenzione generale o i consumabili, una follia. 
Quindi? che fare? buttare? NO. Le difficoltà mi stimolano non poco e complice la testardaggine cerco di arrangiarmi. Alla prima cartuccia che trovo (magari la rubo in discarica) recupero il toner e provo a mettercelo, consapevole che i toner non sono tutti uguali ma chissenefrega delle raccomandazioni del solito ingegnere terrorista complice del venditore ladro e disonesto? Stavolta punto alla rigenerazione a costo ZERO. Alla prossima

P.S. Il toner è nero. Ripeto: Il toner è nero. 

lunedì 13 giugno 2016

Avvitatore Black&Decker (autopsy)

Succede spesso che quando ti serve qualcosa, c'è sempre in agguato un altro qualcosa che tende ad impedirti di fare il primo qualcosa. Stamane, in una pausa di "lavoro", decido di sistemare un paio di gruppi di continuità. Il primo tutto ok, funziona. Il secondo no. Ne ho già parlato in un altro post ma francamente non avevo voglia di ripararlo... per sostituire la batteria (che in realtà poi scopro essere funzionante ed efficente), occorre smontarlo ai minimi termini, un lavoraccio ed una perdita di tempo inaccettabile. Le viti che lo tengono assieme, dopo un paio di volte che le si svita ed avvita, perdono il filetto e toglierle diventa quasi impossibile. Per questo motivo mi serviva un avvitatore.... ne ho tre. Il primo della Valex, un ciòttolino di plastica, ha la batteria morta ed è solo la pigrizia che fa da deterrente per la sostituzione. Il secondo, un Bosh, non funziona più. Ho speso più di trenta euro abbondanti per la batteria che, usata pochissimo, non tiene la carica. Di ri-sostituirla nemmeno per sogno, costa troppo. Il terzo è un Black&Decker, con le batterie AA, perso per 9.99 in non ricordo quale brico. Devo dire che è un ciottolino di emergenza, ma il fatto che abbia le batterie AA mi intrippa non poco. Provo ad accenderlo e.... morto pure lui! non ci posso credere. Risolvo con l'avvitatore a trapano, preso al lidl con venti euro e proseguo con il disassemblaggio del gruppo, deciso a terminarlo per sempre. Sei morto, non mi sei mai piaciuto. 
Alla fine mi resta il problema avvitatore di emergenza. Decido di aprire il B&D e capire cosa ci potrebbe mai essere che non va. 
Lo smontaggio è uno dei più banali che ci si possa aspettare. Si toglie una molletta metallica ad U posta in prossimità della testa nera. Attenzione che tutto l'attrezzo non ha nulla di fissato, è composto da parti che se non si sta attenti possono uscire fuori improvvisamente. Sotto alla testa, gli ingranaggi planetari (occhio anche a questi) che scorrono su una rondella ingrassata ed il pignone del motorino semplicemente infilato nel perno. 
Dalla parte del foro lasciato dal porta batteria si pratica un leggero sforzo per separare le due valve del guscio, tenute da due perni in acciaio affocati nella plastica (niente colla o termo saldature per fortuna). 
Il motorino è fissato nel gruppo dei pulsanti avanti/indietro (o avvita/svita se si preferisce) semplicemente dalle linguette dei suoi contatti ripiegate sulla plastica. Dentro, due lamine incastrate e piegate in modo da assicurare il contatto da un lato e l'altro e che porta corrente dalle batterie. Niente di complicato, niente elettronica, regolatori di velocità, led indicatori di carica.... Allora? cos'ha? Il motorino è a posto, basta provarlo con l'alimentatore. Il pacco batterie dà tensione ai suoi capi, i contatti sembrano funzionare (sono pulitissimi)... rimonto provvisoriamente mezzo guscio e tutto riprende a funzionare come prima... un falso contatto credo. Meglio così. 
Pregi e difetti: il pregio maggiore è la semplicità (ed economicità) oltre alla possibilità di inserire le batterie AA (che per casa ce ne sono sempre un pò di mezze scariche da riutilizzare), così si risparmia un pò, magari usando quelle ricaricabili visto che raccomandano di non farlo (disobbedire, sempre!). Il difetto... per ora nessuno a parte il contatto misterioso che va e viene e non si riesce a capire dove sia. Comunque... procedo con terminare la mia arma segreta per sterminare silenziosamente gli unani. Alla prossima.

P.S. la Mela gialla è bacata. Ripeto: la Mela gialla è bacata.

giovedì 9 giugno 2016

Processori in cornice

Sto procedendo con fare un pò di posto a nuovi progetti, scartando tutto ciò che ha poca probabilità di essere per ora riutilizzato. Nel fare ordine in laboratorio mi ritrovo per le mani una scatola piena di processori Intel ed AMD, spiace buttarli, messi da parte con l'idea di realizzare una scheda tipo *rduino ma con qualcosa di più potente e soprattutto di recupero. L'idea è buona ma non credo di avere le capacità di farlo, almeno sino ad ora e non è detto che prima o poi ci provi davvero....si, sono testardo più di un vecchio mulo. 
Con la scatola in mano, penso che vorrei metterli in cornice, per ricordo... e quale miglior cornice se non il telaio di un vecchio orologio da parete?? Frugo nel ciarpame... et voilà, ce l'ho! All'interno è già predisposto lo spazio per le lancette e l'altezza dei processori è appena sotto il limite consentito, il vetro frontale c'è.... Un cartone recuperato da un vecchio raccoglitore ad anelli, un foglio di carta nera che stava sugli scaffali da non ricordo quanto tempo (per lo sfondo), un gancetto per appenderlo ed un pò di termocolla... 15 minuti... fatto. Non male. Bravo!  Questo va in ufficio. 
Al prossimo orologio quadrato che si rompe, ci faccio un altro pensierino di inserirci altri oggetti, o altri processori avanzati che ne ho davvero una quantità industriale, assieme ai banchi di memoria. Nel frattempo devo realizzare, con degli assi da bancale, una cornice per due quadrifogli trovati in giardino (che portano tanta fortuna a chi ci crede). Per il vetro...no no, userò il foglio di plastica trasparente di alcuni schermi LCD disassemblati per curiosità, sono della dimensione giusta. Manca solo un pò di lavoro di falegnameria, a tempo perso... alla prossima. 

P.S. Gigi, vai in bagno!. Ripeto: Gigi, vai in bagno!

lunedì 6 giugno 2016

Ti aspetto all'entrata

...cronaca di una domenica da unano, ma con certe falle comunicative i cui effetti sono amplificati da carenze neurali croniche, non ci dobbiamo stupire poi più di tanto. 
Pomeriggio di domenica, supermercato dei poveri, manca un euro per il carrello. Immediatamente due menti diverse escogitano due soluzioni differenti, è ovvio. 
La prima, l'utilizzatore della spesa,  suggerisce di utilizzare i carrellini di plastica, quelli che si trovano all'interno del punto vendita, nonostante la lista delle cose da acquistare fosse lunga e corposa. Ciò però comporta il dover portare con sè le sporte (che noi i sacchetti di plastica non li vogliamo e nemmeno i sacchetti biodegradabili che si rompono e occorre comprarne il doppio).  
La seconda mente, l'accompagnatore, più pratico, suggerisce di cambiare all'interno i 5 euro in monetine, prendere un carrello per poi portarlo alla fine direttamente in auto per il carico nel bagagliaio. 
A complicare l'esistenza un incontenibile bisogno di fare pipì nel bagno all'interno della struttura. Si decide così dopo lunga diatriba verbale su cosa fosse "più meglio", per la seconda opzione. L'accompagnatore ci mette l'euro e fila in bagno e l'utilizzatore prende l'euro per ritirare il carrelli dall'esterno, non senza prima comunicare il luogo del meeting immediatamente sccessivo i rispettivi impegni... TI ASPETTO ALL'ENTRATA. 
L'Accompagnatore, dopo la minzione, si reca diligentemente all'entrata e... non trova l'Utilizzatore. Decide di posizionarsi in una posizione strategica da dove tiene d'occhio il deposito dei carrelli, la rampa mobile che arriva dal deposito dei carrelli al piano inferiore, l'interno del supermercato facilmente visibile all'apertura delle porte scorrevoli, non puoi sfuggirmi... aspetta, aspetta, aspetta...dopo 5 minuti squilla il telefono... 
U "dove sei?" 
A "nel punto pattuito"
U "Anch'io"
A "Si ma dove? non ti vedo"
U "Sono all'entrata"
A "Anch'io"
U "Dai entra"
A "Ma... sei dentro?"
U "si, all'entrata"
A "No, l'entrata è dove c'è quel cartello enorme da 12 metri a caratteri cubitali ove è scritto ENTRATA!!
U "Dai entra"
L'accompagnatore entra un pò perplesso... dove sarà mai che da fuori non la vedevo? Ma dietro una catasta di merce in offerta ovviamente! Brutta demente, stordita di una cretina, ti amo ma a volte ti prenderei a insulti irripetibili! 
E così, con il rito della spesa di domenica, perchè non c'è mai tempo di farla con calma in orari e giorni diversi, e si fottano i commessi sottopagati e costretti a sacrificare il giorno del loro signore, tocca subire l'ormai rituale bagno di unani maledetti, zombie col telefono che è meglio farli passare altrimenti ti cozzano contro, deficienti in auto che non sanno guidare, donne al volante che per parcheggiare occupano anche tre posti, unani che per caricare le sporte sul SUV devono lasciare il carrello nella strettoia di passaggio, bambini incustoditi liberi di sfogare le loro più incredibili fantasie ludiche, idioti che urlano da una corsia all'altra per raccontarsi i cazzi loro, donne col passeggino che accompagnano altre donne col carrello, mariti al seguito di improponibili culone a spingere il carrello in modalità "vò 'ndò caxo mi pare", massaie intente a palpeggiare accuratamente tutta la frutta o a buttare tutto all'aria per prendere ciò che sta sotto e che era sopra un minuto prima, morti di fame che non resistono e devono mangiare tra gli scaffali, altri morti di fame ad aprire le confezioni per vedere cosa mai ci sarà all'interno, altri a provare tutti gli spray (dal deodorante all'insetticida), ad assaggiare fragole e cigliege (ma una alla volta per non farsi notare ed il pranzo è servito)... e le guardie giurate? all'ingresso a rimorchiare le culone ipnotizzate dalla divisa e dalla pistola... alle culone piace il potere. Ed è solo una descrizione superficiale di ciò che succede. Verrebbe voglia di prenderli uno a uno e dire loro... ti aspetto all'ingresso... ma per dargliene tante, ma tante, ma tante, sperando possa servire da lezione (si come no, credici). Ah, dimenticavo.... l'euro se l'è mangiato il carrello... letteralmente. Alla prossima. 

P.S. il pezzo di pane è da grattugia. Ripeto il pezzo di pane è da grattugia. 


è morto uno

A nome di tutti quelli, tantissimi, che ha quotidianamente insultato, discriminato, offeso, illuso, raggirato, canzonato, usato, disprezzato, umiliato, affamato, svuotato, impoverito, danneggiato, distrutto, emarginato, diviso, demonizzato, zittito, logorato, smerdato, negato, annoiato, nauseato, odiato, turbato, stroncato con particolare zelo e dedizione maniacale, magari pensando arrogantemente di essere nel "giusto" e di avere "ragione", dedico "con viva e vibrante soddisfazione" il più gigantesco VAFFANCHIULO del mondo. Che tu rimanga maledetto e dimenticato per il resto dei secoli.  Il rispetto, da morto, te lo dovevi guadagnare da vivo.

P.S. ... Ripeto: ...

domenica 5 giugno 2016

REX Zoppas PM60 Microwave (schema elettrico)


Devo dire che l'attrezzo in questione ha fatto più che egregiamente la sua parte. Devo anche aggiungere che per come è stato trattato è stato bravo a resistere così a lungo. Quando le cose di una volta venivano progettate e realizzate pensando alla qualità ed un pò meno ai profitti finanziari ed ai dividenti degli investitori avidi e corrotti... bei tempi, ormai andati.
Messo da parte per fare posto ad un suo cugino cinese (meno avido di energia) è arrivato il suo momento... devo sezionarlo per recuperare i pezzi all'interno e portarlo al cimitero dei RAEE, amen. 
I forni a microonde sono una preziosa fonte di componenti utilissimi per hobbisti e smanettoni del fai da te. Oltre al trasformatore HV, il cui riutilizzo primario è destinato alle saldatrici a punti (con le opportune modifiche già documentate in moltissimissimi tutorial, post, filmati e spiegazioni dettagliate), si può recuperare il motorino a 230V demoltiplicato, che sta alla base e serve per far ruotare lentamente il piatto porta vivande, ques'ultimo riutilizzabile come sottopentola in quanto in vetro temprato. In più, almeno 4 microswitch, una ventola con motorino asincrono, tre termostati, due magneti toroidali dal magnetron.... questi ultimi però li ho lasciati al loro posto. Il magnetron, verso il punto in cui si concentrano le microonde in emissione, presenta una parte color rosa (intenso o pallido)... ecco, quella parte non è da toccare, rompere, leccare, ingerire eccc... VELENO molto pericoloso... per cui ho preferito lasciare integro il magnetron e non rischiare. Il diodo ad alta tensione è interessante e ho preferito metterlo da parte, si sa mai...
All'interno del coperchio ho trovato l'etichetta con lo schema ed i colori dei fili (eccolo). Buon esempio ormai caduto in disuso per agevolare i riparatori indipendenti, grazie. Per ora basta, devo procedere con disassemblare l'attrezzo autocostruito per ricaricare le cartucce di inchiostro col sottovuoto... da oggi solo toner e mai più inchiostro liquido... o forse no... boh. Alla prossima.

P.S. La lupa uluquà. Ripeto:  La lupa uluquà.

mercoledì 1 giugno 2016

Vivitar viviCam 3565T (Teardown)

Prima di disfarmene... almeno un occhiatina per vedere che c'è dentro. Una macchinetta digitale avuta in regalo come gadget pubblicitario di un azienda ad oggi fallita. E' stata una delle prime utilizzate per iniziare a pubblicare dei post con delle foto "decenti", sicuramente migliori di quelle fatte con la webcam e lente macro. E' guasta, lo schermo di anteprima non si illumina e francamente non credo valga la pena di ripararla. Non ho nemmeno gli strumenti adatti per recuperare il sensore delle immagini, che tanto mi piacerebbe usare per gli esperimenti più strani o per creare una network cam per la video sorveglianza fatta in casa (tipo beccare il gatto di merda che scava nell'orto appena seminato per i suoi merdosi bisognini).
L'apertura del guscio è semplice, basta togliere tutte le viti a vista, compresa quella nascosta dietro al portellino delle batterie.. Il resto viene da sè, dissaldando o tagliando i contatti alle batterie ed al piezo buzzer ed al flash... tagliare dai, se è rotta inutile stare troppo delicati. All'interno, per i poco attrezzati, si può recuperare il buzzer piezo, l'oculare per le microispezioni, la lampada del flash e poco altro. Il resto è tutto integrato nella basetta, compresi i micro pulsanti a saldare, i chip di memoria, il processore video ed altre sigle quasi sconosciute. 
Giusto per documentazione ed a futura memoria, i chip:

  • Jcatch SUNPLUS SPCA533A-PBO11 Digital Still Camera Controller
  • kynix HY57V641620HG 67,108,864-bit CMOS Synchronous DRAM
  • Toshiba  TC58V64BFT 64-MBIT (8M 8 BITS) CMOS NAND E2 PROM 
  • MX E032150 / 29LV040TC-90 2F331400 (boh)
La sigla del sensore di immagini?? sconosciuta o almeno non riesco a vederla. Quasi sicuramente qualcosa si trova nella parte a contatto col PCB ma al momento non ho proprio voglia di accendere i dissaldatori per recuperarla. 
Ecco... ora sono un pò più "soddisfatto". Mi spiace un pò per la macchinetta e per il cinesino sfruttato nell'assemblarla, pagato una miseria e sostenuto solo dai suoi sogni di schiavo che desidera la libertà attraverso i soldi... un ossimoro vivente. Adesso tocca al palmare.  Alla prossima.

Il palmare è al mare. Ripeto: Il palmare è al mare 

venerdì 20 maggio 2016

svitaremanopolavaporedelonghi

ma chi è quell'unano che con google cerca le informazioni in rete digitando "svitaremanopolavaporedelonghi" ?? senza spazi? Eh? Vieni fuori analfa0.1beta!

Showing results for svitare manopola vapore delonghi

No results found for svitaremanopolavaporedelonghi

P.S. La prolunga è corta. Ripeto: La prolunga è corta.

mercoledì 18 maggio 2016

Un distacco difficile

Ieri sera, complice l'ADSL ko, mi sono tuffato in "lavoratorio", deciso ad attuare i propositi del post precedente, con la morte nel cuore e la lacrimuccia che fa tanto poco "macho" ma aiuta a superare lo stress. Però, prima di riporre il ciarpame nello scatolone del RAEE, mi sono preso l'ultima soddisfazione... smontare tutto ai minimi termini e vedere come è fatto all'interno. Nella lista delle cose vintage sono confluiti:

  • 6 extensa 366 computer portatili, ormai non più funzionanti
  • 1 TI extensa 366D (il mio primo amore trasportabile)
  • 2 Samsung SGH U600
  • 2 Samsung SGH-X650
  • 1 Samsung A800
  • 1 Sagem modello non documentato
  • 1LG U8360
  • 1 Sony Ericsson T630
  • 1 Nokia 7210c type RM-436
  • 1 Nokia 6030 type RM-74
  • 1 Nokia 3100 type RH-19
  • 1 Nokia 3330 type NHM-6NX
  • 1Nokia N73-1 Type RM-133 rosso mattone (orribilis)
  • 1 Nokia 6161 Type RM200
  • 1 Nokia 1661-2 Type RH-122
  • 1 Nokia 5200 Type RM-174
  • 1 Nokia 6288 Type RM-78
  • 1 Nokia 1110 Type RM-93
  • 1 Motorola L6 rosa (orrendo)
  • 1 lettore CD
  • una quantità industriale di batterie morte
  • una quantità industriale di componenti e schede provenienti da alimentatori, UPS, lettori DVD, mother board, allarmi, centraline, giocattoli...
il tutto pazientemente smontato, sezionato, disassemblato, fatto a pezzi, compresi gli schermi LCD che contengono quei foglietti semitrasparenti, riflettenti che mi piacciono tanto. E' stato interessante ripassare l'evoluzione che i telefonini hanno registrato nel tempo. Dalle viti, prima 6 poi 4,3,2... si è passati agli incastri e poi al nastro bi-adesivo, giusto per rendere sempre più difficile la riparazione ed incentivare l'usa e getta. Nel corso degli anni poi, la miniaturizzazione ha raggiunto livelli tali che maneggiare componenti microscopici posti l'uno accanto all'altro a distanza ravvicinatissima, impone  l'uso di speciali dispositivi necessari alle riparazioni. Ah, già...i riparatori "autorizzati" sono quelli costretti a comprare dal produttore le morse, gli attrezzi, l'hardware e software di diagnostica... costi da scaricare ovviamente sulla vittima sacrificale... il cliente.
Fra le altre cose buttate.... i manuali di "quel sistema che non voglio nominare"95... una foresta di alberi abbattuti... già... sono un ex di "quel sistema che non voglio nominare"95 e sono passati vent'anni da un felice distacco nemmeno sofferto... oggi solo GNU/Linux ed in futuro solo sistemi open source.
Durante l'opera di disassemblaggio dell'hardware, di esplorazione ed apprendimento, mi sono fatto un pò sopraffare dai pensieri che ancora mi accompagnano. Penso alle avventure passate col mio primo portatile, quello che ha condiviso il giorno del frontale causato da un friulano di *****, ubriaco marcio, che una notte mentre rientravo dal lavoro mi ha disintegrato ginocchio, schiena e vettura d'ordinanza. Penso al lavoro di verniciatura su altri due portatili (blu elettrico glitterato e rame) fatti eseguire dal carrozziere quando pensavo di cimentarmi nella moddizzazione dei PC (progetto fallito... il costo è esorbitante rispetto al valore). Penso a tutto quell'oro che finirà nelle tasche di chi non se lo merita, pagato all'acquisto e pagato per smaltirlo. Penso che tutti quei microfoni microscopici mi sarebbero serviti per costruire delle microspie, assieme alle videocamere nanoscopiche ideali per essere occultate nei punti dove nemmeno si immagina. Penso ai motorini per la vibrazione che potevano essere recuperati per qualche gadget usato per stupire gli unani, tipo i micro bug fatti con lo spazzolino (a certi deficienti piacciono un botto tanto da comperarli invece di costruirseli). Penso ai mini LCD (che il datasheet è custodito meglio dei segreti di fatima) utilizzabili come mini schermi per le applicazioni più svariate. Penso alle tastiere ed ai led bianchi, specie quelli piatti usati nella retroilluminazione... preziosi per riutilizzarli in micro impianti di illuminazione dei cassetti. Penso al litio ed alla sua reazione violenta ed incendiaria con l'acqua... Penso che purtroppo non riuscirò ad usarre nulla di quanto sta per essere buttato e che mi serve spazio in casa, magari per realizzare cose più "grossolane" e meno tecniche (tipo una carriola per il giardino che la schiena ormai non mi regge più). 
Ecco... lo scatolone è quasi pronto, ma sono solo all'inizio. Intanto mi sono un pò divertito, giusto per alleviare gli anatemi, insulti e incazzature verso un provider di connettività ADSL che non fa il suo dovere, non rispetta il contratto di fornitura ma pretende di essere pagato, altrimenti mi sospende il servizio... quale servizio? Alla prossima. 

P.s. Piero è da Francesca e Mario non si sposta. Ripeto: Piero è da Francesca e Mario non si sposta.


sabato 14 maggio 2016

Accumulo compulsivo (parte 2)

Da dicembre 2012 ad oggi è passato un pò di tempo ma il problema si ripresenta, puntuale come una cambiale. Sono mentalmente malato, lo so, ma non riesco proprio a guarire. Di andare da uno strizza cervelli proprio no. Non servono a nulla. Quelli ti stendono su un lettino, ti fanno parlare e poi ti dicono cose che sai già. Di cure nemmeno a parlarne, o meglio ti dicono di fare cose che sai già di non voler fare....sono capace anch'io. Per cui...soldi buttati (e tantissimi). 
E dopo questa giustificazione del caxo, mi ritrovo con il solito preziosissimo accumulo di cose da fare, rifiutate dagli altri, scartate per motivi assurdi, rotte e riparabili. Le cose da fare, i dispositivi da analizzare per curiosità, gli esperimenti che la mia testa vorrebbe replicare per desiderio di conoscenza e pragmatica esperienza, la voglia mai repressa di migliorare gli oggetti... non si conciliano con il lavoro e con gli affetti delle due persone che mi circondano. Di seppellirmi in laboratorio, tralasciando totalmente una già limitatissima vita sociale, non ne voglio sapere. Qualche volta devo pur uscire e prendere una boccata d'aria, un pò di sole in faccia risolverebbe il pallore cadaverico che un unano mi ha fatto notare (pensa al tuo aspetto putrescente imbecille). 
Mi sa che anche stavolta dovrò buttare e darla apparentemente vinta alle multinazionali del consumo. Per bilanciare la sconfitta, per rivincita, procederò con limitare ancora di più i consumi, portandoli a quasi zero, ci sono già molto vicino, e penserò all'autoproduzione sostenibile. 
Ogni oggetto preso in mano, mi ricorda il motivo per cui l'ho messo da parte, mi ricorda cosa ci volevo fare, mi ricorda esperimenti mai avvviati. Ma è anche vero che è da tanti anni che è lì ed il "prima o poi" non arriva mai, per mancanza di tempo o per mancanza di strumenti che autocostruirsi è arduo e reso quasi impossibile data la cronica mancanza di fondi che spesso destino a finalità più "social". Devo disfarmene prima di rimanere sepolto da cose che, temo, non riuscirò mai a fare.
Il problema è la discarica... certi oggetti non so proprio dove buttarli ed il rischio è che si avvicini "l'operatore ecologico", ignorante come il cartongesso, e mi ordini di buttare nel posto sbagliato quello che nella sua mente limitata è di un materiale immaginario, valutato ad occhio in base al suo aspetto esteriore. Per cui, i nuclei di ferrite finiranno nella plastica, i condensatori ceramici ed elettrolitici nel secco non riciclabile, i tubicini fluorescenti degli scanner nella plastica, assieme ai pannelli LCD estratti dai monitor ed alle ventole dei PC, i dissipatori in alluminio nel metallo ferroso....  E poi il mentalmente disturbato sono io vero? Ciao imbecilli.

P.S. Rocco non ha fratelli. Ripeto: Rocco non ha fratelli. 

sabato 7 maggio 2016

Auguri

Tanti auguri a meeeee... oggi mi hanno fatto gli auguri, oltre alla compagna e figlia più mia madre:

  • il mio family banker(R)
  • un forum che non frequento da anni

... e basta. Forse il continuo mandare a fanchiulo gli unani ha sortito qualche effetto positivo. State a casa vostra. 

P.S. la mucca non dà latte. Il picchio è pacifista. Ripeto: la mucca non dà latte. Il picchio è pacifista. 

sabato 30 aprile 2016

Indovinello 2

Caricabatteria da auto per telefono
Indovinello: quale dei due caribatteria per cellulare da auto che si vedono in foto è di manifattura "cinese"? 
Quello più complesso monta un regolatore DC-DC AP34063 "The AP34063 Series is a monolithic control circuit containing the primary functions required for DC-to-DC converters. These devices consist of an internal temperature compensated reference, comparator, controlled duty cycle oscillator with an active current limit circuit, driver and high current output switch. This series is specifically designed for incorporating in Step-Down and Step-Up and VoltageInverting applications with a minimum number of external components."
L'altro usa solo tre componenti...

P.S. Gli acidi grassi sono complessi. ripeto: Gli acidi grassi sono complessi.

giovedì 28 aprile 2016

Borsa del libero professionista

Anni di attività, più di trentacinque, con al seguito la fedelissima borsa in pelle, pagata all'epoca una fucilata ma necessaria per sopperire all'italica abitudine di giudicare gli altri dall'aspetto e non dalla sostanza. Quando ci si deve presentare in certi ambienti istituzionali non ci si può presentare senza gli accessori giusti. Ai giovani avvocati, appena ottenuta l'abilitazione, era uso regalare LA borsa in cuoio portafascicoli, che doveva accompagnare il professionista per tutta la vita professionale, augurandola la più lunga e prospera possibile. Oggi, con l'avvento del nuovo processo telematico, al massimo si regala un porta tablet. La mia era un pezzo di borsa spacciata "in vera pelle" dal negoziante, ero giovanissimo ed inesperto, mi pareva la borsa più bella del mondo...presa!
Mi ha accompagnato per tantissimi anni e dio solo sa cosa ha visto passare al suo interno. Col tempo la maniglia ha iniziato a dare dei cedimenti ed una delle due cerniere ha inizato a scucirsi. Propenso a recuperarla, inizio una disperata ricerca di qualcuno in grado di ripararla... quasi nulla, chi dice di non avere il macchinario, chi invece dice che non è proprio la sua attività quella di riparare, chi invece cerca di rifilartene una nuova senza tanto girarci intorno.  Fatto sta che cercare un artigiano che abbia voglia di ascoltare e capire la mia esigenza ed abbia voglia di farlo, sembra, nemmeno l'ombra. 
L'ultimo che ho visitato (scovato vicino a dove mi ospitano quando sono da voi, nascosto in una viuzza senza insegne e con una vetrinetta modesta) ha avuto la pazienza di ascoltare, spiegare e su mia richiesta mostrare delle alternative. Sì, perchè stavolta mi sa che ha ragione, nonostante non ci voglio ancora credere, più che altro per coerenza con il mio chiodo fisso del riciclo. Intanto la borsa non è in pelle ma in finta pelle, sky. Per riparare occorre aprire una quantità industriale di cuciture e sperare che ricucendo la pelle vecchia, pure molto sottile, tenga e non si strappi dopo poco. Il costo della riparazione poi supera il valore del manufatto e, dovendola fare in gran parte manualmente, si avvicina all'acquisto del nuovo. Con la consapevolezza postuma di aver preso un inchiulata commerciale (e faccio bene ad odiarli i commercianti bastardi disonesti), complice la voglia di rinnovare il look, sono quasi convinto, con la morte nel cuore, a comperare una borsa nuova...quasi. Dove ancora non lo so, ma so solo che dovrà essere in pelle, cuoio, meglio se invecchiato, di colore scuro tendente al nero. L'ho già vista ma prima voglio fare un giretto e distrattamente (prima che i commercianti riescano ad individuare il mio bisogno) osservre quello che il mercato offre. Stavolta non mi farò inchiulare e di sicuro, eccezzionalmente, niente cinesi ma anziani artigiani di una volta, di quelli che le cose solide e durature le sanno ancora fare a manina (e per questo non bado certo a spese). 
Ma di quella vecchia che ci faccio? la butto?. Mi sa di nò. Per ora sono propenso a smontarla, recuperare il recuperabile e con la finta pelle avanzata creare degli astucci (per gli occhiali o per qualche attrezzo)... mi manca solo la macchina da cucire e gli attrezzi per lavorare la pelle... un kit ci sarà in giro, meglio investire in attrezzi e far da sè, come sempre.
Alla prossima. 

P.S. Dio, patria, famiglia...che vita di merda. Ripeto: Dio, patria, famiglia...che vita di merda.

mercoledì 27 aprile 2016

Lampada di sale

Oggi mi hanno regalato questa lampada di sale USB. Proviene da un recupero in extremis da una massaia convinta che era da buttare in quanto non funzionante. In realtà la persona che l'ha presa in carico e me l'ha donata, ha provveduto ad avvitare la lampadina all'interno facendola tornare come nuova e dimostrando come il pianeta sia invaso da unani dementi, clinicamente cretini.
Non c'è molto di "tecnico" da dire, se non approfondire se le (sei) proprietà decantate per queste lampade hanno basi solide sotto il profilo scientifico. In moltissimi siti che le vendono (ma qualcuno se le fa in casa con il sale per cavalli), si può leggere che hanno il potere di purificare l'aria, di emettere (scaldandosi) ioni negativi... il tutto supportato da comprove del tipo "...diversi studi condotti in epoche diverse...", "...studi recenti...", "...da molto tempo gli abitanti dell'himalaya ne conoscono le proprietà...". Recenti, molto, diversi... complimenti per la precisione. Un dato lo possiamo ricavare da una citazione un pò più "precisa", "...L'ing. Honisch, della società Nazionale ricerche sullo Smog elettrico in Germania, ha svolto numerosi studi sul potere delle lampade di sale ed ha dimostrato come...". Di un caxo di link a della documentazione nemmeno l'ombra. L'ing (sempre e solo per cognome) è citato (magia del copia & incolla) da diversi siti che decantano le proprietà delle lampade di sale, ma una gooricerca del fantomatico ingegnere non fornisce precisi risultati su quello che lavora in germania, uno è in Austria a Vienna, un altro a Monza, ma verificare sta storia degli ioni prodotti dal sale scaldato da una lampadina è praticamente impossibile.  Solo wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Sale_himalayano ci viene incontro e ci informa che "...Non esiste, tuttavia, alcuna prova scientifica che le lampade di sale siano in grado di emettere quantità misurabili di anioni, né esiste alcuna evidenza scientifica sulla capacità, di queste lampade, di apportare un qualsivoglia beneficio in qualche aspetto della salute umana..."
Resta da dire una cosa, giusto per dimostrare come le bufale si sovrappongono ad altre bufale. Una lampadina USB a led NON è in grado di scaldare la quantità di "sale" della lampada in foto, per nulla, che risulta, anche dopo ore, fredda e gelida come un sasso. Mi manca solo la prova "lecca lecca" per verificare se è proprio Sale (non pretendo dell'Himalaya) o se invece, come sembra, è solo resina.
Fatto sta che non importa se è sale o se emette ioni, l'importante per l'unano demente è crederci e l'effetto placebo fa il resto. Personalmente la terrò in camera, ma come luce di cortesia a basso consumo per non inciampare al buio. Spero solo che la resina non emetta, con la luce, il preoccupante "bifidus temibilis", che dopo poche ore di inalazione fa crescere un terzo occhio in mezzo alla fronte, ma cieco, a mio cuggino è già successo. Ciao imbecilli.

P.S. la minestra è sciapa, la accendiamo? Ripeto: la minestra è sciapa, la accendiamo?

martedì 26 aprile 2016

Scarti estrattore di succhi

Mela, rapa rossa, fragola, pera.
Qui non si butta nulla. Dopo il salasso dovuto all'acquisto di un estrattore di succhi, occorre rimettersi in pari e cercare di ridurre a zero gli scarti, o meglio quelli che altri considerano scarto. L'estrattore l'ho preso presso un arrotino che, grazie alla sua cortesia, gentilezza e preparazione tecnica, mi ha "convinto" all'acquisto. Preso! ... e regalato... si, io so preparare il cibo ma mi piace concentrarmi su cose più tecniche, per cui meglio cedere l'attrezzo il cui posto è la cucina, non certo un laboratorio pieno di ciarpame, solventi, vernici, polvere e altre schifezze. 
Il ciòttolo funziona da dio. Estrae i succhi con tutti i vantaggi che ne derivano, mooooolto meglio di una banalissima centrifuga. Ma, assistendo all'operazione di estrazione, con l'occhio clinico del tecnico che cerca di capire come prodursi in casa una coclea e replicare l'oggetto (migliorandolo ovviamente), noto che la fatina dei succhi getta nell'umido gli scarti!. ORRORE! Come osi!?? con quello che costa la frutta e la verdura! ASSASSINA!! 
Cazziatone a parte, urge una soluzione. Gli scarti (chissè perchè li chiamo così, forse perchè è più comprensibile di "sottoprodotto di lavorazione") sono in realtà polpa e buccia senza liquidi, asciutti e consistenti. Per conservarli, basta essiccarli e sono perfettamente commestibili oltre che saporiti. Possono essere usati nel preparare dolci o pane, oppure per insaporire arrosti, condire l'insalata o nello iogurt della colazione mattutina, magari mescolandoli con miele. L'essiccatura è per conseervarli meglio ed un vasetto ermetico aiuta. Detto, fatto. 
Essiccando la polpa dello zenzero e riducendola in  polvere, si può ottenere un condimento per la carne o per le patate lesse. Proprio ieri mi sono imbattuto al supermercato in polvere di zenzero in confezione. 2 grammi per due euro e cinquanta! fanchiulo. Faccio da me e lo zenzero me lo coltivo in vaso così come i frutti di bosco, la frutta, le aromatiche. Ciao imbecilli. 

P.S. le castagne sono sul fuoco. Ripeto: le castagne sono sul fuoco.  

domenica 17 aprile 2016

Saldatrice fai da te con MOT (parte 4 - pressa e puntali)

Prosegue pian piano la sperimentazione della saldatrice a punti realizzata con il trasformatore di un vecchio forno a microonde. Stavolta tocca ai punti di saldatura ed al sistema per pressare i puntali sul pezzo da saldare. Molto tempo fa avevo messo in pensione un supporto a colonna per trapano manuale, recuperato da una massaia che aveva deciso di disfarsene, dopo che si era resa conto che il fai da te non è cosa per comuni mortali (meglio continuare in cucina e specializzarsi ad aprire scatolette e confezioni di plastica).  Il tempo, l'ossigeno ed un ripostiglio non proprio secco, hanno contribuito alla formazione di ruggine ed il meccanismo di scorrimento era praticamente bloccato. 
Dopo una quantità industriale di sv*tol e WD4* e botte da orbi con il mazzuolo in gomma, alla fine, sono riuscito a rimettere in funzione il meccanismo che ora va meglio di prima (grazie anche ad alcune modifiche minori che non vale la pena di documentare). 
La scelta della pressa per i puntali di saldatura è dettata dalla necessità di avere le mani libere, oltre a quella che per ogni pezzo da saldare si possono realizzare i puntali della forma più adatta con un sistema di aggancio "rapido". Per cominciare, in mancanza di una barra di rame, ho utilizzato degli spezzoni dei perni di scorrimento onnipresenti nelle stampanti. Si tagliano a misura, si filetta una parte (M8) e si fissano con dei bulloni gli occhielli dei capicorda, realizzati nelle puntate precedenti. Uno dei due contatti deve restare isolato dal supporto. Quale materiale utilizzare? Plastica no, si fonde o si ammorbidisce col calore. Metallo no perchè conduce l'elettricità. Vetro o Ceramica? difficile da lavorare. Silicone? costa troppo. Cemento refrattario? anche si, ma alla fine ho preferito il calssico pezzetto di legno tagliato a disco, forato nel centro. 
L'elettrodo inferiore lo si fissa con una piccola morsa, da posizionare al momento, in asse con l'elettrodo superiore. Un breve lavoro di setup e la soluzione è servita.
I puntali: devo saldare in croce due fili di ferro, per cui con una lima a triangolo ho praticato due incavi di alloggiamento. Per le lamiere piane, i puntali andranno a punta per concentrare il calore il più possibile (non troppo a punta però). 
Occorre però fare alcune considerazioni, che dimostrano come i puntali in acciaio non vanno bene. Stiamo parlando di correnti molto alte, per cui anche un centrimetro in più (sia di cavo che di puntale) provocano una caduta di tensione significativa, che può compromettere la saldatura. Già nel mio caso ho i cavi troppo lunghi e la lunghezza dei puntali (8cm) riduce la tensione a valori sufficienti ad arrossire il pezzo in saldatura che però non si salda bene (con la filettatura superiore posso regolare la lunghezza). La soluzione ideale quindi è realizzare puntali in rame e cavi corti, molto corti. La misura ideale non esiste, in quanto la resistenza finale è influenzata anche dalla resistenza dei contatti e del materiale sottoposto a saldatura. Se si va a controllare la mole industriale di esempi già realizzati, si nota che il più delle volte, per dimostrazione, si saldano due lamierini sottili, due rondelle, pezzetti di metalli non specificati... il tempo di saldatura varia da pochi secondi sino a trenta... dipende anche dalla ruggine... la tenuta non sempre è dimostrata ma, per ottenere un giunto a prova di strappo, occorre arrivare alla quasi fusione del pezzo in prossimità dei puntali. Occorre anche aggiungere che questo tipo di soluzione non è adatto alla saldature delle lamelle sulle batterie (ricaricabili). Per questo serve un circuito che permetta di produrre un piccolo impulso di durata regolabile, per non scaldare la batteria che altrimenti si distruggerebbe (batterie e calore non vanno d'accordo). Ad ogni modo, ad ora, sono arrivato quaasi alla fine. Devo procurarmi agratis un pezzettino di tondino di rame ed accorciare un pò i cavi. 
Ma il legno usato per il supporto del puntale superiore non si brucia? Ovvio che tende ad annerirsi, se ci si mette a saldare per mezz'ora senza sosta ( e c'è pure il pericolo che si incendi), ma qui non c'è nessun capo reparto aguzzino testa di c*zzo che mi impone di produrre tot pezzi al minuto, per cui basta fare delle pause e prendersela comoda, non ci corre dietro nessuno, non ci alita sul collo nessuno, qui conta solo il risultato, non come ci si è arrivati. Alla prossima. 

P.S. ora vado a votare SI al referendum, NO alle trivelle. Ripeto: ora vado a votare SI al referendum, NO alle trivelle.

mercoledì 13 aprile 2016

CNS, ci risiamo

Ogni tre anni occorre rinnovare i certificati della firma digitale ed ogni tre anni mi tocca incazzarmi come una bestia. Puntualmente ogni tre anni si ripropongono i soliti problemi segnalati ma mai risolti. La CNS, carta nazionale dei "servizi" viene fornita dalla CCIAA su due supporti: smartcard e chiavetta USB. La chiavetta USB sotto linux NON FUNZIONA (devo scriverlo urlando), in quanto il software in essa preinstallato non "vede" il dispositivo (e lo segnala pure nella diagnostica). La smart card funziona solo  (e male) con un software di terze parti, con il quale in qualche modo si riesce a risolvere. 
Per rinnovare i certificati basta collegarsi al sito di infocamere e scaricare un programmino che, udite udite, è solo per quel sistema che non voglio nemmeno nominare e MAC OSx... di una versione per linux nemmeno a parlarne. Opto quindi per riavviare quel sistema che tengo nel portatile solo per le emergenze nere ed inizia la saga infinita. Aggiornamenti, aspetta, spegni ed aspetta, riavvia ed aspetta, installa ed aspetta e via dicendo per un paio d'ore (non retribuite ovviamente). A complicare le cose un paio di programmini installati non ricordo nemmeno come o quando (giuro non sono stato io), che alla loro disinstallazione ne installano altri, silentemente e di nascosto, programmini utili come un foruncolo al chiulo... impossibile proseguire alla fine. Il browser apre autonomamente pagine e pagine di pubblicità di m*rda, popup da tutte le parti nonostante sia istruito a non aprirli... di collegarsi al sito che ci serve è un impresa non da poco, con finestre che coprono l'area di navigazione e se ne stanno sopra le altre, senza bordi o pulsanti per chiuderle, un incubo. disistallo e reinstallo il browser...niente da fare, stesso problema. Per pulire il sistema dovrei installare altri programmini... e certo che mi fido, come no... (installer di m*rda, sistema operativo di m*rda! e m*rdosi tutti quelli che lo usano).
Proseguo comunque, scarico il programmino di rinnovo da un altra postazione (linux) lo copio e riesco a lanciarlo... scegli il dispositivo, avanti, digita pin, avanti, scegli pagamento, avanti,  digita username e password....inutile, non riconosce lo username, dal sit web si, dal programmino no. Un pulsante per tornare indietro non esiste, occorre per riprovare, chiudere brutalmente, riavviare, ma dopo tre riavvii l'esecuzione si blocca con errore 1500 (?) ed occorre riavviare il sistema, aspetta, aspetta, aspetta, niente da fare, nemmeno con quel sistema si riesce a rinnovare i certificati. Tre anni fa la stessa sorte, con la variante che i certificati erano scomparsi dalla carta (inspiegabilmente) e me l'hanno sostituita per inviare quella formattata al reparto tecnico per le analisi... analisi, oggi mi arriva l'avviso che sta per scadere... ma quali analisi? forse l'hanno usata per firmare qualcosa a mio nome? Stra a vedere che fra qualche anno mi arrivano delle sorprese nemmeno tanto inaspettate. Fatto sta che anche quest'anno devo perdere mezza giornata di lavoro, prendere l'auto, andare di persona in camera di commercio, trovare parcheggio a pagamento, prendere il numeretto, fare la fila per un paio d'ore, parlare con un impiegata dal QI di un lombrico, convinta che sia tutto funzionante ed a posto e l'idiota sono io.... tutto a spese mie ovviamente, sono sempre io che sbaglio, ovviamente e devo pure pagare il rinnovo, ovviamente.  
La smartcard scade l'anno prossimo, ne riparleremo e vedremo se riusciranno a risolvere i problemi (dubito fortemente, sono convinti che problemi non ce ne sono, basta ignorali ed i problemi spariscono come per magia). Per ora il token usb lo lascio scadere e l'hardware lo formatto e lo userò come chiavetta dati, visto che è mio, l'ho pagato profumatamente e ci posso fare quello che mi pare in quanto vittima di una truffa alla luce del sole. Proverò ad ordinare una chiavetta da Aruba e vedere se almeno quelli sono in grado di fornirmi un dispositivo che funzioni sotto linux. 
Ma... sta storia dei certificati che scadono... che senso ha? Posso capire un documento di identità con foto di identificazione, col tempo si invecchia ed i lineamenti del volto si alterano, ci può stare che occorre rinnovarlo almeno ogni 5 anni... ma un certificato che scade in tre anni? non ha alcun senso se non quello di obbligarci a spendere e sperare così di rilanciare l'economia (la loro non certo la nostra). Ma c'è una questione più seria. Le disposizioni legislative mi obbligano a dotarmi di firma digitale ed il fornitore del dispositivo e dei certificati mi impone di usare un sistema che richiede l'accettazione di clausole contrattuali che trovo inaccettabili (la licenza d'uso di quel sistema che non voglio nominare). Non mi pare giusto che in pratica, per usufruire di un servizio derivante da un obbligo normativo, sussista implicitamente l'obbligo di accettare delle clausole contrattuali di un fornitore privato. Trovo ingiusto che dei fornitori privati impongano una tale situazione solo per pigrizia o incapcità tecnica (o entrambe le cose). E' ingiusto e basta. Così come trovo truffaldino l'impiegato che assicura il funzionamento della chiavetta sotto linux, quando in realtà non è vero! E trovo ancora più truffaldina un assistenza tecnica di primo livello ridicola, inutile, inefficace, mentre quella di secondo livello non si fa nemmeno più sentire dopo un paio di botta e risposta via mail, costringendoci a chiamare il numero a pagamento per sentire 15 / 20 minuti di musichetta di attesa (pagata anche quella ovviamente). Fatto sta che alla fine il problema non è risolto, io ho pagato inutilmente una fornitura, per rinnovarla dovrei pagare ed accettare delle clausole (obtorto collo) e l'incazzatura sale a livelli preoccupanti. Sono davvero stanco di interfacciarmi con incapaci laureati, informatici smanettoni, pigri scaldasedie, funzionari idioti, dirigenti ignoranti ed impiegati impreparati (che comunque a fine mese lo stipendio lo prendono eccome, con tanto di bonus). Stanco, Stanco, Stanco. Fanchiulo. 

P.S. il vaso è pieno e la polvere brucia. Ripeto: il vaso è pieno e la polvere brucia. 

martedì 12 aprile 2016

Saldatrice fai da te con MOT (parte 3 - capicorda ad occhiello)


Merita un promemoria a parte. Per collegare l'unità di potenza con i puntali di saldatura della puntatrice in corso di realizzazione con il trasformatore del microonde moddizzato, mi servono dei capicorda ad occhiello in grado di supportare le correnti elevate e che abbiano un occhiello da almeno 10 millimetri, per poterli fissare ai morsetti. Nei brico center non si trova quasi mai nulla di quello che va leggermente oltre le necessità domestiche, per cui... occorre arrangiarsi (as usual). 
Frugo nel ciarpame, da tempo immemore messo da parte, non si sa mai, e trovo due tubetti di ottone del diametro e lunghezza giusta. Non ricordo proprio da dove arrivino, ma sembrano fare al caso mio. Con una morsa li schiaccio per metà. Nella parte piatta si pratica il foro necessario, mentre la parte tonda serve per collegare il cavo. Con una lima si arrotondano gli spigoli. Ovviamente l'epic fail, dato dall'impazienza, è dietro l'angolo. I tubetti sono rivestiti di uno strato di plastica protettiva che fatica a venire via (specie quando ci si accorge della presenza del preservativo dopo la modifica). Plastica e corrente elettrica non vanno d'accordo. Pazienza, appena avrò tempo e voglia procederò a rimuovere la protezione e recuperare i due capicorda autocostruiti. 
Per risolvere, opto per due pezzettini di tubo di rame, raccolti da terra da un cantiere dopo che l'idraulico aveva finito di "lavorare" (per non dire sprecare il rame, cmq grazie). Stesso procedimento ed i capicorda sono pronti per attaccarci il cavo. 
Per fissare il cavo ci sono due possibilità: crimpare o stagnare. Per crimpare...senza crimpatrice ovviamente... occorre ingegnarsi un pò. Morsa da ferro, scalpelli per metallo per creare l'invito alla piegatura all'interno (perfetta quella a "quadrifoglio"), si stringe come meglio si può e per esagerare si pratica un foro in cui infilare una vite. Al limite si può praticare un taglio sulla parte tonda e ripiegare all'interno i due lembi. In mancanza d'altro, funziona. 
L'alternativa è stagnare. Pulire perfettamente il rame, innaffiare abbondantemente con flussante in pasta (si trova dal ferramenta), stringere il pezzo fra due blocchetti di legno per evitare che la morsa metallica assorba il calore. Meglio usare la fiamma (quella delle mini torce per caramellare va benissimo) facendo attenzione a scaldare solo il rame e non la guaina che inevitabilmente si fonderà un pò in prossimità del tubo di rame (preferire sempre cavi ignifughi di alta qualità). A temperatura raggiunta si infila il cavo impregnato di flussante e si accompagna dentro il filo di stagno fino a quasi riempire il capicorda e lasciare raffreddare. Tolta la fiamma, si sfrutta la guaina ammorbidita dal calore per riportarla in prossimità del giunto e migliorare l'isolamento generale. 
Alla fine, a pezzo freddo, si infila un pezzetto di guaina termo-restringente ed il gioco è fatto, semplice, rapido, economico, efficace. Alla prossima. 

P.S. l'acqua stagna puzza. ripeto: l'acqua stagna puzza. 

domenica 10 aprile 2016

Saldatrice fai da te con MOT (parte 2)

Work in progress (vedi parte 1). Me la prendo con calma, come dovrebbe fare l'unanità, tutta presa dalla fretta di fare (non si sa bene cosa) dimenticando che la vita è unica e deve essere vissuta al 100% in cose utili a sè stessi ed agli altri (entrambe le cose altimenti non funziona).
In rete si trovano una quasi infinità di progetti e realizzazioni, alcune veramente interessanti, che dimostrano i diversi approcci adottati dai Diyers del mondo (grazie internet e grazie ale loro condivisioni). E' noto che a me non piacciono le cose pronte e nemmeno copiare le idee altrui, per cui ho affrontato la cosa con una visione diversa.
Dopo una serie di peripezie e problemi mai documentati da nessuno, l'unità centrale della saldatrice a punti è quasi pronta. Ho deciso di separare la parte di potenza da quella di saldatura per due ragioni. La prima è che così posso trasportare e più facilmente l'unità e riporla senza tanti ingombri dati dai bracci mai abbastanza lunghi. La seconda è che per saldare i punti dove quest'ultimo è posizionato in posti impossibili, richiede una maggiore flessibilità della parte finale, i due elettrodi  di rame. Due braccetti a molla non mi bastano, sono adatti solo per lamiere piane la cui superficie non supera la loro lunghezza. Per cui ho deciso di boxare il trasformatore e portare fuori due morsetti a cui attaccare i cavi che andranno verso gli elettrodi (ancora da realizzare). Per preparare il trasformatore ho preferito tenere integro il traferro, contrariamente a quanto suggerito da alcuni. E' più difficile ma così si riduce drasticamente il ronzio e non occorre saldare col rischio di scottare gli avvolgimenti. Il contenitore? ho preso una lamiera di alluminio che originariamente era stata realizzata per supportare l'alimentazione di un macchinario di refilling per le cartucce di stampa (anni fa, ne ho parlato). E' una lamiera di un buon spessore, con due bordi già piegati e già verniciata. In prossimità dei bordini piegati, ho praticato due tagli a 45 gradi e con l'aiuto di due pezzi di legno tagliati a misura ed una morsa ho realizzato una specie di "C" in cui alloggiare il trasformatore. Il pannello frontale è realizzato con un pezzo di pannello che proviene da una vecchia stufa catalitica, spessore 4mm, facilmente lavorabile per alloggiare un interruttore illuminato ed i due morsetti.
I morsetti sono gli attacchi per le prese degli impianti di terra, però modificati. Il foro infatti, purtroppo, è leggermente più grande del cavo da 25mm2, per cui, serrando totalmente il bullone da 10 che tira il morsetto, non si riusciva a fissare per bene il secondario. Allora con un tornio ho praticato un foro da 5 filettato ed inserito una vite che va a spingere un lamierino che schiaccia per bene il cavo assicurando nel contempo un ottimo contatto elettrico (la foto non è ottima ma sto lavorando su un PC di emergenza e non ho l'editor adatto)
Per le chiusure laterali ci devo ancora pensare, dipende dal materiale che intenderò utilizzare, anche se sto già pensando a due griglie con tanto di ventola, per raffreddare il tutto quando si intende fare un uso pesante della saldatrice. 
Durante le prove preliminari mi sono accorto di un piccolo inconveniente. Pensavo di utilizzare due cavi volanti che vengono venduti per caricare la batteria dell'auto (120 Ampère)... no, non funzionano, almeno alla massima lunghezza (2,5mt), bisognerà accorciarli drasticamente o utilizzare lo stesso cavo usato per l'avvolgimento secondario, altrimenti quello che si ottiene sono solo delle inutili ed innoque scintille che non scaldano nemmeno il pezzo da saldare (dovrò fare delle misure in tal senso ma per ora non ho la pinza amperometrica). 
Ora mi mancano gli elettrodi. Sto pensando di fissarli al volo ad una pressa per trapani (o usarli al volo manualmente). Intanto dovrò in primis realizzare due capicorda con foro da 10mm, una lamiera di rame da 3 mm o di ottone (magari un tubo), trapano, forbice, lime di precisione e sicuramente qualcosa di ottimo salterà fuori (dato che in commercio sono difficili da trovare al brico). Per gli elettrodi... una barra di rame piena (picchetto di terra) che costa una fucilata nei maroni... forse in qualche cantiere ne andrò a dissotterrare una che mi sta chiamando... un pezzettino da pochi centimetri non te lo vende nessuno... forse con un tondino di ottone riesco a risolvere.... vedremo. alla prossima.

P.S.  il lupo ulu là. Tipeto: il lupo ulu là. 

giovedì 7 aprile 2016

il giornale del bar

Una nuova tecnica. Per assicurarsi di leggere con moooolta calma il giornale del bar, uno dei 5 pensionati ubriaconi fancazzisti che si contendono la carta stampata a disposizione dei clienti, di fatto monopolizzandone l'uso, con una sofisticatissima serie di strategie, per tutto il santo giorno a tutte le ore di apertura del bar, ha adottato una tecnica innovativa ed efficace. 
Il bar apre alle 7:30, arriva, si mette il giornale sotto l'ascella come fanno i francesi con le baguette e va a fare colazione al banco, tenendosi stretto il prezioso trofeo. Con calma sorseggia il cappuccino, mastica con i pochi denti rimasti la brioche, con la lentezza di un bradipo e paga, aspettando inutilmente lo scontrino che per gli abitueè non è previsto. Poi, aspetta che si liberi un tavolo dalla ressa di coloro che un lavoro ce l'hanno e fanno colazione in fretta. Si siede a "leggere" con moooolta attenzione, compresi gli annunci mortuari. Tre ore minimo, con tanti auguri a chi magari va a bere un caffè al volo e vorrebbe in trenta secondi dare un occhiata alla cronaca locale per sapere cosa succede in zona (furti nelle abitazioni, litigi fra vicini, presenza di nomadi accampati, ecc.ecc...).  L'attenta consultazione viene periodicamente interrotta dai suoi Colleghi che commentano i titoli innescando discussioni infinite e conseguenti polemiche dall'esito scontato: padroni a casa nostra, stranieri a casa loro, l'italia agli italiani e via dicendo...nel frattempo il giornale diventa mero poggiagomiti. 
Le tre ore di monopolio giornalistico si dilatano a volte, complice anche l'accordo sottobanco che vede i Colleghi pensionati prenotare la lettura "appena hai finito" assicurandosi così il passatempo preferito ed obbligato dalla mancanza di cantieri aperti nelle vicinanze... manca solo il numeretto come dal salumiere e siamo tutti a posto. 
Ecco, la mancanza di spazi di aggregazione desiderati da chi vorrebbe concentrare le persone a sè per meri scopi personali (parrocchie, politici, attività commerciali ecc...) crea questi fenomeni sociali ai quali non c'è rimedio ma che sono il segnale dell'origine dei fenomeni quali accaparramento, cupidigia, avidità, monopolio, privatizzazione spinta, tanto tollerati quanto deleteri. Di condividere le risorse nemmeno a parlarne ed il comunismo non c'entra un caxo! Ciao imbecilli.

P.S. il verdicchio non mangia i sassi. Ripeto: il verdicchio non mangia i sassi. 

giovedì 31 marzo 2016

Riparare, non buttare!

E' dall'apertura di questo diario che sostengo caparbiamente la politica del fai da te, della riparazione spinta, del retrofit, del ri-uso e nei casi peggiori della ricostruzione di parti rotte. Le motivazioni sono facilmente comprensibili anche ai più resistenti. 
Parto da questo articolo http://www.repubblica.it/ambiente/2016/03/29/news/riciclo_lobby_riparatori-136500057/#gallery-slider=136502080 per alcuni ragionamenti. 

Se sostenere il diritto di disporre di oggetti regolarmente acquistati è scarosanto, lo è altrettanto opporsi a qualsiasi legislazione, impedimento o politica che vorrebbe impedircelo. 

Per queste motivazioni, negli stati uniti, è nata la Repair Association https://repair.org/ alla quale si può aderire a partire da 50 dollari. E' in realtà una associazione nata dal sito https://www.ifixit.com/ comunità di riparazione on-line che però vende anche attrezzature e strumenti pubblicizzati all'interno dei tutorial liberamente accessibili (nulla con non si possa fare anche senza).
Ma nel vostro paese... c'è qualcosa di simile? No. La situazione è ben diversa. Da voi è ancora molto forte il suggerimento "conviene buttare e comprare nuovo". Ho sempre rifiutato un suggerimento simile (anche qui dove vivo), dimostrandone la falsità e soprattutto chi sia in realtà il fruitore della "convenienza" suggerita. 

C'è da dire che, complice l'ignoranza diffusa, la superficialità indotta, il bisogno percepito, l'acquiescenza di consumatori proni alle frottole e l'avidità di certi commercianti illuminati dal profitto spinto, il tutto condito da subdole politiche che tendono a metterci l'uno contro l'altro (riuscendoci benissimo), l'ostacolo maggiore che impedisce una solida costruzione di una rete di persone consapevoli, disposte a difendere apertamente un diritto indiscutibile e non mediabile, è rappresentato dall'ignoranza, dalla pigrizia, dall'invidia, comunque da tutta una serie di elementi che non possono essere certo annoverati fra le virtù. 

In un paese popolato in maggioranza da unani schifosi, per dimostrare quello che sostengo, coloro i quali decidono di riparare sono additati ed etichettati come hacker (per alcuni un indice di criminalità), pirati, smanettoni, cantinari, gente pericolosa che è contro il "progresso" (di cosa?), elementi pericolosi per l'economia (di chi?). 

E' facile intuire chi sia il responsabile di diffondere tali epiteti... chi ha interesse a sostenere il consumo spinto, dai produttori ai commercianti sino alla fine del ciclo dove troviamo solo discariche ed inceneritori, per non parlare di quelli che trattano le materie prime. 

Il processo di acquisto, uso e fine vita del prodotto è solo una piccola parte del ciclo di vita di un oggetto. Prima e dopo ci sono una serie di processi che a ben vedere sono dannosissimi per tutti noi ma di cui si parla poco e che solitamente vengono ignorati dai più. 

Diversamente, se si affronta l'argomento, la macchina del fango riparte e si viene etichettati come sognatori, utopisti, ecologisti, attivisti, antagonisti (anche a queste parole si tende a dare una connotazione negativa) o peggio terroristi o ecoterroristi. Sembra che avere idee diverse dalla massa provochi delle reazioni incontrollate da parte di chi non si sa di preciso, ma che riesce sempre a far sentire la sua voce sopra tutte le altre, inducendo timori e paure irrazionali... ma efficaci. 

Ed ecco che allora ci viene in mente una domanda... riuscirete mai nel vostro paese a creare un associazione di riparatori?, una lobby pulita (si lo so, è un ossimoro) che abbia l'obiettivo di poter esercitare un diritto? non credo, a meno che sottostante ad essa non ci sia l'interesse politco ed economico degli stessi che spingono i consumi inconsapevoli. Secondo me non avete scampo. 

Ma una soluzione c'è?? Forse si. Smettiamola di ragionare in termini numerici, di associazioni, di gruppi sui social, di raccolte firme o di soldi (oops... crowdfunding fa più figo), di partiti, di qualsiasi cosa che puzza tanto da gruppo di pecore che si sentono sole ed isolate alla ricerca di un leader o di un guru a cui votarsi come guida spirituale. 

Iniziamo a rimboccarci le maniche ed inziamo a FARE! senza nessuno che comandi, diriga, coordini. Ognuno di noi è un essere pensante (lo so non è proprio vero). Il resto viene da sè e lo dimostrano recenti studi (senza fonte, andarevela a cercare) che sostengono come l'evoluzione è frutto della cooperazione e non della competizione. E non è necessario saper navigare nella darknet per trovare le istruzioni, gli schemi, i tutorial (ovvero la pappa pronta per i pigri), bastano un pò di volontà, conoscenze, senso pratico, intelligenza... non è una cosa da tutti ma la selezione naturale farà il resto, ne resteranno soltanto pochi. Ciao imbecilli. 

P.s. le orecchie, gli occhi e le mani sono il doppio delle bocche. Ripeto: le orecchie, gli occhi e le mani sono il doppio delle bocche.

martedì 29 marzo 2016

il denaro NON è tutto.

Puoi comprare un letto ma non il sonno,
Puoi comprare un orologio ma non il tempo,
Puoi comprare un libro ma non la conoscenza,
Puoi comprare il potere ma non il rispetto,
Puoi comprare una medicina ma non la salute,
Puoi comprare il sangue ma non la vita,
Puoi comprare il sesso ma non l'amore,

Vedi, il denaro non è tutto e spesso è causa di malessere, disagio e sofferenze. Ti dico tutto questo perchè sono tuo amico e come tuo amico voglio evitarti malessere, disagio e sofferenze.

P.S. il commercio non è di vetro. Ripeto: il commercio non è di vetro.  

domenica 27 marzo 2016

un non-cliente da evitare

Imputato, presunto innocente ma convinto di esserlo e pertanto le necessità del caso, ovvero difesa e consulenza tecnica, non sono attività retribuibili. Non vuole pagare, non lo trova giusto. Una multinazionale con fatturato da milioni di euro l'anno lo denuncia per appropriazione di somme dei clienti ma lui è convinto di essere innocente, per cui perchè deve pagarsi la difesa? Il giudice decide di vederci chiaro ed ordina una consulenza tecnica sui PC utilizzati ed incarica un informatico? no ovviamente, incarica un giornalista che ha scritto dei libri sull'informatica, ovvio. E l'imputato si preoccupa? Ovviamente no, lui è innocente e non deve pagare un suo consulente, perchè dovrebbe farlo se la giustizia trionfa sempre? Inoltre la questione è semplice e non è un problema economico, è una questione di diritto non retribuire un professionista specializzato con più di trentacinque anni di esperienza tecnica sul campo, con qualche migliaio di consulenze di parte svolte tutte con successo. 
Fortuna vuole che 35 anni di esperienza mi hanno specializzato a riconoscere a naso questa nuova generazione di furbetti. Se la trattativa preliminare non si conclude, posso capirlo, un pò mi spiace, il lavoro richiesto non si fa. Arrangiati, sei tu il quello con il problema, non io. Sei tu che rischi, non io. Personalmente, puoi avere tutto il bisogno che credi, ma senza mandato e senza anticipo fondo spese non apro nemmeno lo zip del fascicolo, figurati se vado all'incontro col consulente d'ufficio, forse nel duemilaecredici. Volere cammello? pagare moneta. 
In caso di insoluti, oltre ad emettere fattura per soldi non incassati e pagare l'iva (grazie stato maledetto), dovrei dimostrare che c'è un incarico sottostante l'attività svolta. In mancanza di incarico... il credito non è esigibile e mi dovrei attaccare, soccombendo alle spese di recupero credito e spese legali, tasse e bile. Mi spiace (ma neanche tanto) ma il mio tempo è unico, irripetibile, non posso recuperarlo, pertanto preferisco dedicarlo ad altre cose e non cedere a questi parvenue che pensano di poter disporre del prossimo agitandogli sotto il naso promesse che non saranno mantenute o banconote che non cambieranno proprietario nemmeno ci fosse la miglior prestazione possibile. Un insolvente abituale. Vaffanchiulo. 
E' chiaro che così guadagnerò di meno ma la cosa mi spaventa meno che una collaborazione con diversamente onesto. Ri-vaffanchiulo.

P.S. lo zibello dorme ma non russa. Ripeto: lo zibello dorme ma non russa.