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venerdì 4 febbraio 2022

Fotopolimerizzatore ESPE VISIO ALFA (autopsy)

Un fotopolimerizzatore (ESPE VISIO ALFA)... è un dispositivo usato dai dentisti per polimerizzare il materiale usato nelle protesi dentarie, ovvero indurire con luce UV una specie di "pasta" modellabile. Mi arriva per le mani da uno sgombero di uno scantinato per anni utilizzato come "per ora mettiamolo qui che poi ci pensiamo". Francamente sono incuriosito e vorrei capire come mai questo fotopolimerizzatore si trovi ancora in commercio a cifre che partono dai 200 euro (usato), quando invece il proprietario ha deciso di disfarsene. Questo in particolare ha un piccolo problema: la lampadina non funziona. Il filamento ad occhio sembra intatto, viene alimentato con 13volts AC quando il sensore rileva la presenza di un oggetto e misura ai suoi capi circa 12 mega ohm... non interrotto del tutto ma sicuramente non funzionante. Costo del ricambio? ad oggi sui 50 euri, è una lampada ellipsoidale... boh. Pare una normalissima lampada alogena a filamento. Forse la particolarità è il rivestimento iridescente della parabola che circonda il bulbo che produce una lunghezza d'onda della luce che credo si aggiri attorno ai 400-500nm (ultravioletta UVB - visibile) ed illumina un filtro al quarzo (blu cobalto) che filtra la luce. Non ho compreso bene la cosa... la lampada a filamento emette nello spettro anche luce UV? che viene poi filtrata dal quarzo per eliminare le altre frequenze luminose? boh, so che per gli UV servono lampade ai vapori di mercurio ma questa è a filamento e sembra una normalissima alogena... se qualcuno ha la risposta si senta libero di commentare questo post. 

Alle cifre che si trovano in rete per questi apparecchi in vendita, credo valga la pena di sostituire la lampadina ma a me l'apparecchio non serve proprio. Altri problemi l'apparecchio non ne ha, la ventola funziona, il timer della luce ed il sensore di prossimità funzionano, l'aspetto (previa pulita) è più che decente... non mi spiego proprio questo destino, forse è stato soppiantato da qualche modello più performante, non so, non sono e non faccio il dentista (che tra esserlo e farlo c'è di mezzo il mondo).

Allora? Vediamo cosa c'è dentro? Partiamo, primi al mondo, a documentare questa avventura? 

Tolte le 4 viti alla base e la vitina posta nel vano lampada, il contenitore dalla forma futuristica (negli anni '80) si apre in due facilmente. Dentro:

  • un trasformatore,
  • una schedina elettronica, 
  • una ventola PAPST,
  • il gruppo lampada / sensore.

Vediamoli uno ad uno:

il trasformatore: non presenta etichette con dati di targa ma ha gli ingressi ed uscite numerate a 1 a 12 in senso orario se si guarda il trasformatore dall'alto, lato connessioni (numerazioni serigrafate). 

Tensioni misurate ai morsetti del trasformatore (sul secondario):

  • 12 - 11 : 14,85 volts AC (alimentazione del circuito elettronico)
  • 10 - 07 : 27 volts AC (ventola)
  • 10 - 09 : 12,87 volts AC
  • 08 - 07 : 13,17 volts AC

la scheda elettronica : i circuiti integrati ed i componenti attivi:

  • CD4098BE (CMOS dual monostable multivibrator usato come trigger) ,
  • MC1455P1 (Timer Direct Replacement for NE555 Timers Adjustable Duty Cycle usato come timer per l'accensione della lampada - 6 secondi ) ,
  • MC1458CP (DUAL GENERAL-PURPOSE OPERATIONAL AMPLIFIERS) ,
  • ponte B40C 1000, 
  • tre transistor BC237B 45 volts 100mA in TO92,
  • un "transistor"  SG  - L130 245 (quasi sicuramente un regolatore di tensione).

la ventola : PAPST produttore storico di soluzioni per la ventilazione....tedeschi, non serve aggiungere altro. Non è certo una ventolina cinese, lo dice anche il supporto metallico e la qualità dei cuscinetti per dirne solo un paio. PAPST TYP 970T 24V AC 50/60Hz (15µF phase shift capacitor). Il condensatore va attaccato al neutro ed al filo giallo. Nella basetta elettronica il filo giallo entra nel connettore (pin 2), trova in serie due condensatori elettrolitici (??!) da 33µF 63 volts ciascuno (in serie circa 15µF) e  ritorna al capo 10 del trasformatore (filo rosso).

Il gruppo lampada / sensore IR : la lampadina sembra una normalissima alogena, con il bulbo posto nel fuoco di una parabola di "vetro" rivestito all'interno da una sostanza iridescente che a seconda della direzione dalla quale si guarda appare blu o giallo arancio. Illuminata con una fonte esterna, il rivestimento riflette il blu. Nel pulirla con acetone, ho rimosso la sigla ESPE... e qualcos'altro, vabbè, ad oggi il ricambio si trova (a cifre astronomiche, 50 euri!!). Tensione alimentazione lampada 13,69 volts AC (misurati). In prossimità del quarzo che filtra la luce, si intravedono due led, trasmettitore e ricevitore, posti ad angolo in modo da rilevare la presenza di un ostacolo ad una distanza "predefinita". L'ostacolo riflette gli infrarossi del diodo TX che vengono captati dal ricevitore RX. Ciascun led è collegato ad una coppia di fili collegati alla basetta di controllo che accende la lampada quando serve.

Interruttore termico: un interruttore a bimetallo, posto sul corpo metallico che alloggia la lampadina e collegato in serie alla stessa, riporta le seguenti sigle:  Micro Therm R20 10 (6,3) 250 ~ T175 quasi sicuramente un NC normalmente chiuso in grado di intervenire alla soglia di (circa) 175 gradi, carico da 6,3 ampère, 250 volts, R20 10 dovrebbe fare riferimento alle dimensioni, R20 all'altezza, credo.... 10 euri nuovo.

Connettore scheda elettronica

: è un connettore a 13 pin con i seguenti collegamenti, visti dalla parte femmina, non lato saldature:
  • 1 - 3: led IR 1° sensore prossimità 
  • 2 : filo giallo ventola (condensatore sfasamento, credo)
  • 4 - 5 : terminale 9 del Trasformatore
  • 6 - 7 : all'interruttore termico collegato in serie alla lampada collegata al terminale 8 del trasformatore
  • 8 - 9 : terminale 10 del Trasformatore
  • 10 - 11: led IR 2° sensore prossimità 
  • 12 - 13 : terminali 11 e 12 del Trasformatore

Ed ora? riassemblo il tutto e lo metto in vendita? vendo le parti di ricambio? tengo ciò che si potrebbe riutilizzare e butto il resto? Purtroppo è tempo di sgombero e pulizia. Se conosci qualcuno a cui potrebbe interessare, avvisalo che fra poco credo mi libererò dei pezzi di ricambio, per me inutili al momento (ma mi serviranno sicuramente, appena dopo averli buttati). Alla prossima.

P.S. il gatto è morto, lo pneumatico è forato. Ripeto:il gatto è morto, lo pneumatico è forato.

venerdì 21 gennaio 2022

Vape diffusore insetticida (autopsy)

In uno dei rari ritagli di tempo impiegato nel tentare di resistere ai quotidiani attacchi di un branco di unani invadenti e maleducati, mi ritrovo per le mani un diffusore elettrico per le piastrine anti zanzare/mosche (VAPE made in indonesia). Ricordo di averlo accantonato perchè il led rosso che ne segnala l'utilizzo, è spento nonostante il fornelletto scaldasse. Spinto dalla curiosità, mi sono deciso di smontarlo per vedere cosa ci fosse dentro (e quale fosse il guasto).

Nulla di speciale: un elemento riscaldante ed un led rosso collegato in serie ad un diodo 1N4007 ed una resistenza da 100Kohm (marrone - nero - giallo) da 1Watt. Una rapida controllata con il tester in modalità prova diodi rileva che led e diodo sono interrotti (uno dei due non bastava?). Qualcuno penserà: sono componenti che si trovano facilmente, anche di recupero, che ci vorrà mai a sostituirli? Pensare di sostituirli è la cosa più facile da pensare. Diversamente facile collegare assieme i collegamenti che non sono ovviamente uniti con punti di stagno ma assemblati con delle giunzioni in ottone a crimpare. I collegamenti al fornelletto invece sono saldati con una puntatrice elettrica. Giunzioni in ottone di quelle dimensioni non ne ho e nemmeno una crimpatrice così minuscola. Per la puntatrice ho quella che si usa per saldare i terminali alle batterie al litio, ma.... troppo potente sembra. Ho vaporizzato una lamellina dell'elemento riscaldante nel tentativo, al minimo, di saldare i cavi in rame stagnato (o alluminio)... riparazione fallita, ed ora? 

Ovviamente si cerca almeno di soddisfare la curiosità e smontare l'unico componente "misterioso", ovvero il fornelletto scalda piastrine. 4 lamelle della copertura in alluminio e l'interno  si rivela in tutta la sua complicatezza... complicanza... complicità... complessitezza.....vabbè, si capisce: si tratta di una pastiglietta tenuta a pressione fra due lamierini che poi escono a formare i contatti... sembrano lamierini in nikel (che difficilmente si ossida a contatto con l'aria diversamente dal rame od ottone). Sostituirli? mi piacerebbe se avessi già sottomano del materiale o tempo per reperirlo da qualche altro apparecchio. Al momento sono un pò pigro, sono in piena fase di sgombero del ciarpame accumulato e devo rimettermi in attività per evaporare il senso di pigrizia che ultimamente mi pervade (colpa delle tre dosi di vaccino, ovviamente). Quindi finiamola qui, per ora. Alla prossima. 

P.S. l'elefante è a Zanzibar. Ripeto: l'elefante è a Zanzibar.

mercoledì 14 luglio 2021

Trapano PT Tool mod.CD006 (parte 3 - autopsia motore)

Sono curioso come una scimmia. Tempo fa, avevo sostituito il motore del trapano cordless PT Tool CD006 con un motorino da stampante.... non adatto per coppia e numero di giri. Ho da poco trovato i fondi (dal 2017) per la sostituzione con il modello corretto (in sigla sono identificati come tipo 550) e finalmente mi ritrovo funzionanete un pesantissimo trapano con motore nuovo e batterie nuove (ancora al Ni-Cd per ora, finchè durano). Sempre meglio avere un avvitatore di scorta che dover continuamente cambiare inserto e punta da trapano. 

Ora, in questa giornata piovosa e grandinosa (addio vendemmia ed addio alle mie mitiche confetture di uva (e liquore) anche quest'anno), mi voglio togliere lo sfizio di vedere le differenze fa i due motori in CC e capire come mai quello del trapano si è guastato (perizia tecnica). 

Come dimensioni, i due modelli sono pressochè identici esteticamente, con alcune differenze. Il motore in CC del trapano ha un aletta di ventilazione all'interno e tre poli al posto dei cinque dell'altro. La sezione del filo che compone l'avvolgimento del rotore è (ovviamente) maggiore nel motore del trapano rispetto a quello della stampante. In entrambi i modelli, la dimensione dei magneti è identica e, apparentemente, con la stessa forza magnetica,  tenuti in sede con una molla a "V" che li spinge verso due incavi ricavati nel cilindro metallico che li alloggia. Ma, la causa del guasto?? Sembra che nel collettore a spazzole si sia raccolta una quantità di sporco, apparentemente polvere mescolata alla grafite micronizzata, che ha mandato in corto le lamelle di rame che separano gli avvolgimenti del rotore. Forse, con una buona pulizia, il motorino potrebbe tornare operativo, dato che gli avvolgimenti sembrano a posto, nonostante un lieve imbrunimento della vernice isolante che ricopre i fili di rame (segno di surriscaldamento).   Se l'ipotesi diagnostica è corretta, procederò con aggiornare i dati di assorbimento in corrente, per poter calcolare un BMS adatto con alimentazione a batterie al litio.

Ora, vorrei capire la regola che lega il numero dei poli con la coppia motrice, giusto per comprendere meglio cosa e come fare se volessi riavvolgere il rotore un motorino in CC e trasformarlo in uno più potente. Ripasso di elettrotecnica... sono troppo arrugginito, troppo (qualche anima pia si offre volontario per un ripasso?). Alla prossima. 


P.S. la calla è in fiore. Ripeto: la calla è in fiore.

venerdì 5 marzo 2021

Diffusore aromi elettronico

10 minuti per togliermi ua curiosità. Da anni sugli scaffali del tugurio, ove conduco la mia miserrima esistenza sotto la soglia di povertà, campeggia(va) impolverato ed intonso, un diffusore elettronico di aromi per "profumare" l'ambiente. L' ho acquistato più di 20 anni fa, quando ancora fumavo, nel vano tentativo di coprire la puzza del fumo, creando in realtà un miscuglio di puzze che il mio naso, ormai bruciato, non riusciva più a distinguere (allora).  

Il diffusore elettronico di aromi è un aggeggio che ad intervalli regolari (impostabili con un selettore) genera degli spike in "alta tensione" su un fornelletto metallico, ove va ad incastrarsi uno stoppino poroso che pesca dentro una boccettina di plastica piena di un liquido dalla composizione ignota, il quale, per capillarità, risale sino ad imbibere la zona dove viene vaporizzato.

Non è un modello particolarmente evoluto, nel senso che col tempo sono usciti i modelli "glàm", 2.0, quelli con sensore di movimento e ventolina progettata per muovere il vapore "profumato" nell'ambiente. Vabbè, preso, usato ed accantonato per vari motivi. Una volta acquistato, occorre mettere in conto l'acquisto periodico degli aromi e delle batterie. Per quest'ultime nessun problema, oramai le si trovano (quasi scariche) anche nelle bancarelle del mercato domenicale. Per le boccettine di aroma... dopo un pò spariscono dagli scaffali, mai riordinate dal supermercato, soppiantate dal modello 2.0 (ovviamente diverse) o contenenti profumi dai nomi improbabili... brezza marina (che è? puzza di pesce avariato?), freschezza di montagna e pino mugo (praticamente afrore di stallatico delle mucche da allevamento in alpeggio), tramonto torpicale... inclassificabile, mai stato ai tropici.

All'interno del contenitore (due conchiglie di plastica incastrate l'una sull'altra con 4 arpioni) c'è una basetta elettronica, il cui unico marchio identificativo è TH171 94V-0, nel lato dove c'è il chip affogato nell'epossidica (COB - chip on board), a proteggere un segreto industriale da non divulgare nemmeno sotto tortura e difendere a costo dela vita. 

Accanto al COB un smd della ON semiconductor marchiato RTE 3055L che dovrebbe essere un NDT3055 Power MOSFET, Canale N, 60 V, 4 A, 0.1 ohm, SOT-223 (utile per qualche progettino elettronico). Nell'altra faccia del PCB un paio di condensatori, un paio di induttanze ed un diodo, oltre al selettore meccanico a 4 posizioni. 

Maaa... componenti a parte.... come recuperare in qualche modo questo aggeggio? boh, al momento non mi viene in mente nulla se non delle applicazioni di fantasia. Un dispositivo che emette ad intervalli regolari degli impulti ad "alta" tensione... a cosa potrà mai servire? Forse a costruire un diffusore fai da te, che vada a vaporizzare la giusta miscela di glicerolo (quello delle e-cig) fatto in casa, aromatizzato al gusto preferito, così non si è costretti ad acquistare delle boccettine da meno di 10ml il cui costo al litro, fatti due conti, è molto superiore al più costoso vino pregiato da collezione. Magari ci implementiamo sensore di movimento, una ventolina con un arduino nano cinese clonato... boh... forse quando andrò in pensione ed avrò più tempo per divertirmi (se mai la pensione me la daranno). Alla prossima. 

P.S. la mucca ha evacuato. Ripeto: la mucca ha evacuato.

mercoledì 5 dicembre 2018

Aladino sottovuoto (recupero)

MAFE Aladino sottovuoto
E' tempo di riordino, di recupero di vani riempiti da un accumulatore compulsivo per far posto ad altri accumuli... ogni tanto occorre essere realisti e buttare qualcosa di veramente inutilizzabile non è idea malvagia. Si fa una cernita di ciò che può essere utile e di cosa invece non lo è proprio. 
Fra le tonnellate di oggetti vari, compare quasi magicamente un aspiratore manuale per creare il sottovuoto in modo da prolungare i tempi di conservazione del cibo in frigorifero (avercene cibo in più...). Fortunatamente trovo anche dei contenitori con il coperchio a valvola... bene. 
L'aggeggio è in condizioni pietose, sporco, mal conservato fuori dalla sua confezione e necessita di una ripulita e rigenerazione completa. 
Per aprirlo occorre togliere il tappino copri-vite posto in prossimità del plug di alimentazione e togliere la parte trasparente dalla parte opposta, ovvero il beccuccio di aspirazione. Dentro, niente di trascendentale: un motorino con un ingranaggio muove alternativamente un pistone collegato ad una valvola ad una via... ingegnoso. L'attrezzo sembra robusto, abbastanza ben progettato, sicuramente fuori produzione dato che in rete non si trova traccia del produttore. 
Con un buon sgrassante (Cyclon) si pulisce per bene l'impugnatura e si rimonta il tutto... un rapido collaudo mi assicura che tutto funziona a dovere. "Fortuna" vuole che le guarnizioni dei contenitori siano in ottimo stato, per cui la tenuta è più che assicurata, anche per settimane. Ora vorrei capire quanto a lungo si possono conservare alimenti sottovuoto prima che inizino a degradare le loro proprietà organolettiche... esperimenti in corso. 
La cosa che mi intrippa non poco, visto che i contenitori in dotazione sono introvabili ed ogni produttore crea delle valvole specifiche per il loro aspiratore (maledetti schifosi), è l'idea di realizzarmi dei coperchi su misura per tappare bicchieri, bottiglie, piatti ed altri contenitori di vetro "fuori standard". Si perchè uno dei vasi di plastica che ho rinvenuto si presentava con delle fessurazioni sul fondo, in prossimità del punto di pressofusione. Troppo vuoto può fessurare il contenitore se è di quella plastichetta rigida tipica dei contenitori per alimenti. Devo pensare a come fare... mi aiuterebbe moltissimo una stampante 3D.... babbo natale.... ci sei?? Alla prossima

P.S. La zucca è vuota, la pressione è a zero. Ripeto: La zucca è vuota, la pressione è a zero.

sabato 10 marzo 2018

Imetec GK2 800 F1901 hair trimmer (rigenerazione)

Non passa giorno che il consumismo figlio del marketing non faccia almeno una vittima, condizionata da un bombardamento mediatico che non ha precedenti in questo pianeta. Non appena un qualsiasi elettrodomestico inizia a dare segni di cedimento, il cervello prima alla ricerca di conferme della decisione di acquisto si auto convince che c'è qualcosa di meglio, meglio se nuovo, ed il vecchio deve essere eliminato senza pietà solo per giustificare una nuova decisione. Il cervello tende a fare economia e prende sempre le scorciatoie più "semplici" (questo almeno nelle menti semplici). 
Analisi psico-sociologica a parte, il fato vuole che mi arrivi in mano un regola-peli a testina intercambiabile Imetec modello GK2 800 Type F1901 commercializzato al momento in cui scrivo ad una cifra variabile dai 32 ai 39 euri circa (con un picco isolato a 79 euro su un sito di aste on-line, specchietto per i polli, qualcuno ci prova e sicuramente qualche pirla ci cascherà). Nel corpo plastico è incisa la scritta Tenacta group s.p.a. Via Piemonte, 5 IT 24052 AZZANO S.P. sedicente "L'ECCELLENZA ITALIANA NEL MONDO. Il Gruppo Tenacta è un polo industriale italiano al quale fanno capo brand leader accomunati da un'unica missione: sviluppare innovazioni tecnologiche e di design per migliorare la qualità della vita delle persone.
La Persona è al centro di ogni sviluppo progettuale di Tenacta Group e intorno ad essa sono stati delineati quattro mondi di riferimento per rispondere ai bisogni emergenti di consumatori sempre più evoluti: Beauty, Cooking, Home, Wellness. " e proprietaria di Imetec... Boh... le solite stupidaggini ed auto promozioni partorite da qualche demente del SEO marketing e web design.

Maaa... Il terribile difetto lamentato che ne ha decretato l'obsolescenza? "...ultimamente rallenta e non taglia più come una volta, il motore sembra 'stanco', forse sono le batterie". E' interessante notare come gli unani abbiano la capacità di individuare i guasti su una base di opinioni bislacche e convinzioni prive di fondamenti tecnico-scientifici. Fortunatamente me ne sto insolitamente zitto. Non mi va più di dare sfoggio delle mie conoscenze se non sono richieste e tanto meno retribuite. Lo butti, lo dai a me? Affare fatto.
In realtà un tagliabarba non mi serve, ne ho già due, ma penso bene di riporlo nella valigia che tengo sempre pronta per scappare in 30 secondi all'estero al primo segnale di sbirri alla porta.
Ho già in mente dove sta il problema ma prima vediamo l'interno, i suoi componenti e come procedere per rigenerare l'elettrodomestico.
Tre viti nel retro, con testa a croce. Un buon cacciavite ed attenzione che è un attimo rovinare le viti, di materiale tenero. All'interno un interruttore, due batterie, un motorino. Regolatore ed indicatore di carica? naa... costa troppo dai e poi rovinerebbe il margine di guadagno, mettiamoci un led rosso e vaffanculo ai clienti. 
Può essere lì il problema? ne dubito anche se la presenza di peli tritati all'interno del vano motore mi conferma già la previsione. Le batterie "esaurite"  non tengono la carica ma non rallentano il motore appena tolto dal caricabatterie.
Pertanto il problema deve risiedere nella testina. Per aprirla basta sollevare la parte delle lame a pettine, quella esterna. Non è avvitata e viene via facilmente facendo leva dalla parte del pettine. Togliendola si intuisce immediatamente quale sia il problema... l'interno è completamente otturato dai peli che sembra si sia rasato un cinghiale. Di sicuro il proprietario non l'ha mai aperto e nemmeno pulito. Diffidate della scritta "washable" e del manuale che suggerisce di sciacquarlo sotto l'acqua corrente... il rasoio non è a tenuta stagna e si rischia seriamente di allagarlo e distruggerlo (ossidazione).
Una volta tolte la lama fissa, nella parte rimanente si notano due vitine, tolte le quali si ha accesso all'interno per una migliore pulizia. Le due lame sovrapposte si possono separare sollevando le estremità delle molle. 
Con un pennello si tolgono i residui di peli dell'ungulato e si provvede con l'affilatura delle lame (lappatura). Pietra all'acqua da 1500 grit (o superiore sino a 8000), mano ferma e si lucida la parte piatta del pettine metallico. In alternativa anche la Coramella e pasta di affilatura per rasoi non guasta. Qui serve davvero mano ferma oltre a tenere perfettamente piana la lama sulla pietra. Se non si è pratici meglio lasciare perdere. 
Dopo la pulizia completa è il caso di oliare i meccanismi?  Non lo so ma sconsiglio di farlo altrimenti si impasta l'interno e si è punto a capo. Le lame dovrebbero essere "auto affilanti" sfregando l'una sull'altra e la formazione delle micro bave eliminata dal materiale tagliato. Al limite, una microgoccia di olio per macchine da cucire, applicata con la punta di uno stuzzicadenti sul perno eccentrico del motorino che "sfrega" su delle parti di teflon o più probabilmente nylon caricato (che non necessità pertanto di essere lubrificato) ed un altra sui due puntini laterali che sfregano fra le lame. 
Alla fine, il rasoio torna come nuovo, pronto per il suo utilizzo "urban style".... ma che caxo significa? stile urbano? che vuol dire, cos'è lo stile urbano, esiste forse una definizione ufficiale? Garzantilinguistica.it specifica "stile di abbigliamento, accessori, arredamento ecc. che si rifà alle atmosfere e allo stile di vita tipici delle grandi metropoli... "... nelle grandi metropoli si consuma si usa e si getta... quindi uno stile di vita di m*rda a respirare inquinanti ed a fare a gara quotidiana unano contro unani, in perenne competizione fra aggressivi fighetti senzapalle a chi è più "chic", "cool" e "glam"... ma andatevene affanchiulo! Se vivi in campagna non hai uno stile di vita che si adatta a questo prodotto. Noi, veri uomini duri e grezzi come cinghiali, ci si rade con l'accetta o con la mannaia per decapitare i polli. Alla prossima. 

P.S. il cinghiale è tornato. Ripeto: il cinghiale è tornato.

venerdì 23 giugno 2017

Una pila fuori norma

Una pila presa da chissà chi e chissà dove, ricaricabile ed a led. Sembra un buon acquisto, complice forse il suo costo appetibile. Una levetta posta sul fondo, fa uscire dall'impugnatura lo spinotto per inserire la pila direttamente nella presa di corrente per la ricarica, così almeno non si deve riporre da qualche parte quei maledettissimi alimentatori da muro che alla fine non ci si ricorda nemmeno a cosa servono tanto si perdono tra i cassetti e gli anfratti di casa... sempre che ci si ricordi dove sono stati appoggiati.  
Stamane decido di rimettere in carica la pila. Dopo nemmeno un minuto, nonostante l'udito mi stia abbandonando e nonostante il concerto di motoseghe, decespugliatori, rasaerba e tagliasiepi degli schifosissimi vicini che preferiscono ovviamente i motori a scoppio (sembra di stare all'aeroporto tanta è la puzza di gas di scarico), sento un rumore di qualcosa che "frigge" ed il pensiero va alla pila. Fortuna che ero in zona ed ho evitato un sicuro principio di incendio.... la pila è ovviamente andata. Per aprirla basta svitare la ghiera che regge la plastichetta frontale ed una vitina posta in prossimità dello spinotto di alimentazione (coperta dall'etichetta "Quality Control"... si si certo certo). Dentro...una delusione totale. Un circuito minimalissimo, un riduttore a reattanza capacitiva, il solito ponte di diodi, un led rosso e una batteria...tutto rigorosamente senza alcuna sigla, nessun marchio CE... tipica fattura cinese di bassisima qualità, basetta in bakelite, componenti sottodimensionati, plastichetta fragilissima... costo al rivenditore? non credo più di qualche centesimo (di più è una truffa).
Brontolii a parte, orami siamo abituati a riconoscere a occhio la qualità di certi prodotti, mi chiedo come sia possibile permettere a qualche commerciante di commercializzare certi prodotti, tra l'altro palesemente fuori norma. Forse nessuno controlla le importazioni o le controlla male, o intasca qualche mazzetta per girarsi dall'altra parte.. a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca. 
Lo spinotto che si infila nella presa di corrente è privo della parte isolata tipica delle spine a norma. Per inserire la spina nella presa, occorre tenere pigiata la levetta che la fa uscire, costringendo le dita a stare a pochi millimetri dalle parti in tensione (230V scossa assicurata). Il circuito all'interno poi non prevede alcuna limitazione di corrente per la ricarica.... il rischio di rovinare la batteria è concreto e certo, specie se la si dimentica in carica (come quasi sempre accade) o come in questo caso si cerca di ricaricare la batteria quasi del tutto scarica (assorbe troppo e i componenti dimensionati per una ricarica meno aggressiva letteralmente si surriscaldano con pericolo di incendio). Un oggetto pericoloso e decisamente fuori norma. 
Anche se non sono io l'acquirente, so di certo dove è stata acquistata. Presso un piccolo supermercato oggi chiuso per fallimento. Strano... con certi ricarichi, fallire è matematicamente impossibile. Forse il titolare è proprio un deficiente, ne avevo il sospetto anche per altre ragioni che solo per pietà preferisco non elencare. Di questo ciottolone recuperiamo solo i led bianchi (per il fanale di una bicicletta), il mini led rosso (che ne ho orami una tonnellata)... il resto è tutto da buttare, purtroppo.
alla prossima, ma anche no.

P.S. gigi ha il cappello verde. Ripeto: gigi ha il cappello verde.

giovedì 27 ottobre 2016

Onetouch Ultraeasy teardown

Un paio di misuratori di glicemia, funzionanti, intercettati in extremis prima della loro sepoltura in ecocentro discarica. Colpevoli di aver esaurito la batteria (una CR2032) e sostituiti dal modello maggiore, decido di smontarli per curiosare, giocare, impratichirmi, documentare, recuperare... 
Il principio di funzionamento, credo di aver capito, consiste nel misurare dell'elettricità prodotta dalla combinazione fra glucosio contenuto nel sangue ed un reagente segretissimo ed ultrabrevettato, contenuto nelle striscioline usa e getta che rappresentano per un diabetico una spesa ricorrente (non bastava il problema dai) ed un enorme profitto per le big pharma. 
L'involucro plastico non è ad incastro ma incollato o saldato ad ultrasioni, fatto sta che tentare di aprire facendo leva nemmeno aparlarne. Il produttore non vuole che lo si apra per paura di dover poi affrontare cause milionarie qualora qualcuno scoprisse il pretesto per intentarle. 
Con un seghetto si incide accuratamente la linea di giuntura periferica e con un cacciavite piatto si fa il resto (la stessa tecnica già descritta in passato per aprire gli alimentatori dei caricabatteria da muro). All'interno...tanto oro, tipico delle apparecchiature medicali. Un portapile a bottone con contatti in oro... verrà recuperato. Un display LCD dedicato, difficilmente riutilizzabile dato che i contatti sono di quelli a pettine nero impossibile da stagnare (investigation in progress). La parte che legge le striscioline? solo dei contatti elettrici, uno per determinare se la striscia è inserita ed un altro per la misura. Per il resto, una manciata di componenti in prossimità dei contatti, con un paio di microscopici integrati dalle sigle indecifrabili (per ora), forse dei convertitori A/D o degli amplificatori operazionali per aggiustare la misura ai livelli del processore. 
Il processore è della Texas Instruments (c'è il logo) con delle sigle che non sono riuscito a trovare in rete. Senza datasheet, difficile recuperare qualcosa, riscrivere il firmware per utilizzi alternativi o per creare (perchè no) un misuratore di glicemia open source con tanto di istruzioni per prodursi in casa le striscie e sfanchiulare per sempre le multinazionali farmaceutiche. Si tiene "il ferro" e si riscrive il firmware, che ci vuole?


La sigla del processore? 
DWG1898-A REV1 dovrebbe essere quella che identifica il prodotto, mentre le restanti potrebbero essere solo dei codici del produttore per identificare data e lotto di produzione ( 67EL6YT G4). Qualcosa si trova nei siti cinesi, basterebbe ordinanrne qualche migliaio.... ma di data sheet nemmeno l'ombra, così almeno sembra, ma non demordo, a costo di scrivere direttamente al produttore sino a quando non mi risponderà. Alla prossima.

P.S. Teresa ha la caciotta. Ripeto: Teresa ha la caciotta. 

domenica 5 giugno 2016

REX Zoppas PM60 Microwave (schema elettrico)


Devo dire che l'attrezzo in questione ha fatto più che egregiamente la sua parte. Devo anche aggiungere che per come è stato trattato è stato bravo a resistere così a lungo. Quando le cose di una volta venivano progettate e realizzate pensando alla qualità ed un pò meno ai profitti finanziari ed ai dividenti degli investitori avidi e corrotti... bei tempi, ormai andati.
Messo da parte per fare posto ad un suo cugino cinese (meno avido di energia) è arrivato il suo momento... devo sezionarlo per recuperare i pezzi all'interno e portarlo al cimitero dei RAEE, amen. 
I forni a microonde sono una preziosa fonte di componenti utilissimi per hobbisti e smanettoni del fai da te. Oltre al trasformatore HV, il cui riutilizzo primario è destinato alle saldatrici a punti (con le opportune modifiche già documentate in moltissimissimi tutorial, post, filmati e spiegazioni dettagliate), si può recuperare il motorino a 230V demoltiplicato, che sta alla base e serve per far ruotare lentamente il piatto porta vivande, ques'ultimo riutilizzabile come sottopentola in quanto in vetro temprato. In più, almeno 4 microswitch, una ventola con motorino asincrono, tre termostati, due magneti toroidali dal magnetron.... questi ultimi però li ho lasciati al loro posto. Il magnetron, verso il punto in cui si concentrano le microonde in emissione, presenta una parte color rosa (intenso o pallido)... ecco, quella parte non è da toccare, rompere, leccare, ingerire eccc... VELENO molto pericoloso... per cui ho preferito lasciare integro il magnetron e non rischiare. Il diodo ad alta tensione è interessante e ho preferito metterlo da parte, si sa mai...
All'interno del coperchio ho trovato l'etichetta con lo schema ed i colori dei fili (eccolo). Buon esempio ormai caduto in disuso per agevolare i riparatori indipendenti, grazie. Per ora basta, devo procedere con disassemblare l'attrezzo autocostruito per ricaricare le cartucce di inchiostro col sottovuoto... da oggi solo toner e mai più inchiostro liquido... o forse no... boh. Alla prossima.

P.S. La lupa uluquà. Ripeto:  La lupa uluquà.

mercoledì 1 giugno 2016

Vivitar viviCam 3565T (Teardown)

Prima di disfarmene... almeno un occhiatina per vedere che c'è dentro. Una macchinetta digitale avuta in regalo come gadget pubblicitario di un azienda ad oggi fallita. E' stata una delle prime utilizzate per iniziare a pubblicare dei post con delle foto "decenti", sicuramente migliori di quelle fatte con la webcam e lente macro. E' guasta, lo schermo di anteprima non si illumina e francamente non credo valga la pena di ripararla. Non ho nemmeno gli strumenti adatti per recuperare il sensore delle immagini, che tanto mi piacerebbe usare per gli esperimenti più strani o per creare una network cam per la video sorveglianza fatta in casa (tipo beccare il gatto di merda che scava nell'orto appena seminato per i suoi merdosi bisognini).
L'apertura del guscio è semplice, basta togliere tutte le viti a vista, compresa quella nascosta dietro al portellino delle batterie.. Il resto viene da sè, dissaldando o tagliando i contatti alle batterie ed al piezo buzzer ed al flash... tagliare dai, se è rotta inutile stare troppo delicati. All'interno, per i poco attrezzati, si può recuperare il buzzer piezo, l'oculare per le microispezioni, la lampada del flash e poco altro. Il resto è tutto integrato nella basetta, compresi i micro pulsanti a saldare, i chip di memoria, il processore video ed altre sigle quasi sconosciute. 
Giusto per documentazione ed a futura memoria, i chip:

  • Jcatch SUNPLUS SPCA533A-PBO11 Digital Still Camera Controller
  • kynix HY57V641620HG 67,108,864-bit CMOS Synchronous DRAM
  • Toshiba  TC58V64BFT 64-MBIT (8M 8 BITS) CMOS NAND E2 PROM 
  • MX E032150 / 29LV040TC-90 2F331400 (boh)
La sigla del sensore di immagini?? sconosciuta o almeno non riesco a vederla. Quasi sicuramente qualcosa si trova nella parte a contatto col PCB ma al momento non ho proprio voglia di accendere i dissaldatori per recuperarla. 
Ecco... ora sono un pò più "soddisfatto". Mi spiace un pò per la macchinetta e per il cinesino sfruttato nell'assemblarla, pagato una miseria e sostenuto solo dai suoi sogni di schiavo che desidera la libertà attraverso i soldi... un ossimoro vivente. Adesso tocca al palmare.  Alla prossima.

Il palmare è al mare. Ripeto: Il palmare è al mare 

mercoledì 18 maggio 2016

Un distacco difficile

Ieri sera, complice l'ADSL ko, mi sono tuffato in "lavoratorio", deciso ad attuare i propositi del post precedente, con la morte nel cuore e la lacrimuccia che fa tanto poco "macho" ma aiuta a superare lo stress. Però, prima di riporre il ciarpame nello scatolone del RAEE, mi sono preso l'ultima soddisfazione... smontare tutto ai minimi termini e vedere come è fatto all'interno. Nella lista delle cose vintage sono confluiti:

  • 6 extensa 366 computer portatili, ormai non più funzionanti
  • 1 TI extensa 366D (il mio primo amore trasportabile)
  • 2 Samsung SGH U600
  • 2 Samsung SGH-X650
  • 1 Samsung A800
  • 1 Sagem modello non documentato
  • 1LG U8360
  • 1 Sony Ericsson T630
  • 1 Nokia 7210c type RM-436
  • 1 Nokia 6030 type RM-74
  • 1 Nokia 3100 type RH-19
  • 1 Nokia 3330 type NHM-6NX
  • 1Nokia N73-1 Type RM-133 rosso mattone (orribilis)
  • 1 Nokia 6161 Type RM200
  • 1 Nokia 1661-2 Type RH-122
  • 1 Nokia 5200 Type RM-174
  • 1 Nokia 6288 Type RM-78
  • 1 Nokia 1110 Type RM-93
  • 1 Motorola L6 rosa (orrendo)
  • 1 lettore CD
  • una quantità industriale di batterie morte
  • una quantità industriale di componenti e schede provenienti da alimentatori, UPS, lettori DVD, mother board, allarmi, centraline, giocattoli...
il tutto pazientemente smontato, sezionato, disassemblato, fatto a pezzi, compresi gli schermi LCD che contengono quei foglietti semitrasparenti, riflettenti che mi piacciono tanto. E' stato interessante ripassare l'evoluzione che i telefonini hanno registrato nel tempo. Dalle viti, prima 6 poi 4,3,2... si è passati agli incastri e poi al nastro bi-adesivo, giusto per rendere sempre più difficile la riparazione ed incentivare l'usa e getta. Nel corso degli anni poi, la miniaturizzazione ha raggiunto livelli tali che maneggiare componenti microscopici posti l'uno accanto all'altro a distanza ravvicinatissima, impone  l'uso di speciali dispositivi necessari alle riparazioni. Ah, già...i riparatori "autorizzati" sono quelli costretti a comprare dal produttore le morse, gli attrezzi, l'hardware e software di diagnostica... costi da scaricare ovviamente sulla vittima sacrificale... il cliente.
Fra le altre cose buttate.... i manuali di "quel sistema che non voglio nominare"95... una foresta di alberi abbattuti... già... sono un ex di "quel sistema che non voglio nominare"95 e sono passati vent'anni da un felice distacco nemmeno sofferto... oggi solo GNU/Linux ed in futuro solo sistemi open source.
Durante l'opera di disassemblaggio dell'hardware, di esplorazione ed apprendimento, mi sono fatto un pò sopraffare dai pensieri che ancora mi accompagnano. Penso alle avventure passate col mio primo portatile, quello che ha condiviso il giorno del frontale causato da un friulano di *****, ubriaco marcio, che una notte mentre rientravo dal lavoro mi ha disintegrato ginocchio, schiena e vettura d'ordinanza. Penso al lavoro di verniciatura su altri due portatili (blu elettrico glitterato e rame) fatti eseguire dal carrozziere quando pensavo di cimentarmi nella moddizzazione dei PC (progetto fallito... il costo è esorbitante rispetto al valore). Penso a tutto quell'oro che finirà nelle tasche di chi non se lo merita, pagato all'acquisto e pagato per smaltirlo. Penso che tutti quei microfoni microscopici mi sarebbero serviti per costruire delle microspie, assieme alle videocamere nanoscopiche ideali per essere occultate nei punti dove nemmeno si immagina. Penso ai motorini per la vibrazione che potevano essere recuperati per qualche gadget usato per stupire gli unani, tipo i micro bug fatti con lo spazzolino (a certi deficienti piacciono un botto tanto da comperarli invece di costruirseli). Penso ai mini LCD (che il datasheet è custodito meglio dei segreti di fatima) utilizzabili come mini schermi per le applicazioni più svariate. Penso alle tastiere ed ai led bianchi, specie quelli piatti usati nella retroilluminazione... preziosi per riutilizzarli in micro impianti di illuminazione dei cassetti. Penso al litio ed alla sua reazione violenta ed incendiaria con l'acqua... Penso che purtroppo non riuscirò ad usarre nulla di quanto sta per essere buttato e che mi serve spazio in casa, magari per realizzare cose più "grossolane" e meno tecniche (tipo una carriola per il giardino che la schiena ormai non mi regge più). 
Ecco... lo scatolone è quasi pronto, ma sono solo all'inizio. Intanto mi sono un pò divertito, giusto per alleviare gli anatemi, insulti e incazzature verso un provider di connettività ADSL che non fa il suo dovere, non rispetta il contratto di fornitura ma pretende di essere pagato, altrimenti mi sospende il servizio... quale servizio? Alla prossima. 

P.s. Piero è da Francesca e Mario non si sposta. Ripeto: Piero è da Francesca e Mario non si sposta.


domenica 22 marzo 2015

Svegliaaaaaaaaa

Trent'anni. Tanto è durata la mia sveglietta elettrica che in camera ha svolto egregiamente il suo dovere. Presa agratis (era un gadget di un assicuratore) e moddizzata a dovere (rimozione dei loghi pubblicitari) non aveva mai dato segni di cedimento. Sempre precisa e soprattutto silenziosa, che se in camera sento un rumorino non riesco proprio a dormire. In questi giorni ha deciso di terminare la sua funzione...morta...rip. E quale migliore occasione per donare gli organi? Cacciavite e via, la apro. Dentro (circuito Kienzle W460 made in germany) c'è un buzzer da recuperare, un quarzo, filo di rame sottile, un BC547, un paio di lampadine e basta. Un integrato marchiato eurosil 1444G non credo di poterlo riutilizzare ed in ogni caso non ho nemmeno voglia di cercare il datasheet per pensare ad un suo riutilizzo. Con l'occasione ho aperto anche un altra sveglietta un pò meno vintage. Quest'ultima ha il solito chip affogato ma il principio di funzionamento sempre lo stesso. Un bobinone fa girare un piccolo rotore ad una velocità costante impostata dal quarzo. Il rotore fa girare gli ingranaggi opportunamente progettati. Niente di complicato o particolarmente stimolante, a parte la doratura dei contatti che raramente si trova nelle svegliette da pochi euro. 
Nei prossimi giorni sarà obbligatorio un giretto dai cinesi...budget...un euro. Alla prossima.

P.S. l'equinozio è il padre degli equivizi. Ripeto: l'equinozio è il padre degli equivizi.





venerdì 30 gennaio 2015

Laser pointer 5mW

Càpita (solo ai dementi come me) di passare dal benzinaio di periferia e trovare un espositore pieno di puntatori laser da usare come portachiavi. Un rapidissimo interrogatorio e... dopo aver appreso che il gestore li tiene sul bancone da una vita, rilevato che alcuni di loro hanno le batterie esplose e sono praticamente da buttare, considerato il volume di vendita (uno ogni 2 anni) ed il margine di guadagno irrisorio, indegno anche per un povero del bangladesh... beh... se proprio li butti... dalli a me che ci gioco un pò. Presi!. Dei portachiavi di fattura cinese, tutti con lo stesso numero di serie 2008108 (sembra in realtà una data siglata però con S/N)
Non so ancora come riutilizzarli ma sicuramente il diodo laser a qualcosa potrà servire prima o poi... magari per una livella elettronica, un indicatore di taglio per la sega circolare, un indicatore per la bici.... boh, qui non si butta nulla. 
Il ciòttolo è alimentato da tre batterie a bottone AG3 (tensione residua media 1,44 volts cadauna) per una potenza inferiore ai 5 millliwatt (luce rossa a 650 nm +/- 10% ...da crederci). Di tagliare qualcosa nemmeno a pensarci. Provo a smontarne uno per verificare l'assorbimento del modulo laser... 15 mA di assorbimento alla tensione di 4,16Volts, molto vicina ai 5 volts di una presa USB e sotto la corrente massima che la stessa può erogare. In serie al led laser, una resistenza smt marchiata 750 (75ohm). Con questi valori il laser può essere tranquillamente comandato da un piccolo processore senza troppe preoccupazioni, non senza prima aver provato alcune modifiche. Sostituisco la resistenza da 75 ohm con una da 100 ed alimento il tutto a 5volts...funziona egregiamente. Si potrebbe provare anche a mettere una resistenza da 47 ohm e provare con i 3,3volts standards (dovrebbe funzionare). Il negativo va collegato in prossimità della molla mentre il positivo va collegato a dove prima c'era l'anodo del led bianco (in trasparenza è il pezzettino metallico più piccolo). In foto si vede che ho usato una resistenza da mezzo watt... la fretta... non avevo voglia di cercarne una più adatta. Si protegge il tutto con un tubetto termorestringente et voilà, pronta per qualche nuovo utilizzo. Come ultimo tentativo di modding... girare la lente frontale con un cacciavite per cercare di ottenere un puntino più definito (dubito ma tentare non nuoce)
Ora devo procedere con alcuni esperimenti ludici, utilizzando dei fotodiodi normalmente presenti nei lettori DVD o nelle stampanti laser, giusto per verificare il funzionamento e provare a realizzare una specie di telecomando codificato.
Ah, mi viene in mente un altro utilizzo... è da tempo che sento parlare dei microfoni laser... non so se è una burla ma tentar non nuoce alla mia curiosità. In linea di principio potrebbe anche funzionare, anche se sarebbe preferibile un bel diodo a luce infrarossa... invisibile all'occhio umano. Intercettare conversazioni senza licenza ed ad insaputa dei soggetti è vietato ma per la scienza questo ed altro. E sempre per la scienza.... questi puntatori sono ideali per far giocare il gatto, che come è noto, è un animale più stupido dei panda e rincorre tutto quello che vede muoversi rapidamente, incurante che è solo un puntino luminoso inconsistente, inodore ed insapore... i gatti.... animali stupidi, si sà. Occorrerà verificare se è vera la storia che il gatto, quando rincorre il laser, poi impazzisce... per mè è una stupidaggine colossale ma potrei divertirmi con quello che di notte viene a rantolare ingrifato come un adolescente in astinenza sotto la finestra della mia camera da letto... mi sa che per quello userò il vecchio metodo.... la fionda. Alla prossima. 

P.S. il micio è rosso e il topo è grigio. Ripeto: il micio è rosso ed il topo è grigio. 

martedì 30 dicembre 2014

TOP IN LED lamp teardown



Una lampadina a led permette un bel risparmio sull'energia elettrica in quanto a parità di lux emessi consume molto meno rispetto ad una lampadina ad incandescenza. Il suo costo abbastanza elevato è ammortizzato in breve tempo... se non si rompe prima del previsto. Già perchè a vole risparmiare sulle lampadine a led occorre metttere in preventivo anche la qualità costruttiva e di progettazione dei circuiti di controllo. Questo modello l'ho preso su ebai tempo fa ad un costo inferiore rispetto a quelle che oggi si trovano orami anche nei supermercati e nei brico center. Dopo un periodo di funzionamento abbastanza breve, dovuto al fatto che era installata in cantina frequentata davvero poco, la lampadina si fulmina con grande sorpresa.... cosa sarà successo? La curiosità mi spinge ad aprire, ispezionare, capire, verificare. Questo modello è uno dei più semplici da smontare, senza rompere nulla e facilmente riassemblabile al punto che viene da chiedersi se sono disponibili i ricambi dato che una eventuale sostituzione della parte guasta è davvero ridicola.

Per aprirla occorre innanzitutto togliere il cupolino satinato, con un cacciavite piatto lo si rimuove dall'incastro ovalizzando leggermente il corpo plastico nel lati opposti alle clips di aggancio. La piastra che ospita i leds (JML-11061 TYQP-5353-04A4 P3528-18 20111110) è avvitata con due viti autofilettanti che si vanno ad incastrare fra le alette di un dissipatore cilindrico appoggiato sulla piastra con della pasta che conduce il calore. Il dissipatore forato fa passare i due fili che vanno al circuito regolatore a sua volta collegato alla ghiera filettata. La ghiera filettata è a sua volta semplicemente avvitata al corpo plastico, per cui, per toglierla, basta svitarla e sfilare il tutto per le verifiche del caso. 
Con la lampadina smontata (in trenta secondi netti) il problema  viene subito all'occhio... il circuito di regolazione dei led è esploso, annerendo i componenti circostanti. Per la sigla dovrei smontare una lampadina buona ma per ora non credo di approfondire più di tanto. La sigla che si riesce a lebbere sull'intergrato inizia per BP31... il ponte MB10S (forse origine della sovratensione in quanto sembra anche lui andato)
Credo, nel disquisire in tema di qualità, che in questo caso non possiamo parlare di scarsa qualità del prodotto o errore di progettazione dell'elettronica... piuttosto il problema è insorto per un corto ciurcuito provocato da nidi di ragno rinvenuti asll'interno della lampadina. La parte a cono infatti è aperta per lasciar dissipare meglio il calore, lasciando però esposto il circuito (anche se protetto dal solito tubo termorestringente), che andrà inevitabilmente soggetto a contaminazioni esterne (ragni, polvere, umidità).
Da segnalare un incongruenza nelle serigrafie della basette. Il filo rosso è collegato al V+ del circuito stampato mentre è collegato al V- della basetta con i leds (stessa ovvia inversione per il filo bianco). Per cui sarà necessaria un ulteriore verifica col tester per capire la polarità giusta da applicare alla basetta metallica. Sì perchè la piastra che ospita i leds è un lamierino tondo di alluminio con stampate sopra le piste che collegano i leds, tramite strati di isolante. E' di alluminio solo per esigenze di smaltimento del calore. Interessante la soluzione a accoppiamento col dissipatore ad alette che poermette l'utilizzo di componenti "standard" grazie ai quali si riesce a contenere il costo di produzione e conseguentemente di vendita al pubblico (credo di ricordare di averla pagata pochi euro un paio di anni fa). Che dire ancora? Queste lampadine non dovrebbero essere installate in luoghi polverosi o soggetti alla visita dei ragni, quindi niente cantine, sottoscala, falegnamerie, garage, ripostigli od in genere posti poco frequentati ove la rimozione delle ragnatele non è frequente come quella in posti ove si soggiorna abitualmente. Lo stesso modello è in funzione in altre parti della casa e posso confermare che la loro durata è superiore alle lampadine tradizionali. Unico neo, per mea culpa, è che ho preso il modello a luce bianchissima, che a me non piace proprio. Al prossimo giro luce più giallina. Procedo con esperimenti e verifiche dei led da recuperare... stay tuned. Alla prox.

P.S. il prato è gelato. Ripeto: il prato è gelato. 

lunedì 1 dicembre 2014

Neon Starter Ballast Spark!

Durante un lavoretto di falegnameria, tipo trasformare due sedie in una scaletta ripiegabile, mi accorgo che il tubo al neon sopra il bancone da lavoro fa fatica ad accendersi. La scarica non si innesca... penso immediatamente al tubo esaurito (strano ha solo 10 anni) e procedo a frugare nella scorta di tubi recuperati da vari smantellamenti di negozi nella fase di post-fallimento (una manna dal cielo questa crisi prolungata). Strano che nessuno di questi funzioni... penso quindi immediatamente allo Starter... è domenica, negozi chiusi (per fortuna) e ... che faccio? Mi viene in mente che in lavanderia ho degli scaffali recuperati da un negozio di fotografia, erano illuminati e per forza ci deve essere qualcosa che fa al caso mio... infatti, all'interno c'è ancora l'impianto elettrico, reattori, starter, interruttori... taac! Prendo lo starter, sostituisco lo starter e... luce fu. Ok. Nella pausa non posso resistere.... devo aprire lo starte rotto e verificare cos'ha! Il problema viene immediatamente all'occhio... usato troppe volte, lo scintillio fra i contatti nell'ampolla hanno consumato le lamine bimetalliche che non stanno più facendo il loro dovere. Bene. Di riparare lo starter nemmeno a parlarne (per ora) ma di spendere due parole su come funzioni si, questo lo si può fare. 
Starter usato vendesi come nuovo
Il tubo al neon è un tubo di vetro, ricoperto internamente da materiale fluorescente, che contiene dei gas (di solito Neon) e una piccola quantità di mercurio. Per accendersi occorre una tensione di innesco della ionizzazione del gas molto più alta di quella necessaria per mantenere acceso il tubo. Inoltre è necessario che i filamenti ai capi del tubo raggiungano una temperatura di 100-200 gradi prima di iniziare ad emettere elettroni che ionizzano il gas e quindi eccitino la sostanza fluorescente che ricopre l'interno del tubo di vetro. Per ottenere l'innesco si usa quindi uno strarter ed un reattore (l'insieme è anche chiamato "ballast"). Lo starter, in sostanza,  è un interruttore che rimane chiuso all'accensione per circa uno o due secondi (il tempo di riscaldare i filamenti). Al passaggio della corrente, le lamine dell'interruttore si scaldano e si piegano (lamine a bimetallo aventi diversi coefficienti di dilatazione) interrompendo la continuità. All'apertura del contatto entra in gioco l'energia accumulata dal reattore (che sostanzialmente è un induttanza) che viene rilasciata ai capi della lampada sotto forma di sovratensione in grado di innescare la scarica ionizzante fra gli elettrodi. Quindi lo starter serve solo a far partire il processo di accensione, tanto che una volta accesa la lampada, può tranquillamente essere tolto senza spegnere nulla in quanto una volta "scaldato" ed aperto, anche se si raffredda ed il contatto si richiude, la maggior parte della corrente passerà per la scarica del tubo fluorescente e pertanto non riuscirà a riaprirlo.
Ma.... il condensatore in parallelo al bulbo dello starter a che serve? E' per ridurre le interferenze EMI generate dall'arco che si sviluppa ai capi del contatto. Ma... che succede se collego uno starter in serie ad una lampadina ad incandescenza?? Boh... dovrebbe lampeggiare con una frequenza che dipende dalla potenza della lampadina stessa suppongo... perchè non provare?... dubito però che i contatti a forza di aprirsi e chiudersi con conseguenti scintille facciano durare a lungo il gioco... alla prossima

P.S. il ravanello è pallido e la bruschetta è pronta. Ripeto: il ravanello è pallido e la bruschetta è pronta.

domenica 26 ottobre 2014

Samsung ML1210 (autopsy)

Certe stampanti arrivano ad un tale livello di usura (o di cattivo stato dovuto ad incuria) che non vale la pena di ripararle. Porta parallela (ormai scomparsa), 600dpi, 12 ppm... nell'usato si trova di meglio. Questa, una Samsung ML1210 è ormai giunta a fine vita, così almeno ho deciso che sia, non fosse per il fatto che ho trovato lo schema elettronico e così posso recuperare i componenti per i quali non si trovano quasi mai le caratteristiche o i data sheet. Ho deciso di studiarla a fondo e, perchè no, recuperare qualcosa per il miliardo di progetti che ho in sospeso, compresi quelli futuri. 
Il problema più grave di questa stampante è il solenoide... la carta entra a pacchi, quando entra, non un foglio alla volta. 
Ad aggravare la situazione è anche un pick-up roller, davvero semi distrutto. Lucido in alcune parti ed addirittura crepato. Dal service manual, la sua vita è di 60.000 fogli, ma il foglio demo della stampante mi riporta appena poco più di 15.000 fogli stampati....qualcosa non torna, esattamente come il modello Samsung di qualche post fa... mi sto convincendo che il gommino che fa frizione e trascina dentro la carta nel percorso iniziale, prima che la carta stessa sia presa dai rulli, sia di scarsa qualità... dai, un pò di cattiveria gratuita... obsolescenza programmata... chi si sogna di portare in riparazione una stampante simile, pagata poco e usata per anni, quando non si vede l'ora, da perfetti consumisti indotti, di comprare un modello nuovo? E si che questo modello ha un costo per pagina molto contenuto ed inoltre consuma poco...40Watt in stampa ed appena 20W a riposo. Vabbè, sono stanco, oggi, di rimproverare una massa di unani spendaccioni e spreconi, solo che il pianeta non ce la fa più e su questo a volte ci vengo a vivere per brevi periodi. 
Il componente che più mi intrippa è la lampada alogena all'interno del fuser. 22 centimetri a 220 volts... come non pensare ad una lampada geek? Si ma mica una lampada normale... un modello con termistore e resistenza NTC, comandata da un microprocessore che ne regola la luminosità se si scalda troppo (misurando la temperatura ambiente) o la spegne quando supera i 150 gradi centigradi... magari da usare all'esterno per il vialetto o per gli angoli bui del giardino... 
A proposito di NTC e termostato... in foto si vede una resistenza NTC (quella rivestita con il Kapton... il nastro arancione). E' direttamente a contatto con il tubo di alluminio (in foto non c'è l'ho tolto) che riscaldandosi fonde il toner sulla carta al suo passaggio (si trova sempre nel percorso finale, verso l'uscita)...notato niente? è sporca ed incrostata... sicuramente non stava facendo egregiamente il suo lavoro. Se pertanto la carta della vostra stampante scotta troppo... c'è l'NTC da pulire....auguri. 
Il circuito che accende la lampada è già fatto, comandabile tramite un segnale on-off a 24Volts ed un diac.... si può pensare ad un PWM per regolare l'intensità luminosa... ma anche ad un riscaldatore per il percloruro ferrico (per i PCB), basta mettere la lampada sotto una piastra di alluminio ed il gioco è fatto (alle estremità la lampada ha due occhielli di fissaggio a vite... basta pensare ad un supporto ceramico, i fili sono già quelli rivestiti in tessuto... troppo facile. Andiamo avanti.
Lo schema mi permette di studiare il driver del motore passo passo (il circuito è praticamente già fatto, pronto per essere riutilizzato), compresi i due stadi di pilotaggio del solenoide e della ventolina a 24 volts (fosse stata da 12 sarebbe stato meglio)....perfetto per la stampante 3D. 
Fra le altre cose, una serie interessante di Zener, solenoidi, filtri, condensatori, ponti raddrizzatori, foto accoppiatori, condensatori per alto voltaggio, leds (una striscia di led rossi farà da stop per la bici), e poi dissipatori, switch, barriere ad infrarossi,  componenti introvabili facilmente in commercio, una miniera...
L'unico componente "misterioso" è l'LSU, la scatola nera con il motore a specchi ed il laser. Niente schema per quella (maledetti cinesi :-). Dovrò provare per tentativi, dato che ho la piedinatura dei connettori, due, uno per il laser ed uno per il motore. Con una telecamenra ho provato a vedere se si riusciva a notare il raggio laser uscire dal diodo ad infrarossi e diramarsi a cono verso la lente curva che si drova subito prima dello specchio deflettore che devia i raggi sul tamburo fotosensibile della cartuccia piena di toner... nulla, non si riesce a vedere nulla anche se le telecamere, nonostante i filtri, dovrebbero riuscire a registrare qualcosa....nulla di nulla, una dilusione diludente. Vabbè, pazienza..l'autopsia prosegue. alla prossima.

P.S. il dito è unto. Ripeto: il dito è unto. 

lunedì 4 agosto 2014

Lampadina a LED ST4-041030 (parte 1)

In occasione del giretto in discarica (in bici of course!) per scaricare l'erba falciata del prato e caricare un pò di Compost (agratis) per l'orto, mi imbatto nel contenitore dei rifuti RAEE per le lampadine ad incandescenza. Fra i tubi al neon compare una lampadina a led, l'unica, sola soletta e l'idea di recuprare almeno i led mi spinge a prenderla e portarla a casa, incurante dell'incalcolabile danno provocato alla partecipata che presidia l'area con ben 4 persone ed un impianto di telecamere da far invidia a fort knox.
La lampadina riporta nel suo corpo terminale le seguenti sigle:
MICROWATT
ST4-041030
4w 3000.K 34mA38D
220/240V - 50-60Hz
Del perchè si sia guastata meritando la rottamazione è materia di indagine. Sono seriamente intenzionato ad aprirla per soddisfare l'insaziabile curiosità e voglia di imparare qualcosa di nuovo.
Da una rapida googlata scopro che si tratta di una SPOT TRILED con attacco GU10 serie ST4 da 4 watt equivalenti ad una lampadina ad incandescenza da 40 watt, garantita per una durata media di 25.000 ore (non un minuto di più suppongo, giusto per rilanciare i consumi dai).  
Il colore della luce è indicato a 3000K con un angolo di apertura del fascio luminoso di 38 gradi (che spiega la sigla stampigliata). Aggiungiamo il codice EAN (a barre) 8111041030009 e la classe energetica A++
OK, dati tecnici a parte, voglio capire come aprirla senza rompere troppo l'involucro, ipotizzando che il progettista, il solito "ingegniere" abbia fatto di tutto per impedirne l'apertura... misteri dei meandri mentali di qualche mente bacata che pensa alla nostra "sicurezza"... lasciamo a casa le polemiche per una volta.
Una cosa mi insospettisce immediatamente. Nella parte dell'innesto GU10 si notano due forellini, uno nero ed uno blu... che saranno? ed il piolino centrale fra i due? una specie di spina ad incastro per tenere fermo l'interno? boh, andiamo avanti. L'unico punto aggredibile sembra il filtro anteriore che mostra una specie di incavo in un punto della circonferenza... o forse è un punto di collante, non si capisce bene....in trasparenza si notano anche tre piolini di fissaggio...la vedo dura senza rompere... proviamo a fare leva lì per vedere se si apre. La plastica bianca è molto dura e si capisce anche perchè... deve resistere a temperature abbastanza alte e non deve essere certo di quella che si ammorbidisce col calore.
Dopo una serie di tentativi, decido di tagliare. Tanto, per un nuovo involucro non ho bisogno del sottovuoto come le lampadine ad incandescenza, ed un barattolo in vetro dello yogurt credo si possa adattare senza troppi sforzi (almeno così lo riutilizziamo e non "consumiamo" plastica). 
Dopo un accurata ispezione visiva, la scelta ricade nel forare i tre piolini di fissaggio. Punta dello stesso diamtero e via. La plastica è più tenera del previsto ed il vetrino (che in realà è plastichetta), viene via facendo leva con un cacciavite sottile. E' costruito con tre lenti disposte a trifoglio e si scopre che i piolini in realtà erano incollati alla basetta di supporto ai led che si mostra nell'incavo interno. La basetta led (Sigla YX-LED-3C1B) è fissata con tre viti autofilettanti, tolte le quali la lampadina si apre senza difficoltà...troppo facile. Sfatiamo immediatamente le ipotesi iniziali... il piolino centrale, non esiste, i forellini colorati non sono altro che due forellini e la loro differenza di colore è dovuta ai componenti interni sottostanti. 
Il circuito stampato di pilotaggio dei led racchiuso nel corpo cilindrico della lampadina, protetto con una guaina isolate termorestringente, contiene da un lato un paio di condensatori, un induttanza, un soppressore di sovratensioni, mentre l'altro lato una serie di componenti SMT al cui ispezione è in corso. Alla prossima. 

P.S. la gallina ha le uova. Ripeto: la gallina ha le uova.