In questi anni ho conosciuto un nuovo animale mitologico del panorama imprenditoriale italiano: il Bèpi Sugamàn Digitale. È una creatura affascinante, un misto tra spaccone di periferia e guru dell’innovazione immaginaria. Si avvicina a te — consulente, tecnico, professionista — con l’aria di chi sta per rivelarti il segreto dell’universo, poi apre bocca e parte la fiera del nonsense.
L’esordio è sempre questo: “Mi serve l’inteigènsa artifiçiàe. La ghe vol. Oh, la xè el futuro.” In quel momento capisci che non c’è speranza. Hai davanti uno che non distingue un file PDF da una grattugia, ma vuole l’AI “perché lo dice Internet” (o suo cugino ragioniere).
Come riconoscere un Bèpi Sugamàn digitale
Facile. Ha una serie di caratteristiche inconfondibili:
- Dice “voglio l’AI” con lo stesso tono con cui ordinerebbe una pizza capricciosa.
- Usa WhatsApp per tutto, anche per mandarti file che sarebbe illegale far vedere persino al parroco.
- Ha un gestionale scritto nel 1998 da suo cognato e pretende che “si colleghi all’AI”.
- Ha paura del cloud ma manda contratti via screenshot.
- Paga sempre in ritardo, ma “spende volentieri se il lavoro è fatto bene”, cioè mai.
- Vuole decidere le strategie tecniche perché “lui è il titolare”.
E soprattutto, la sua frase preferita:
“Mi so cossa serve. Te basta che me fassi el programìn.”
Il programìn. Oggetto leggendario, tipo il Sacro Graal. Non si sa cosa sia, non si sa cosa faccia, ma lui è certo che esiste.
Perché NON lavoro con questa gente
Io non faccio miracoli. Non faccio magia nera. Non sono un domatore di incompetenze.
Io progetto, analizzo, pianifico, integro. E quando serve, dico dei “no” lunghi come la tangenziale di Mestre.
Perché il bèpi sugamàn:
- non ascolta;
- non capisce;
- ma soprattutto non vuole capire.
Lui vuole l’AI come status symbol: per sentirsi moderno, per far colpo sulla moglie, per poter dire al bar “go messo l' inteigensa artifiiciae nel capanòn”.
A questi soggetti ricordo sempre un dettaglio importante: l’intelligenza artificiale non compensa la stupidità naturale.
Sillogismo
Premessa 1: Se non ascolti il tecnico, fai danni.
Premessa 2: Il bèpi non ascolta.
Conclusione: Il bèpi è un progetto di bonifica, non di consulenza.
Il cliente ideale (per me)
Io lavoro con persone che hanno tre qualità:
- umiltà professionale;
- fiducia nell’esperto che pagano;
- capacità di non dire stupidaggini mentre io progetto.
Perché se vieni da me a dirmi cosa devo fare, come devo farlo e quanto ci devo mettere, un dubbio mi viene: se sei così bravo, perché non te lo fai da solo?
Io non sono un muratore digitale, non vengo a tirarti su i muretti delle tue idee sbagliate. Io progetto case, non rattoppo pollai.
La parabola del SUV e del trattore
Il bèpi vuole l’AI come chi compra un SUV da 200.000 euro per fare due rotonde. Poi però si infila in una stradina di campagna, si impantana e dice che è colpa della macchina.
La verità è semplice: se non sai guidare un trattore, non puoi pretendere di pilotare un jet.
Ma prova a spiegarglielo: ti risponde che “lui ha esperienza”. Certo: esperienza nel complicarsi la vita.
Conclusione: il test del fegato
Se dopo aver letto questo articolo ti sei divertito, probabilmente sei un tecnico, o un imprenditore intelligente. Se ti sei irritato, rivediamo insieme il sillogismo: forse fai parte del problema, non della soluzione.
Io lavoro con chi vuole crescere, non con chi vuole comandare senza capire. Se cerchi un consulente che ti dica sempre sì, non sono io. Se cerchi uno che ti dica la verità, anche quando fa male, allora sì: parliamone.
Meglio pochi clienti, ma intelligenti. L’intelligenza artificiale è potente, ma quella naturale — quando c’è — vale molto di più.
P.S. latte uova e farina sbattute assieme non fanno una torta. Ripeto: latte uova e farina sbattute assieme non fanno una torta.









