La strada della sobrietà, passando attraverso la rimodulazione dei "bisogni", porta alla libertà. Meno consumi, meno bisogno di danaro, meno tempo impiegato per produrre quest'ultimo. L'equazione è semplicissima. Il tempo che rimane è libertà, libertà di coltivare le proprie passioni, per vivere l'unica vita che ognuno di noi ha. E se la vita degli unani merita di essere spesa a lavorare per soddisfare dei falsi bisogni, la mia no, è più preziosa. Davanti a me ho sempre meno anni di quelli passati e preferisco essere io a decidere cosa farne. Ma consumare è inevitabile. Gli oggetti si deteriorano, specialmente in questo periodo storico dove la produzione degli oggetti è estremizzata al risparmio dei costi per la massimizzazione del profitto (di pochi). E se gli oggetti si deteriorano, specie quando rappresentano una comodità a cui non è necessario rinunciare (la decrescita non è rinunciare), occorre sostituirli con qualcosa di equivalente, dopo attenta valutazione se sono concretamente ed effettivamente utili e necessari.
Una cara amica ha deciso di buttare il suo marsupio, usato durante il lavoro per riporre le cose che devono restare sempre a portata di mano quando si è in mobilità... documenti, e-cig, telefono, aspirine, fazzolettini, un pò d'acqua allo zenzero, le chiavi di casa e del lucchetto della bici.... il minimo indispensbile. Un marsupio tipicamente di fattura cinese, cucito assieme da chissà quali manine, in chissà quale tugurio insalubre ad orari disumani, in cambio di pochi spiccioli usati, si spera e presume, almeno per l'indispensabile o per il miraggio della sopravvivenza in questo mondo corrotto ed avido.
L'uso quotidiano ne ha evidenziato limiti e carenze progettuali... alcune scuciture, la stoffa logora e consumata dallo sfregamento... decisamente sfruttato sino al limite. Ma alcuni componenti sono ancora funzionali e non sono rotti o da buttare, lo è l'insieme, l'oggetto assemblato. Ed allora, perchè non recuperare quello che c'è di buono e buttare il resto?
Si ma cos'è rimasto? Dopo l'operazione inversa all'asemblaggio "1000 pezzi all'ora=un pugno di riso" restano, perfettamente funzionanti:
- una fibbia di plastica
- un aggancio a clip per la cintura
- una cinghia da 60, termosaldabile
e 5 cerniere di cui :
- 1 da 16cm
- 2 da 20cm
- 1 da 26cm
- 1 da 30cm
Fibbia ed aggancio a clip verranno usate per una citura da pantaloni, funzionano benissimo, ne ho altre 2 autocostruite, sono indistruttibili. La cinghia da 60 è troppo corta per una cintura, ma perfetta per costruire una specie di maniglia per qualche borsa o contenitore. Le cerniere? magari per sostituire quelle che si rompono o in qualche progetto che ho in mente, quando inizierò a lavorare anche il cuoio.
E con questa operazione, 10 minuti, mi sono assicurato del materiale da ri-utilizzare, di riciclo o recupero, di certo non indispensabile ad ingrassare le corrottissime multiutility dei rifiuti... vi sto boicottando diversamente empatici. Alla prossima.
P.S. la serpe è in viaggio. ripeto: la serpe è in viaggio.
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