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venerdì 2 luglio 2021

Black & Decker FV7201-H1 (parte 4 - conversione da Ni-Cd a Li-Ion)

Questo lavoretto è a puro scopo ludico / didattico, per futuri progetti di conversione per elettro utensili a batteria (e non). Devo solo fare un pò di pratica e sbagliare per ripassare le mie (poche) conoscenze tecniche in materia di elettricità. Il concetto è "impara l'arte e metti da parte". 

Sicuramente è utilissimo sapere fare un pò di tutto ciò che può essere a portata di mente, mani e materiali a disposizione, il resto lo fa l'ingegno, la creatività, la voglia di sperimentare, ecc.... Alla, fine del percorso dedicato a questo "elettrodomestico" già documentato (vedi riflessioni precedenti), ovvero autopsia, smontaggio, pulizia e fatwa al produttore, le perplessità tecniche restano irrisolte. Funzionerà? Si brucerà il motore? Il caricabatteria fai da te reggerà la corrente di ricarica? Le batterie andranno a fuoco? Mi fido a lasciarlo sempre in carica appeso alla parete? (nei commenti correggetemi se sbaglio i ragionamenti che vado a documentare).

A premessa, duole constatare come le vecchie batterie al Ni-Cd fossero caricate applicando direttamente 15 volts in AC (un volgarissimo trasformatore incapsulato per il collegamento "a muro" con dati di targa a 10 volts AC) raddrizzati da un solo diodo, senza regolazione della corrente di carica o senza un circuito in grado di staccare la ricarica a ciclo completo...manco un condensatore, nient'altro che un diodo... complimentoni alla multinazionale con i suoi segretissimi motori custom.


Batterie 18650: Per le batterie, data la scarsa importanza del progetto, ho optato per due Li-Ion recuperate dalla batteria defunta, a 9 celle, di un vecchio portatile. Un ciclo completo di scarica e ricarica per tutte e 9 ed ho scelto quelle che parevano messe meglio. Ne ho messe due in serie per avvicinarmi alla tensione nominale delle batterie originali, 7,4 volts a carica completa. Per alloggiarle sotto al motore, ho dovuto togliere un aletta di rinforzo ed adattare il contenitore al diverso form factor del litio rispetto al Ni-Cd, nulla di difficile. Non conosco la loro capacità (non c'è scritto) ma presumo siano da 2000mAh, per cui 2 ampère per un ora (60 minuti), 20 ampère per 6 minuti e via dividendo

il BMS: le batterie al litio, si sa, hanno la necessità di un sistema che blocchi l'erogazione di corrente al raggiungimento di una soglia minima di tensione, pena la distruzione delle batterie stesse. BMS è l'acronimo di Battery Management System. In rete ormai si trovano una moltitudine di circuitini pre-costruiti e pronti all'uso. Io ho optato per un 2S (2 batterie in serie) da 10 Ampère... meglio "tenersi larghi" (era il ragionamento iniziale) per evitare surriscaldamenti o sovraccarichi potenzialmente dannosi. Il BMS è bilanciato per carica e scarica (ottimo) da 8,4 volts, il motore è da 7,4 volts... reggerà? Costo 5,7 euro alla coppia, ne ho presi due, si sa mai. Data la sperimentazione, non ho voluto mettere in parallelo un altra coppia di batterie per aumentare l'autonomia dell'apparecchio.... è un aspirabriciole per dio! quanto mai dovrà durare un aspirata veloce? mica ci devo fare le pulizie a fondo!. Per i collegamenti è facile. P+ e P- vanno collegati nei punti dove si trovavano le vecchie batterie. I +/- 9 vols vanno collegati nella base di ricarica (occchio alle polarità).


L'interruttore ON/OFF: La B&D ha deciso di predisporre il modulo batterie/switch su un unica basetta (vendono il pacco assemblato come ricambio, motore compreso!). Due lamelle di contatto ad incastro, in basso nella foto, servono per la ricarica (il positivo l'ho "sporcato" di rosso per evitare errori ed inversioni di polarità). L'interruttore è in realtà un deviatore che collega alternativamente le batterie o al motore (normale funzionamento) o alle lamelle della base di ricarica dove ho portato i 9 volts necessari al BMS. In foto si notano i contatti esposti dopo la rimozione del pettine a scorrimento superiore. Quest'ultimo è un foglietto di rame con tre lamelle a strisciamento, che scorre sulle prime tre guide di ottone a sinistra. In posizione "OFF" i contatti a striscio connettono le prime due piste in ottone a sinistra. In questo modo il catodo del diodo (sul cui anodo abbiamo collegato i +9volts di ricarica) è collegato al P+ del BMS. il P- è sempre a massa del caricabatterie ed è collegato ad un capo del motore. In posizione "ON" il P+ (out del BMS) va a connettersi con la terza pista in ottone contando da sinistra, escludendo il caricabetterie ed andando ad alimentare il motore (striscia in ottone in foto all'estrema destra).


Il carica batterie: per la ricarica delle batterie è sufficiente predisporre un circuitino, semplice semplice, per garantire da 8,4 a 9 volts, come da specifiche del BMS usato. Tengo il trasformatore a muro, un ponte raddrizzatore recuperato da qualche alimentatore, un 7809CV (della ST) recuperato tempo fa e messo da parte, più un paio di condensatori di filtro (pure di recupero), identici a quelli suggeriti dal produttore nelle Application notes o nel Datasheet. Un condensatore da minimo 1000micro 35V dopo il ponte è d'obbligo. Tutto su basetta millefori nascosta nella base di ricarica e tenuta in sede con la versatilissima termocolla (e biadesivo per esagerare).

Il Filtro per la polvere: 15 euri più spedizione?? ma siamo matti? no, no...googla meglio... 9 euri più spedizione? non ci siamo proprio...  dò una lavata a quello che ho, al limite ho un pacco di "mascherine" che la regione ha distribuito nella prima fase della finta pandemia COVID... prodotte da un leghista che faceva tutt'altro (ma amico del Governatore) e che quando indossate sembra di avere le orecchie da elfo (quando le orecchie entrano nei fori... manco l'elastico!!)... ecco, dato che quasi nessuno le ha usate (erano troppo ridicole, troppo) provo a recuperarle (dato che le abbiamo comunque pagate un botto) e vedere se si riesce a ricostruire il filtro originale ( o almeno simile)... soldi alla B&D basta, abbiamo già dato (ed anche troppo).

Alla fine... quanto ho speso sino ad ora? 5,17 euro per il BMS (due), qualche euro per la guaina protettiva, i cartoni isolanti, i reggi batterie... facciamo 6 euro in tutto? Si, maaaa... funziona? No!. Maledetto me che non ho controllato gli assorbimenti del motore. Appena lo si accende, il BMS va in limitazione e non eroga (protezione per i corto circuiti). Ok, smonto il tutto, provo a misurare la resistenza del motore con il mio mega tester.... 0,2 ohm. Giusto per alimentare i miei dubbi, provo con altri due tester cinesi... 0,6 ohm e 1,2 ohm... è il problema dei tester non tarati e non professionali che, alle basse resistenze, danno di matto. Nessun problema, ho realizzato un circuitino per misurare resistenze con frazioni di ohm, devo solo cercarlo e ripassare come funziona. OK, dalle misurazioni effettuate col circuito per misurare frazioni di ohm trovo che la resistenza del motore dovrebbe essere 6,51ohm.

Ad ogni modo, provo a collegare il motore dirrettamente ad un alimentatore da banco (di quelli cinesi). Imposto 7,4 volts e 5Ampère (di più l'aggeggio non mi lascia impostare). Il motore gira ma la tensione droppa a 2,4 volts, girando poi ad una velocità ovviamente insufficiente per aspirare. Dalla legge di ohm l'assorbimento dovrebbe arrivare a 12/13Ampère. Siamo sopra la capacità del BMS che ho scelto a caxo! Ora dovrei cercarne un BMS 2S da 7,4 volts 20A (non più di due litio in serie che non c'è posto per alloggiarle più di due). Allora? Che faccio? compro? butto tutto in discarica e mi concentro su cose più utili? Rinuncio al litio e compro delle Ni-Cd di ricambio da impaccare? Cheffaccio?

Stay tuned. Alla prossima.

P.S. il coniglio bianco si mangia la carota. Ripeto: il coniglio bianco si mangia la carota.

giovedì 24 giugno 2021

DELL PT434 E6400 Li-Ion Battery (autopsy)

Mi appunto qui un pò di pensieri al volo, a futura memoria, nell'analizzare la batteria di un portatile DELL Precision M4500. Questa batteria, in particolare, l'ho ordinata nuova presso un rivenditore su e-bay, attratto dal prezzo conveniente. Subito ha presentato un problemino: non si ricarica, per cui, una volta esaurita è diventata un ingombrante mattone. Il rivenditore, onesto, alla segnalazione e senza esitare ha proceduto con il rimborso immediato, senza nemmeno discutere... fosse stato un italiano sono convinto che a distanza di anni saremmo ancora qui a litigare, ma veniamo a me. Batteria maggiorata PT434 E6400 da 7800mAh/80Wh Li-ion (per laptop DELL Precision M4500). All'interno un pacco batterie 18650 3S 3P, ovvero tre gruppi in parallelo posti in serie da tre: 12 volts. Il BMS (la basettta di gestione della carica/scarica) riporta nelle serigrafie i valori intermedi del pacco, per cui credo proprio che lo ri-utilizzerò in qualche progettino al volo.


All'interno un totale di nove batterie Li-Ion 18650, di colore viola, con scritte e sigle serigrafate:

  • Cylindrical - Lithium Ion Cell 20181208 - SZNS ICR 18/65-2000mAh 3,7/4,2V - 7.4Wh GL5L11EL878401 - Made in china R-41047147
  • 3,7V 7,8Wh INR18650E 20EEBJ30A10YOC (più un barcode)

L'ultimo numero dovrebbe essere una sorta di seriale in quanto cambia ed ogni elemento. La sigla INR18650E dovrebbe darmi indicazioni aggiuntive. La prima lettera I indica "built-in lithium ion" (e questo s'è capito), la C indica Cobalto (si ma dove?), la R indica che è cilindrica (ma va?), 18650 è il form factor (diameter of 18mm and a height of 65mm) ma la E finale proprio non ho trovato cosa significhi. 

In rete  ho trovato poco o nulla che combaci perfettamente e mi potesse aiutare con un datasheet, probabilmente sono batterie "custom" (almeno questa è la mia opinione).

Dai dati possiamo almeno avere le specifiche base. La tensione misurata con un trester ne rivela un paio a 1,8 volts mentre le altre a 1,75 volts e rotti... poco, troppo poco. Sotto i 2,4 volts interviene il BMS per evitare la scarica eccessiva, soglia sotto la quale le batterie potrebbero rovinarsi fisicamente. Nel mio caso però considero che la tensione così bassa sia dovuta al fenomeno dell'autoscarica e non ad un uso eccessivo (uso che in realtà non c'è stato se non per un unico utilizzo)... per cui presumo (da buon ottimista ingenuo) si possano ancora recuperare. Al momento ho un carica batterie per le Ultrafire protette... non credo sia uno di quelli "intelligenti" per la rigenerazione o per i cicli di carica "da zero" ma spero possa funzionare, al limite tengo la carica presidiata controllando periodicamente surriscaldamenti, perdite di elettroliti o cenni di rigonfiamento... speriamo bene, al limite brucio tutto e ricompro il nuovo (con che soldi non lo so perchè li ho proprio finiti). Se riuscissi a recuperarle, potrei usarle anche per svapare ma soprattutto per l'aspirabriciole in fase di conversione dal Mi-Cd al litio....

Ma vediamo il BMS in dettaglio. Sul retro, la parte senza componenti, compare una sigla: DELL E6400 DD20140417309 R5 mentre in prossimità del connettore di ricarica ed alimentazione, vediamo serigrafati i segnali. 

P- P- ID NC P- C P+ P+ 

così, misurando esternamente le polarità o la continuità del P- è possibile scovare gli altri pin senza bisogno di aprire e distruggere la batteria. Provo a buttarla lì... ID e C sono rispettivamente SDA e SCL del protocollo I2C, per esclusione e deduzione logica.

Lato componenti notiamo la barra a led ed il pulsantino per verificare al volo lo stato di carica della batteria. In corrispondenza delle piazzole di alimentazione vediamo le tensioni applicabili, da zero a 12 volts, con 4 ed 8 intermedi per la serie. F2 è un fusibile (F1 risulta non presente), R13 è una resistenza di sense e serve al processore per misurare la caduta di tensione in funzione della corrente. Q1 e Q2 sono due integrati siglati 4437P, mosfet P- channel 30 volts tra drain e source e 11 - 14 A. 4 pin, dal 5 all'8  sono in comune da un lato come i pin 1,2,3 dall'altro (Drain e Source). Il Gate è il pin 4. RT1 dovrebbe essere il termico ma questo modello di batteria sembra che non lo preveda. Le piazzole infatti sono pulite, segno che non è mai stato saldato allo stampato. U1 è il processore che governa il BMS e dialoga con il PC, molto probabilmente attraverso il protocollo Smart Battery SMBus. La sigla che si legge è A2170 - A06077001G - 1821 ma una ricerca in rete non ha dato risultati soddisfacenti. Di solito l'ultimo numero è una data di produzione. Seguire le piste? naaa, quasi impossibile per un multi strato...quasi ma forse non ne vale la pena...per ora. Probabilmente si tratta di un chip proprietario e le sue specifiche non sono disponibili (maledetti, cosa abbiamo fatto di male?). Ci si auspica che, almeno per le parti obsolete, i produttori rilascino le informazioni tecniche. Chi lo farà per primo diventerà il mio fornitore preferitissimo. 

Ad ogni modo, avendo a disposizione il connettore serigrafato, si può tentare con un microprocessore (tipo un Arduino Mega o un Raspberry) a tentare di leggere e scrivere dati da/verso il circuito. Sarà una bella sfida da mettere in cantiere.

Aggiornamenti qui, stay tuned. Alla prossima.

P.S. la lupa è a secco. Ripeto: la lupa è a secco.

venerdì 18 giugno 2021

Black & Decker FV7201-H1 (riparazione - parte 2)

Mentre aspetto mi arrivino dalla cina alcuni pezzi, cerco di appprofondire l'autopsia sull'aspira briciole Black & Decker attualmente dissezionato ai minimi termini sul tavolo del bunker lab (vedi prima parte Black & Decker FV7201-H1). Ne approfitto per lavare le parti plastiche, con acqua e sapone, dalla micro polvere che le annerisce all'interno, già che ci sono, nel miraggio di riportarlo a nuovo. La cosa figa è che tutte le parti sono separabili ai minimi termini, senza trucchi o trabocchetti meccanici che tanto complicano la vita a tecnici e riparatori.

Ho deciso di approfondire un dubbio che mi è venuto. Le batterie incluse sono completamente morte, zero volts. Nell'iniziare a pensare ai dati tecnici per progettare un carica batterie al litio, ho necessità di alcuni dati aggiuntivi e con l'occasione misuro la tensione di alimentazione dell'alimentatore a muro in dotazione.

L'alimentatore: I dati di targa stampigliati nel contenitore plastico del trasformatore  indicano 10Volts AC mentre la misurazione col tester mi dà 12 volts AC... poco male. All'interno della base di ricarica dell'aspirabriciole non c'è alcun regolatore, nulla... la tensione a 12 volts alternata viene applicata direttamente alla basetta switch, raddrizzata a semionda da un diodo 1N4001S (1A general purpose silicon rectifier) ed applicata direttamete ai capi delle batterie in serie... nient'altro... e poi viene da chiedersi come mai certi elettrodomesticfi a batteria durano poco... mi sarei aspettato qualcosa di più serio, magari minimale, ma almeno un limitatore di corrente di ricarica con un vetusto LM317 mi pare il minimo sindacale. Vabbè, meglio così. Ad una misurazione del diodo, scopro che è interrotto (guasto) e si spiega come mai le batterie sono morte del tutto, nonostante l'apparecchio sia rimasto attaccato in carica per lungo tempo... forse le batterie sono ancora buone...

Black & Decker switch FV7201

Il motore: La dicitura stampigliata riporta 63403 Johnson 3D3911 con diametro esterno di 35mm. Una rapida googlata mi restituisce una serie di motorini di varie sigle con caratteristiche diverse ma alla fine si trova il sito ufficiale del produttore (link al produttore Johnson Electric ). Ovviamente la sigla stampigliata sul motore non corrisponde a quelle riportate a catalogo ed occorre andare un pò ad intuito. L'unico che si avvicina come caratteristiche dovrebbe essere il seguente:

  • part number HC613G-011
  • diametro 35,8mm 
  • 7,2Volts 
  • Stall Torque nMn 198,0 
  • no load speed 27500 rpm
  • 143Watt

....ma non mi pare corretto... 143 watt a 7,2 volts P=VI I=P/V = 143/7,2= 19,86A non mi pare questo, 20 ampère? 27mila giri? Mi pare tantino, per cui scrivo direttamente al produttore per avere il Datasheet che mi servirà per tunizzare al meglio l'alimentatore, le batterie, e di conseguenza il circuito di ricarica... se non mi risponderà, proverò con misure dirette.  Nel frattempo mi sto divertendo con google translate, che a volte ne combina davvero di divertenti.

Ah...questo post è provvisorio, frutto di ragionamenti liberi e quasi certamente sbagliati.... retrofit in corso...stay tuned (parte 3). 

P.S. La gatta è morta. ripeto: la gatta è morta.

giovedì 27 maggio 2021

Z-Coil anatomy & rebuild (parte 2)

Un primo tentativo di rigenerazione di questi Inn*kin Z-Coil (ex Zenith), al volo, sembra dare dei risultati promettenti. In mancanza del materiale adatto, ho optato per una strisciolina di cotone, presa da un vecchio (35 anni) lenzuolo azzurro, di cotone ovviamente, avvolta attorno alla resistenza da 2,4 ohm ed inserita a mano con serraggio finale delle due parti. A parte il sapore di ammorbidente che contamina l'aroma che uso solitamente, il vapore c'è, bello abbondante ad una potenza adeguata ma c'è, per cui posso procedere con cercare del cotone organico più pulito, più assorbente e più sano di un vecchio straccio. Magari già che ci sono, posso provare a cercare anche il filo adatto, non credo costerà l'unico rene che mi rimane (l'altro l'ho già venduto al mercato nero per pagare le tasse).

Da una anlisi dettagliata, ho contato e misurato i seguenti elementi che compongono il prodotto originale:

  • 7 spire di filo resistivo (non so di che tipo, acciaio, Khantal o altro) del diametro di 0,32mm (AWG28) avvolto su un diametro di 4 mm per una lunghezza totale di 100/110 mm
  • 6 foglietti di cotone, da 6,5x25 mm sovrapposti l'uno sull'altro a ridosso dell'avvolgimento resistivo
  • 1 foglietto di cotone, avvolto tutto attorno alla resistenza, da 6,5x78mm

Per non complicarmi la vita e per facilitare l'inserimento dell'assemblato dentro l'alloggiamento, provo con un unica strisciolina alta 6,5mm e lunga tanto quanto possa raggiungere un pò meno il diametro interno del coperchio. Troppo lunga e il pacco non si riesce di farlo entrare senza deformare la resistenza. Troppo corto, il cotone difficilmente resterà a contatto col filo resistivo.... 

Ad ogni modo, meglio documentare lo stato di usura della resistenza, per capire come si riducono dopo un uso intenso, con incrostazioni di aroma rinsecchito. Dalla seconda foto si notano a destra due diversi tipi di elemento riscaldante. Oltre al modello con filo avvolto, si notano due "mesh", o elemento a rete. Quest'ultime impossibili da rifare a mano e francamente non so nemmeno se si trovano già pronte per questo modello di atomizzatore, credo di no, dato che nascono come disposable (usa e getta...maledetti). Per la cosiderazione se sia meglio la mesh o il coil... non so, non ho notato differenze apprezzabili fra le due soluzioni, nè in temini di durata nè in termini di aroma percepito. Boh.

Work in progress, alla prossima.

P.S. la mela è bacata. Ripeto: la mela è bacata.

 

martedì 25 maggio 2021

Z-coil rebuild (parte 1)

La necessità aguzza l'ingegno e quando mi metto in testa di fare qualcosa, difficilmente demordo, ci volessero anni. Testardo come un mulo, ad ogni rifornimento di atomizzatori mi ritrovo a bestemmiare in 12 lingue, al momento del pagamento. Il mio obiettivo è da sempre quello di spendere il meno possibile, non per taccagneria ma per i soliti motivi che ho spiegato mille mila volte in moltissimi promemoria qui già pubblicati. 

Da un pò ho cambiato meotodo di svapo. E' la terza volta in più di ventanni da quando ho iniziato. La scelta attuale è ricaduta sugli Zlide della Inn*kin con i suoi Z-coil. Metodo adottato per la praticità di rifornimento del liquido da svapo, che si puà fare al volo senza trafficare troppo con tappi da svitare ed avvitare, teste da smontare, bocchini da togliere, e-cig da capovolgere e via dicendo.

Il problema è il costo degli atomizzatori... c'è un innegabile vantaggio nella semplicità dei serbatoi "sub ohm". Le bobine prefabbricate funzionano in modo eccellente e sono facili da installare e utilizzare, ma qualcuno spaccia le testine di ricambio anche a 3 euro l'uno... una follia. C'è anche un problema ambientale: per un pezzettino di resistenza incrostata e qualche foglietto di cotone bruciacchiato si butta tutta la parte metallica perfettamente integra... un altra follia consumistica inaccettabile. Inoltre può essre considerato un hobby aggiuntivo: lo svapo è un sostituto del fumo, ma gli aspetti più tecnologici lo rendono anche un ottimo hobby. La ricostruzione delle bobine di serie può darti qualcosa di divertente con cui armeggiare.

E così nasce l'esigenza di ricostruirli o rigenerarli in casa. E' ovvio che i produttori non hanno alcun interesse a distribuire delle testine preconfezionate e rigenerabili, così l'ingegnere progettista di turno (il solito demente a contratto) si inventa mille meschini trucchetti costrittivi per impedire la rigenerazione o mettere gli altri in difficoltà

Ma veniamo alla parte pratica. Per rigenerare gli Z-coil occorre prima capire come sono costruiti e con quali materiali, così da poter serializzare il processo di disassemblaggio, ricostruzione e rimontaggio. Ci si scontra però con diversi modelli, funzionalmente identici ma con alcune differenze costruttive che li distinguono fra loro. 

Il principio ovviamente resta sempre lo stesso, quello di sempre. Una resistenza, del materiale assorbente, un contenitore che andrà affogato nel liquido. Negli Zcoil il contenitore che alloggia la resistenza, si trova dentro un "tappo" incastrato a pressione su un corpo cilindrico con base filtettata, che andrà a collegarsi alla batteria. L'abilità del rigeneratore sarà quella di far saltare il tappo senza rompere nulla (o quasi).

Già pensavo di realizzare un estrattore a slitta ma poi ho visto che con una chiave a pappagallo ed una pinza si riesce lo stesso, senza stringere troppo o deformare il metallo. Un movimento circolare, tirando un pò, delicatamente, fa staccare le due parti.

Nell'estrarre l'elemento riscaldante, è inevitabile romperlo. Le incrostazioni all'interno, l'attrito del cotone "gonfiato" dal liquido ed il poco spazio a disposizione non permettono di estrarre la resistenza senza deformarla ma del resto, è da buttare (impensabile di bruciare le incrostazioni come si faceva una volta, non funziona). Ad ogni modo si riesce a capire come è realizzato il tutto. 

La resistenza è "verticale", con l'asse nella direzione dell'aria aspirata. In un modello è circondata con dei "foglietti" di cotone, mentre in un altro è avvolta con una striscia di cotone. Dalle foto si notano le bruciature, dovute al tiraggio a secco e causa del saporaccio che ci invita a sostituire l'atomizzatore. Dalle foto, vedendo lo stato del cotone, si capisce perchè il dry-burn è sconsigliatissimo.

Lo standard in vigore, maggiormente adottato per il materiale assorbente, attualmente, è il cotone organico giapponese... cos'avrà di meglio quello giapponese non lo so, ma penso al solito demente del marketing che deve sempre creare qualcosa di sofisticato per giustificare i prezzi alti (ed i margini alle stelle).

Ora viene la parte creativa.... non ho il cotone giapponese e non ho soldi per comprarlo, per cui mi dovrò inventare qualcosa di alternativo, tipo una vecchia maglietta bianca da buttare, ma rigorosamente "made in ciaina" (che è geograficamente vicina al giappone, per cui andrà bene lo stesso). Le resistenze... NR-R-NR ne ho da 1,2 ohm, kanthal,... sono quelle che ho avanzato da quando rigeneravo i just-fog ed i phantom... andranno bene... credo utilizzerò anche del cotone idrofilo da farmacia... non sarà giapponese ma chissenefrega, sperimentiamo. 

Devo provare a vedere come infilare la sesistenza nel suo tappino senza pigiarla e senza mandarla in corto... boh... mi inventerò qualcosa di sicuro. Stay tuned. Alla prossima.

P.S. Il facoero ha fame, la giraffa salta. Ripeto: il facocero ha fame, la giraffa salta.

sabato 15 maggio 2021

Una brava sartina

Un lavoretto di alta sartoria, fatto da me che sono un vecchio informatico. Sono addestrato a fare di tutto, basta che sia manuale e non intellettuale... che sarà mai? Da tempo sto dormendo su dei cuscini "ortopedici", spacciati come miracolosi per la cervicale... purtroppo non ho mai preso le federe ed oggi mi sono deciso di farmele da me.  Ecco allora che una vecchia tenda, che campeggiava da tempo immemore, intonsa, in un angolo di casa, diventa tre federe per tre cuscini, uno lungo, uno ortopedico e l'ultimo in semi di farro...stupendi. Era ora, dato che non ci sono soldi per comprare e bisogna ingegnarsi, arrangiarsi, aguzzare la mente e cercare sempre opportunità. 

Devo dire che non è stato facilissimo, causa ovviamente inesperienza. Il cuscino lungo l'ho racchiuso con la tecnica della piega interna. Un lembo viene ripiegato in modo da non aver bisogno di altri tipi di chiusura (ed è il metodo più facile e in voga). Per i due cuscini "piccoli" (standard o quasi), opto per la chiusura a bottoni.... così ho dovuto imprecare nel creare le asole. La macchina da cucire utilizzata, ha la funzione apposita per facilitare il lavoro, basta regolare tensione del filo, alcune manopole e sembra semplice ma... ho dovuto insistere non poco per ottenere dei risultati quasi soddisfacenti. Alla fine ce l'ho fatta, nonostante l'avviso di qualcuno che individuava la stoffa come troppo sottile per ottenere un risultato perfetto...meno male, colpa del supporto, non della mia inesperienza...he he he... Anche i bottoni usati per la chiusura sono di recupero, presi da una scatola deputata allo scopo, che nella vita non si sa mai, qui non si butta nulla, qui non si compra nulla, qui al massimo si vende. 5 bottoni rossi (il sesto l'ho spezzato con l'ago della macchina in quanto non ho centrato bene il foro) ed uno blu scuro che tutto sommato alla fine avrei pure potuto usarli tutti diversi dagli altri... magari per il prossimo lavoro, visto che mi sono pure divertito e ci ho preso gusto. Ecco alcune foto del risultato, giusto per documentare la mia maestria sartoriale, preludio ad una lunga e "profiqua" carriera come stilista glàm e fesciòn di successo... Armani, Valentino, Trussardi &  Co... mi fate un baffo!



 
Sono contento, nonostante i margini di miglioramento dovuti ad inesperienza. Nella vita, dove gli unani non ti danno mai margini di soddisfazione, serve anche questo, giusto per pompare l'autostima che, per note cause sociali, a volte crolla sotto le piante dei piedi...Alla prossima. 
 
P.S. il picchio è violento. Ripeto: il picchio è violento. 

mercoledì 24 febbraio 2021

Quando ero piccolo...

...quando ero piccolo, nell'età in cui si cominciano ad elaborare pensieri articolati e si mette tutto in discussione (autorità compresa) per creare le proprie e personalissime mappe mentali, in circostanze che non mi dilungo a raccontare in dettaglio, ho bevuto una pozione magica. Come risultato straordinario ho ottenuto un potere immenso...  

vedo cose che voi unani non potete vedere

Questo mi conferisce un grande potere che, per dirla come un film della marvel, comporta grandi responsabilità. Le responsabilità però deriva dal mettere il grande potere a disposizione degli altri... ma non è il mio caso.

Vedo cose che voi non potete vedere.... mi hanno chiesto di buttare un vecchio paio di jeans ormai ultra trentenni, pieni di buchi e strappi. Li uso per sistemare il giardino in cambio di un pasto caldo. Mi hanno detto che ormai sono brutti, inguardabili, stappati, sporchi e conferiscono un aspetto trasandato e sciatto. Oibhò, non sapevo che per potare e rinvasare servisse una tenuta fèscion e glàm. Chissenefrega dell'abbigliamento, conta il risultato finale, no?. 

Ma, quei jeans vissuti, vintage, agèe, se potessero parlare... nostalgia a parte, io vedo cose che voi unani non potete vedere. Vedo, in quel paio di pantaloni, della buona stoffa di cotone naturale, del tessuto robusto, delle cuciture strutturalmente integre, dei fori e degli strappi riparabili facilmente. E poi... dentro quei jeans, nonostante la pancetta del vecchietto, ci sto come un pisello nel suo baccello, comodissimo, mi fanno un pacco da super-dotato.... ed ho deciso di riparare e non buttare. 

Mi faccio prestare una macchina da cucire e mi improvviso sartina, che ci vorrà mai? smonto le parti, cuciture a zig-zag per irrobustire i punti un pò lisi e consumati, pezze di stoffa ove manca la trama, irrobustisco i punti di maggiore usura e modifico alcune parti per renderle più congeniali all'uso che devo fare dei pantaloni, Tasche rinforzate per tenerci le forbici, altre tasche per infilarci accessori ed attrezzi da portare con sè quando si sale in alto sulle scale, bottoni e passanti... verrà una meraviglia. Spesa?? solo un rocchetto di filo robusto, un pò di corrente elettrica che arriva dai pannelli solari.... ed alla fine un sonoro vaffanchiulo a certi negozi che per un paio di jeans (anche strappati) ti chiedono anche più di cento euro... vaffanchiulo strozzini di melma, non imparerete mai. Alla prossima. 

 

P.S. il blu è dipinto di blu. Ripeto:  il blu è dipinto di blu.


lunedì 1 febbraio 2021

MEDIACOM MSB-130 cerniere indurite e contenitore rotto (soluzione nerd)

Non è stato per niente facile ma, quando mi intestardisco a fare una cosa, difficilmente demordo. E non mi importa nulla se il solito maligno bollerà questa realizzazione come "cosa da nerd" o da demente pazzoide. Del resto, agli insulti in rete ci sono ormai abituato tanto da averci fatto il callo. Per me le critiche scivolano via come l'acqua su una superficie idrorepellente... sono super idrofobico ed autopulente. 

Del problema delle cerniere indurite che spaccano i contenitori di plastichetta di certi computers mal progettati e spacciati per pochi euro ai tossici unani come prodotti meravigliosi nei negozi di elettronica, ne ho già parlato a lungo. 

Ho descritto anche come riparare le cerniere e renderle operative, elencando i vari metodi ad oggi utilizzati dai riparatori più ingegnosi. Nell'ultimo scritto, avevo paventato una soluzione extrema ratio, nel caso la riparazione precedente non avesse sortito gli effetti desiderati. Già, incollare la plastichetta fragile come carta velina, garantisce risultati deludenti, nonostante se ne usi una quantità industriale. E' come pretendere di usare il burro di noccioline al posto dell'intonaco o lo zucchero caramellato per sostenere il peso di una lavatrice. 

Ed ecco che la mia testardaggine mi suggerisce di creare un rinforzo eterno. Il ragionamento è semplice... se la plastica non tiene e le cerniere sono attaccate alla plastica, è sufficiente sostituire la plastica con un materiale più idoneo ed attaccarci lì le cerniere. Sembra semplice ma non lo è per niente. Una serie di problemi sono di ostacolo, sia che si decida di usare il metallo che il legno:

  • mancano macchinari adatti
  • mancano attrezzi per sagomare i materiali
  • manca una stampante 3D
  • mancano i materiali 
  • mancano i soldi per acquistarli
  • mancano i soldi per acquistare un portatile nuovo

ed allora? ci si arrangia come da italica tradizione e virtù (che solo noi al moooondo sappiamo come). 

Per i materiali si prende quello che si ha sotto mano, accumulato come ciarpame inutile in anni ed anni di recuperi e riutilizzi. Meglio delle tavolette di legno da 1 centimetro, dove le viti possono mordere. Lamiere di alluminio? ok, ma poi bisogna prevedere viti con testa svasata e dadi.

Per i macchinari ci si arrangia, adattando le scelte progettuali in base a quel poco che si ha. Per la manualità, la fantasia, l'ingegno... nessun problema, almeno queste cose ce l'ho... o almeno ho la presunzione di averle, altrimenti...

Allora... andiamo con ordine.

prototipo 1: Ideona... rinforzo i due lati di plastica con dei profili metallici. Ho preso una barretta ad "L" di ottone, l'ho tagliata in 4 pezzi ciascuno a misura del lato del portatile. L'ho incerniata con dei rivetti pensando di incollarla con l'epossidica bi-componente, in modo da dare supporto al coperchio, non senza creare de gli incavi per l'inserimento, ai lati, di chiavette, schedine di memoria, cavo di alimentazione e via dicendo. SOLUZIONE FALLIMENTARE. La sagoma del coperchio è incurvata ed il profilo ad "L" non riesce a prenderla in modo accettabile. Inoltre i rivetti sono in posizione inevitabilmente decentrata rispetto alle cerniere esistenti, rendendo impossibile alla fine aprire il portatile. 

prototipo 2: Ideona... rinforzo il coperchi e la base con dei pannelli incernierati. Non mi scoraggio ed uso due pannelli di legno tenero (pino...orrore!! peraltro già tarlati). Scavo con la fresa un incavo per ospitare coperchio e base, in modo da diminuire il più possibile lo spessore finale. L'idea era quella di creare due "conchiglie" di supporto all'interno delle quali incollare coperchio e base.  SOLUZIONE FALLIMENTARE (che nemmeno merita una foto). I pannelli sono troppo spessi e fresare l'interno a mano seguendo le curvature del contenitore originale è quasi impossibile. Mettere poi delle cerniere da mobili, esterne, non è fattibile, occorrerebbe indurirle in qualche modo per sostenere il peso.

prototipo 3: Ideona... dai che quasi ci siamo. Due pannelli in MDF (recuperati dalla base di un tapis roulant). Elimino completamente la base plastica del portatile. La tastiera è incorporata nella parte superiore della base e mi tocca tenerla così com'è, dato che alloggia anche batteria, mother board, altoparlanti, antenne, touchpad, ecc.... Lo schermo...preferisco tenere il coperchio originale (l'LCD è fragile). Il contenitore della base lo modifico per bene, aprendo dove serve e ci pratico dei fori per fissarlo, da sopra, al pannello di MDF con delle viti autofilettanti. Le cerniere le stacco del tutto dal contenitore originale e le attacco ai due pannelli di MDF...all'interno... ma qui sorge un problema. Occorre posizionarle il più possibile dov'erano originariamente. Questo per evitare che i due nuovi coperchi si allontanino troppo all'apertura, rischiando di tirare eccessivamente il cavo dello schermo LCD. Bisogna quindi andare per tentativi, misure, aggiustamenti, montaggi e smontaggi, praticando i fori solo a posizionamento terminato. 

Poi occorre costruire dei distanziali che posizionino il coperchio alla distanza esatta pari allo spessore del portatile chiuso, badando bene che alla chiusura la testa delle nuove viti non vada a cozzare contro la plastica o peggio contro lo schermo LCD. Per i distanziali è sufficiente tagliare un tubicino di alluminio da pochi millimetri a misura giusta... misura giusta... richiede tanti tentativi ed un mini tagliatubi, altrimenti diventa troppo difficile (e non pensiamo di comperare delle rondelle che bisogna comperare sempre la confezione da cento destinate ad arrugginire nel cassetto). 

Poi occorre fare dei buchi dove si può, senza interferire con i circuiti, i cavetti e le basette elettroniche interne. Si praticano i fori da dentro, poi si ribalta la tastiera e si riportano i fori sull'MDF, usando delle mini viti di recupero autofilettanti, et voilà. SUCCESSO!! alla fine, a forza di smadonnamenti in aramaico, i due pannelli si chiudono, proteggendo schermo, tastiera, batteria e mother board come mai prima. Sono certo che con questa soluzione, se il portatile cade a terra non si fa nulla. Certo ci sono dei margini di miglioramento (moltissimi) ma con quello che ho, questo è quello che sono riuscito a fare nei ritagli di tempo.

Ora, tocca ai dettagli da curare a tempo morto. Per prima cosa vorrei smontare nuovamente il tutto e smussare un pò gli spigoli, per dare una forma finale più affusolata ed esteticamente più accettabile, specie dopo un eventuale riverniciata. Non sarebbe male trovare il modo di creare un bordo tutto attorno per nascondere l'evidente accoppiamento plastica/legno ma è solo un problema estetico. Sto anche cercando un vinile adesivo, effetto fibra di carbonio, ma non so dove recuperarlo senza doverlo acquistare. Vabbè, tanto con questo portatile mica ci devo andare in giro a clienti. Alla fin fine, mi basta che si apra e chiuda e soprattutto che lo schermo LCD resti in posizione aperta quando ci lavoro.

Ad ogni modo, intervenire all'interno per eventuali riparazioni, sostituzioni od installazione di un unità SSD è facilissimo, basta svitare 4 viti e ribaltare la tastiera che verrà su assieme a batteria e mother board. Meglio di prima sicuramente. Nello smontaggio mi sono perso una calamitina che serviva a tenere chiuso le due valve... spero che le tre rimanenti riescano a garantire una buona attrazione. 

Ed ora la domandona finale dell'unano invidioso: maaa... valeva la pena di perdere tempo su questo ciòttolo immondo? per di più con winzozz 10!!? il fatto è che vorrei utilizzarlo per un applicazione dedicata, che purtroppo richiede un software che su linux non esiste proprio, nemmeno ad emularlo con wine, per cui... tocca tenerlo. Del resto ci ho speso dei soldi per recuperarlo e la regola aurea impone: niente sprechi! Lo sciopero della spesa fa il resto. Alla prossima. 

P.S. l'ontano le foglie cadono. Ripeto: l'ontano le foglie cadono.


venerdì 18 settembre 2020

SAMSUNG PS42A418C4DXXC teardown

Un occasione "social" ed un televisore al palsma da 40 pollici entra nel laboratorio per vedere cosa si può fare per evitarne la morte definitiva. A dire il vero ero più incuriosito di vedere cosa c'è dentro che tentare di ripararlo. Già, il televisore è stato dismesso dal proprietario per passare ad una tecnologia più performante. Ci si è accorti (a proprie spese) che la tecnologia al plasma presenta dei contro che sono stati risolti con i più recenti schermi a Led ed Oled. Alti consumi, durata limitata, guasti improvvisi (bande nere verticali sono le più frequenti), peso eccessivo (tanto di richiedere due persone per trasportarli) e via dicendo. La tecnologia al plasma usa gas neon e xenon più il fosforo, intrappolati dentro delle "celle" fra due lastre di vetro... un problema smaltirli in sicurezza.

Speravo comunque di poterlo riutilizzare, come monitor secondario, ma vista la risoluzione ho preferito desistere. Lascio immaginare a 1024x768 pixel su 40 pollici quale possa essere il risultato. Ad ogni modo la curiosità di vedere l'interno ha preso il sopravvento. All'interno trovo una quantità industriale di viti e sbarre di ferro per tenere rigido il pannellone di vetro, che alla fine il peso è davvero troppo anche per me. All'interno una minuscola mother board, tre sezioni di alimentazione (una principale e due per le griglie degli elettrodi "embeddati" nel vetro, un buffer per la griglia verticale e la piastra per ingressi ed uscite. Confesso che ho provato a vedere se riuscivo a risolvere il classico problema della banda nera verticale, ma temo di aver combinato un pasticcio, riducendo il tutto in due bande verticali lampeggianti ed il resto desolatamente al buio. Dai, almeno ci ho provato. 

Ed ora? per smaltirlo? Le due lastre di vetro sono incollate fra loro ed il tutto fissato su una piastra di metallo (che serve anche come dissipatore presumo), impossibile separarle senza rompere qualcosa... mi sa che dovrò portarlo all'ecocentro di zona. Ovviamente niente led di retroilluminazione in quanto la tecnologia al plasma non ne fa uso (i pixel si "accendono" col gas eccitato che fa illuminare il fosforo). Il resto sono plastica e metallo facilmente smaltibili. Per l'elettronica ci sono dei componenti interessanti: un paio di relè, condensatori, fusibili, resistenze, dissipatori, mosfet e diodi di potenza, connettori flat, sensore infrarosso, pulsanti e due altoparlanti che non so che farmene. La logic board sarà oggetto di studio approfondito per esercitarmi con l'uso della porta JTAG. Ah, provo a vendere qualche componente per recuperare pochi spiccioli, necessari in questo momento come un goccio d'acqua nel deserto.  Alla prossima.

P.S. lo zio arriva dopo cena. Ripeto: lo zio arriva dopo cena.

giovedì 3 settembre 2020

ESP32-CAM - esperimenti 2

Ed è venuto il momento di dare una casa all'ESP32-CAM da poco messa in funzione con l'obiettivo finale di realizzare un impianto di video sorveglianza domestica a basso costo ed impatto zero al portafoglio. Noi poveri facciamo così. Ho realizzato un prototipo di contenitore realizzato con del cartone telato, recuperato dal fondo di una cassetta per le arance. Tagliati i pezzi su misura (o quasi) li ho assemblati con la termocolla, come già sperimentato in precedenza nella realizzazione delle scatole per le pietre domestiche. Il tutto sembra tenere bene. Pensando ad un installazione all'aperto, una mano di vernice spray forse assicurerà una certa durata proteggendo dall'umidità, spero, vedremo con il collaudo sul campo.
Devo trovare ancora una soluzione per proteggere l'obiettivo della telecamera. Ho utilizzato un foglietto di plastica rigida, tenuto col nastro adesivo, ma è una soluzione troppo banale. Pensavo ad un piccolo vetrino sottile, tipo quelli per il microscopio, fermato all'interno con del silicone, dovrebbe andare meglio anche se l'obiettivo resta troppo lontano dal foro e nella ripresa si vede un alone nero attorno alle immagini. Allora ho incollato estrnamente un foglietto dei contenitori per le camicie, trasparente, rigido, fissato con della colla spray su tutta la superficie del coperchio forato, così, vista l'ampia area, non dovrebbero esserci infiltrazioni di umidità (vedremo con il tempo se la soluzione regge o meno alle intemperie). Loso, è uno skifo ma per una cosa fatta al volo, in fretta....
L'hardware ho preferito innestrarlo su dei connettori femmina saldati su una millefori, così se dovessi sostituirlo non impazzisco con saldature e fili volanti. Ho così preferito saldare anche un connettore ad innesto per l'alimentazione che arriva da un convertitore AC/DC 220/5 volts da 500mA, in precedenza utilizzato come caricabatterie per le e-cig vecchio modello. Al bisogno ho anche dei convertitori DC/DC 12/5Volts recuperati sempre da dei caricabetterie ma alloggiati dentro un adattatore per l'accendisigari da auto. L'idea è quello di alimentare la cam con un pannello solare in un punto dove è quasi impossibile far arrivare i 230Volts di rete.
Dentro il contenitore, per fermare la basetta, sto pensando di riempire i vuoti con della gommapiuma a strati, recuperata da un coperchio di uno scanner anni 90 (qui non si butta nulla, si recupera e si riutilizza praticamente di tutto). Nei prossimi prototipi penso che utilizzerò dei fogli di legno compensato, quello delle cassette della frutta... meglio così che bruciarle nel caminetto. Dentro il contenitore sto pensando anche di creare delle scanalature per tenere ferma in sede la cam, ma occorrerà prendere le misure adatte, con maggiore precisione rispetto a quanto fatto in questo prototipo in beta 0.1
Per fissare la scatolina al muro credo che utilizzerò del biadesivo, mentre nelle prossime il fondo sporgerà di un paio di centimetri per il fissaggio a vite e tassello.
Se l'idea sarà troppo complicata da realizzare, sto pensando di installare la webcam dentro una scatola di derivazione esterna assieme all'impianto elettrico, ma per ora non so dove recuperarle, ci penserò. L'ideale sarebbe stampare il contenitore con una stampante 3D ma non me la posso proprio permettere, mi sa che dovrò costruirmela e la vedo dura.
Per ora basta, vado a vendemmiare e prepararmi la marmellata della colazione mattutina e che mi dovrà durare sino all'anno prossimo dato che il raccolto quest'anno sembra abbondante... almeno una buona notizia in quest'anno di m*rda. alla prossima.

P.S. Bruno è nero, a nord piove. Ripeto:  Bruno è nero, a nord piove.

mercoledì 20 maggio 2020

E-cig holder (DIY experiments)

Da un pò di tempo ho cambiato totalmente modello di e-cig, abbandonando definitvamente la serie EGo, causa atomizzatori fragili al minimo starnuto. Con il cambio però ho dovuto inventarmi un porta batterie nuovo, per tenere sempre appeso al collo il dispositivo. Già, tenerle in tasca nemmeno a parlarne, si riempiono di pelucchi e se ci si siede si rischia di spezzare il costosissimo inalatore salva vita. Nel taschino poi decisamente no, se ci si china la si fa cadere a terra. Per non parlare poi di appoggiarla da qualche parte... tempo un paio di distrazioni ed inizia la ricerca...oddio, dove l'ho appoggiata stavolta?. No, è tempo di organizzarsi e costruire un qualcosa che possa essere appeso al collo in modo da poterla avere sempre a portata di mano, anche in auto senza che finisca nel buco nero fra un sedile e l'altro, assieme a centinaia di oggetti smarriti irrimediabilmente (chiavi, bottoni, batterie, monetine, scontrini, gettoni del carrello della spesa, chewingum usati, preservativi, lenti a contatto,  ecc.ecc.).
Di soluzioni ce ne possono venire in mente tantissime, dipende da molti fattori:
  • materiali disponibili in casa,
  • dimensioni di contenitori precedentemente destinati ad altri usi,
  • colore del materiale,
  • rigidezza del supporto,
  • facilità di lavorazione,
  • attrezzi a disposizione
e via dicendo. Ma vediamo cosa mi è venuto in mente nel giro di una mezza giornata.

E-cig holder prototipo 1
Prototipo 1: Decido di partire con delle cinghie di nylon, recuperate da alcuni marsupi di quelli che si portano in vita e da una borsa griffata, passata di moda da molto tempo, l'importante è che sia materiale di recupero a cui dare nuova dignità.
Inizio intanto a crearmi un modellino di legno, di dimensioni leggermente più grandi del mio dispositivo, giusto per evitare di creare un vano troppo piccolo nel quale l'e-cig si infilerebbe con difficoltà. L'idea è quella di creare un supporto minimale, una specie di sacchetto aperto, che lasci spazio per il cavo di ricarica, per la finestrella del display ed il pulsante di accensione. Ovvio, è un lavoro su misura ma non prevedo di cambiare modello a breve. Per unire le striscie, uso dei ribattini forati, così posso farci passare il laccio in cui infilare la testa. Con un punzone si praticano i fori nelle posizioni volute e si crimpano i ribattini con l'apposita pinza... la pinza... ovviamente in materiale fragilissimo che si rompe appena si inizia ad usare il suo punzone incorporato della misura esatta calcolata sui ribattini in dotazione.

Il primo prototipo mi viene troppo grande e il dispositivo balla all'interno. Forse potrà essere adattato ad un altro modello di batteria più grande che usa la mia compagna. Con la mia no, rischio di perderla. Ne realizzo un altro, con alcune migliorie, con le dimensioni più accurate e la cosa sembra funzionare alla grande (sto eseguendo il collaudo sul campo e sembra andare bene).

Prototipo 2
: Poi, spinto dalla fantasia, provo ad usade del "pellame" recuperato da una borsetta scippata ad un anziana per strada (no dai, scherzo), anche se il colore non mi piace, così provo anche ad usare il lucido da scarpe..uno schifo, meglio di no. Per chiudere l'involucro penso al velcro come soluzione semplice, adattabile e regolabile. La tenuta dipenderà da quanto bene e stretta lo si avvolge attorno alla batteria essendo il fondo aperto...l'attrito ci darà una mano... mancano ancora i fori per display e pulsante, da eseguire su misura. Pare funzionare, a patto di cucire il velcro e non tentare, come fatto inizialmente, di incollarlo con la colla artiglio... tiene ma non abbastanza per l'uso quotidiano. In mancanza nell'hack lab di una macchina da cucire, questo modello è un work in progress, in attesa che vada presso un altro laboratorio segreto dove poter completare il lavoro.

Prototipo 3: Ma non mi fermo qui. Voglio qualcosa facile da realizzare e replicare, esteticamente carino da vedere, semplice da utilizzare, adattabile a millemila modelli di e-cig. Recupero il rivestimento nero della mia mitica valigetta 24ore, acquistata con immenso sacrificio (economico) più di trent'anni fa da studente sbarbato e squattrinato (oggi le cose sono cambiate, la barba mi cresce). Non è pelle ovviamente (magari) ma è morbida, nera, flessibile, resistente. Si parte da un rettangolo alto quanto la batteria e lungo "un pò meno" della circonferenza della batteria. Tutto attorno, a intervalli regolari si praticano i fori e si ribattono gli occhielli. Con un laccio da scarpe poi si chiude il tutto, compresa la parte inferiore. Ho usato la legatura incrociata ma in rete si trovano un infinità di tutorial su come allacciare le scarpe, con effetti estetici davvero interessanti. Si può poi usare la fantasia nello scegliere i colori dei lacci, essendo molto vasta l'offerta. Io uso quelli neri, rigorosamente usati e mai buttati (tanto lo sapevo che prima o poi tornavano utili)... meglio scegliere quelli lunghi da anfibi, presto si fa ad accorciarli.
Prototipo 4: ne ho in mente altre di soluzioni ma per ora mi fermo qui.
Ora sto cercando dove cavolo ho messo quelle palline a molla che servono a fermare i lacci... so di averle conservate ma non ricordo proprio dove cavolo le ho messe... al limite mi inventerò qualcosa di particolare, per ora... annodo.
Ok, alla fine sono soddisfatto. So che qualcuno copierà le mie idee e le farà proprie in cambio di inutilissimi like e so che qualcuno si metterà a produrre porta e-cig da collo, così come accaduto con le mascherine che tanto alimentano il loro mercato nero, alimentato da mille criceto-massaie, fortunate "possessrici"... "possessore"..."possedenti"... che possiedono una macchina da cucire, da troppo tempo riposta in cantina ed utilizzata pochissimo... se ve ne avanza una, vi prego buttatela che la vengo a prendere. Alla prossima.

P.S. la pantegana è nella fogna. Ripeto: la pantegana è nella fogna.

sabato 7 marzo 2020

Scatole e contenitori fai da te

In un post precedente ho realizzato al volo un reggi-smartphone, utilizzando degli scarti di cartone. In realtà il grosso dell'attività si è concentrato nello sperimentare delle tecniche per la realizzazione di contenitori di cartone, delle scatole in grado di contenere tutta la minuteria domestica che altrimenti andrebbe smarrita. Sto parlando di tutti quegli oggettini che girano per casa e che inevitabilmente finiscono, nei casi più ottimistici, tutti assieme alla rinfusa sparpagliati nei cassetti. Di cosa sto parlando? Quale minuteria?: viti e vitine, elastici, pezzi di spago, interruttori, portalampade, guarnizioni per rubinetti, bottoni, inserti per cacciaviti, laccetti chiudi-sacchetti, tappi, batterie, fermacravatte, gemelli, monetine e spiccioli che i negozi ormai non accettano più, gettoni per il carrello della spesa, penne, matite, tasselli da muro, pennarelli, nastro adesivo, colla, soprammobili di m*rda utili solo a prendere polvere, calamite da frigo rotte, souvenir, cartoline, accendini, cuffiette e millemila altre paccottiglie, vado avanti?....
Per chi poi ha la passione per l'elettronica... a cui aggiungere una passione per il recupero ed il riuso... son dolori. Per trovare le cose quando servono, occorre riporle tutte in modo ordinato e coerente. 
Esistono in commercio dei porta minuterie di plastica con tanto di divisori fissi e/o mobili per le minuterie di casa, ma... costano parecchio, non si trova mai quello della misura giusta, non ce ne sono mai abbastanza di uguali ed ad ogni riordino del commerciante arrivano dei modelli diversi che male si impilano l'uno sopra l'altro. Per me che amo le cose tutte in ordine, è un incubo.
Una prima soluzione per risolvere agli inconvenienti di cui sopra, consiste nel recuperare le confezioni di cartone dei prodotti da supermercato (sapone, dentifricio, caffè, integratori, collutorio...) o dei medicinali o di qualsiasi prodotto, avendo cura di aprirli e girarli "il dentro per fuori", giusto per avere all'esterno un contenitore senza scritte colorate. 
Per molto tempo è stata la mia soluzione preferita, agevolata dal fatto che sono un consumatore abitudinario, ovvero, una volta trovato il prodotto che mi aggrada, tendo a ricomperarlo per moltissime volte, ritrovandomi con dei contenitori tutti uguali che alimentano il senso di ordine necessario al mio autismo. Quando voi vedete un rifiuto sotto forma di confezione, io vedo dei contenitori.
Il problema delle "scatole girate" è che spesso nell'aprirle, si strappano male (troppa colla), mentre nel migliore dei casi la nuova incollatura, oltre ad evidenziare il lato un pò strappato, non tiene a lungo, richiedendo altra colla od un rinforzo con un antiestetico nastro adesivo. Per ovviare a tutto ciò, si può pensare di realizzare una serie di template di cartone da piegare, così si risolve per sempre anche il problema delle dimensioni che, nelle scatole già fatte, non vanno mai bene al 100%.
La forma:  si parte da un pezzo unico da piegare ed incollare, uno per la scatola vera e propria e l'altro per il coperchio che si infila sulla sommità. In realtà, a vedere come sono realizzate le confezioni che ci passano per le mani, le soluzioni sono davvero tantissime, basta scegliere quella che più ci piace, copiarla e ridurre od aumentare le dimensioni a piacere, dipende da quanto grande è il cartone di partenza. Sto pensando di realizzarmi un software che agevoli la progettazione, il taglio e l'assemblaggio.
L'alternativa è creare un pezzettino per ogni lato, ne serviranno in tutto 6 (si pensi alle facce di un cubo) a coppie di dimensioni per i parallelepipedi (eh? parallelepipedo??)
Il materiale: Per la scelta del materiale poi c'è l'imbarazzo della scelta. Il cartone ondulato può andare bene, lo si trova in abbondanza anche nei cassonetti della carta da discarica (se il giorno prima non ha piovuto) anche se a volte un pò problematico da piegare esattamente dove si vuole. Se si desidera quello più spesso, senza anima ondulata, ma molto rigido (molto), si può optare per i raccoglitori ad anelli a copertina rigida (a volte coperti da plastica termosaldata ai bordi). Più rigido è e più "difficile" sarà piegarlo. Al limite si possono creare dei tagli a "V" in prossimità delle linee di piega. Il cartone lo si può trovare anche come fondo per le valigette 24ore, quelle più economiche che finiscono più spesso in discarica. Le cassette per la frutta offrono cartone ondulato molto resistente ma di dimensioni ridotte in quanto il fondo, spesso, è forato e quindi inutilizzabile per contenere minuterie.
Gli attrezzi: è sufficiente una forbice, ci si aiuta con un righello lungo ed una matita. Per una maggiore precisione si possono usare i taglierini a lama, le taglierine a ghigliottina (io ne ho rigenerata una tutta arrugginita che stava per essere gettata via), righello a squadra, goniometro, compasso...
La tecnica: Il problema è unire i bordi e tenerli assieme. Il materiale più facile e versatile è la termocolla. Permette un breve tempo di riposizionamento in caso di errori e non richiede tempi lunghi di assemblaggio rispetto alla colla. Serve una pistola per colla a caldo con il dispenser sottile e lungo, per arrivare anche nei posti meno agibili. Una volta piegato il cartone, lo si può eventualmente fermare con delle mollette da hobby o anche con quelle per il bucato. Per facilitare la piega a tre sponde può essere utile, con un punzone di diametro adeguato, effettuare un foro in coincidenza con le tre linee di piega (il foro poi verrà chiuso dalla piegatura e dallo spessore del cartone). Fermate le parti da incollare, si passa una volta con la termocolla e poi si ripassa con la punta della pistola (senza aggiungerne altra colla fusa) per "lisciare" il cordone, facendolo aderire un pò sulle superfici, ottenendo una cosa simile ad un cordone di saldatura MIG su due facce a 90°. Per le giunture a 90° è meglio usare dei supporti in 3D, qualcosa che tenga verticale, orizzontale ed in squadra le tre parti da unire (l'interno di un altra scatola più grande può essere perfetta. Altrimenti ci si costruisce una struttura, sempre di cartone, di riferimento campione... dai, un pò di fantasia ce la vogliamo mettere? Per i giunti "di testa"? sono quelli necessari quando si devono unire due pezzi (a 180°) che stanno su un piano...abbastanza rari, ma se si desidera spingere il recupero.... Se lo spessore del cartone lo permette, si spalma la colla su un bordo e poi si unisce tenendo le parti su un piano orizzontale (meglio uno specchio o vetro così non si corre il rischio che le parti restino incollate al piano di riferimento). Se l'operazione lo permette, meglio passare con una spatola molto calda per spianare il cordone di incollaggio e spalmarlo sulle superfici piane per aumentare la superficie di adesione. 
Per il coperchio si può optare per quello "ad infilare" di dimensioni leggermente più grandi della scatola da chiudere, o la soluzione "a cerniera". La cerniera altro non è che un pezzo di nastro adesivo, nastro isolante, nastro telato (bellissimo) o qualsiasi materiale flessibile che si possa attaccare al cartone senza dover impazzire. In teoria, per i più evoluti, dei micro rivetti a ribattere dovrebbero andare bene se il cartone è abbastanza rigido e compatto. Volendo si possono costruire anche i rinforzi per gli angoli (di cartone o di materiali diversi) e la chiusura, quest'ultima con simil pelle sottile, delle strisce velcro o delle micro calamite che si trovano nelle testine dei lettori CD e DVD.
L'interno delle scatole può essere suddiviso a piacere con delle strisce di cartone (ma anche la plastica sottile può andare, dipende da cosa si ha). 

Con un pò di fantasia, manualità, creatività si possono realizzare delle cose molto interessanti, a costo praticamente zero. Ora devo studiarmi come realizzarmi della termocolla fai da te... altro non è che plastica che fonde a basse temperature... parte la ricerca... he he he... alla prossima.

P.S. Giovanni dice All'alba vincerò. Ripeto: Giovanni dice All'alba vincerò.

lunedì 2 marzo 2020

Reggi smartphone

Ed alla fine, topo tanto tribolare e buttare soldi in ciòttoli inutili, ho trovato 2 minuti per costruirmi un porta smartphone su misura. Già, dai miei fornitori preferiti, per ora, i cinesi, avevo preso, a distanza di tempo l'uno dall'altro (quando il coronavirus ancora non circolava), dei ciòttolini di plastica pubblicizzati come reggi telefono da tavolo. Nessuno dei due però si è rivelato adatto allo scopo. Sono realizzati entrambi per gli smartphone sottili, quelli progettati appositamente per piegarsi o rompersi quando ci si siede sopra, inavvertitamente, essendo le tasche posteriori dei pantaloni il posto (sembra) preferito per riporli... forse mi è sfuggita l'ennesima moda di far sparire i taschini, boh. Inoltre, quelli onnipresenti nelle bancarelle sono di dimensioni "sbagliate" se si vuole usare lo smartphone in verticale... appena si tocca la parte superiore dello schermo, non essendoci nulla dietro, il telefono si sposta o cade, essendo il baricentro del telefono posto fuori dell'area di appoggio. Serve qualcosa che lo regga veramente e che garantisca stabilità anche quando si pigiano i tastini laterali.
Da tempo ho preso un modello di telefono "da escursione", apparentemente indistruttibile e soprattutto a tenuta stagna, IP68. Viene venduto con un supporto in spugna galleggiante da usare in piscina, anche se vorrei vedere chi si mette a prendere il sole in piscina con il telefonino che se ne galleggia un pò dove gli pare...se squilla lo devi andare a prendere comunque, tanto vale lasciarlo sullo sdraio. 
A me serve in quanto, muovendomi spesso in bici con qualsiasi tempo (automobile addio), causa povertà cronica, non posso permettermi di rovinare il telefono per qualche goccia di pioggia. Pesa come un mattone ma... chissene, non sono come certi fighetti dai muscoli gonfiati si, ma della consistenza di un caco strafatto.
La cosa si fa problematica, oltre al peso notevole, per le misure fuori "conformità di massa". E' infatti troppo spesso (nel senso di thickness) per i reggi telefono "standard", per cui ho deciso di costruirmene uno al volo, da usare quando consumo il mio unico pasto, frugale e giornaliero... per me lo smartphone è come la TV (che non ho per scelta) con il vantaggio che me lo posso portare dove voglio. 
Avevo in mente varie soluzioni dalle forme fantasiose, di plastica, di legno, di metallo, tutti materiali presi da scarti e rifiuti vari. Il fato vuole che, in questo periodo, stia preparando dei regali con delle scatoline di cartone fai da te e pertanto, per non buttare i pezzi avanzati, decido di costruirlo di cartone, sì di cartone. E' un materiale veramente versatile, molto robusto e resistente, facile da lavorare, anche quello ad anima ondulata. Alla fine ne è uscito quello che si vede in foto. Fa veramente schifissimo ma è comodo per tenere lo smartphone orizzontale o verticale, garantendo stabilità in entrambe le posizioni per un corretto uso del touch screen.
Per la schifezza, quale essa sia, facciamoci delle domande e forniamo le risposte:
  • Funziona? Sì!
  • Devi venderlo? No! 
  • Devi presentarlo o prestarlo a qualcuno? No!
  • Assolve ai suoi compiti? Sì!
Perfetto, quindi... Utile, versatile, ma soprattutto...UNICO! Il tutto è tenuto assieme con della termo colla, che, se ben distribuita, assicura una rigidità più che sufficiente, non male davvero, credevo di no. C'è gente che si costruisce mobili, sedie, sgabelli ed armadi con il cartone, non ci credevo ma il risultato è straordinario. 
Ok, ed anche questo è fatto, procedo con i regali che stanno venendo benissimo ma non li posso pubblicare prima dei compleanni cui sono destinati. Pazienza. alla prossima. 

P.S. La trota nuota in acque torbide. Ripeto: la trota nuota in acque torbide.

lunedì 17 febbraio 2020

Acer Aspire 8930G repair

Un lavoretto facile facile, per me, ovvio ;-)  
Tempo fa, ho interrotto in extremis uno degli sport preferiti, praticati dai consumatori compulsivi... il lancio del portatile nel cassonetto del RAEE
Con mia sorpresa mi ritrovo per le mani un Acer Aspire 8930, non certo un PC da buttare, ancora ben quotato. Quad core, lettore di impronte, schermo di dimensioni generose per l'home teather, porta infrarossi, blue tooth, touch pad multimediale, Dolby ed altri accessori che lo promuovono al rango di "ancora sfruttabile" per qualche anno. I motivi della sua dismissione? Non pochi in realtà ma tutti risolvibili con poca spesa. 
  • La batteria ovviamente è andata ma si può fare senza. 
  • Alla tastiera mancano 5 tasti e per fortuna il ricambio si trova a poco, e poi il layout lo conosco a memoria, tanto che non mi servono nemmeno le serigrafie. 
  • Il lettore DVD sembra avere dei problemi ma lo si può sostituire senza difficoltà (è estraibile come una cartuccia) con qualcosa di usato. 
  • Uno dei due hard disk da 320Gb ha dei cluster guasti, basta toglierlo o trovarne uno anche usato, magari un paio da 1Tb ciascuno . 
Forse questo cumulo di piccoli problemi ha stuzzicato l'avidità del rivenditore che auto proclamatosi "consulente informatico" ha consigliato al facoltoso cliente babbeo l'acquisto del nuovo, con la solita motivazione... "conviene buttare e prenderne uno più aggiornato" (non dicono mai a chi conviene realmente). 
Il SO è winzozz 7 (aggiornabile gratuitamente a W10). Lasciamo perdere i dati memorizzati sui dischi... so di chi è e so una miriade di informazioni private che francamente poco mi interessano, per rispetto della privacy più che altro ma anche per onestà ed un senso etico professionale profondamente radicato... stavolta al cliente babbeo è andata bene.
Fatti due conti, vista anche la quotazione attuale ad oggi ancora "importante", essendo il modello di fascia medio alta, con meno di cento euro tutto compreso il portatile torna come nuovo. 
Ma io che ho il braccino corto (non è vero! sono solo povero!), lo uso così com'è, a spesa zero. Ho dovuto solo riparare un difetto alquanto fastidioso: lo spinotto di alimentazione ha dei problemi che spengono ad intermittenza il PC e nel bel mezzo di un installazione non è certo una bella cosa. 
Preoccupato di dover scomodare dei cinesi per un nuovo componente e sostituire il vecchio, procedo con smontare la copertura plastica (della spina) tenuta in sede da una sola vite. Il problema appare subito evidente: il cavo di massa è attaccato con lo sputo e solo lo spazio ridotto interno, accanto alle cerniere, permetteva di tenere il cavetto in contatto (instabile). Niente di complicato. Procedo con saldare il filo al suo posto ed anche questo difettino da poco è risolto "agratis". Bene. Ed ora? Ci installo la Kali 2020 di gennaio e tengo il PC come muletto, per le prove generali del mio piano di distruzione di massa dell'umanità (scherzo, lo devo dire per i tremebondi deboli di mente e per i servizi segreti che monitorano i miei scritti deliranti :-). 
Un grazie sincero all'imprenditore babbeo, fossero tutti come te...(e lo sono)... magari la prossima volta pensa di donarlo a chi ne ha davvero bisogno non certo per giocarci e ricordati di eliminare i dati... è un obbligo di legge, babbeo!.
Ok, anche questo è a posto, metto in pensione il muletto che ormai non ce la fa più nemmeno con LXDE (un Acer 5620...lo so... ne buttano un casino di Acer, chissà perchè) e procedo con altri progetti, presi da una todo list ormai infinita. Alla prossima.

P.S. Gianmario ha i denti blu. Ripeto: Gianmario ha i denti blu.