domenica 20 marzo 2016

Morsa per affilatura coltelli (parte 1)

E' da un pò che mi sono finalmente deciso di affilare lame ed utensili di lavoro. Mi sono già costruito una morsa per gli scalpelli da legno, ora tocca alle lame di coltello. Una lama che non taglia non serve a niente, se non per rovinare ciò che si sta tagliando e bestemmiare in aramaico. Per pialle e scalpelli aprirò un thread a parte. Per le lame di coltello questo è il posto giusto. L'arte dell'affilatura (sì è un arte), a me quasi sconosciuta sino a poco tempo fa, è un mondo a sè, come tutti i mestieri, le arti e le professioni che racchiudono ciascuno i loro trucchi del mestiere, i segreti e le scuole di pensiero. Da principianti si commettono degli errori e con il tempo, la pratica, la costanza e perseveranza, la pazienza, l'abilità manuale che ciascuno di noi ha purtroppo dimenticato, riescono a produrre dei risultati apprezzabili.
Qualche tempo fa, dopo un interminabile visualizzazione di tutorial, filmati, manuali tecnici (tutto in inglese ovviamente) per non perderci troppo tempo (maledetta ed inutile fretta) ho acquistato su "amazzon" una morsa di affilatura dai cinesi. Le altre opzioni costavano troppo e non me le potevo permettere. 4 pietre, un supporto per mantenere l'angolo di affilatura costante, più un pennarello, uno straccio in "macrofibra" ed una bustina con chiusura a velcro (giusto per "giustificare" il prezzo forse giudicato superiore al valore dal rivenditore... pochi euro in realtà). 
Con grande disappunto parziale, il difetto della morsa sta nella chiusura che ferma la lama. Per girare quest'ultima sottosopra, occorre togliere la lama aprendo una manopolina che per azionarla occorre una pinza. Così facendo si perde l'angolo di affilatura impostato nella faccia opposta ed il risultato finale non è mai perfetto, con un filo asimmetrico. Ma anche la chiusura ha i suoi difetti e non ferma saldamente la lama (a volte rigandola a causa delle "protezioni" in plastica inadatte). Così, dopo un pò, constatati i difetti, decido di rifare la base con un sistema che mi permetta di girare la lama senza dover toglierla dalla morsa. Un vecchio travetto recuperato da una vecchia morsa realizzata per i tagli a 45 gradi, due angolari di una cassetta della frutta, qualche vite ed una cerniera da finestra. La cerniera serve da morsa... funziona egregiamente assicurando che il pezzo in lavorazione resti fermo (alle estremità qualche giro di nastro di mascheratura assicura una buona protezione sostituibile quando serve). Una barretta filettata da 6 e due dadi tengono chiuso e ben serrato il tutto e altri due fori preesistenti servono per farci entrare due piolini fissati alla base di appoggio, in realtà due viti a cui ho tagliato la testa. I due angolari recuperati dalla cassetta delle arance, servono per allargare la base e dare un pò di stabilità. Ho tenuto le pietre (120,320,600,1500) e l'asta di scorrimento. Per l'angolo di affilatura posso regolare l'altezza dello snodo potendo così partire da 10 gradi sino a poco più di trenta.
Con questo setup (work-in-progress, mancano le finiture estetiche) è già possibile ottenere un ottima affilatura "a rasoio" che supera la prova carta tagliata al volo di traverso. L'angolo di affilatura resta costante e simmetrico. Una buona lucidatura del filo con paste abrasive è solo un qualcosa in più per migliorare un pò la precisione di taglio (dipende dall'applicazione che ha la lama ovviamente, se ne vale l pena).
Visto che non devo tagliare il sushi, mi accontento di questo che va più che bene, oltre le aspettative. Un pò meno entusiasta per il kit di lame assortite prese dai cinesi... si lo so 6 lame costano 4 euro--- perchè sono talmente sottili che quando le si affila si piegano, compromettendo l'angolo di affilatura. Per ovviare occorrerà una morsa più larga che tenga orizzontale tutta la lama (sulla lunghezza) ed impedisca che si pieghi sotto il peso della pietra. Lasciamo stare le considerazioni sull'acciaio usato (non mi stupirei se fosse radioattivo), non stiamo troppo a fare i pignoli su certe cose, in fin dei conti per ora devo solo tagliare la frutta. Alla prossima. 

P.S. la mela è bacata. Ripeto: la mela è bacata.

venerdì 18 marzo 2016

Profumatore per auto (refill)

L'auto è un costo fisso e ricorrente che in pochi si possono permettere credendo di non poterne fare a meno. In realtà è solo una scusa.... c'è sempre una scelta. Con il tempo l'auto diventa quasi una seconda casa, specie per chi è "costretto" a servirsene tutti i giorni, ovvero rappresentanti ed addetti alle consegne, il resto è solo gente che potrebbe tranquillamente starsene a casa o muoversi in altro modo. Vivere in pochi metri quadrati, mangiarci dentro, spesso dormirci, magri anche fumare analogico 1.0.... l'ambiente perso il caratteristico odore del nuovo (una miscela indescrivibile di schifezze dannosissime alla salute) inizia a puzzare davvero troppo. Urge una soluzione. La più efficace? PULIRE!
Gli unani, usi più a non riflettere, acquistano di solito al distributore una delle quasi infinite varietà di profumatori per auto, dall'arbre magique (che lo odio con tutte le mi forze) alle boccettine, agli aggeggi da attaccare alle bocchette dell'aria, senza trascurare i modelli con regolazione dell'intensità, ai duffusori elettrici da attaccare alla presa accendisigari (si è mai visto un sigaro accesso con la resistenza in dotazione alle auto?) ecc...ecc...
Anni fa, molti anni fa, ero anch'io un unano, moderato, ma sempre unano...compravo senza pensare. Oggi sono un unano pentito. Ma da allora mi sono rimasti due diffusori analogici, due boccettine in vetro, usate per profumare quella che per me era più un alcova che un mezzo di trasporto... ero ggiòvane e potevo permettermi di rimorchiare. Le due boccette sono rimaste quasi dimenticate in un cassetto, qui non si butta nulla ed oggi è venuto il momento di riutilizzarle e dare loro dignità. Hanno un tappino di legno che dovrebbe assorbire il liquido e diffonderlo per evaporazione nel minuscolo spazio rappresentato dall'abitacolo dell'auto.... dovrebbe in quanto non funzionano per niente, non hanno mai funzionato. Il liquido per evaporare ci ha messo anni, molti anni, rendendomi felice di aver acquistato qualcosa che durasse così a lungo... e che non profumasse per niente l'ambiente... due ciòttoli inutili in sintesi, soldi buttati. 
E' tempo di un upgrade e di riutilizzo. Dopo aver risolto il problema, grazie ad unamica che mi ha regalato un sacchetto traspirante pieno di fiori di lavanda rinsecchiti del suo giardino (la migliore soluzione al mondo...e funziona alla grande!), ho deciso di recuperare i due ciòttoli con una ricarica, ma con una modifica. 
Serve qualcosa di assorbente che vada a pescare il liquido profumato e lo porti al cappuccio di legno per capillarità... la scelta è ricaduta nei bacchettini di bamboo usati nei profumatori da tavolo. Recentemente li ho sostituiti e quelli vecchi ovviamente non li ho buttati, li voglio recuperare facendoli bollire per riportarli a nuovo, dato che non sono facilissimi da trovare come ricambio (preferiscono sempre rivenderti il kit completo di boccetta e liquido sti bastardi ed io sono ancora in sciopero della spesa). 
Un piccolo foro da 2,5 sul cappuccio (al tornio per centrarlo perfettamente), si infila il bastoncino e si taglia a misura. Con un fil di ferro da giardino si crea l'asola per appenderlo et voilà. Il liquido l'ho preso dai cinesi, in attesa di costruirmi un distillatore per estrarre l'olio essenziale di lavanda. In realtà il liquido preso dai cinesi non sembra cinese, è scritto made in italy, ma costa relativamente poco. Costa poco perchè è molto diluito ed evapora in fretta. La quantità di liquido nel boccione in foto dura due o tre settimane... urge soluzione con qualcosa di naturale ed urge la costruzione del distillatore di essenze... sono alla ricerca di pentole, tubicini di rame, valvole, piegatubi, torcia per brasature... alla prossima.

P.S. La polvere è bianca e l'olio è nero. Ripeto: La polvere è bianca e l'olio è nero. 

giovedì 17 marzo 2016

Riciclo di un marsupio portacose

La strada della sobrietà, passando attraverso la rimodulazione dei "bisogni", porta alla libertà. Meno consumi, meno bisogno di danaro, meno tempo impiegato per produrre quest'ultimo. L'equazione è semplicissima. Il tempo che rimane è libertà, libertà di coltivare le proprie passioni, per vivere l'unica vita che ognuno di noi ha. E se la vita degli unani merita di essere spesa a lavorare per soddisfare dei falsi bisogni, la mia no, è più preziosa. Davanti a me ho sempre meno anni di quelli passati e preferisco essere io a decidere cosa farne. Ma consumare è inevitabile. Gli oggetti si deteriorano, specialmente in questo periodo storico dove la produzione degli oggetti è estremizzata al risparmio dei costi per la massimizzazione del profitto (di pochi). E se gli oggetti si deteriorano, specie quando rappresentano una comodità a cui non è necessario rinunciare (la decrescita non è rinunciare), occorre sostituirli con qualcosa di equivalente, dopo attenta valutazione se sono concretamente ed effettivamente utili e necessari. 
Una cara amica ha deciso di buttare il suo marsupio, usato durante il lavoro per riporre le cose che devono restare sempre a portata di mano quando si è in mobilità... documenti, e-cig, telefono, aspirine, fazzolettini, un pò d'acqua allo zenzero, le chiavi di casa e del lucchetto della bici.... il minimo indispensbile. Un marsupio tipicamente di fattura cinese, cucito assieme da chissà quali manine, in chissà quale tugurio insalubre ad orari disumani, in cambio di pochi spiccioli usati, si spera e presume, almeno per l'indispensabile o per il miraggio della sopravvivenza in questo mondo corrotto ed avido. 
L'uso quotidiano ne ha evidenziato limiti e carenze progettuali... alcune scuciture, la stoffa logora e consumata dallo sfregamento... decisamente sfruttato sino al limite. Ma alcuni componenti sono ancora funzionali e non sono rotti o da buttare, lo è l'insieme, l'oggetto assemblato. Ed allora, perchè non recuperare quello che c'è di buono e buttare il resto? 
Si ma cos'è rimasto? Dopo l'operazione inversa all'asemblaggio "1000 pezzi all'ora=un pugno di riso" restano, perfettamente funzionanti:
  • una fibbia di plastica
  • un aggancio a clip per la cintura
  • una cinghia  da 60, termosaldabile

e 5 cerniere di cui :
  • 1 da 16cm
  • 2 da 20cm
  • 1 da 26cm
  • 1 da 30cm

Fibbia ed aggancio a clip verranno usate per una citura da pantaloni, funzionano benissimo, ne ho altre 2 autocostruite, sono indistruttibili. La cinghia da 60 è troppo corta per una cintura, ma perfetta per costruire una specie di maniglia per qualche borsa o contenitore. Le cerniere? magari per sostituire quelle che si rompono o in qualche progetto che ho in mente, quando inizierò a lavorare anche il cuoio. 
E con questa operazione, 10 minuti, mi sono assicurato del materiale da ri-utilizzare, di riciclo o recupero, di certo non indispensabile ad ingrassare le corrottissime multiutility dei rifiuti... vi sto boicottando diversamente empatici. Alla prossima. 

P.S. la serpe è in viaggio. ripeto: la serpe è in viaggio.