Oggi voglio documentare un'esperienza… illuminante. Sì, "illuminante" è l'aggettivo perfetto, considerando le scariche elettriche che ne sono scaturite (e non parlo solo di quelle sull'immagine finale). Ho appena concluso quella che potrei definire un'intensa sessione di "formazione sul campo" con una certa intelligenza artificiale, una di quelle che, teoricamente, dovrebbero semplificarci la vita. Il risultato? Un'immagine. Una singola, maledettamente complessa, immagine di un cervello digitale. E un'epopea degna di un poema omerico.
L'idea era semplice: l'immagine di un cervello che somigliasse a un circuito elettronico digitale, con predominanza del blu cobalto. Elementare, Watson, direte voi. E invece no.
Non per la nostra amica IA. La prima versione, diciamocelo, era piatta come una tavola da surf. Due dimensioni. Zero ombre. Zero profondità. Un'ode alla piattezza. Ho dovuto, con la pazienza di un maestro zen (o forse di un genitore alla milionesima volta che spiega come si allacciano le scarpe), spiegare che un cervello, pur se digitale, ha una sua voluminosità. Ha delle curvature. Ha delle… insomma, non è un pancake.
Poi è arrivato lo sfondo. "Attività elettrica, sfumature, per favore." E l'IA, nel suo infinito zelo (e nella sua scarsa comprensione delle direttive umane), ha tirato fuori qualcosa che, onestamente, sembrava la copertina di un CD degli anni '90. Non proprio il "boom" neurologico che cercavo. Ma andiamo avanti, si impara. O almeno così si spera.
Le scariche elettriche. Ah, le scariche. Quelle sì che le ha generate con entusiasmo! Sembrava avesse appena scoperto il potere del fulmine di Zeus. Peccato che fossero così statiche, così... bidimensionali. "Prospettiva!" ho dovuto urlare (metaforicamente, ovviamente, non voglio traumatizzare i server). E lì, finalmente, un piccolo barlume di comprensione. Le scariche hanno iniziato a "balzare" un po' di qua e di là. Un piccolo passo per l'IA, un grande balzo per l'umanità (o almeno per il mio umore).
Ma la vera battaglia... è stata sul 3D. Ho chiesto un cervello in 3D, non una fetta di cervello impilata come un panino. "Dagli volume, che sembra piatto!" ho implorato. E cosa fa la nostra amica IA? Mi restituisce un cervello che sembrava fatto a strati, come una torta millefoglie. Non la forma tondeggiante e complessa di un organo, ma un blocco squadrato. A quel punto, ho quasi sentito un tic all'occhio destro. "Riprova, dai, so che lo sai fare!" ho promptato, cercando di incoraggiarla con un tono che, retrospettivamente, suonava più come quello di un allenatore esasperato con un team di ragazzini.
Abbiamo ruotato il cervello di tre quarti (non senza spiegare anche l'asse di rotazione). Abbiamo cercato di dargli una texture "realistica ma digitale". E poi sono arrivati i famigerati cerchi fucsia. Ah, i cerchi fucsia sullo sfondo...ma cosa c'entrano? nessuno ha dato direttive per dei cerchi fucsia sullo sfondo. Che, dato che li aveva previsti, dovevano essere sfumati. Poi meno evidenti. Poi "trasparenti". Ogni volta, un tentativo che rendeva i cerchi *più* brillanti, *più* invadenti, come due fari al neon che urlavano "Guardami! Distraiti dal cervello!". A un certo punto ho pensato che l'IA si stesse prendendo gioco di me. "Stai scherzando o mi spiego male?" mi sono trovato a digitare, con un misto di rassegnazione e incredulità, come se stessi interagendo con un umano imbecille.
Alla fine, la pace. La tregua. "Toglili", ho detto. "Togli i cerchi. Basta. Non è destino." E finalmente, una vittoria (di pirro). L'immagine era pulita.
E poi, il tocco finale: i puntini sfumati sullo sfondo dovevano diventare "sequenze di bit, zeri e uno, "blurrati" ma leggibili." E qui, l'IA ha brillato. Ha colto l'essenza. Ha capito la sfumatura. Ha generato uno sfondo che non era esattamente ciò che avevo in mente ma a questo punto mi accontento e preferisco non andare oltre ad interagire con una pippa di IA alla versione 0.1 alfa.
L'immagine finale...è bella? NI, si poteva fare molto meglio. Sicuramente per farla io, avrei dovuto lavorarci non poco ma sicuramente avrei consumato il mio cervello che così facendo si sarebbe però allenato ed evoluto... ed invece mi sono impigrito a cazzeggiare con una stupida macchina. Ma pensate al percorso. Pensate a quanti "token" sono stati consumati. Quanti cicli di elaborazione. Quanti watt trasformati in calore che l'ambiente ha dovuto sopportare. Non è solo un'immagine; è un monumento all'iterazione, alla perseveranza umana (la mia) e all'apprendimento (l'IA, si spera) e contemporaneamente uno sputo in faccia all'ambiente (e chissenenfrega dei pinguini e degli orsi bianchi, direbbe un unano).
Quindi, la prossima volta che interagite con un' "intelligenza" artificiale, ricordatevi di me. Ricordatevi dei cerchi fucsia. Ricordatevi che dietro ogni "generazione di immagine" mai perfetta, c'è una storia di piccoli, continui aggiustamenti, estenuanti tentativi di spiegare l'ovvio a dei pezzi di silicio. Ed un impatto, sì, anche quello. Non per farvi sentire in colpa, ma per spronarvi a essere chiari fin da subito, che poi quando qualcosa non va è sempre colpa del prompt sbagliato dell'umano stupido. Come ho imparato a mie spese, anche l'IA più "avanzata" ha bisogno di un po' di "incoraggiamento" per capire che un cervello, anche se digitale, non è un pancake a strati. E che due luci al neon non sono una sfumatura eterea. Alla prossima Odissea digitale!
P.S. La Gazza è morta, il biberon è freddo. Ripeto: La Gazza è morta, il biberon è freddo.
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