domenica 12 ottobre 2014

Pasta protettiva per legno

Da un pò, mi ritrovo in un periodo in cui devo distrarmi dalle preoccupazioni inutili che mi assillano. L'unico metodo efficace che conosco, contro la ciclica carenza di soldi, è quello di fare delle cose, possibilmente con le mani e possibilmente che coinvolgano la creatività, giusto per non far avvizzire il cervello ed evitare di diventare come la maggiornanza degli unani che popolano il vostro stupido pianeta. Vorrei riprendere, e lo farò, l'interesse per lo sviluppo software oltre alle attività di reverse engineering che tanto mi appassionano. Ma.... devo contemporaneamente liberare un pò di spazio per predisporre il laboratorio al fine di portare a termine alcuni progetti in sospeso. Un pò di cose alla volta e porterò a termine tutto quello che mi incuriosisce e che mi tiene la mente occupata in cose utili (tipo impara l'arte e mettila da parte). 
Mi ritrovo quindi per le mani dei fogli di cera d'api, quei fogli con le tracce esagonali che si mettono nelle arnie per favorire le api a costruire le cellette dove mettono il loro miele. Il nonno aveva un pezzo di terra enorme (beato lui) e si autoproduceva tutto quello che permetteva alla famiglia di vivere più che decorosamente (il terreno era il suo centro commerciale privato). Io, della generazione del consumismo, non ho le arnie ed avrei delle difficoltà ad "allevare" delle api praticamente in centro al paese dove abito... per cui... la cera d'api a buttarla nemmeno a parlarne. Ne farò delle candele. 
Ma una parte la riuso per produrre una crema protettiva impregnante per il legno. Nei miei lavoretti di falegnameria, un trattamento alla cera d'api è un tocco che conferisce una finitura eccellente. La cera d'api, per essere utilizzata a tale scopo, deve essere mescolata con dell'olio minerale. Non ricordo le dosi, sono andato un pò ad occhio, ma il risultato è una pasta tenera e malleabile anche quando si raffredda. Con una spugnetta, un panno o della carta la si può spalmare finemente sulle superfici in modo da otturare la naturale porosità del legno e proteggerlo dall'umidità, senza usare vernici, solventi o altri prodotti definiti "ecologici", che di ecologico non hanno nulla. L'aspetto finale, dopo che l'olio e la cera si "asciugano" (un paio di giorni) è una superficie satinata, piacevole al tatto, superba. I balsami alla cera d'api che si trovano in commercio costano un occhio della testa. Questa invece, praticamente a costo zero. Me ne sono prodotto un barattolo (a chiusura ermetica) e sicuramente lo userò in futuro evitando l'acquisto di altri prodotti, godendo come un riccio per aver contribuito al tracollo economico di quelle aziende inquinanti che si mascherano dietro l'etichetta dell'ecologia per mere ragioni di markerting...bastardi...alla prossima.

P.S. i fiori rossi sono profumati. Ripeto: i fiori rossi sono profumati. 

sabato 11 ottobre 2014

Candele fai da te (esperimenti)

Non è proprio un argomento tecnico, ma lo scopo di questo diario è quello di annotare i miei esperimenti a futura memoria personale. Se poi qualcuno, sparso nel mare del web, farà uso dei trucchi imparati da me...tanto meglio. Da anni tengo in un sacchetto una quantità industriale di candele usate, racimolate nel tempo con la solita richiesta.... "ma quella la butti?
Sembra incredibile ma famiglie, bar e ristoranti a lume di candela e più in generale degli autentici spreconi, gettano nella spazzatura le candele che sono considerate "a fine vita". Pensate a quei ceri enormi di tutte le forme e colori che si vedono come complemento di arredamento in molti locali GLAM. Cera a base di paraffina il più delle volte...cera d'api qualche volta, una vera rarità che costa un occhio della testa ed è un peccato solo accendere la candela (è roba per raffinati, non certo per unani dell'ikea). Proprio ieri mi sono recato dai cinesi. Due teglie da dolce (quelle più economiche ovviamente) di dimensione concentrica ed il bagnomaria è fatto (3 euro in totale). Prima, usavo una pistola ad aria calda. Funziona lo stesso, si fa prima ma è molto probabile che la cera si surriscaldi troppo (a volte fa anche fumo se si insiste). Una cera troppo calda, versata in uno stampo, può creare dei vuoti all'interno della candela dopo che si solidifica. Mi è successo in un occasione. Appena lo stoppino ha raggiunto il vuoto, il cero praticamente si è incendiato tutto, producendo una fiamma molto alta, subito pronta ad aggredire i mobili in legno e gli oggetti inevitabilmente infiammabili di cui ci circondiamo. Solo la presenza durante l'accaduto ha impedito andasse a fuoco la casa. L'esperienza insegna. Ora tocca ai punti critici... 
Scioglimento della cera:...bagnomaria forever. Per l'elemento riscaldante ho usato il ferro da stiro capovolto, modificato per altri scopi, già descritto per dissaldare i componenti elettronici SMT dai PCB e recuperare i componenti. La temperatura della piastra non è elevata ma è sufficiente a far bollire l'acqua nel bagnomaria. Venti minuti al massimo ed un cero da un kilo si scioglie alla temperatura giusta, senza bollire. 
Lo stampo: per lo stampo, io uso un tubo da spedizione di cartone (riutilizzabile infinite volte ed apribile sul fondo), ma può andare bene anche il cartone del vino, il rotolo della carta igienica, il contenitore del medicinale o qualsiasi contenitore che si possa aprire per togliere la cera solidificata o che comunque permetta agevolmente i togliere il pezzo. L'avvertenza per il cartone è quello di ungerlo all'interno con vaselina o olio minerale (anche quello per bambini) o glicerina vegetale, così da evitare fastidiosi appiccichi fra cera e cartone. Il tetrapack, per ovvie ragioni, non soffre dello stesso problema. Ovviamente, gli stampi in cartone (ex contenitori) sono usa e getta, così che una candela sarà sempre diversa dalle altre a meno di non avere una serie di contenitori tutti uguali. 
Lo stoppino: Per i più pigri e ricchi, al brico vengono venduti stoppini già incerati che però non sono mai della lunghezza giusta se si improvvisano gli stampi di recupero...sono uno spreco. Io, in sciopero della spesa, uso uno spago di cotone avvolto con una spirale abbastanza larga di filo di rame smaltato sottile, recuperato da qualche avvolgimento di un motorino rotto. 
Lo stoppino che produco in realtà è composto da tre fili avvolti a mò di treccia, per creare una fiamma più consistente in relazione alle dimensioni del cero. Il filo di rame irrigidisce lo stoppino, lo tiene in piedi quando brucia e impedisce che si accorci troppo durante la combustione, fondendosi e dissolvendosi man mano che la cera si consuma. In capo allo stoppino resterà una pallina fusa di rame che va tolta di tanto in tanto. Senza filo di rame lo stoppino resterà cortissimo, appena sopra la cera fusa. Basta una folatina di aria e la fiammella si spegne. Più lo stoppino è grosso e più consistente sarà la fiamma, accorciando però la durata della candela. 
Profumi: Per i più sboroni... si compra olio essenziale al gusto preferito e lo si mescola alla cera fusa (meglio se il contenitore è un vaso di vetro a chiusura). Per i veri geek si mescola alla cera la pianta essiccata preferita, sbriciolata finemente (rosmarino, cannella, erba luigia o limone, arancia, chiodi di garofano, ecc)...la fiamma farà il resto (attenzione a non esagerare con la dimensione dei pezzi essiccati...pericolo di incendio). L'olio essenziale è più consistente come resa mentre le piante restituiranno un profumo leggero e delicato (sconsigliato agli ex fumatori con il naso bruciato dalla nicotina). 
Il porta cero: qui ci si può sbizzarrire. Poco tempo fa ho avviato le sperimentazioni di taglio delle bottiglie di vetro proprio per pensare di realizzare dei porta candela o dei porta ceri. Lo step successivo sarà la foratura del vetro per creare dei porta candele a sospensione. Vedremo, tempo e voglia permettendo, non sarò rapido.
PERICOLO: occorre sempre fare attenzione quando si usano fiamme libere (sembra strano ma c'è sempre bisogno di ricordarlo). Nel nostro caso, uno stoppino non perfettamente centrato potrebbe causare la fuoriuscita incontrollata di cera fusa con conseguente incendio dello stoppino scoperto che prenderà aria e inizierà a bruciare la cera di cui è imbevuto... il cero potrebbe inoltre cadere, rotolare, andare a finire sotto il letto dove si conserva la polvere da sparo fatta in casa o il C4 auto prodotto ed addio a tutto il condominio ed all'asilo accanto affollato di orfanelli poveri e malati...avvisati...azzi vostri... magari producetele per regalarle al vostro nemico in segno di "pace"... bastardi. 

P.S. Le feste sono vicine, è finito il vino. Ripeto: Le feste sono vicine, è finito il vino. 

mercoledì 8 ottobre 2014

Avvitatore PT CD006 (batterie parte 2)

Ed alla fine, mi ritrovo con un avvitatore più potente (vedi parte1). Il giro in negozio è stato fruttifero. Appena entro, mi fiondo con sicurezza verso gli scaffali delle batterie e ne scelgo una al piombo che entra nel vano come un pisello nel suo baccello. Al bancone, il commesso solleva alcune perplessità. Le batterie al piombo non danno agli avvitatori lo stesso spunto delle nikel-cadmio o nichel metalidrato. Cerco di capire perchè, se la capacità è la stessa... riesco solo ad ottenere una dichiarazione... "le nichelcadmio sono più cattive"...forse intendeva "brutali" riferendosi all'amperaggio allo spunto....boh... Mi fa notare inoltre che le Ni-Mh da 2000 mAh (Kinetic N2000SC1P) sono più grosse di quelle da 800 rinvenute nel pacco, ma le loro dimensioni sono perfette per riempire gli spazi vuoti. In sintesi, il pacco batterie "standard" degli avvitatori è dimensionato per alloggiare solitamente le batterie più grandi di quelle di tipo AAA usate dai cinesi. Segue una sequenza di battute in valutazione del concetto di "qualità" dei cinesi e sull'estremizzazione dei prezzi al ribasso nel settore utensileria da hobbisti. 
Ergo... alla fine della chiacchierata, decido di prendere le batterie più grandi. Torno in laboratorio e mi accingo all'assemblaggio. Le linguette le ho puntate con dello stagno (punta a 350° ed un pò di flussante agevolano molto il lavoro). Dopo un oretta di lavoro il pacco batterie è installato ed in carica. Tre ore dopo misuro 16 volts circa... wow... l'avvitatore va che è una meraviglia. Ora lo devo testare sotto carico, per verificare se riesco ad utilizzarlo abbastanza a lungo per i lavoretti in falegnameria. Unico neo...la spesa... ogni batteria costa circa 4 euro e ce ne vogliono 10. Certo avrei potuto tranquillamente cercare in rete e trovare una soluzione più economica ma, dato il prezzaccio di acquisto dell'avvitatore (meno di dieci euro), trovato in offerta, direi che la spesa ci può stare. 
Il tutto risulta un pò più pesante ma è il prezzo da pagare per una maggiore autonomia, poco meno che tripla rispetto a prima. Alla prossima. 

P.S. I topi rosicchiano le provviste. Il mulo è in sciopero. Ripeto: I topi rosicchiano le provviste. Il mulo è in sciopero.

martedì 7 ottobre 2014

Avvitatore PT CD006 (batterie parte 1)

La domenica, tra i tanti giretti di esplorazione del territorio, ci si ritrova a fare l'immancabile giretto al Brico di zona. L'ultimo, visitato con la curiosità di chi è alla ricerca di attrezzi e strumenti utili per le riparazioni domestiche, ha dato i suoi frutti. Tra gli scaffali ripieni di utensili, è in bella vista una pila di avvitatori a batteria ad un prezzo davvero scontato. Meno di dieci euro per un avvitatore con allegato controllo di coppia, set di punte da legno e inserti per avvitare. Da tempo ero alla ricerca di un avvitatore perchè con il trapano, anche se regolato in velocità è un casino. Il trapano è pesante, non è bilanciato, si fatica a tenerlo con una sola mano, ha troppa potenza (e le viti affondano nel legno se non si fa attenzione), ha il cavo che ingombra non poco ed è un problema se si eseguono dei lavori al volo. Il prezzo medio di un avvitatore "serio", con batteria al litio + una di scorta, caricabatteria decente, controllo di coppia, magari a 48 volts... va da più di 159 euro in su, dipende dalla dotazione e dalla marca. La roba seria la si paga è ovvio ma... io non sono un carpentiere e se la batteria si scarica...pazienza, aspetto che si ricarichi e riprendo con i miei hobby. 
Dell'acquisto non sono pentito, anzi. L'utensile è un PT Primer Tool mod. CD006 da 550 g/min e classico mandrino da 10mm, fabbricato in cina e importato da una ditta brianzola. Come tutte o quasi le cose cinesi.... il problema è in agguato. Da 3 alle 5 ore di ricarica della batteria (che purtroppo scalda troppo) e si riesce ad avvitare dalle 5 alle 10 viti se va bene. Poi muore. Evidentemente la batteria non sta facendo il suo dovere, per cui urge disassemblaggio e conseguente delusione (e devo dire che me l'aspettavo). 
Il pacco batterie è formato da elementi da 1,2V 8mm mAh Ni-Cd ricaricabili (ovviamente) in serie da 10 per i 12 volts. Alcune presentano la classica formazione di cristalli bianchi che ci indicano come siano già da sostituire... già! "nuove"? no, ovvio che no. Chissà per quanto tempo l'utensile è rimasto in magazzino, ed in quali condizioni, prima di trovare un rivenditore in cerca dell'affarone (per sè stesso ovviamente, bastaldo di melda). 
Almeno è stato "onesto" da pensare ad un prezzo "umano", sapendo che le batterie non sono mai coperte da garanzia ed i resi per valori così modesti, statisticamente, avvengono raramente. 
Un pò di biadesivo tiene fermi gli elementi per evitare che se ne vadano in giro per il contenitore. Già. La cosa che stupisce è lo spazio vuoto... ce n'è a iosa, abbastanza per pensare ad una modifica e potenziare l'autonomia dell'utensile, visto che è l'unica problematica che presenta al momento. In fin dei conti è solo un motorino in cc ed alcuni ingranaggi fatti in serie (spero non di plastica). Parto alla ricerca di una batteria di ricambio e poi vediamo cosa si può fare. L'avvitatore mi serve che devo realizzare una sedia/scaletta pieghevole con due sedie di recupero... hihihi, mi diverto ogni giorno di più. Alla prossima. (parte2)

P.S. l'affare si ingrossa e la dispensa è vuota. Ripeto: l'affare si ingrossa e la dispensa è vuota.

martedì 30 settembre 2014

off topic

no dico, non ci voglio credere... a certe affermazioni proprio NO! "Non sono padroni, ma lavoratori. La sinistra li rappresenti"..."Noi oggi abbiamo detto con serenità che gli imprenditori sono dei lavoratori e non dei padroni e che la sinistra si candida a rappresentarli"... dico.... qualcuno si sta fumando roba veramente buona.... che caxo stanno dicendo? quale sinistra? il PD?? Pensare che il PD sia di sinistra è come sc*parsi una vecchia pensando che un tempo è stata giovane.
Qualcuno magari è disposto anche a crederci senza nemmeno pensare che ci stanno prendendo per i fondelli. Dopo aver visto gli operai votare lega perchè la "sinistra" non li rappresentava e poi, dopo i furti nelle casse del partito, passare con i 5 stelle, ora mi tocca assistere anche a questo ennesimo delirio. Robe da non credere. 
Ma veramente "qualcuno" ha detto una cosa simile? Gli imprenditori sono lavoratori? e da quando? Gli imprenditori tendono ad essere degli sfruttatori. Punto. Gli imprenditori  "danno lavoro" come merce di scambio per ottenere manodopera subordinata alla cieca ubbidienza silenziosa, senza diritto della benchè minima critica o osservazione (il più delle volte giusta e democraticamente sacrosanta). Gli imprenditori non sono lavoratori. Punto. Gli imprenditori pensano al profitto ed al proprio ego. Punto. Gli imprenditori, quando non hanno bisogno, ti danno un calcio nel culo e ti mettono per strada (poco gli importa del tuo mutuo di m*rda). Punto.  La crisi non è colpa dei lavoratori, che non possono intervenire nelle decisioni aziendali, ma delle scelte scellerate dei padroni. Punto. Se ad un imprenditore le cose vanno male, non è per colpa dei lavoratori. Punto. 
Ecco, c'era bisogno di ripartire dai fondamentali. E sicuramente si sente il bisogno di disegnare il profilo degli "imprenditori", quelli di oggi, spesso figli di altri imprenditori che tramandano dinasticamente l'attività a dei figli fancazzisti e scialacquoni. Sta storia del padrone buono è solo nellla testa di chi ha interesse ad annacquare il cervello di chi ormai si sta abituando alla schiavitù e che finisce inesorabilmente per solidarizzare con il proprio aguzzino...sindrome di Stoccolma, non c'è dubbio. Del resto, gli imprenditori sfruttatori, non esisterebbero se non ci fosse qualcuno disposto a farsi sfruttare un pò più degli altri. E via così verso il baratro, ma con il sorriso sulle labbra. Sì perchè vien da ridere davvero, trovare per strada i forconi (oops..."lavoratori non padroni") che distribuiscono volantini, per spiegarci che la crisi è colpa della germania, dell'euro, delle tasse, dello stato, dell'articolo 18, dei gay, degli extracomunitari, dei monsoni tropicali e delle cavallette.... tutti "imprenditori" sull'orlo del fallimento ad aizzare i pecoroni ignoranti per il proprio tornaconto. E quelli sarebbero "lavoratori" bisognosi di essere rappresentati da quelli che oggi si definiscono "di sinistra"?? Ma fermarsi un attimo a riflettere no? Nella miriade di imprese oggi nel vostro paese delle banane... quelle più grosse, i grandi marchi, sono state vendute, altre se ne sono andate a pagare le tasse altrove, altre ancora lavorano in nero e sono sconosciute al fisco...
Secondo quanto emerge dagli ultimi dati Eurostat relativi al 2011, l'Italia, con i suoi oltre 3,8 milioni di imprese. Di questi 3,8 milioni di aziende italiane, ben il 94,8% sono microimprese, solo il 5,2% sono pmi e appena lo 0,1% sono grandi imprese. Queste danno lavoro in totale a quasi 15 milioni di persone, di cui la maggior parte (46%) è impiegata nelle microimprese.... quanti sono quindi i "lavoratori non padroni"? 
Si, si, certo, certo... mi diverte assistere al vostro inesorabile declino, con un debito pubblico che aumenta sempre più, con la spesa fuori controllo, con le manovrine per dare 80 euro immediatamente rosicchiati dagli aumenti e decapitati dai tagli... lo volete capire che siete in una barca che affonda e nessuno sta tappando i buchi? rifiutate di crederci? Davvero? Bene. Allora va tutto bene, non c'è problema. Sono anni che chiedono sacrifici ai lavoratori ma le cose non sono mai migliorate. Ora tocca ai diritti, domani toccherà a qualcos'altro, ma non preoccupatevi. L'importante è credere che le cose vanno bene, la crisi sparirà d'incanto, sarete tutelati al massimo e non dovrete più preoccuparvi di nulla, ci pensano gli altri che avete delegato. Credeteci intensamente e soprattutto credete che il governo vi salverà... del resto l'avete scelto e voluto voi, non può essere che avete sbagliato a scegliere vero? Voi non sbagliate mai e la colpa è sempre degli altri. Andrà a finire che vi chiederanno di andare a picchiare i colpevoli, sempre gli altri, non voi, o magari saranno gli altri a venire a prendervi per picchiarvi... perchè... diciamolo...prima o poi il creditore verrà a presentare il conto per riscuotere e quelli non sono certo tipi che digeriscono bene la battuta "non ho un euro, fammi causa". 
Comunque vada, dopo il patatrac, tutti a leccarsi le ferite e si ricomincia con un altro giro uguale al precedente...l'importante è continuare su questa strada. La storia insegna, ma siete tutti dei somari. Fanchiulo teste di caxo!

P.S. l'orologio segna le 12. Ripeto: l'orologio segna le 12.  

giovedì 18 settembre 2014

Samsung ML-1510 (in riparazione / riparata)

Ma..., dico io..., è possibile che bisogna buttare una stampante funzionante solo perchè si è consumato un pezzettino di gomma del valore di pochi centesimi? Uno stupidissimo pezzettino di stupidissima gomma. La carta dal cassetto non parte... è il pick-up roller, un gommino consumato che non fa il suo dovere e non fa più attrito...a meno di non stampare su dei fogli di carta vetrata (e non è detto che non ci provi un giorno, per vedere l'effetto che fa). 
Sostituirlo? Certo. Per accedere al pick-up roller bisogna smontare praticamente tutto...il top cover...vabbè, l'exit roller, l'LSU, il motor assy, il drive assy, l'engine shield assy...non resta poi molto da smontare alla fine. Va così che alla fine il costo di riparazione (se si decide di rivolgersi ad un peracottaro autorizzato) supera il valore dell'hardware, un classico. Complimenti per la politica consumistica di queste multinazionali che continuiamo ad ingrassare. Allora che si fa? si butta? nonono, si ripara. Abbiamo due possibilità. 
La prima a "costo zero". Si accede al perno che sostiene il gommino e lo si ravviva con della carta vetrata grana 80/40 o un pò più fine. Basta ravvivare il lucido della superficie, senza incidere troppo, e si crea una superficie nuovamente ruvida abbastanza da fare presa sulla carta. Funziona? in alcuni casi si. L'idea di rivoltare dentro per fuori il gommino, come un calzino, mi era venuta...ma... l'interno è liscio e non va bene...bastardi. 
La seconda... si googla e si cerca su ebai il pezzo... 4 dollari + tre di spedizione o poco più (evitando quelli che te lo vendono a 13 o 32 dollari)... e lo si sostituisce. 
Con l'occasione, vista la stampante ridotta ai minimi termini, si pulisce per bene l'interno dalla polvere e dai residui di toner, specialmente dalla lente che sta all'ingresso della carta (sensore Jam 1) e la ferraglia torna come nuova di fabbrica...è hardware ragazzi!! Aspetto che arrivi il pezzo e poi vediamo chi la vince. 
Ma nell'attesa è tempo di qualche considerazione. 
Dal service manual si scopre  che sia il gommino che gli altri rullini sono garantiti per 60.000 fogli. Dal menu di configurazione ed autotest della stampante scopriamo che ne ha stampati 9942... ok c'è qualcosa che non quadra...l'usura del gommino mi dice altro... forse la stampante è stata resettata o aggiornata... ma il dato preoccupa un pò. Viene anche da pensare ad un caso di obsolescenza programmata, si progetta ad arte un pezzettino che si consuma un pò più del previsto ed il gioco è fatto. Vai a dimostrare poi con delle perizie che è vero, si dirà che "quel" pezzettino era di "scarto".  
60.000 fogli sono 120 risme di carta da 500 fogli cd. Un azienda di piccole dimensioni (con un paio di impiegate diciamo, per capirci) ne può può consumare 12 tranquillamente in pochi mesi o al massimo in un anno, una al mese sono circa 25 fogli al giorno... ci  può stare come ipotesi. Quindi, se vogliamo ragionare in un ottica di manutenzione preventiva, il gommino andrebbe sostituito una volta ogni 10 anni...a che costi?. Smontare, sostituire, rimontare, per uno che lo fa tutti i giorni, può portare via un paio d'ore in totale... 100 euro in tutto...senza fattura? ci può stare. Al costo della manutenzione programmata aggiungiamo il toner (che include nella cartuccia anche il tamburo "per fortuna"). La cartuccia costa al minimo 17 euro ivata e spedita, oggi....all'epoca costava sui trentadue euro (e qualcuno ad oggi le vende ancora a questa cifra o più)...ce ne vogliono 2 all'anno (una cartuccia mediamente dura per 3000 fogli circa)...quindi dai 34 ai 64 euro all'anno cui vanno aggiunti 10 euro di manutenzione (la frazione annuale del costo decennale). Quindi, costo della carta a parte, ogni foglio stampato ci costa, se consideriamo 20gg lavorativi al mese per 11 mesi tolte ferie e festività) circa 0,0113 centesimi di euro (solo di stampa e manutenzione senza contare nemmeno l'energia elettrica). Notiamo come il costo per stampa è veramente basso, meno di una fotocopia (LOL e viene da pensare ai ricarichi delle copisterie, maledetti ladroni). 
Ragionamenti di questo tipo, li ho sentiti fare da alcuni imprenditori illuminati, preoccupati solo a massimizzare i profitti e perdere tempo a farsi le seghe mentali, che fa tanto imprenditore bocconiano fighetto e pure un pò glam. 
Ma alla fine... per un gommino del valore di pochi centesimi e del costo di pochi euro.... conviene davvero buttare la stampante? No. Decisamente no. Venderla a 18 euro con annunci del tipo "Vendesi stampante Samsung ml 1510 difettosa, buona per ricambi. Difetto : La stampante stampa ma non cattura i fogli dal cassetto."? ...è solo un gommino da 6 euro imbecille, non te ne dò altri 18.!... ma poi... come fa a stampare se non prende i fogli? mistero. 
Per mettersi l'animo in pace, basta pensare che una volta pagata in negozio, una stampante rappresenta un piccolo costo continuo, sia per i consumabili che per la manutenzione. Meno costa come consumabili e manutenzione e più conviene tenersela stretta, visto l'andazzo che punta a farci consumare inchiostro e toner il più possibile, riducendone progressivamente la quantità nelle cartucce. Stampanti di questo tipo, "da supermercato" come le definisco io, sono adatte a ditte individuali, piccoli uffici, privati, non certo per chi ha necessità più importanti. Ma a conti fatti, visto che per recuperarla IO in realtà ho speso solo 6 euro (e potevo tentare di grattare il gommino a zero euro).... a ME non conviene buttarla, ma ripararla nei ritagli di tempo libero e sfruttarla per emergenza, per fare un regalo o per venderla a qualche imprenditore illuminato col braccino corto, che le si trovano a 30/60 euro usate o 300 euro nuove su amazon. La mia sta per diventare praticamente nuova, come la mettiamo? Continuiamo a ingrassare le discariche e protestare quando ce le costruiscono dietro casa?Alla prossima. 

P.S. Il dito punta la luna. Ripeto: il dito punta la luna.

Aggiornamento: gommino sostituito, stampante pulita internamente... tornata come nuova pronta a fare il suo dovere per altri 10 anni. Ora dovranno inventrarsi di cambiare la presa USB o cambiare linguaggio / metodo di invio dati alla stampante... la vedo dura per loro...bastardi. Dovrete vietarle per legge ed ancora non ce la farete. Idioti.

P.P.S. la luna è nera. Ripeto: la luna è nera.