venerdì 1 dicembre 2023

HACKERS!


 

“Noi esistiamo senza colore della pelle, senza nazionalità, senza pregiudizi religiosi… e ci chiamate criminali. 

Voi costruite bombe atomiche, voi provocate guerre, voi uccidete, ingannate e mentite e cercate di farci credere che è per il nostro bene… eppure siamo noi i criminali. 

Sì, sono un criminale. La mia colpa è essere curioso. Il mio crimine è quello di giudicare le persone per quello che dicono e pensano, non per il loro aspetto. 

Il mio crimine è quello di averti superato in astuzia, cosa di cui non mi perdonerai mai”.


    – The Hacker Manifesto

P.S. il meteo prevede uragani. Ripeto: il meteo prevede uragani

mercoledì 18 ottobre 2023

Hikikomori non sono loro il problema


"Ansia, disagio, senso di inadeguatezza. Sono queste le molle che fanno scattare in un numero crescente di adolescenti il bisogno di isolarsi. Una difesa estrema dalle difficoltà di un mondo in cui il confronto con i pari è sempre più difficile da reggere...

Apre così un articolo di un quotidino online, uno dei tanti che se vuoi leggere puoi "scegliere" di accettare per forza i biscotti e farti tracciare da una miriade di dementi del marketing o pagare un abbonamento. 

Si parla del fenomeno degli Hikikomori ovvero coloro che scelgono deliberatamente di chiudersi in casa o in camera per mesi, a volte anni, e di rinunciare quasi completamente alle interazioni sociali, vivendo spesso il mondo solo attraverso la rete. 

Secondo l'esimio scrittore "Sono principalmente ragazzi con età compresa tra il 15 e i 20 anni"...principalmente... no, non è così. I ragazzi sono quelli di cui si sente la mancanza se decidono di isolarsi. Ma ci sono anche adulti e soprattutto anziani o boomer come qualcuno sempre in vena di offendere li definisce. 

Quest'ultimi hanno delle motivazioni leggermente diverse per decidere di mandare tutti affanchiulo. Stanchi di angherie istituzionali, prepotenze di legge, mobbing civico, vittime della boriosa saccenza ed onniscenza accademica diffusa che se non sei "studiato" devi stare zitto perchè non hai i titoli per argomentare, inascoltati da una massa di unani conformati ed appecorati che non li vedono di buon occhio (per non dire nutrono un odio viscerale) magari solo perchè hanno idee o comportamenti non conformi agli "standard" imperanti. 

Gli Hikikomori scelgono di non confrontarsi ed isolarsi perchè il confronto è inutile, non è più tale ed è diventato dannoso e pericoloso per la propria incolumità fisica. Sono di questi giorni le notizie allarmanti di atteggiamenti violenti contro dei volontari dell'UNICEF che raccoglievano fondi per i bambini della striscia (guarda te che non posso nemmeno usare certi termini per evitare lo shadowban) "Dite ancora pal***** e vi uccido" diceva in inglese urlando in strada un signore evidentemente sostenitore della negazione dei diriti unani. Ed un pò di tempo fa succedeva pure a chi argomentava (non ho scritto sosteneva) il conflitto fra zingari e zaristi. E l'elenco non finisce qui, a riprova dei tempi di merda che stiamo vivendo, pensate ai NO"qualsiasicosa" come vengono aggrediti non solo verbalmente. 

Quando una certa classe di prepotenti magnaschèi finisce le risposte a sostegno delle proprie idee di merda, passa automaticamente alle mani.... e la chiamano difesa dei propri diritti. Sono tempi in cui il bue dà del cornuto all'asino. Sono tempi di censure mediatiche e di licenziamenti se si toccano certi argomenti. Sono tempi in cui gli incantatori indicano il dito invece della luna.

Ed io dovrei socializzare? Veramente? Che socializzazione è quella dove devi stare sempre attento a quello che dici? Quella in cui non puoi manifestare il tuo pensiero senza paura di essere aggredito o deriso? Quella in cui devi chiuderti in casa prima e poi se vuoi continuare a lavorare devi sottoporti a delle cure sperimentali? Quella in cui ti vengono progressivamente tolti dei diritti che diventano dei favori concessi con magnanimità? Quella in cui è meglio lavorare come bestie, stare zitti a testa bassa, ubbidire sempre e mai lamentarsi? Socializzami stò caxo!

Preferisco starmene qui a digitare, al sicuro, dire comunque la mia e disprezzare gli unani togliendo loro il più possibile, sia economicamente che socialmente, lo dico da anni. Fate anche voi come faccio io, non rompete i coglioni! Alla prossima. 

P.S. Radio Londra ha un messaggio per te. Ripeto: Radio Londra ha un messaggio per te.

lunedì 9 ottobre 2023

LIHOP


LIHOP, l'acronimo di “Let it happen on purpose”, ovvero lasciare intenzionalmente che qualcosa accada, In modo, ovviamente, da poter poi gestire l’immancabile "emergenza" con le mani libere, e con il supporto, non solo economico, dell’intera opinione pubblica. 

Devo ricordarmela per sempre quest sigla che, per chi segue anche superficialmente le cronache, è applicabile di questi tempi e da tempi immemori, su un infinità di accadimenti che una certa stampa prezzolata classifica come "tragedia imprevedibile". 

Ecco, possiamo così definire un metodo para mafioso di permettere l'incuria figlia del profitto di pochi o di non impedire azioni notoriamente dannose o pericolose, di voltarsi dall'altra parte ben sapendo che prima o poi ci sarà da intervenire e raccogliere finanziamenti a spese della collettività per il profitto di pochi(ssimi). E l'elenco potrebbe continuare a lungo, così come gli esempi che certo non mancano. 

Ma giusto come esercizio di memoria fra i tanti fatti LIHOP, oggi è l'anniversario di una tragedia annuncita (Vajont - 1963), prevista da chi poi ha pure dovuto subire ritorsioni, mentre a giornalisti del calibro di Indro Montanelli e Giorgio Bocca il comune colpito dalla tragedia ha loro conferito un premio, inopportuno se considerato che  avevano annunciato i colpevoli "sciacalli comunisti". 

LIHOP, ricordiamoci questa sigla. Ricordiamo.


P.S. la cornacchia è nera. Rpeto: la cornacchia è nera.

mercoledì 27 settembre 2023

Il Tribunale "senza-cyber" di Milano: Quando la Sicurezza Diventa un Mito


AGGIORNAMENTO: ci segnalano, il giorno 3 novembre 2023, che il rack è stato sistemato, ben chiuso in armadio (a chiave). Grazie. Quello che è scritto nel seguito probabilmente è riferibile a qualche altra istituzione.

Cari lettori, oggi vi condurrò in un viaggio attraverso i meandri del Tribunale della capitale meneghina, la città da bere. Ma prima di immergerci nell'epica storia di cybersecurity, voglio che immaginiate un corridoio, in cui si cela un rack pieno di cavi e apparati di rete, accessibili a chiunque, senza sorveglianza, un vero paradiso per i criminali informatici. Sì, avete capito bene, sembra che il tema della cybersecurity sia diventato un vero e proprio tabù in questa istituzione pubblica.

Chi è responsabile della sicurezza informatica in questo tribunale? È una domanda che sembra non avere una risposta chiara. Forse è stata esternalizzata ad un'azienda che ha vinto un appalto con offerte al massimo ribasso, risultati evidenti alla vista di tutti. Ma non temete, cari lettori, oggi ci addentreremo in questo misterioso mondo per scoprire i segreti meglio custoditi del Tribunale di Milano.

Attenzione, la seguente sezione contiene sarcasmo e ironia.

L'Incredibile Mondo della Cybersecurity nel Tribunale

Immaginate di entrare nel tribunale e di vedere un cartello che recita: "Benvenuti al nostro buffet di dati sensibili, serviti a volontà!" Sì, perché è esattamente ciò che sembra accadere in questo posto. Il rack di apparati di rete e cavi è lì, come un regalo invitante per chiunque abbia intenzioni poco oneste. Nessuna protezione, nessuna sorveglianza, solo un invito aperto a chiunque voglia mettere le mani su informazioni sensibili.

La Sicurezza Informatica: Una Leggenda Urbana?

In questo tribunale, la sicurezza informatica sembra essere diventata una leggenda urbana, qualcosa di cui si sente parlare ma che nessuno ha mai visto veramente in azione. Immaginate di chiedere a un dipendente del tribunale sulla sicurezza informatica e ricevere uno sguardo vuoto come risposta. Sembra che la parola "firewall" sia una parola magica, e nessuno  ne conosce veramente il significato.

La Soluzione

Ora, passiamo alla parte divertente. Come risolvere questo problema apparentemente insolubile? Ecco una proposta: perché non assumere Sherlock Holmes come consulente per la sicurezza informatica? Sì, il leggendario detective potrebbe risolvere il mistero della cybersecurity nel tribunale in un batter d'occhio. E se ciò non funziona, potremmo anche considerare l'addestramento di un esercito di piccioni viaggiatori per proteggere i dati sensibili. Nessun hacker potrebbe mai decifrare il loro codice segreto! 

In attesa che le autorità competenti prendano provvedimenti, ecco una seria proposta, sicuramente alla portata della PA, per risolvere il problema:

Installare un cartello con la scritta "Attenzione, rack di cybersecurity. Non toccare, pena la denuncia". Ma per evitare inglesismi si potrebbe anche scrivere "rastrelliera per la saibersechiuriti"

In conclusione, cari lettori, mentre ci immergiamo nell'assurda realtà della cybersecurity nel Tribunale di Milano, non possiamo fare altro che sperare che qualcuno prenda in mano la situazione e inizi a trattare la sicurezza informatica con la serietà che merita. Nel frattempo, continueremo a osservare con incredulità l'invito aperto al caos digitale. Alla prossima


P.S. Hobit. Ripeto: Hobit.