venerdì 16 febbraio 2018

Farina vegana

Sia chiaro, non sono Vegano ma onnivoro, con qualche rarissima eccezione. Di cosa penso dei Vegani è meglio sorvolare, preferisco i vegetariani. 
Il problema è che ho la poco condivisa (ma sana) abitudine di leggere le etichette dei prodotti. Come consumatore consapevole, voglio sapere cosa contiene ciò che mangio quando sono "costretto" a comperare il prodotto già "confezionato" dalle multinazionali del male. 
Ero a casa di amici, intento ad osservare le fasi di preparazione del pane fatto in casa. Come agente lievitante ho notato l'uso della farina di malto tostato attiva, che conferisce al prodotto una tonalità marron scuro ed un sapore piacevolmente diverso dal solito. Per puro caso mi capita per le mani la busta che lo conteneva ed inizio a leggere un pò distrattamente, sino quando noto il marchietto di prodotto vegano con tanto di logo (fronte retro alla confezione). Ciò dovrebbe rassicurarmi sul fatto che nessun animale è stato ucciso o maltrattato nella produzione. Proseguo con l'elenco dei valori nutrizionali sino a quando... ma... ma...  hoibò, poffarbacco!, santa paletta!!... noto una scritta, piccola piccola, in una posizione di solito riservata nei contratti assicurativi alle clausole vessatorie... " il prodotto potrebbe contenere tracce di latte, uova ... " eh?? latte e uova sono di origine animale!! vietatissimi per i veri vegani!!
Com'è possibile che ci sia una scritta del genere? Come mai i talebanvegan non hanno ancora organizzato una violentissima protesta di fronte alla sede del produttore, con tanto di minacce di morte e fantocci wodoo dati alle fiamme?
Personalmente, seppur onnivoro, resto perplesso e come mio solito, da ignorante incallito e convinto, inizio a frullare pensieri a raffica, uno dietro l'altro, ad penis:
  1.  il produttore è obbligato a scriverlo perché "non si sa mai" che a qualcuno venga in mente di intentare una causa milionaria per una qualsiasi intolleranza ad un prodotto non documentato in etichetta
  2.  lo stabilimento di produzione è talmente disordinato che i prodotti sono accatastati come meglio viene, senza alcuna precauzione o sono etichettati in cinese o cirillico, per cui è difficile distinguerli
  3.  i dipendenti dello stabilimento di produzione o sono stranieri sottopagati o unani analfabeti sottopagati e quindi demotivati, ai quali frega una mazza di mescolare gli ingredienti, per cui l'errore ci può stare
  4.  nessuna legge vieta di pubblicare il marchio "vegano" il quale potrebbe tranquillamente figurare anche sulle confezioni di costolette di maiale senza pericolo di sanzioni
  5.  l'uso del logo non è regolamentato, per cui da voi in itaglia se manca la legge si può fare un pò come 'azzo vi pare.
  6.  i vegani non sanno leggere
  7.  il logo "prodotto vegano" non è protetto dai diritti di autore per cui è di libero utilizzo
  8.  il responsabile marketing è un furbone che sa perfettamente a quanto ammonta il fatturato globale dei prodotti vegani, per cui...piatto ricco mi ci ficco
  9. in fin dei conti i vegani non sono riconosciuti nemmeno come minoranza etnica e tantomeno come religione (a differenza dei pastafariani), pertanto pubblicizzare per vegano un qualsiasi prodotto "incompatibile" si può fare
  10. la dicitura dice "potrebbe" e non attesta in modo incontrovertibile la presenza di ingredienti non vegani, per cui sino a prova contraria il prodotto è vegano!
  11.  ...aggiungi nei commenti la tua ipotesi...
Ecco... non sono infastidito per la presa in giro. Lo sono perchè sempre più spesso troviamo la pubblicità scorretta, falsa, tesa a manipolare le decisioni di acquisto. Lo sono di più perchè gli unani sono superficiali e non dedicano nemmeno 5 secondi per leggere le etichette prima di comprare. Comprare ormai è diventato un fatto automatico, dove si danno per scontati un infinità di fattori importanti e fortemente impattanti sulle nostre esistenza. Pretendere di rimettere in funzione il cervello? giammai! disse l'unano. 

P.S. il topo è in gabbia. Ripeto: il topo è in gabbia.

giovedì 18 gennaio 2018

Switching Power supply 48V 5A (repair)

Una nota al volo. Tempo fa ho acquistato uno switching da 48v 5A per costruirmi un alimentatore da laboratorio, collegato a due moduli di alimentazione DP50V5A per la regolazione a 0 a 50volts. 
All'arrivo del materiale la sorpresa... l'alimentatore non funziona, la ventola parte per un secondo poi si ferma mentre il led verde si accende ma la tensione in uscita è zero. 
Fortuna vuole che il rivenditore cinese si dimostri gentilissimo e disponibile alla sostituzione (solo un paio di foto ed un paio di descrizioni sono stati sufficienti a convincerlo), senza nemmeno richiedere la restituzione del pezzo guasto.
In attesa del modulo, si spera funzionante, decido di investigare e tentare di riparare l'alimentatore. Con l'apertura la sorpresa. Un terminale di un induttanza male incollata al PCB si è staccata (stagnatura fredda). Saldo il terminale, accendo l'alimentatore et voilà, funziona!
Con l'apertura del contenitore non mancano le sorprese che spiegano come mai il prezzo del modulo fosse stato particolarmente appetibile (poco più di venti euro):
  • Dissipatori senza pasta termo-conduttiva
  • Alcune crepe del connettore di uscita, saldato male e sollevato in alcuni punti
  • Componenti saldati storti e piegati
  • Saldature non proprio perfette
  • Eccessiva parsimonia di colla distribuita in fretta e senza curarsi che faccia il proprio dovere
  • Mancanza di strato isolante fra il PCB ed il contenitore metallico
Tutti segnali che dovrebbero suggerire di acquistare qualcosa di meglio a prezzo ovviamente maggiore. In ambito industriale, da voi in itaglia, le cose sarebbero andate diversamente. Sicuramente il pezzo sarebbe finito in discarica o perlomeno tenuto per le parti di ricambio. I dipendenti infatti non sono motivati a riparare e ri-utilizzare le cose, mentre certi "responsabili" (i capetti aguzzini ignoranti che usano i soldi degli altri) preferiscono rintuzzare questioni del genere come "seccature" da evitare con metodi sbrigativi e superficiali (braccia rubate all'agricoltura).
A me, in fin dei conti, è andata bene. Due al prezzo di uno e difetti ai quali si può facilmente porre rimedio. Non male dai. Alla prossima. 

P.S. La mamma è a casa. Il latte è finito. Ripeto: La mamma è a casa. Il latte è finito.

martedì 16 gennaio 2018

EBM Papst Industries D2E097-CB01-02 (repair in progress)

Una freddissima notte d'inverno e la ventola di circolazione dell'aria della stufa a legna inizia di sua sponte ad emettere un suono vibrante fastidiosissimo. D'inverno, la stufa a legna è indispensabile per far fronte ad un inefficiente impianto di riscaldamento a gas che il padrone di casa, avaro e bastardo, si ostina a non mettere a norma e nemmeno a renderlo più efficiente. Così tocca all'inquilino pagare un salatissimo affitto e nel contempo trovare una soluzione al progressivo e periodico rincaro della bolletta... oltre a sorbirsi le solite bufale commerciali che il gas conviene, è pulito, fa bene alla salute ed è pure senza glutine (apperò). 
La stufa in questione è un super efficiente modello di una ditta tedesca, che quelli saranno pure crucchi ma con la qualità ci vanno a nozze. Per ovviare al problema "la qualità si paga" e "conto perennemente in rosso", l'attuale proprietario decise all'epoca di acquistare un modello utilizzato per le fiere ed esposizioni, dopo essersi ovviamente assicurato che non presentasse ammaccature, rigature, crepe o altri difetti occulti...era perfetto...un vero affarone. 
Oggi, dopo tre anni di onorato servizio, l'unico problema sono le vibrazioni della ventola, che si presentano casualmente ad intermittenza, a freddo od a caldo, e che quando cominciano si deve staccare la spina e sperare che alla ripartenza non vibri più (a volte, non sempre). La ventola parte in base alla temperatura rilevata da una sonda "K" e si spegne quando la stufa è tiepida (giusto per recuperare anche l'ultimo grado di differenza). Certo è che cercare di dormire la notte o più semplicemente soggiornare in casa con un fastidiosissimo e forte ronzio, non giova certo ai nervi, già a fior di pelle nel dover sopportare gli unani con i quali volenti o nolenti si è costretti ad interagire. 
Ecco che allora occorre chiamare "il tennico" il quale, dopo una serie di rinvii e scuse più assurde (occupato altrove, malato, in ferie, furgone dal meccanico, le cavalletteeee....), decide di intervenire e sentenziare..."CUSCINETTI!!". Aveva già deciso di sostituire il pezzo alla chiamata ed i ritardi sono dovuti più alla difficoltà di ordinare il ricambio nel periodo delle festività natalizie. Il pezzo è ancora in commercio ed è venduto ad una cifra che oscilla (ad oggi) tra i 135,15€ ed i 200,54€ (da voi in itaglia il prezzo più caro ovviamente, tiè). Dopo aver smontato e rimontato arriva il conto... 315 euro!!! per un oretta di lavoro comprensive di chiacchiere social. Per una cifra del genere decido di tenermi il pezzo "guasto" e vedere se è possibile sostituire il cuscinetto, no, solo per tentare di rigenerare, rivendere come "refurbished" e recuperare parte della spesa galattica.  
Porto in laboratorio il pezzo ed inizio a ragionarci. La ventola è a centrifuga (non come credevo tangenziale) airflow 106 CFM 42 watt AC 230Volts, chiusa in un contenitore di acciaio (anche la ventola), ideale per utilizzi ove la plastica o l'alluminio soffrirebbero per le temperature elevate. 
Come primo problema trovo le palette rotanti completamente otturate da uno strato di lana, pelucchi, polvere, acari, peli di cane e gatto che otturava quasi completamente il flusso d'aria... sarà un rilievo da fare a chi si occupa della manutenzione e pulizia annuale. Il motore è fissato alle pale centrifughe con tre viti torx su un supporto a tre punti che si va a fissare sul corpo metallico esterno. Noto subito una cosa... le tre viti che sorreggono il motore sono allentate, vengono via con una facilità estrema. Quasi sicuramente è questo il problema della vibrazione. I cuscinetti sono senza manutenzione (devo ancora vedere dove sono ed in che stato sono) ma probabilmente il vero problema non erano loro ma bensì la ventola libera di vibrare credo anche a causa della polvere che sbilanciava col suo peso la parte rotante. 
Per togliere la ventola occorre sollevare senza romperle le alette di chiusura e togliere un fianco. Poi occorre sfilare dal connettore i fast-on per far passare i fili. Devo ancora verificare come separare ventola e motore (la vedo molto dura) perchè ho intenzione di lavare e riportare a nuovo il metallo. Work in progress... alla prossima

P.S. Le orchidee hanno i parassiti. Ripeto: le orchidee hanno i parassiti.