domenica 2 novembre 2014

Mini sewing machine (repair in progress)

Tempo fa, in un bunker lontano lontano, unamico prese coscienza di essere vittima di un orda di avide sanguisughe sempre pronte a soddisfare bisogni inderogabili. L'abbigliamento, si sà, è un clichè ormai accettato da tutti, quasi un obbligo per chi vive nei paesi nordici dove il freddo vince qualsiasi desiderio di stare ignudi a contatto con la natura, facendo desistere anche il più intransigente degli ecologisti integralisti. Ma l'abbilgiamento si consuma, si deteriora, si disfa con l'uso nel tempo e deve essere sostituito periodicamente, per necessità e non certo per velleità modaiola.
Unamico decise quindi di acquistare una macchina da cucire per confezionarsi da sè vestiti, camicie, magliette e persino le mutande, stanco di frequentar negozi dalla dubbia onestà commerciale e deciso di dare un taglio netto allo sfruttamento di manodopera pagata poco e pure in nero, se non quando in età minore. 
Dopo l'acquisto si stoffe "pregiate" e lungo peregrinare per siti, negozi e sartine improvvisate, comprendendo anche l'analisi dell'usato, fatto un rapido calcolo con la disponibilità economica a disposizione, sempre erosa dalle sanguisughe affamate delle fatiche altrui, optò per quello che si poteva permettere... poco più di un giocattolo di plastica, preso per corrispondenza, pagato poco (ovviamente in offerta). Lo provò, il sogno della sartina svanì per passare in soffitta e nessuno seppe più nulla dello stilista deluso ma determinato a riprovarci. Passati alcuni anni, unamico ebbe la necessità di ricostruire la custodia per gli occhiali, con della pelle squoiata dalla fidata valigetta 24ore messa in un angolo dopo anni ed anni di onorato servizio.... ma questa è un altra storia.... 
Eh si, devo cucire dei lembi di pelle morbida, perchè la custodia attuale è talmente consumata che non ci si fa proprio una bella figura con dei clienti fighetti e sempre pronti a giudicare gli altri basandosi su mere apparenze. Comunque... appena provo a rimettere in sesto la macchinetta... il motorino gira a vuoto... ullallà... l'avevo usata solo una volta per costruire le custodie degli attrezzini che porto con me in bicicletta durante le escursioni estreme... 
Apro l'interno... il solito ingranaggiuo di plastica, quello montato sul perno del motorino.... crepato... maledetto. E' da sostituire e lo scatolone che contiene centinaia di motorini recuperati da stampanti, fax, scanners, fotocopiatori ecc... non mi aiuta, numero denti diverso, foro passante troppo piccolo o troppo grande, materiale inadatto, era troppo bello per crederci. Mi manca un pezzettino microscopico e dovrei buttare il giocattolino? Nonono, non mi arrendo proprio, a costo di farlo di legno. E poi...alcune migliorie no? magari un PWM per regolare la velocità.... un braccio più lungo e sagomato per l'orlo dei pantaloni... una lametta per tagliare il filo quando serve a portata di mano, dei supporti multipli per rocchetti di vario colore.... vedremo....
Il giocattolo, la mini macchina da cucire è un insieme minimale di perni ed ingranaggi. Cucitura a passo fisso, niente zig-zag, niente regolazione della velocità, niente avvolgitore per i rocchetti.... il minimo indispensabile per unire due lembi di stoffa, niente di più... come ci si aspettava. Per realizzare delle piccole custodie, delle bustine con chiusura a velcro, magari può andare più che bene, forse anche per riparare strappi o per piccoli interventi. Per confezionare vestiti nemmeno a parlarne dai. Ma un buon laboratorio deve avere anche qualcosa per cucire, tra un forno di fusione ed una smerigliatrice a nastro. L'importante è essere autosufficienti, che la catastrofe economica e sociale è ormai alle porte. Alla prossima, imbecilli.

P.S.  Camaleonte si mangia chi insetto si fa. Ripeto: Camaleonte si mangia chi insetto si fa.

domenica 26 ottobre 2014

Samsung ML1210 (autopsy)

Certe stampanti arrivano ad un tale livello di usura (o di cattivo stato dovuto ad incuria) che non vale la pena di ripararle. Porta parallela (ormai scomparsa), 600dpi, 12 ppm... nell'usato si trova di meglio. Questa, una Samsung ML1210 è ormai giunta a fine vita, così almeno ho deciso che sia, non fosse per il fatto che ho trovato lo schema elettronico e così posso recuperare i componenti per i quali non si trovano quasi mai le caratteristiche o i data sheet. Ho deciso di studiarla a fondo e, perchè no, recuperare qualcosa per il miliardo di progetti che ho in sospeso, compresi quelli futuri. 
Il problema più grave di questa stampante è il solenoide... la carta entra a pacchi, quando entra, non un foglio alla volta. 
Ad aggravare la situazione è anche un pick-up roller, davvero semi distrutto. Lucido in alcune parti ed addirittura crepato. Dal service manual, la sua vita è di 60.000 fogli, ma il foglio demo della stampante mi riporta appena poco più di 15.000 fogli stampati....qualcosa non torna, esattamente come il modello Samsung di qualche post fa... mi sto convincendo che il gommino che fa frizione e trascina dentro la carta nel percorso iniziale, prima che la carta stessa sia presa dai rulli, sia di scarsa qualità... dai, un pò di cattiveria gratuita... obsolescenza programmata... chi si sogna di portare in riparazione una stampante simile, pagata poco e usata per anni, quando non si vede l'ora, da perfetti consumisti indotti, di comprare un modello nuovo? E si che questo modello ha un costo per pagina molto contenuto ed inoltre consuma poco...40Watt in stampa ed appena 20W a riposo. Vabbè, sono stanco, oggi, di rimproverare una massa di unani spendaccioni e spreconi, solo che il pianeta non ce la fa più e su questo a volte ci vengo a vivere per brevi periodi. 
Il componente che più mi intrippa è la lampada alogena all'interno del fuser. 22 centimetri a 220 volts... come non pensare ad una lampada geek? Si ma mica una lampada normale... un modello con termistore e resistenza NTC, comandata da un microprocessore che ne regola la luminosità se si scalda troppo (misurando la temperatura ambiente) o la spegne quando supera i 150 gradi centigradi... magari da usare all'esterno per il vialetto o per gli angoli bui del giardino... 
A proposito di NTC e termostato... in foto si vede una resistenza NTC (quella rivestita con il Kapton... il nastro arancione). E' direttamente a contatto con il tubo di alluminio (in foto non c'è l'ho tolto) che riscaldandosi fonde il toner sulla carta al suo passaggio (si trova sempre nel percorso finale, verso l'uscita)...notato niente? è sporca ed incrostata... sicuramente non stava facendo egregiamente il suo lavoro. Se pertanto la carta della vostra stampante scotta troppo... c'è l'NTC da pulire....auguri. 
Il circuito che accende la lampada è già fatto, comandabile tramite un segnale on-off a 24Volts ed un diac.... si può pensare ad un PWM per regolare l'intensità luminosa... ma anche ad un riscaldatore per il percloruro ferrico (per i PCB), basta mettere la lampada sotto una piastra di alluminio ed il gioco è fatto (alle estremità la lampada ha due occhielli di fissaggio a vite... basta pensare ad un supporto ceramico, i fili sono già quelli rivestiti in tessuto... troppo facile. Andiamo avanti.
Lo schema mi permette di studiare il driver del motore passo passo (il circuito è praticamente già fatto, pronto per essere riutilizzato), compresi i due stadi di pilotaggio del solenoide e della ventolina a 24 volts (fosse stata da 12 sarebbe stato meglio)....perfetto per la stampante 3D. 
Fra le altre cose, una serie interessante di Zener, solenoidi, filtri, condensatori, ponti raddrizzatori, foto accoppiatori, condensatori per alto voltaggio, leds (una striscia di led rossi farà da stop per la bici), e poi dissipatori, switch, barriere ad infrarossi,  componenti introvabili facilmente in commercio, una miniera...
L'unico componente "misterioso" è l'LSU, la scatola nera con il motore a specchi ed il laser. Niente schema per quella (maledetti cinesi :-). Dovrò provare per tentativi, dato che ho la piedinatura dei connettori, due, uno per il laser ed uno per il motore. Con una telecamenra ho provato a vedere se si riusciva a notare il raggio laser uscire dal diodo ad infrarossi e diramarsi a cono verso la lente curva che si drova subito prima dello specchio deflettore che devia i raggi sul tamburo fotosensibile della cartuccia piena di toner... nulla, non si riesce a vedere nulla anche se le telecamere, nonostante i filtri, dovrebbero riuscire a registrare qualcosa....nulla di nulla, una dilusione diludente. Vabbè, pazienza..l'autopsia prosegue. alla prossima.

P.S. il dito è unto. Ripeto: il dito è unto. 

domenica 12 ottobre 2014

Pasta protettiva per legno

Da un pò, mi ritrovo in un periodo in cui devo distrarmi dalle preoccupazioni inutili che mi assillano. L'unico metodo efficace che conosco, contro la ciclica carenza di soldi, è quello di fare delle cose, possibilmente con le mani e possibilmente che coinvolgano la creatività, giusto per non far avvizzire il cervello ed evitare di diventare come la maggiornanza degli unani che popolano il vostro stupido pianeta. Vorrei riprendere, e lo farò, l'interesse per lo sviluppo software oltre alle attività di reverse engineering che tanto mi appassionano. Ma.... devo contemporaneamente liberare un pò di spazio per predisporre il laboratorio al fine di portare a termine alcuni progetti in sospeso. Un pò di cose alla volta e porterò a termine tutto quello che mi incuriosisce e che mi tiene la mente occupata in cose utili (tipo impara l'arte e mettila da parte). 
Mi ritrovo quindi per le mani dei fogli di cera d'api, quei fogli con le tracce esagonali che si mettono nelle arnie per favorire le api a costruire le cellette dove mettono il loro miele. Il nonno aveva un pezzo di terra enorme (beato lui) e si autoproduceva tutto quello che permetteva alla famiglia di vivere più che decorosamente (il terreno era il suo centro commerciale privato). Io, della generazione del consumismo, non ho le arnie ed avrei delle difficoltà ad "allevare" delle api praticamente in centro al paese dove abito... per cui... la cera d'api a buttarla nemmeno a parlarne. Ne farò delle candele. 
Ma una parte la riuso per produrre una crema protettiva impregnante per il legno. Nei miei lavoretti di falegnameria, un trattamento alla cera d'api è un tocco che conferisce una finitura eccellente. La cera d'api, per essere utilizzata a tale scopo, deve essere mescolata con dell'olio minerale. Non ricordo le dosi, sono andato un pò ad occhio, ma il risultato è una pasta tenera e malleabile anche quando si raffredda. Con una spugnetta, un panno o della carta la si può spalmare finemente sulle superfici in modo da otturare la naturale porosità del legno e proteggerlo dall'umidità, senza usare vernici, solventi o altri prodotti definiti "ecologici", che di ecologico non hanno nulla. L'aspetto finale, dopo che l'olio e la cera si "asciugano" (un paio di giorni) è una superficie satinata, piacevole al tatto, superba. I balsami alla cera d'api che si trovano in commercio costano un occhio della testa. Questa invece, praticamente a costo zero. Me ne sono prodotto un barattolo (a chiusura ermetica) e sicuramente lo userò in futuro evitando l'acquisto di altri prodotti, godendo come un riccio per aver contribuito al tracollo economico di quelle aziende inquinanti che si mascherano dietro l'etichetta dell'ecologia per mere ragioni di markerting...bastardi...alla prossima.

P.S. i fiori rossi sono profumati. Ripeto: i fiori rossi sono profumati.