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martedì 16 gennaio 2018

EBM Papst Industries D2E097-CB01-02 (repair in progress)

Una freddissima notte d'inverno e la ventola di circolazione dell'aria della stufa a legna inizia di sua sponte ad emettere un suono vibrante fastidiosissimo. D'inverno, la stufa a legna è indispensabile per far fronte ad un inefficiente impianto di riscaldamento a gas che il padrone di casa, avaro e bastardo, si ostina a non mettere a norma e nemmeno a renderlo più efficiente. Così tocca all'inquilino pagare un salatissimo affitto e nel contempo trovare una soluzione al progressivo e periodico rincaro della bolletta... oltre a sorbirsi le solite bufale commerciali che il gas conviene, è pulito, fa bene alla salute ed è pure senza glutine (apperò). 
La stufa in questione è un super efficiente modello di una ditta tedesca, che quelli saranno pure crucchi ma con la qualità ci vanno a nozze. Per ovviare al problema "la qualità si paga" e "conto perennemente in rosso", l'attuale proprietario decise all'epoca di acquistare un modello utilizzato per le fiere ed esposizioni, dopo essersi ovviamente assicurato che non presentasse ammaccature, rigature, crepe o altri difetti occulti...era perfetto...un vero affarone. 
Oggi, dopo tre anni di onorato servizio, l'unico problema sono le vibrazioni della ventola, che si presentano casualmente ad intermittenza, a freddo od a caldo, e che quando cominciano si deve staccare la spina e sperare che alla ripartenza non vibri più (a volte, non sempre). La ventola parte in base alla temperatura rilevata da una sonda "K" e si spegne quando la stufa è tiepida (giusto per recuperare anche l'ultimo grado di differenza). Certo è che cercare di dormire la notte o più semplicemente soggiornare in casa con un fastidiosissimo e forte ronzio, non giova certo ai nervi, già a fior di pelle nel dover sopportare gli unani con i quali volenti o nolenti si è costretti ad interagire. 
Ecco che allora occorre chiamare "il tennico" il quale, dopo una serie di rinvii e scuse più assurde (occupato altrove, malato, in ferie, furgone dal meccanico, le cavalletteeee....), decide di intervenire e sentenziare..."CUSCINETTI!!". Aveva già deciso di sostituire il pezzo alla chiamata ed i ritardi sono dovuti più alla difficoltà di ordinare il ricambio nel periodo delle festività natalizie. Il pezzo è ancora in commercio ed è venduto ad una cifra che oscilla (ad oggi) tra i 135,15€ ed i 200,54€ (da voi in itaglia il prezzo più caro ovviamente, tiè). Dopo aver smontato e rimontato arriva il conto... 315 euro!!! per un oretta di lavoro comprensive di chiacchiere social. Per una cifra del genere decido di tenermi il pezzo "guasto" e vedere se è possibile sostituire il cuscinetto, no, solo per tentare di rigenerare, rivendere come "refurbished" e recuperare parte della spesa galattica.  
Porto in laboratorio il pezzo ed inizio a ragionarci. La ventola è a centrifuga (non come credevo tangenziale) airflow 106 CFM 42 watt AC 230Volts, chiusa in un contenitore di acciaio (anche la ventola), ideale per utilizzi ove la plastica o l'alluminio soffrirebbero per le temperature elevate. 
Come primo problema trovo le palette rotanti completamente otturate da uno strato di lana, pelucchi, polvere, acari, peli di cane e gatto che otturava quasi completamente il flusso d'aria... sarà un rilievo da fare a chi si occupa della manutenzione e pulizia annuale. Il motore è fissato alle pale centrifughe con tre viti torx su un supporto a tre punti che si va a fissare sul corpo metallico esterno. Noto subito una cosa... le tre viti che sorreggono il motore sono allentate, vengono via con una facilità estrema. Quasi sicuramente è questo il problema della vibrazione. I cuscinetti sono senza manutenzione (devo ancora vedere dove sono ed in che stato sono) ma probabilmente il vero problema non erano loro ma bensì la ventola libera di vibrare credo anche a causa della polvere che sbilanciava col suo peso la parte rotante. 
Per togliere la ventola occorre sollevare senza romperle le alette di chiusura e togliere un fianco. Poi occorre sfilare dal connettore i fast-on per far passare i fili. Devo ancora verificare come separare ventola e motore (la vedo molto dura) perchè ho intenzione di lavare e riportare a nuovo il metallo. Work in progress... alla prossima

P.S. Le orchidee hanno i parassiti. Ripeto: le orchidee hanno i parassiti.

mercoledì 27 dicembre 2017

Lavorazione a sbalzo dei metalli

Sono convinto che nella vita è necessario saper fare di tutto, nei limiti delle proprie abilità (che vanno coltivate ed allenate) ed in funzione degli attrezzi che abbiamo o che ci sappiamo costruire. Nel riordinare dei vani dimenticati da anni, mi salta per le mani un kit per la lavorazione a sbalzo dei metalli (materiali per il lavoro manuale della scuola e per gli svaghi dell'operosità ingegnosa). Avrà almeno 50 anni ma gli attrezzi non hanno scadenza e non vanno a male come il cibo, per cui... quale migliore occasione per provare una cosa nuova e creare un regalo di natale unico, fatto a mano e "soddisfazionogeno"??
Il kit comprende degli attrezzini con delle punte di varie forma: a spatola curva, a sfera, a punta. Prima d'ora non mi ero mai cimentato in un impresa simile. A scuola era un arte che nessuno mi ha insegnato ma oggi c'è internet e di istruzioni... qualcosa si trova, almeno per imparare se c'è qualche trucco del mestiere (impara l'arte e metti da parte...si sa mai). 
Come prima idea devo realizzare un lamierino sottile e leggero da mettere sotto i campanelli a vento, quelli con i tubicini a cerchio ed il batacchio centrale. Tempo fa ne avevo realizzato uno ma con un peso troppo pesante, per cui per suonare era necessaria la bora di trieste. Allora prendo un lamierino di ottone messo da parte anni fa ed inizio ad impratichirmi per verificare come si comporta e come si deforma a seconda dell'uso di punte diverse a diverse angolazioni e diverse pressioni. Un lamierino un pò troppo robusto ma pian piano, molta pazienza, qualcosa salta fuori, realizzato senza un disegno preciso ma sbalzato un pò a casaccio, senza troppe pretese. 
Ci prendo gusto e decido di passare ad un foglio di rame più sottile, messo da parte non ricordo nè quando nè perchè, per  realizzare una madonnina (conosco una che le colleziona e ne ha una parete piena). 
Il risultato non sarà quello del miglior artigiano ma ci può stare dai. Per conferire un tocco di antico procedo col cuocere il rame ed ossidarlo un pò...invecchiato come me. Ora mi manca una cornice tonda... non ne ho mai realizzato di tonde...dovrò inventarmi qualcosa e soprattutto intrufolarmi in qualche cantiere per recuperare dei pezzi di legno vecchi, sperando di non beccarmi vent'anni per furto. Dai, sono tutto sommato contento. Non sapevo come fare per i regali di natale ed ora in parte ho risolto ed almeno posso ricambiare l'ospitalità ed il cibo che non potrei permettermi. Del resto "l'operosità ingegnosa" serve proprio a questo. alla prossima.

P.S. Il gatto ha fame. Ripeto: il gatto ha fame.

giovedì 14 dicembre 2017

Natale alternativo


Sono povero da far schifo ma non mi vergogno, anzi, per certi aspetti la cosa mi sta anche bene... non mi preoccupo di finire i soldi e non smetto di dare e fare quello che posso. Dato che i soldi fanno soldi ed i pidocchi fanno pidocchi, sto con una compagna povera pure lei, ma non mi spiego ancora come mai le donne ricchissime non mi considerano nemmeno di striscio :-) 
Vabbè. Come ogni anno devo rispettare, seppur agnostico fino all'osso, il clima natalizio. Non certo quello religioso o peggio quello solo consumistico della moltitudine, fatto di ubriaconi vestiti di rosso che adescano i bambini, di panettoni industriali prodotti da operai stagionali sfruttati come bestie, di improbabili vini spumanti fatti con acqua, coloranti e polverine varie, di regali riciclati, di sbaciucchiamenti infetti portatori di terribili virus ed ipocrti oltre che odiatissimi... aaauuuguuuuuuuriiiii. 
Preferisco il clima natalizio del nord europa, molto a nord. Quel natale che sa di pan di zenzero, renne ed elfi, di bollito col rafano e vin brulè con cannella, mele e chiodi di garofano. 
Ed ogni anno mi rattrista sempre un pò vedere la sfida degli alberi di natale. Piante tagliate dal loro ambiente naturale e poste nei luoghi più improbabili e meno adatti alla vita. Organismi viventi destinati a morire, sempre dopo il dichiarato intento di metterli in giardino o piantarli dove non c'è posto, giusto per lavarsi un pò la coscienza quando si fa notare l'ecocidio annuale in nome di uno stupido compleanno di un bambino arabo nato in una stalla come un immigrato profugo clandestino e pure ricercato.
A questo si aggiunge il ricorso ormai senza freni ai LED colorati, con buona fortuna ai cinesi che stanno accumulando delle piccole fortune nel rendersi complici delle sfide tra vicini facenti a gara a chi ha la striscia più lunga... cavernicoli. 
Per non ripiegare sul solito albero di plastica, che comunque fa tristezza, fa schifo e costa pure un occhio oltre che ad essere difficilmente riciclabile (chiedete in discarica se va nel secco non riciclabile, nell'ingombrante civile o nel vascone della plastica) decido per una soluzione alternativa, a costo (quasi) zero, unica e riutilizzabile. Prendo dei rami di nocciolo che hanno il vantaggio di essere dritti e flessibili. Come base riutilizzo il tavolino del camper. Un pò di termocolla, una forstner per incavare l'alloggiamento dei rami, in pò di fil di ferro sottile (quello verde per il giardino), della neve spray... si dispongono i rami a cono e li si fissa come meglio si può. Con alcuni avanzi si creano dei rametti sporgenti (per eventualmente attaccarci le palle, per chi ce le ha). Per riempire l'interno si possono mettere dei rametti avanzati.
Prima di addobbare si procede con della neve spray, poi un paio di giri con dei led bianchi al centro e colorati all'esterno ed è finito...bellissimo, alternativo, ecologico, oltre alla soddisfazione di farlo assieme alla donna che ami e che partecipa contenta come una bimba. E' il nostro albero e guai a chi oserà criticarlo. Sarà il solito natale di merda per gli unani ma per me, quest'anno....no, sarà egoisticamente il nostro natale alternativo. 
Alla prossima. 

P.S. Non cogliere le margherite dal giardino sud. Ripeto: Non cogliere le margherite dal giardino sud.

giovedì 10 novembre 2016

Cable organizer (unidea)

Da anni ho adottato la soluzione del rotolo della carta igienica per meglio organizzare i cavi di alimentazione 230V che girano per casa. Qui non si butta nulla. C'è però un doppio problema. Se dobbiamo riporre una prolunga, il tubo della carta igienica è troppo piccolo. Se invece parliamo dei cavetti urb, il tubo della carta igienica è troppo grande. Per le prolunghe si possono usare tubi di cartone dei rotoloni o altri tubi sempre di cartone un pò più grandi. Ma...per i cavetti USB? i tubicini dei rotoli per la carta delle calcolatrici sono troppo piccoli e non si riesce a trovare una misura intermedia. Occorre ripiegare verso altre soluzioni. 
In commercio esistono delle striscioline di velcro da fissare al cavetto.... ma di acquistare nemmeno l'idea, mi spiace ma non ho mai interrotto lo sciopero della spesa proclamato molti anni fa. Esistono delle soluzioni più economiche. 
Si prendono delle striscioline di velcro recuperate da qualche chiusura di qualche cosa che sta per essere dismesso. Una delle due parti è composta da tanti piccoli uncinetti, mentre l'altra è una specie di selva di filetti sintetici che con la pressione si agganciano in modo non permanente agli uncinetti. Al limite, ma proprio al limite, si va in merceria e si acquista una fettuccia della lunghezza e larghezza desiderata (io no, resisto). 
Si prendono i due pezzettini della lunghezza desiderata e li si incolla (in modo che uncinetti e filetti restino esposti) con del collante per tessuti (basta che il collante resti flessibile dopo l'asciugatura). Per i più virtuosi fortunati possessori di una macchina da cucire...
Ecco, delle chiusure su misura facilissime da realizzare, economiche, pratiche ed anche i cavetti più sottili e corti possono trovare il loro ordine senza attorcigliarsi o annodarsi ovunque. Prima di buttare, recuperare e mettere da parte anche i componenti apparentemente più insignificanti. Alla prossima. 

P.S. il ragno rosso è nel buco grande. Ripeto: il ragno rosso è nel buco grande.

lunedì 13 giugno 2016

Avvitatore Black&Decker (autopsy)

Succede spesso che quando ti serve qualcosa, c'è sempre in agguato un altro qualcosa che tende ad impedirti di fare il primo qualcosa. Stamane, in una pausa di "lavoro", decido di sistemare un paio di gruppi di continuità. Il primo tutto ok, funziona. Il secondo no. Ne ho già parlato in un altro post ma francamente non avevo voglia di ripararlo... per sostituire la batteria (che in realtà poi scopro essere funzionante ed efficente), occorre smontarlo ai minimi termini, un lavoraccio ed una perdita di tempo inaccettabile. Le viti che lo tengono assieme, dopo un paio di volte che le si svita ed avvita, perdono il filetto e toglierle diventa quasi impossibile. Per questo motivo mi serviva un avvitatore.... ne ho tre. Il primo della Valex, un ciòttolino di plastica, ha la batteria morta ed è solo la pigrizia che fa da deterrente per la sostituzione. Il secondo, un Bosh, non funziona più. Ho speso più di trenta euro abbondanti per la batteria che, usata pochissimo, non tiene la carica. Di ri-sostituirla nemmeno per sogno, costa troppo. Il terzo è un Black&Decker, con le batterie AA, perso per 9.99 in non ricordo quale brico. Devo dire che è un ciottolino di emergenza, ma il fatto che abbia le batterie AA mi intrippa non poco. Provo ad accenderlo e.... morto pure lui! non ci posso credere. Risolvo con l'avvitatore a trapano, preso al lidl con venti euro e proseguo con il disassemblaggio del gruppo, deciso a terminarlo per sempre. Sei morto, non mi sei mai piaciuto. 
Alla fine mi resta il problema avvitatore di emergenza. Decido di aprire il B&D e capire cosa ci potrebbe mai essere che non va. 
Lo smontaggio è uno dei più banali che ci si possa aspettare. Si toglie una molletta metallica ad U posta in prossimità della testa nera. Attenzione che tutto l'attrezzo non ha nulla di fissato, è composto da parti che se non si sta attenti possono uscire fuori improvvisamente. Sotto alla testa, gli ingranaggi planetari (occhio anche a questi) che scorrono su una rondella ingrassata ed il pignone del motorino semplicemente infilato nel perno. 
Dalla parte del foro lasciato dal porta batteria si pratica un leggero sforzo per separare le due valve del guscio, tenute da due perni in acciaio affocati nella plastica (niente colla o termo saldature per fortuna). 
Il motorino è fissato nel gruppo dei pulsanti avanti/indietro (o avvita/svita se si preferisce) semplicemente dalle linguette dei suoi contatti ripiegate sulla plastica. Dentro, due lamine incastrate e piegate in modo da assicurare il contatto da un lato e l'altro e che porta corrente dalle batterie. Niente di complicato, niente elettronica, regolatori di velocità, led indicatori di carica.... Allora? cos'ha? Il motorino è a posto, basta provarlo con l'alimentatore. Il pacco batterie dà tensione ai suoi capi, i contatti sembrano funzionare (sono pulitissimi)... rimonto provvisoriamente mezzo guscio e tutto riprende a funzionare come prima... un falso contatto credo. Meglio così. 
Pregi e difetti: il pregio maggiore è la semplicità (ed economicità) oltre alla possibilità di inserire le batterie AA (che per casa ce ne sono sempre un pò di mezze scariche da riutilizzare), così si risparmia un pò, magari usando quelle ricaricabili visto che raccomandano di non farlo (disobbedire, sempre!). Il difetto... per ora nessuno a parte il contatto misterioso che va e viene e non si riesce a capire dove sia. Comunque... procedo con terminare la mia arma segreta per sterminare silenziosamente gli unani. Alla prossima.

P.S. la Mela gialla è bacata. Ripeto: la Mela gialla è bacata.

giovedì 31 marzo 2016

Riparare, non buttare!

E' dall'apertura di questo diario che sostengo caparbiamente la politica del fai da te, della riparazione spinta, del retrofit, del ri-uso e nei casi peggiori della ricostruzione di parti rotte. Le motivazioni sono facilmente comprensibili anche ai più resistenti. 
Parto da questo articolo http://www.repubblica.it/ambiente/2016/03/29/news/riciclo_lobby_riparatori-136500057/#gallery-slider=136502080 per alcuni ragionamenti. 

Se sostenere il diritto di disporre di oggetti regolarmente acquistati è scarosanto, lo è altrettanto opporsi a qualsiasi legislazione, impedimento o politica che vorrebbe impedircelo. 

Per queste motivazioni, negli stati uniti, è nata la Repair Association https://repair.org/ alla quale si può aderire a partire da 50 dollari. E' in realtà una associazione nata dal sito https://www.ifixit.com/ comunità di riparazione on-line che però vende anche attrezzature e strumenti pubblicizzati all'interno dei tutorial liberamente accessibili (nulla con non si possa fare anche senza).
Ma nel vostro paese... c'è qualcosa di simile? No. La situazione è ben diversa. Da voi è ancora molto forte il suggerimento "conviene buttare e comprare nuovo". Ho sempre rifiutato un suggerimento simile (anche qui dove vivo), dimostrandone la falsità e soprattutto chi sia in realtà il fruitore della "convenienza" suggerita. 

C'è da dire che, complice l'ignoranza diffusa, la superficialità indotta, il bisogno percepito, l'acquiescenza di consumatori proni alle frottole e l'avidità di certi commercianti illuminati dal profitto spinto, il tutto condito da subdole politiche che tendono a metterci l'uno contro l'altro (riuscendoci benissimo), l'ostacolo maggiore che impedisce una solida costruzione di una rete di persone consapevoli, disposte a difendere apertamente un diritto indiscutibile e non mediabile, è rappresentato dall'ignoranza, dalla pigrizia, dall'invidia, comunque da tutta una serie di elementi che non possono essere certo annoverati fra le virtù. 

In un paese popolato in maggioranza da unani schifosi, per dimostrare quello che sostengo, coloro i quali decidono di riparare sono additati ed etichettati come hacker (per alcuni un indice di criminalità), pirati, smanettoni, cantinari, gente pericolosa che è contro il "progresso" (di cosa?), elementi pericolosi per l'economia (di chi?). 

E' facile intuire chi sia il responsabile di diffondere tali epiteti... chi ha interesse a sostenere il consumo spinto, dai produttori ai commercianti sino alla fine del ciclo dove troviamo solo discariche ed inceneritori, per non parlare di quelli che trattano le materie prime. 

Il processo di acquisto, uso e fine vita del prodotto è solo una piccola parte del ciclo di vita di un oggetto. Prima e dopo ci sono una serie di processi che a ben vedere sono dannosissimi per tutti noi ma di cui si parla poco e che solitamente vengono ignorati dai più. 

Diversamente, se si affronta l'argomento, la macchina del fango riparte e si viene etichettati come sognatori, utopisti, ecologisti, attivisti, antagonisti (anche a queste parole si tende a dare una connotazione negativa) o peggio terroristi o ecoterroristi. Sembra che avere idee diverse dalla massa provochi delle reazioni incontrollate da parte di chi non si sa di preciso, ma che riesce sempre a far sentire la sua voce sopra tutte le altre, inducendo timori e paure irrazionali... ma efficaci. 

Ed ecco che allora ci viene in mente una domanda... riuscirete mai nel vostro paese a creare un associazione di riparatori?, una lobby pulita (si lo so, è un ossimoro) che abbia l'obiettivo di poter esercitare un diritto? non credo, a meno che sottostante ad essa non ci sia l'interesse politco ed economico degli stessi che spingono i consumi inconsapevoli. Secondo me non avete scampo. 

Ma una soluzione c'è?? Forse si. Smettiamola di ragionare in termini numerici, di associazioni, di gruppi sui social, di raccolte firme o di soldi (oops... crowdfunding fa più figo), di partiti, di qualsiasi cosa che puzza tanto da gruppo di pecore che si sentono sole ed isolate alla ricerca di un leader o di un guru a cui votarsi come guida spirituale. 

Iniziamo a rimboccarci le maniche ed inziamo a FARE! senza nessuno che comandi, diriga, coordini. Ognuno di noi è un essere pensante (lo so non è proprio vero). Il resto viene da sè e lo dimostrano recenti studi (senza fonte, andarevela a cercare) che sostengono come l'evoluzione è frutto della cooperazione e non della competizione. E non è necessario saper navigare nella darknet per trovare le istruzioni, gli schemi, i tutorial (ovvero la pappa pronta per i pigri), bastano un pò di volontà, conoscenze, senso pratico, intelligenza... non è una cosa da tutti ma la selezione naturale farà il resto, ne resteranno soltanto pochi. Ciao imbecilli. 

P.s. le orecchie, gli occhi e le mani sono il doppio delle bocche. Ripeto: le orecchie, gli occhi e le mani sono il doppio delle bocche.

sabato 2 gennaio 2016

Datemi un watt in più

Non so perchè ma sto pensando ad una vera svolta nella mia vita (e so esattamente come, quando e cosa fare). In realtà so benissimo perchè ci sto pensando, ma mi piace tenere un profilo basso, che di fanfaroni coglioni è pieno il pianeta e non voglio inflazionare il fenomeno. Ho millemila progetti in sospeso, da realizzare da zero, altri da portare a termine e non mancherò di documentare successi e fallimenti, in pieno spirito di condivisione (si sa mai a qualcuno verrà in mente di suggerirmi come migliroare le mie puttanate). Di una cosa sono certo. Realizzo quel che posso compatibilmente con quello che mi capita per le mani. Sono perfettamente conscio che potrei farlo meglio, ma ciò che serve per farlo proprio non ce l'ho. Mi sto riferendo ovviamente ai materiali che uso (rigorosamente di recupero), ai macchinari, alla mia manualità, alla mia fantasia ed inventiva mai impaurita dalle difficoltà che si incontrano per strada ma limitata dalle scarse conoscenze tecnico accademiche che ho. Mi piace pensare che chi ha studiato riesce a fare mille volte meglio di me ciò che faccio... anche se, da quel che vedo, da quel che trovo in rete... di persone che traducono le proprie conoscenze accademiche in qualcosa di utile ne vedo davvero poche, a meno di non farle in cambio di lauti compensi. Servono (a me e più in generale a tutti), falegnami, fabbri, muratori, idraulici, elettricisti, ingegneri, geometri, architetti, informatici come mai prima, ma di innovazione in questi settori davvero poco o niente. Faccio un esempio. Vorrei progettare un unità abitativa realizzata con dei container. Sto pensando alle fondamenta, a come e dove disporli, a come unirli, a come realizzare gli interni, a come realizzare l'impianto elettrico, il riscaldamento... tutto in ottica "green" ad impatto meno di zero, utilizzando quello che si riesce a recuperare in discarica o da qualche anima pia intercettata prima che compia l'insano viaggio verso l'ecocentro. L'unità deve essere anche in grado di produrre più energia di quella consumata. Penso al recupero del calore dal riscaldamento a biogas (o singas) autoprodotto dagli scarti, penso a come sfruttare l'effetto serra in un territorio montano, a come riscaldare a pavimento com materiali recuperati (dei vecchi termosifoni affogati nel pavimento o su tutte le pareti...), all'illuminazione a led tutta a 12 volts (o meno), a delle turbine eoliche ed idroeletteriche disposte quest'ultime anche nelle grondaie, a delle serpentine di rame anche nello scarico delle acque grigie (con scambiatori di calore...l'acqua della pasta è calda...la buttiamo?), ai dissipatori di rame o alluminio, ventilati, sulle canne fumarie, ad un sistema domotico in grado di governare ed automatizzare tutti i parametri ambientali, compreso lo scambio ventilato bidirezionale di aria calda, ad una serra per l'autoproduzione di cibo, al recupero del calore, alla produzione di calore e carburante dagli scarti alimentari o del verde... recupero al 100% senza davvero trascurare nulla, anzi, esagerando davvero (chi non osa...). Armonizzare il tutto non sembra facile e le competenze necessarie per farlo risiedono in una moltitudine di specializzazioni (che ho solo in modo superficiale). Recuperare anche un solo grado, ma agratis, è per me un successo enorme. Recuperare anche poche decine di watt è un successo enorme che può essere riutilizzato. 1000 soluzioni che recuperano un watt fanno 1 kilowatt e recuperarli recuperando e riutilizzando materiali è l'obiettivo (per caricare uno smartphone ne bastano meno di due di watt). So che esistono già "soluzioni" già pronte ma, non piacendo la pappa pronta, ritengo che siano inefficienti, poco studiate, realizzate solo  per il dio profitto e sull'onda della moda del momento, troppo costose... preferisco il fai da me collaborativo. Ci sono infatti, purtroppo, un sacco di cose che non so. Quanta energia serve e qual'è la differenza in termini di tempo fra scaldare l'acqua a 40 gradi partendo da 10 o da 15 o da 20?? non lo so calcolare a priori ma per far andare una lavatrice autocostruita utilizzando solo l'energia fotovoltaica, magari accumulata, fa un enorme differenza, non so quanto ma la differenza penso sia enorme. Ecco che anche un watt diventa prezioso. In ottica informatica, anche un watt in più, recuperato da qualche parte si può tradurre in bit e qualche bit in più non guasta se sono bit utili. 
Ecco allora che cercherò pian piano di pubblicare quanti più dettagli potrò, nella speranza che arrivi qualche suggerimento, qualche dritta praticabile, anche questa ben dettagliata. Astenersi criticoni o perditempo. Alla prossima. 

P.S. Giovanna butta la pasta. Ripeto: Giovanna butta la pasta.

venerdì 13 novembre 2015

Peperoncino fatto in casa

Peperoncino calabrese
Ad aprile di quest'anno, dal mio vivaista di fiducia, ho acquistato per pochi euro una piantina, mezza morta, di peperoncino calabrese. Mi aveva intenerito il suo aspetto gracile e malaticcio e, complice lo sconto, l'ho presa per accoglierla nel mio giardino, dove, per tutta quest'estate sino al mese di ottobre, l'ho innaffiata regolarmente lasciandola in pieno sole. 
Da dei bellissimi fiorellini viola sono spuntati dei minuscoli peperoncini, prima verdi, poi marron scuro/viola ed alla fine rossi come il fuoco. Da un arbustello gracile alla fine è venuto su un cespuglio rigoglioso ed imponente, tanto da richiedere un rinvaso. 
Raccolti i peperoncini, occorre seccarli all'aria (per conservarli per tutto l'inverno) ed alla fine sono pronti per dare alle pietanze preferite quel tocco di piccante che, dicono, fa bene anche alla digestione (a me piace da morire metterli nelle zuppe di cereali o farro...impazzisco per le zuppe, specie per quelle che sa fare la mia adorata dea/compagna). 
Per il contenitore... mi serviva un barattolino trasparente, piccolo e carino da vedere in cucina. Penso un pò e mi viene in mente il contenitore della noce moscata (non ricordo la marca ma la noce moscata nel purè di patate è la morte sua). Tolto, non senza difficoltà, il tappo di plastica e l'etichetta, rimane un contenitore cilindrico, di vetro (sembra che a certi produttori non piaccia il ri-uso dei loro contenitori, per cui usano colla bastarda e plastica maledetta).
Per chiudere il vetro? Basta prendere un tappo di sughero, usato nelle bottiglie di prosecco o di vino spumante. Con una lametta si taglia la parte superiore e rimane un tappo a forma conica, della dimensione giusta per richiudere il tutto. Una fettuccina di decorazione ed il contenitore è pronto per una nuova vita. A me piace da impazzire e penso che lo regalerò a chi lo saprà apprezzare ed a chi, come me, tende a non intasare le discariche di cose utili (su cui le multiutility fanno profitti da sogno). Da un vasetto insignificante si può ricavare qualcosa di carino e nello stesso tempo utile (ed a costo quasi zero). Alla prossima stupidaggine. 

P.S. rosso di sera. Ripeto: rosso di sera. 

venerdì 4 settembre 2015

DIY Breadbox

Da quando alla compagna ho "regalato" una macchinetta per fare il pane (futura recensione credo) è stato un esplodere di pagnotte buonissime e particolari, come se piovesse. Ma dove mettere delle pagnotte enormi? all'aria? no. A fettte? no. Dentro quelle orribili scatolette che vendono? no. Ecco che da tempo per fermare le continue frecciatine, richieste, insistenze, petulanze, rilievi, battute ecc.ecc... mi decido di intervenire, anche per evitare l'acquisto di un cesto che a meno di 40 euro non si trova nulla (e francamente sono bruttini). Serve qualcosa che protegga dall'aria e dalla luce, che il pane fatto in casa, se si usano le farine ed i lieviti giusti (ma questo è un segreto), dura una settimana (ed è ancora fragrante). 
Allora, pannelli di multistrato (costano relativamente poco e pannelli di recupero al momento non ne ho oltre ad essere difficili da trovare)... troppo facile inchiodarli, banalissimo unirli con la colla... l'oggetto deve anche arredare, deve stare in una cucina frequentatissima e non deve essere brutto. Quindi? incastri a coda di rondine, fatti a manina, senza utilizzare frese, CNC, sagome... alla vecchia maniera insomma. Sega, scalpello, un attrezzino per segnare il legno realizzato con il perno del carrello di una stampante a getto... il risultato non è malaccio per essere la prima volta, serve solo pazienza e molto tempo, quel tempo che in nome di una fretta ingiustificata non sappiamo più impiegare bene. Fondo e coperchio vanno incastrati realizzando una scanalatura sul bordo (aumenta la superfice  di incollaggio) Si chiude il tutto e poi con la sega circolare si taglia il coperchio (così è perfettamente a misura). Due cerniere in ottone avvitate (previa realizzazione dell'intaglio per la loro "scomparsa" e si pensa alle maniglie. 
Maniglie... troppo banale comperare quelle già pronte. Serve qualcosa di unico, mai visto, del resto che senso ha copiare? Allora mi viene un idea. Delle maniglie di corda (canapa grezza) conferiscono l'aspetto desiderato. Per fissarle? Pensa e ripensa, non volendo infilarle dentro un foro e fare all'interno un banalissimo nodo (che dato il diametro sarebbe stato enorme) opto per l'utilizzo di alcuni giunti a "T" di rame da idraulica. Ci infilo il pezzo di corda e termino le sue estremità con dei cappucci terminali, sempre utilizzati per gli impianti idraulici, diametro 14mm. Un pò di colla epossidica bicomponente ed è fatta. 
Per fissare e  fermare le "T" alla cassa...foro, intagli radiali e ribattitura a martello che il rame è abbastanza tenero... da lì non si muoveranno più. 
Per conferire un aspetto vissuto, usato, "antico", vintage (anche se il tempo farà il resto).... trattamento all'aceto bianco con paglietta di acciaio (vedi post precedente)... poi due mani di impregnante all'acqua e passaggio con carta vetrata fina (per ottenere una specie di effetto decapato), inisistendo su alcuni punti per dare un aspetto "consumato" alla cassa. Toccherà alla compagna pensare al rivestimento interno in stoffa...
Il risultato in foto è decisamente inferiore a quello dal vivo... un vero capolavoro (IMHO), grezzo al punto giusto (non deve sembrare un oggetto industriale fatto in serie), un pezzo unico... sono più che soddisfattisimo. Purtroppo ho promesso di regalarlo, per cui me ne dovrò privare ma, che diamine, posso sempre farne un altro. Alla prossima. 

P.S. le foglie sono ancora verdi. Ripeto: le foglie sono ancora verdi. 

lunedì 2 marzo 2015

De Longhi Espresso ECO310.V (riparazione)

vedi aggiornamento 2018 con maggiori dettagli e consigli
vedi come decalcificare ecologicamente ed efficacemente
 
Il solito "ospite" a cui si deve offrire il caffè espresso e la macchinetta inizia a spandere acqua a fontanella, dall'interno. Perde acqua non dalla guarnizione sottocoppa ma da dentro... oi oi... son dolori. Non si tratta di un banale "guasto" da usura della guarnizione sottocoppa che sigilla l'erogatore, spero solo si sia sfilato qualche tubicino. Urge riparazione immediata, senza caffè espresso in casa...giammai! il caffè è un diritto fondamentale dell'uomo e guai a toccarlo!
La macchinetta viene immediatamente portata in laboratorio e si parte con la riparazione fai da te (e fanchiulo ai riparatori professionisti da 60 euro solo per diritto di ispezione).
Vediamo l'hardware:
De Longhi Macchina da caffè espresso Cat. MN Type ECO310.V (non molto documentata in rete). Di un manuale tecnico nemmeno l'ombra, che spieghi come aprire ed ispezionare l'interno, niente part list con codici originali da ordinare. Occorre ingegnarsi e provare, sperando di non rompere nulla. Allora, si inizia con le viti a vista. L'obiettivo è estrarre tutta la meccanica interna, anche per fare in modo che sia agevolmente possibile un lavaggio a fondo delle parti in plastica, che inevitabilmente si incrostano con la polvere del caffè (a casa mia le cialde sono vietate per legge! uno spreco inaccettabile e rifiuti in più da smaltire... not eco friendly).
Somtaggio
  • Svitare le 4 viti con testa a croce in prossimità dell'alloggiamento del cavo 230V nella parte inferiore. 
  • Svitare le 4 viti di sicurezza incassate, sempre nella parte inferiore, con testa T20 Torx (serve la punta T20 forata al centro)
  • Togliere la vite con rondella che tiene fissati i due tubi di plastica trasparente ove si incastra il serbatoio dell'acqua
  • Togliere la manopola del vapore (cappuccino) ad incastro (no brugole o viti di fissaggio, è solo incastrata a pressione)
  • Togliere le due vitine nella parte posteriore in prossimità del coperchio "cromato" porta tazze.
  • Togliere 2 viti con testa a croce nella parte posteriore in prossimità dell'alloggiamento del serbatoio dell'acqua. 
  • Togliere 5 viti nella parte inferiore del lato che alloggia l'erogatore. Occorre un cacciavite con taglio a croce ed il manico corto. Se si usano le punte ad innesto occorre trovare un porta inserti che entri nei fori che incassano le viti (vedi soluzione). 

A questo punto si riesce ad aprire il tutto ed ispezionare l'interno. Mancano ancora pochi passaggi per estrarre il corpo caldaia con tutto l'impianto di fili e tubicini. Appena aperta, il problema è immediatamente evidente. La valvola antigoccia della pompa di mandata si è rotta (il pezzo a destra dovrebbe andare avvitato nel rimanente pezzo in alto a sinistra). Incollare? no, meglio sostituire. Maledetta plastichetta. Ti vendono la macchinetta decantando la qualità della caldaia, ma si dimenticano di dire che alcune parti sono di plastica, guarda caso proprio le valvole che sono soggette a pressione e vibrazioni inevitabili, nonostante i gommini antivibrazione che tengono la pompa "sospesa" e libera di oscillare. Un pezzettino da 5 euro e la macchina che attualmente è venduta a più di 120 euro... si ferma, inutilizzabile.  Fortuna vuole che il ricambio è reperibile in rete, sia su ebai che nei negozi di ricambi, dai 5 ai 7 euro circa. Qualche click, 10 euro per corriere e contrassegno (carta di credito scarica...sic.) ed aspettiamo.
Nell'attesa, per estrarre tutto l'interno e permettere il lavaggio a fondo delle parti in plastica, occorre togliere le due viti con testa a croce che tengono ferma la pulsantiera e le viti che tengono in sede la base metallica su cui è fissata caldaia e pompa dell'acqua. Una volta tolte le ultime viti, l'interno si sfila dalla parte superiore (volendo, si possono togliere i fast-on del cavo di alimentazione per agevolare l'estrazione). 
La valvola della pompa è avvitata. Si toglie un tubicino e si ruota (attenti alle guarnizioni in gomma ed a quelle metalliche). I tubicini di plastica sono innestati a pressione o tramite una clip metallica da stringere delicatamente con una pinzetta e sfilare delicatamente. Viti, clips, guarnizioni... sono saggiamente da mettere dentro dei contenitori per non perderli. Per evitare di dimenticare l'ordine delle viti tolte e da ri-assemblare al termine della sostituzione, è consigliabile fare delle foto (l'attesa del ricambio di qualche giorno e l'età... ci si dimentica qualche particolare). Livello di difficoltà? Easy.  
Ok. 16 euro di spesa(1)....non è poco se si considera la spedizione ed il pagamento in contrassegno. Magari si poteva risparmiare qualcosa. Se teniamo conto del lavoro, del tavolo da laboratorio che resta ingombro, una mezz'ora per smontare e rimontare.... chiedere 30 euro è troppo? No, pare un prezzo onesto a cui aggiungere, iva, tasse, balzelli vari che vanno al socio occulto avido e spendaccione. Ciao.

P.S. Alì Babà è senza i 40 ladroni. Ripeto: Alì Babà è senza i 40 ladroni.
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(1) in realtà avrei speso 15,89 ma il corriere, presi i 16 euro gira i tacchi e se ne va senza dire nulla. Mi aspettavo un tentativo di erogare il resto al quale avrei risposto "tenga pure" ovviamente. No. Così non va, fosse anche un centesimo... ma sono i miei, me li sudo con il lavoro e devo essere solo io a deciderne la destinazione e nessun'altro....next time...my turn.