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domenica 20 settembre 2009

DIY dinamo - materiali statore (parte 1)


Come promesso, un lavoretto con il trapano a colonna ed anche il motore di trascinamento del floppy da 5" 1/4 è messo a nudo. Si possono vedere 8 avvolgimenti in filo smaltato verde disposti a corona. Fanno parte dello statore del motorino su cui gira un magnete fatto a disco (piatto) e progettato in modo da presentare i poli nord sud alternativamente. La disposizione degli avvolgimenti non ci fa venire in mente nulla?? Una bellissima dinamo auto costruita con magneti al neodimio (od un micro eolico). Dato che non credo si possa spremere molta corrente, (osservando la sezione del filo), si può pensare di disporre gli avvolgimenti sul mozzo di una ruota da bicicletta e fissare in qualche modo i magneti sui raggi. Per alimentare fanaleria, navigatore e telecamera dovrebbero essere sufficienti. Praticabile l'idea di ricavare un sistema trifase da raddrizzare con il classico ponte di diodi. Basta aggiungere un avvolgimento e ri-disporli a corona su una superficie più ampia. Il guaio è che ho due lettori e resterei con 7 avvolgimenti. Si può pensare allora di disporli a coppie (per aumentare la corrente erogabile) con un sistema monofase in doppia serie per far sì che i magneti passando in sincronia opportunamente predisposta, lavorino in modo da ottenere in uscita un onda di tensione da livellare con i classici condensatori. Quale sia la soluzione più vantaggiosa non lo so, devo ancora documentarmi, ma la strada è percorribile. Si sfruttano gli avvolgimenti già predisposti, così non occorre impazzire ad auto-costruirseli. Una piccola nota per i magneti al neodimio. Se ne trovano (in coppia) negli hard disk, dentro la meccanica della testina. I magneti al neodimio, detti anche alle "terre rare", hanno un forte campo magnetico. Sono anche fragilissimi. Apparentemente sembrano di metallo, ma quello che si vede è solo un sottilissimo strato "cromato". La vera consistenza è "terrosa", si sbriciola e si spezza facilmente, come una ceramica molto porosa. Attenzione a maneggiarli!! Se si prova a farli "scontrare" è facile che vadano in briciole.. Occhio, perché se vi resta un dito o un lembo di pelle fra due magneti, mega pizzico assicurato...fa un male cane!. Alla prossima.

P.S. L'orbita di Plutone non è l'occhio di un grande cane. Ripeto: L'orbita di Plutone non è l'occhio di un grande cane.

venerdì 18 settembre 2009

LCD WM-X1212V-6CLWaV1 color STN


Ho per le mani uno schermo LCD WM-X1212V-6CLWaV1, sicuramente funzionante, proveniente da un cordless Aladino defunto. Troppo curioso per lasciarlo integro, ho proceduto con il dissaldare dall'apparecchio lo schermo LCD e cercare in rete il datasheet. Sarà che non so usare gùgol ma in rete non si trova. Gli schemi delle apparecchiature tele°om non si trovano...segreto industriale. Non è certo questo che mi può scoraggiare. Alla fine sono riuscito a scovarlo, ho inviato una lettera a taiuàn in fabbrica e mi hanno risposto!. L'LCD è un STN 128x128 punti a colori della Wintek corp, un pò datato come ci si aspettava ma con una buona resa e piccolo abbastanza per (ri)utilizzarlo in qualche applicazione linux embedded.

Sto pensando, con calma, di recuperare un pò di aladini, che tanto fanno skifo, si rompono con niente e scaldano come una stufetta...dovrei riuscire a recuperarne un bel pò. Applicazioni? domotica. Ogni stanza con il proprio schermo che visualizza temperatura, umidità, data, ora e , perchè no, lo stato degli asservimenti on/off tipo le persiane, il riscaldamento o condizionamento, la tensione dell'impianto fotovoltaico, lo stato di carica delle batterie dell'illuminazione a led, la sveglia, l'allarme, la videocamera di sorveglianza, i timer che andrò a prevedere... tutte idee fantastiche, che quando mi vengono in mente, ci penso a lungo ma prima o poi lo faccio, è solo questione di tempo per gli esperimenti. Una tastiera per pilotare la visualizzazione, un processore per i comandi e la comunicazione con il server centrale, ed uno schermino minuscolo ma sufficiente a visualizzare quello che mi serve.

L'importante è capire la piedinatura del flat di collegamento, penseremo poi a reperire il connettore integro. I segnali da inviare sono per ogni pixel a 4 bit per colore RGB, con eccezione per il verde che richiede 5 bit (??). altri segnali fanno riferimento al piedino di lettura - scrittura, retroilluminazione, compensazione della temperatura (??), ecc.ecc...sarà un impresa ed una sfida molto stimolante per uno come me che non è molto pratico. Sarà, ma sbagliando si impara. Nelle foto si può vedere la tabella delle caratteristiche elettriche, gli indirizzi di memoria per ogni pixel, e soprattutto le specifiche per il pettine flat cui applicare i segnali e le alimentazioni (3 e 15 volts). La cosa che mi incuriosisce è che avendo la possibilità di indirizzare ogni singolo pixel, l'orientamento del pannello LCD può essere deciso a piacere o programmabile al volo. Sento proprio la mancanza di un oscilloscopio e di un analizzatore di stati digitale (si fa avanti nessuno per regalarmene uno?).

La prima sfida sarà quella di realizzare un circuito stampato per portare i segnali al connettore...un passo veramente minuscolo. Poi, cautamente provare ad attivare la retroilluminazione per trovare la tensione giusta (non basta alimentare i led, occorre anche dire al processore interno di abilitare l'illuminazione). Insomma, una serie di dubbi che potrebbero scoraggiare chiunque. In rete ci sono già dei progetti di recupero per gli LCD nokia, ma sono schermi monocromatici passivi e seriali. Qui c'è tutt'altra tecnica da adottare e mi piacerebbe essere il primo a riuscirci.
Ora che facciamo, lo accendiamo? Alla prossima.

P.S. La traviata canta in do minore e si bemolle. Ripeto: La traviata canta in do minore e si bemolle.

venerdì 11 settembre 2009

LCD e VGA - pinout

Prosegue anche il lavoro di analisi ed autopsia del pannello grafico LCD recuperato dal portatile di marca sconosciuta di cui al post precedente. L'obiettivo è quello di recuperare lo schermo LCD e trovarci un qualsiasi utilizzo pratico, come secondo monitor, come un photo frame o come monitor di sorveglianza e supervisione di processi, abbinato magari ad una cam c.mos recuperata da un telefono cellulare. Una cosa importante è associare i fili che escono dal pannello ai segnali che ci devono essere applicati. Per prima cosa, si prova a googlare dopo aver preso nota del tipo di pannello LCD al fine di reperire un datasheet o qualcosa che possa essere utile. Nel 99% dei casi non si trova nulla per cui occorre aguzzare l'ingegno.
Si cercano intanto delle applications note, anche per schermi diversi per capire quali segnali ci si deve aspettare e come deve essere pilotato il pannello. Quello di cui stiamo parlando è uno schermo monocromatico LCD STN passivo da 10,5 pollici e risoluzione 640X460 sigla EG9012D-NZ-7, un pò datato ma ancora funzionante. Meglio partire con qualcosa di semplice per poi proseguire eventualmente con le cose più complesse. L'unico modo che ho trovato per numerare e classificare i fili è stato quello di seguire i collegamenti dal connettore al processore grafico, dopo aver trovato in rete il datasheet di quest'ultimo. Stiamo parlando di un processore grafico Cirrus Logic CL-GD6245 LCD VGA Controller. Per seguire la continuità connettore - pin del processore ho usato un semplice multimetro come prova diodi (la cicalina suona quando viene trovata continuità). Ho provveduto, per meglio seguire le piste, a dissaldare il connettore maschio saldato sulla mother board usando il dissaldatore ad aria calda autocostruito (che lavora egregiamente).
Per seguire invece le piste che scompaiono negli strati intermedi della mother board, dato che "sfortunatamente" il connettore si trova dal lato opposto del processore e seguirli con la mother board in piedi è estremamente scomodo, ho infilato nei fori passanti un sottilissimo filo di rame in modo da individuare i percorsi utilizzando i puntali del tester su un lato solo. I alcuni casi, per i segnali digitali, ci si sono messe di mezzo delle reti resistive da 33 ohm che non fanno suonare la cicalina del prova diodi. In questi casi basta provare a piazzare i puntali in altri punti sino a quando non si trova un capo del componente e successivamente proseguire con l'altro capo. Il risultato, in meno di un oretta, è più che ottimo.
Finalmente ho la piedinatura del connettore (vedi  foto) che entra nel pannello LCD. Ora occorre capire come organizzarsi per accenderlo e comandarlo. Sono 8 bit, 4 per la metà superiore e 4 per la metà inferiore da sincronizzare con impulso di frame e clock di riga...credo di aver compreso analizzando dei documenti reperiti in rete. Devo prima documentarmi per bene e poi procedere con la progettazione di un sistema a microprocessore per le prime prove. Obiettivo  successivo la conversione di segnali analogici in digitali per trasformare il pannello LCD in un monitor VGA... ci sarà per forza un processore dedicato, basta trovarlo. Alla prossima.
P.S. La tinta della parete nord si asciuga in fretta. ripeto

martedì 8 settembre 2009

DIY Hot air rework (V° finito)

Un successo. Ed anche questa realizzazione la mettiamo nell'elenco degli obiettivi raggiunti. Anche se non fa curriculum professionale, è sicuramente uno strumento che mi permetterà di effettuare riparazioni, recuperi, test e prove sull'hardware in indagini forensi, oltre i limiti ai quali pochissimi si spingono. L'idea di tappare le fughe d'aria con il silicone per caminetti si è rivelata vincente. In questo modo ho recuperato un pò di compressione in più, ho un flusso d'aria sicuramente migliore del precedente ed ho un pò isolato termicamente il manico di plastica dal tubo rovente. Anche il "dissipatore" artigianale, realizzato con rondelle metalliche di varie dimensioni e due fascette stringi tubo, fa il suo dovere disperdendo un pò di calore prima che si propaghi verso l'impugnatura. Una calotta di gomma siliconica gialla, recuperata da un altro stagnatore ora in pensione, permette la presa dell'attrezzo senza scottature. Anche dopo l'utilizzo per trenta minuti di seguito, non si notano colature o ammorbidimenti della plastica di supporto. Il getto d'aria, da potenziare un pò con una pompa più potente, va tenuto a pochi millimetri dal componente. L'attrezzo è pronto per lavorare dopo appena un minuto.
Con gli SMD a due terminali (resistenze, condensatori, piccoli transistor ecc.), l'operazione avviene in pochi secondi, tre al massimo dopo una fase di pre-riscaldo di almeno 5 secondi. Il distacco dei componenti con massa maggiore (il caso dei transistor di potenza che hanno la base stagnata su una grande area del circuito stampato), richiede l'ausilio di un pò di flussante liquido e di almeno 7-10 secondi. Per gli integrati invece si procede nel seguente modo. Si inserisce una lametta sotto il corpo plastico, per fare leva verso l'alto. Si dissalda una fila di piedini passandoci sopra l'ugello del soffiatore (muoverlo alternativamente), previa innaffiatura di flussante liquido. Tempo massimo 5 secondi e la fila si solleva senza problemi. Si passa poi alla fila opposta aiutandosi con una pinzetta. Un gioco da ragazzi. Manca il metodo per distaccare gli integrati quadrati... basterebbe un ugello della forma opportuna (in fase di ideazione) ed un soffio d'aria più forte. Dovrebbe funzionare. Per ora basta. I dati tecnici sono nei post precedenti. Alla prossima.

P.S. Il falco è a caccia sul fiume. Ripeto: Il falco è a caccia sul fiume.

lunedì 7 settembre 2009

e-scooter - Test meccanica e trasmissione (IV)

Procede bene il ri-assemblaggio del monopattino elettrico, e man mano che procedo, sono sempre più evidenti gli errori di progettazione e realizzazione dell'ingegnere "cinese" del reparto Ricerca & Sviluppo. Dopo aver teso per bene la catena di trasmissione, agendo sui due dadi posteriori che permettono anche la centratura della ruota, si nota come la corona dentata grande, assemblata sulla corona piccola della ruota posteriore, sia fuori asse. E' la corona piccola che credo sia completamente sbilanciata. Pazienza per il copertone, appena montato, che dovrebbe centrarsi automaticamente dopo i primi metri. Ma la corona dentata fuori asse verticale proprio non me l'aspettavo. A peggiorare le cose c'è la catena bloccata in un paio di punti. Gli elementi che dovrebbero seguire la curvatura degli ingranaggi, risultano bloccati a causa di un eccessivo periodo di fermo e conseguente arrugginimento. Svitol, lubrificante al silicone, nulla. Durante lo scorrimento si sentono dei colpi (cloc,cloc,cloc...) in prossimità dei punti bloccati che faticano ad entrare bene nei denti della trasmissione. Il supporto del motore inoltre, in corrispondenza dei punti bloccati che non entrano bene nei denti della corona del motore, si piega vistosamente di qualche millimetro. In queste condizioni ci sarà sicuramente un'usura eccessiva delle parti meccaniche in movimento (catena e corona) e una probabile rottura per fatica del supporto motore. Questione di tempo ma questo monopattino andrà a pezzi se lo si utilizzerà frequentemente. Come già descritto nei post precedenti, è un aggeggio di pessima fattura, scarsissima qualità, realizzazione indecente, in misura tale da alimentare il sospetto che la roba "cinese" vale poco ed è fatta malissimo. Spiace constatare, a fronte di queste critiche, una pletora di commercianti avidi e disonesti che, attirati dai costi bassissimi, ricaricano cifre astronomiche dimenticando il rapporto qualità prezzo e soprattutto dimenticando che questi mezzi non possono circolare per strada a meno che non si provveda ad omologarli (sic!), pagarci l'assicurazione, il bollo e circolarci con il casco ben allacciato in testa. Da un mio calcolo basato sulla personale esperienza di perito estimatore in ambito industriale, un accrocchio del genere può essere venduto sul mercato a 40 - 60 euro nel mercato italiano, iva compresa, non di più ed ancora ci si guadagna qualcosa. Non credo che il commerciante lo abbia pagato di più di 20 euro, anche se lo ha venduto a 250 euro. Un vero mago del furto. Per tornare al nostro monopattino elettrico, ormai in via di terminazione più per testardaggine personale che per convenienza, dobbiamo aggiungere che i margini di miglioramento sono enormi. Il telaio pesa troppo, è saldato male, è di materiale troppo pesante. E' possibile realizzarlo in alluminio, con un minimo di design italiano e risparmiare parecchi chilogrammi. Le batterie al piombo pesano troppo. Meglio quelle al litio che nonostante il costo maggiore (ed una diversa gestione in carica-scarica), siamo ampiamente entro la cifra esagerata cui è stato venduto. In ogni caso dovrò cambiarle in quanto queste non tengono la carica. Tutti gli altri componenti li ho tolti, luci, stop, frecce, specchietto, indicatori di carica batterie, sellino ammortizzato, carenatura (gialla!! che orrore), via tutto per togliere peso, bastano i miei 80 kg. Ora procedo con la realizzazione di una piccola pedana per poggiare i piedi e domani...il primo collaudo su strada...privata. Alla prossima.

P.S. La lampada del mio comodino è accesa ma fa poca luce. Ripeto: La lampada del mio comodino è accesa ma fa poca luce.

mercoledì 2 settembre 2009

DIY Hot air rework (V° tentativo)

Ci siamo...quasi. Forte dei fallimenti precedenti, che per nulla mi hanno scoraggiato, ho deciso di avvolgere il filo riscaldante direttamente sul tubetto ceramico precedentemente utilizzato per isolare i fili della resistenza. L'altro tubetto l'ho usato per isolare il secondo filo dal primo. Il tutto l'ho inserito dentro il tubo metallico di supporto della punta, preventivamente isolato inserendo i foglietti di mica in modo che andassero a ricoprire internamente la superficie metallica. Ho inserito un tubicino plastico nel foro praticato nel manico e l'altra estremità all'uscita di una pompa per acquario. Dopo qualche secondo dall'accensione, l'aria che esce raggiunge i 430 gradi, più che sufficienti a sciogliere lo stagno e finalmente dissaldare piccoli componenti SMD in pochi secondi. Da un sommario collaudo, però, ci sono ancora alcune messe a punto da portare a termine. Dopo qualche minuto di funzionamento il manico in plastica scotta eccessivamente e la plastica di supporto tende ad ammorbidirsi e squagliarsi. Dato che è possibile ridurre un pò i margini di temperatura, che internamente raggiunge i 460 gradi, posso procedere in due modi:
  • Abbassare la tensione di alimentazione
  • Aumentare il flusso dell'aria
Opterò per la seconda soluzione, considerato che l'alimentatore 24V 10A è a tensione fissa e non ho proprio voglia, per ora, di progettarmi un alimentatore di tale potenza (almeno sino a quando non avrò finito di studiare come progettare un alimentatore switching). Sarà sufficiente acquistare una nuova pompa, più potente o meglio procedere con la costruzione di una ventola opportunamente progettata, basata sul principio centrifugo usato anche negli aspirapolvere. Ho già tentato di recuperare una macchinetta idro-jet (usata per la pulizia dei denti) a velocità variabile, ma la pressione dell'aria è insufficiente. Non può funzionare. Nel frattempo il Brico Center qui vicino a casa mia è talmente sfornito di materiale che ho più probabilità di trovare quello che mi serve in qualche bancarella di cinesi. Niente pompa per acquari un pò più potente di quella a 18,95 euro acquistata tempo fa . Me ne sono uscito solo con un tubo di silicone per caminetti, resistente sino a 1200 gradi...una quantità industriale per poche gocce che mi servono. Poco male, da tempo dovevo sistemare le crepe nel caminetto che uso per la carne alla brace.
Aumentando il flusso di aria a temperatura ambiente, in ingresso, si dovrebbe così diminuire di un pò la temperatura interna e dissaldare più rapidamente i componenti. L'alternativa è inserire dei dischi metallici in prossimità del manico, distanziati in qualche modo, con delle rondelle magari, per dissipare il calore prima che raggiunga la plastica. Sto pensando anche ad un microswitch da azionare solo quando mi serve scaldare un pò la punta... dovrò frugare per bene nei cassetti e scovare quei pulsantini recuperati da un mouse defunto.
Mancano ancora alcuni abbellimenti, più estetici che funzionali, e direi che ci siamo. La teoria si è rivelata esatta e la pratica può essere considerata un successo. Resta il problema di come dirigere e convogliare l'aria bollente su una fila di piedini che possono essere disposti in fila, a quadrato ed a varie dimensioni. Intanto provo così, con un collaudo approfondito, poi vedrò se mi viene in mente qualcosa. Alla prossima.

P.S. Il ventilatore nuovo è rotto. Ripeto: il ventilatore nuovo è rotto

DIY Hot air rework (IV° tentativo)

Un altro fallimento. ma sono sulla buona strada.Nella prima foto si possono vedere gli elementi che compongono lo stagnatore utilizzato. per realizzare l'attrezzo soffiatore ad aria calda per il recupero o rilavorazione dei PCB con componenti elettronici SMD. E' un modello con punte a sgancio, per cui risulta forato al centro, ottimale per farci passare l'aria da riscaldare. Sulla sinistra il tubicino esterno di supporto e sotto il supporto della resistenza originale, sottile quasi come un capello e tarata per i 230 volts alternati. Si vedono anche i foglietti di mica isolante, che servono a garantire l'isolamento elettrico e contemporaneamente la conduzione del calore. Sono dei foglietti fragilissimi, si spezzano con niente e trattarli a mano è un operazione da eseguire con estrema attenzione.
Ho quindi realizzato la resistenza dell'elemento riscaldante. Dalle prove fatte avvolgendola in aria, alimentandola a 24 volts, si nota che diventa di un bel rosso acceso. Bene. Nel passare però alla realizzazione, mi sono scontrato con notevoli problemi. Ho deciso, in primis, di isolare il corpo centrale su cui deve essere avvolto il filo di costantana. I foglietti di mica li ho spruzzati con della colla spray e poi delicatamente li ho avvolti. E' l'unico modo che mi è venuto in mente per farli stare al loro posto, dato che una volta rilasciati tendono a svolgersi e tornare alla loro forma originale (un foglietto piano) Successivamente ho avvolto il filo (con altra mica per isolare il filo di ritorno dall'avvolgimento) ed ho ricoperto il tutto con un nastro di Kapton per tenere ferma la spirale così creata (altrimenti tende a svolgersi da sola ed allargarsi troppo). La colla farà un pò di fumo all'inizio, ma una volta bruciata...la smetterà alla fine! Ho poi infilato i due tubetti in ceramica originali, per evitare corti, ed ho assemblato il tutto. La resistenza risultante dell'avvolgimento è di circa 8 ohm, contro i 5,4 calcolati. Pazienza ho pensato, scalderà un pò di meno. Ho quindi collegato la sonda K per monitorare la temperatura dell'aria, alimentato il tutto, e dopo uno sbuffo di fumo, 45 gradi...nulla. Attrezzo morto! Che è successo?? In prossimità del collegamento al filo di alimentazione nel manico, il filo in costantana sembra essersi fuso, bruciato, spezzato. Avrebbe dovuto resistere un pò di più ma si è bruciato... dove ho sbagliato?? Boh. forse la fretta, forse l'ansia di finire e vedere il risultato. Allora ho deciso di provare a farla funzionare senza inserirla nell'attrezzo. I fili diventano rossi ma non al punto di fondersi. Forse in quel punto, dove si è spezzato, c'era qualcosa che ne aumentava la resistenza. In ogni caso, la soluzione con il kapton non va bene. Si brucia sino ad annerirsi. Dalla descrizione del produttore infatti: " 3M™ Polymide Film Tape - Polyimide Film Tape consists of Kapton® polyimide film and silicon adhesive. It is designed for high temperature applications. Temperature use range is -100 deg. F to 500 deg. F (-73 deg. C to 260 deg. C)."

Nemmeno la soluzione con la colla è da preferire. Fuma e puzza a lungo prima di dissolversi... avrò anche respirato qualcosa di tossico, occorre stare molto attenti ed operare in ambiente ventilato. Credo che la soluzione migliore sia quella di avvolgere il filo in aria. Devo ricominciare da capo. Avessi due tubi di ceramica concentrici farei prima. Dove posso recuperarli? Alla prossima.

P.S. Il fumo sale nel camino e resiste all'aria. Ripeto: Il fumo sale nel camino e resiste all'aria.

martedì 1 settembre 2009

DIY Hot air rework (III° tentativo)

Giusto il tempo che si asciughi la tinta cromata dello scooter elettrico, dopo la visita dal biciclettaio che mi ha aiutato nella riparazione del raggio spezzato della ruota posteriore, per approfittare nel tentare di risolvere il problema della piedinatura del pannello LCD (post che precede). Mi serve assolutamente un soffiatore ad aria calda per dissaldare i componenti SMD. Riprendo per mano lo stagnatore modificato nel primo tentativo e decido di smontarlo completamente per capire se è possibile inserirci una nuova resistenza calcolata ad hoc. Lo stagnatore si presta perfettamente per quello che devo fare. Canale centrale dove passerà l'aria e corpo cilindrico dove avvolgere la resistenza che andremo a progettare. Non so se far passare l'aria dentro un tubo riscaldato esternamente sarà sufficiente a riscaldarla alla temperatura che mi serve. Ho letto, dalle caratteristiche dei dissaldatori ad aria professionali che la temperatura dell'aria dovrebbe essere attorno ai 400 gradi. Con questa incognita dovrò sicuramente procedere per tentativi, fissando dei valori di partenza che per ora sono i seguenti e dipendono da quello che ho in casa.
  • Tensione di alimentazione : 24 volts CC o 19 volts CA
  • Potenza dissipata: 100 Watt
Occorre conoscere anche la resistenza per metro del filo che si andrà ad utilizzare come elemento riscaldante. Nel mio caso ho utilizzato un pezzo di Costantana che gelosamente custodisco da poco meno di trent'anni in un cassetto e che proviene dai tempi della scuola superiore (sapevo che poteva servire, meglio non buttare nulla). La Costantana ha la caratteristica di mantenere costante la sua resistenza al variare della temperatura, giusto quello che mi serve in questo caso. Dalla misura, il valore di resistenza per metro dovrebbe essere r= 14,2 ohm/m
Per calcolare la lunghezza del filo si procede nel seguente modo:
Si calcola la resistenza che dovrebbe avere il filo alla tensione prescelta per dissipara la potenza fissata a priori. La formula è:
R=V^2/P
Quindi (per le due tensioni prescelte supponendo 19 volts in CC):
R24= 24*24/100=5,76 ohm
R19= 19*19/100=3,61 ohm
Conoscendo la lunghezza per metro, la lunghezza specifica calcolata sarà
L = Rx/r
per cui:
L24=5,76/14,2=0,41metri
L19=3,61/14,4=0,26metri
L'assorbimento di corrente:
I24=4,17Ampère
I19=5,27Ampère
Per la seconda tensione ho un trasformatore da 4 ampère nominali, vedrò se regge lo stesso o se andrà a fuoco. Si tratta quindi di provare ad alimentare i due spezzoni di lunghezza calcolata alle tensioni di riferimento e verificare se il filo diventa rosso, se occorre accorciarlo o allungarlo. Per la costruzione quindi, a seconda dei risultati e di qualche ritocco ai valori teorici, occorrerà avvolgere il filo attorno alla testa dell'elemento riscaldante ed inserire il tutto nel corpo dello stagnatore. Sarà possibile usare i fogli di mica termoisolante recuperati dallo smontaggio o utilizzare del nastro di Kapton isolante e resistente alle alte temperature (credo sino a 700 gradi). Per il soffio, proverò con la pompetta per acquario già sperimentata ed il tubo in silicone resistente alle alte temperature. Dovrebbe funzionare. L'unico dubbio che mi rimane, in realtà fra i tanti, è la serie di punte necessarie per dirigere l'aria calda dove vorrei. Nel caso di integrati quadrati o rettangolari di varie dimensioni, sarebbe ideale avere dei soffiatori della forma opportuna. Sto cercando di pensare a qualcosa di fatto in casa, con del lamierino di ottone... ci sto pensando ed in teoria la cosa è fattibile, non facile ma fattibile. Forse sto anticipando troppo. Procedo con gli esperimenti, preparo alcune foto per l'umanità e poi ci risentiamo. Alla prossima.

P.S. Il caminetto va alimentato con la legna da ardere. Ripeto: Il caminetto va alimentato con la legna da ardere.

lunedì 31 agosto 2009

LCD e VGA - connessioni

Mi hanno consegnato un portatile preso a calci, calpestato, massacrato chissà per quale ragione. Lo schermo LCD e la mother board si sono salvati dalla furia distruttiva. E' da tempo che sto cercando un sistema per recuperare gli schermi LCD dei computer portatili per farci uno schermo aggiuntivo, collegato alla VGA di un PC o a quella aggiuntiva dei PC portatili come secondo schermo. In rete si trova qualcosa, un paio di progetti spiegati malissimo o schede di interfaccia dal costo astronomico. Allora ho deciso, nelle pause di lavoro, di indagare sul tipo di segnale necessario a comandare l'LCD privo di interfaccia VGA. In mancanza di uno schema dei collegamenti e dello schema del connettore interno, del quale mi risulta non esiste in giro nemmeno uno standard, occorre spingersi oltre i limiti ed inventarsi qualcosa. Un metodo può essere quello di provare ad individuare il chip grafico e trovare la corrispondenza dei fili in uscita verso il connettore. In mancanza del datasheet del processore grafico, meglio lasciar perdere oppure tentare di indovinare utilizzando un pò di esperienza. In questo caso specifico, il processore grafico è un chip della Cirrus Logic siglato CL-GD6245-64VC-A. La sigla è "parlante".
CL indica il produttore (iniziali),
GD = Graphic Display,
6245 = part number
65 = data rate (65MHz)
V = Pack type
C = Temperature (commercial use)
A = Revision
Questi dati li ho desunti dal datasheet di un chip simile della stessa casa produttrice.
Leggendo le specifiche si intuisce che i dati inviati all'LCD sono digitali a 8 o 16 bit. Vanno gestiti inoltre il video e line clock, il frame start pulse ed un segnale di modulazione che francamente non ho ancora capito a cosa serva. Sperando che la piedinatura del processore "simile" reperito in rete non sia differente dal modello in esame, con un tester è possibile seguire i segnali dal chip al connettore e capire così quali segnali inviare a seconda dell'utilizzo che se ne intende fare. Per scovare il significato dei fili, si può fare anche all'inveerso, ossia analizzare il chip posto nel pannello LCD.

Per interfacciare i segnali VGA all'LCD occorre progettare un interfaccia analogico digitale... che per minimizzare l'uso di componenti, è preferibile l'uso di FPGA con lievitazione dei costi di progettazione. Se invece si preferisce usare il pannello LCD direttamente collegato ad un micro processore, allora occorre generarsi la sequenza di dati e segnali tramite software. Anche in questo caso il lavoro è fuori la mia portata, per ora. Per iniziare, mi basterebbe riuscire ad accendere un solo pixel, dove voglio io. Da questo risultato, procedere con la realizzazione di un interfaccia comandata da un processore ad hoc è un "gioco da ragazzi". Se non ho capito male, al pannello occorre mandare fra un impulso di frame e l'altro, in sequenza il valore in byte di ogni singolo pixel del pannello per poi ripartire dal primo all'ultimo. La cosa è semplificata dal fatto che il pannello in questione credo sia monocromatico. Il connettore infatti ha solo 13 fili (massa compresa). Se quindi in teoria fisso a 1 gli 8 bit da inviare in sequenza per ogni pixel, e continuo ad inviare "uni", allora se ho fatto bene i conti dovrei accendere tutti i pixel dell'LCD (o spegnerli). So che il pannello LCD è da 640X480, quindi 307.200 pixel da accendere con 8 bit ciascuno, ovvero 2.457.600 bit da inviare in sequenza...in quanto tempo fra un frame e l'altro?? boh. devo approfondire. So che il processore, per simulare i toni di grigio regola il tempo ON/OFF di accensione e spegnimento di ogni singolo pixel. Occorrerebbe un buon analizzatore di stati digitale e un oscilloscopio da laboratorio per comprendere meglio i processi di invio dati. In mancanza di quello, vorrei provare ad accendere spegnere anche dei pixel a casaccio per iniziare. Credo sarebbe didatticamente un buon inizio per poi sviluppare qualcosa di più evoluto, magari un digital frame che sembra vadano di moda in questo periodo ma a 15 pollici. Vedremo, alla prossima.

P.S. Biancaneve odia i nani. Ripeto: Biancaneve odia i nani.

martedì 25 agosto 2009

e-scooter - Prove tecniche (II)

Giusto per liberare un pò di spazio in laboratorio e man mano dare sfogo ai progetti in corso di sperimentazione, ho deciso di procedere con il modding dello scooter elettrico di cui al post precedente. Ho deciso di eliminare tutte le cianfrusaglie richieste dalla legge, visto che la mancanza dei pedali rende l'aggeggio completamente fuori norma (stupida). Via fanalini, stop, frecce clacson e pannello indicatore a led della velocità e della carica batteria, quest'ultimi due troppo banali ed esteticamente orrendi per essere degni di unamico. Il mezzo non potrà circolare per strada ma in un capannone privato o in un grande cortile si. Per cui si può pensare ad utilizzarlo come monopattino per gli spostamenti veloci in grandi spazi chiusi. Importante quindi eliminare un pò di peso, carrozzeria e carentaura compresa. Telaio nudo senza sellino, così è deciso. Dopo essermi assicurato che il carica batteria fosse funzionante ed aver caricato le due batterie in serie da 12 volts nominali, ho voluto effettuare alcune misurazioni a vuoto. Dopo aver ripristinato i collegamenti essenziali alla centralina sigillata, ecco alcune misure come da elenco che segue:

  • Tensione di ricarica: 28 Volts
  • Tensione batterie appena terminata la carica: 23,8 Volts
  • Tensione batterie dopo 5 minuti di funzionamento: 23,2 Volts
  • Corrente assorbita a regime del motore senza carico 1,2 Ampère
  • Corrente allo spunto (teorica) 3-4 A

Quest'ultimo dato è da prendere con le pinze in quanto desunto dalla misura fatta con uno stupidissimo tester da pochi euro. Il motore è targato 24 volts 14 Ampère 250 Watt, il massimo consentito dalla legislazione (stupida) in vigore attualmente.
Sento la mancanza di un oscilloscopio (nessuno ne ha uno da regalare?) per misurare i transitori all'avvio, l'assorbimento del motore allo spunto, le forme d'onda di alimentazione del motore (sicuramente in PWM). Contrariamente a quanto detto nel post precedente, la manopola dell'acceleratore non è a potenziometro ma ad effetto di hall. Un sensore a tre terminali varia le sue caratteristiche all'avvicinarsi (e allontanarsi) di un piccolo magnete a forma di barretta ricurva inserito nella manopola che gira. Me ne sono reso conto solo smontando il tutto (con l'ansia di non romperlo o di non saperlo rimontare). Da notare una cosa. A manopola rilasciata il perno del motore, in assenza di carico meccanico, gira molto lentamente, segno che a scooter fermo e chiavi inserite su ON, il consumo di corrente, anche se minimo, c'è. Guai quindi a lasciare il mezzo fermo con le chiavi inserite, si rischia dopo un pò di tempo di non ripartire più. Un apposito connettore della centralina prevede la funzione di spegnimento della centralina all'apertura dei contatti. In fase di modding, dato che un interruttore a chiave non ha molto senso, sarà possibile recuperare l'interruttore generale per il fanale davanti per l'avvio o lo spegnimento del motore, magari in serie all'interruttore del freno per staccare il motore in fase di frenata ed evitare surriscaldamenti inutili.
Per la spia di alimentazione, si può recuperare l'indicatore a barretta di led rettangolari collegato direttamente ai poli della batteria, a valle dell'interruttore di alimentazione. Credo, da alcune osservazioni e misure, che abbia una scala di due volt per led, per cui dato che sono montati 5 led in tutto, possa dare un indicazione della carica della batteria da circa 16 a 24 volts. A 16 volts non credo che il motore possa avere coppia sufficiente a muovere il mezzo. Alcuni altri dati per la futura progettazione:

  • Peso del pacco batterie (2 da 12 volts 12A/h in serie): 7,1 Kg
  • Peso del motore a spazzole (24V 14A 250W): 2Kg
  • Peso del solo telaio nudo senza ruote,forcelle, manubrio e sellino: 4Kg
  • Peso accessori (cavi, circuiti, fanali, clacso, ecc...): 1,8 Kg

Dovrei riuscire ad eliminare, in tutto, un paio di chilogrammi a progetto terminato. Magari se un domani riesco a recuperare delle batterie al litio, forse, si potrà risparmiare ancora un pò di peso. Al tutto vanno aggiunti i miei 85Kg e la vedo dura per il motorino.
Ora posso passare alla sabbiatura del telaio per eliminare la ruggine e la cromatura della forcella davanti, ruote e manubrio. Considerato che non ci voglio spendere nemmeno un euro, credo che le parti cromate verranno verniciate di nero come il telaio, previa abbondante passata di ferox antiruggine. Mi mancano i cuscinetti per il manubrio e l'anello distanziatore interno per le sfere... dovrò rivolgermi al mio biciclettaio di fiducia per reperire qualcosa di recupero, sperando che i cinesi non abbiano misure fuori standard. A scopo didattico vorrei progettare un circuito a microprocessore che visualizza dei dati su un display LCD...di recupero ovviamente, ma questa è un altra storia. Alla prossima.

P.S. Alimentare il circuito. Ripeto: Alimentare il circuito.

sabato 11 luglio 2009

Batteria portatile - CMB001B

Questo post è in corso di aggiornamento. Potrebbe contenere informazioni non corrette. Stay tuned for further updates.
Stavolta ho aperto una batteria di un computer portatile Compaq P700, per proseguire le indagini, approfondimenti e ricerche in merito all'elettronica di controllo delle celle. Il modello della batteria è CMB001B, un elemento da 14.8V e 3.6Ah (Compaq part number 246437-001) con celle coreane assemblate a Taiwan e compatibili con i Compaq modelli CM2090 e CM2130. Il contenitore plastico non è particolarmente critico da aprire, a anche se occorre inevitabilmente romperlo un pò. Le due parti sono agganciate con due clips su ciascun lato lungo ed una per ciascun lato corto in posizione centrale. I bordi sono saldati non tanto tenacemente ad ultrasuoni e le celle all'interno sono tenute al loro posto con del bi-adesivo sottile. Otto celle, LG Chem made in Korea sono collegate in una serie di 4 coppie in parallelo fra loro, ciascuna da 3,7 volts. Per ogni coppia di celle in parallelo, è collegato un filo che entra nella scheda di controllo, probabilmente per misurare i valori di carica - scarica o per poterle caricare coppia per coppia. Potrò essere più preciso solo dopo l'analisi approfondita del circuito. Al polo positivo è collegato un fusibile mentre il termistore di controllo temperatura è incollato in prossimità dell'elemento intermedio alla serie. Su ogni cella è stampigliato un numero diverso in calce ad un codice a barre. Due codici, sono impressi a punti di inchiostro direttamente sull'involucro di ogni cella ma, a causa della bassa risoluzione, risulta difficile individuare le differenze fra una C una D o uno zero, mentre a volte il 2 sembra un 8. Confrontando le varie sigle, dovrebbero essere CCD0011102 e CAD0C30302 e si può supporre che rappresentino il codice della cella per un eventuale ricerca e riordino dei ricambi.
elettronica batteria compaqIl pettine di connessione presenta 6 contatti, ma sfortunatamente non esiste alcuna indicazione in merito al loro significato. L'elettronica risiede su un unica scheda che alloggia anche il pulsante di visualizzazione dello stato di carica ed i 4 led corrispondenti.
Cobra Ver.G2 sembra essere l'unica sigla dello stampato che alloggia due integrati interessanti siglati 1511414C e 25LC040. Il primo è sconosciuto, non si riesce di trovare il datasheet, mentre il secondo è un SPI bus serial (Simple Serial Peripheral Interface ) eeprom (electrically erasable PROM) da 4Kbyte con SCK (clock) ed uscite separate SI ed SO. E' sicuramente lì dentro che sono memorizzati i valori che vorrei leggere, solo che in mancanza dei dati del processore, è particolarmente difficile comprenderne il significato. Proverò ad approfondire la ricerca e controllare il logo del produttore stampigliato per verificare se nel suo sito è possibile reperire qualcosa... la ricerca continua, alla prossima.

P.S. Il riso è cotto. Ripeto: Il riso è cotto.

giovedì 9 luglio 2009

e-scooter - una "moto" elettrica

Gira e rigira, si incappa sempre in qualcosa di reso inutile da questa assurda mania di comprare e gettare. Tempo fa la mia compagna, per fare un regalo al figliolo, ha acquistato uno scooter elettrico. Non so il motivo che l'ha spinta a farlo. Ho preferito "sgridarla" senza chiedere spiegazioni. Il commerciante, tra l'altro, non si è premurato di avvisare che questi veicoli, per circolare per strada, hanno bisogno di bollo ed assicurazione, Lo so, la legge è stupida, fatta da stupidi per soddisfare le lobby di stupidi. Così, se vi va di contribuire a migliorare la qualità della vita e dell'ambiente a vantaggio di tutti, mettete in preventivo che occorre pagare i soliti pochi approfittatori.
A nulla comunque sono valse le proteste ed i tentativi di renderlo per avere indietro i soldi. Così, dopo i primi due kilometri in centro, il pupo si impaurisce per un eventuale multa e l'aggeggio viene appoggiato al muro del garage, ad occupare inutilmente spazio prezioso, arrugginire, prendere polvere e deteriorarsi inesorabilmente (vedi foto). Circa 250 euro buttati nel cesso nonostante le bollette arretrate ed i debiti che si accumulano... il consumismo fa brutti scherzi. Nel frattempo il pupo perde la chiave di accensione, la chiave di chiusura del vano batterie, rompe il porta fusibile, crepa la plastica del cruscotto... lasciamo perdere che l'elenco è lungo. Alla fine mi sono offerto di portarlo via, con l'idea di farci non so cosa, ma un motore elettrico fa sempre comodo così come due batterie ed il circuito di regolazione. L'ho smontato pezzo per pezzo, sempre spinto dalla curiosità di vedere com'è fatto.
Lo scooter elettrico in questione è di fattura cinese, con carrozzeria di plastica scadente molto fragile (presumo per risparmiare sul peso). I collegamenti elettrici sono pessimi così come il cablaggio ed i percorsi dei fili. La dotazione elettrica comprende fanale anteriore, fanalino di stop, frecce di direzione, clacson, cruscotto a led per monitorare la velocità ed il voltaggio della batteria, barra a led per lo stato di carica. La parte meccanica è rappresentata da ruote piccole a camera d'aria, cavalletto, freno posteriore a tamburo, ed un telaio in ferro, pesantissimo, per sorreggere il peso concentrato sul pianale e sul sellino. I cuscinetti dello sterzo si sono rivelati una vera ciofeca, con l'anello reggi-sfere andato completamente nonostante l'uso limitatissimo. Ruggine dappertutto che rivela una verniciatura e cromatura insufficiente, fili elettrici fissati col biadesivo che dopo un pò non attacca più... una vera "cineseria" assemblata in qualche baracca "cinese" in riva ad un fiume "cinese" per un pugno di riso alla cantonese. Credo che il commerciante, un vero "mago" del furto, dopo averlo venduto si sia fregato le mani soddisfatto in quanto non credo lo abbia pagato più di 50 euro. Ed ora? che ci faccio? Una carriola? un monopattino ? Magari posso recuperare il motore per un progetto eolico, giusto per qualche esperimento. Due batterie vanno sempre comode. Il circuito regolatore e la manopola di accelerazione... forse trasformo una bici normale in bici elettrica a pedalata assistita, così posso circolare tranquillamente senza timore di essere fermato dal solito vigile idiota in vena di far rispettare l'ennesima stupida legge.
Comunque, ecco l'elenco delle caratteristiche elettriche:
  • Motore in CC da 24 volts 14 ampère 250Watt Marca Hong Yuan Co. ltd mod. MS1020
  • due Batterie in serie da 12 volts cd, 24 Ah Marca Homer Mod. 6 DHM-12
  • Un regolatore San Chuan e-scooter controller pre-assemblato Marca San Chuan Electronics Co. Ltd, Mod. e Seriale illeggibile, appositamente progettato per pilotare motori per bici elettriche
  • Una manopola a potenziometro (R da misurare)
  • Fanale, stop e frecce con lampadina ad incandescenza da sostituire eventualmente con la fanaleria a led per biciclette, sicuramente più efficaci.
  • Indicatori a led per stato di carica e corrente (da analizzare più a fondo)
Tutto materiale da ri-utilizzare. Quasi dimenticavo... c'è anche il caricabatteria, speriamo regolato in corrente. Alla prossima.

P.S. Roberto va in montagna. Ripeto: Roberto va in montagna.

venerdì 3 luglio 2009

Fake Security Camera

Ogni tanto, un giro al brico me lo faccio, anche se è in vigore lo sciopero della spesa. Stavolta la curiosità mi ha spinto ad acquistare due telecamere di sicurezza... finte. Sono degli aggeggi che costano dai 10 ai 20 euro, che secondo il produttore dovrebbero servire come deterrente per i ladri. C'è da ridere, in quanto si nota lontano un miglio che sono finte telecamere. Per aumentare l'impressione che siano vere, all'interno è installato un sensore di movimento, un motorino che le fa muovere come se qualcuno le stesse manovrando ed un led rosso che lampeggia durante il movimento....Prese! Premetto che considero molto stupido installare questi giocattoli in casa. Primo, non servono a nulla e non scoraggiano certo i ladri che conoscono migliaia di trucchi per disattivare o rendere inefficace un impianto di videosorveglianza. Secondo, possono indicare come il proprietario debba proteggere qualcosa o tema di essere derubato, trasformando l'abitazione in qualcosa di più appetibile per i topi di appartamento che così possono intuire come ci sia qualcosa di valore che val la pena di rubare. Terzo....sono ridicole! Le ho prese con l'idea di trasformarle in vere telecamere, sfruttando i meccanismi di movimento (sicuramente da modificare) e il contenitore per un operazione di retrofit ovvero di ri-utilizzo (i contenitori "professionali" costano un occhio). Allora ho provveduto a smontarla per vedere com'è fatta. Viti autofilettanti a non finire, da togliere con una sequenza precisa ed ecco il contenuto.
L'obiettivo è un coperchio "cieco" di plastica la cui forma ricorda un obiettivo con lenti e ghiera di messa a fuoco. L'interno si può svuotare per alloggiarci una telecamera a spillo e non dovrebbe essere difficile trovare un ottico in grado di tagliare un paio di lenti per una messa a fuoco con focale fissa.
Un moto-riduttore collegato ad una puleggia che scorre su un intaglio della base, permette un lento movimento destra - sinistra ( circa 30-40 gradi) del corpo principale solo sull'asse orizzontale. Il meccanismo è recuperabile, mentre sarà necessario pensare ad un ingranaggio che permetta un movimento più ampio, oltre ad aggiungere un "servo" per l'asse verticale.
Un led rosso lampeggia al movimento, mentre un altro led "credo" ad infrarossi è il sensore di movimento che entra in funzione quando cattura delle variazioni nel raggio di 3-4 metri (insufficienti decisamente)
Il circuito è rappresentato da una basetta con un microprocessore affogato nella solita goccia di resina nera, giusto per nascondere un "segreto industriale" ed "impedire" che qualcuno possa copiare un "idea" tanto semplice quanto banale da realizzare in proprio. Il mega-firmware implementato dall'ingegnere di turno, misura la variazione del sensore ed alimenta per 10 secondi il motorino, "addirittura" facendo lampeggiare un led rosso!! Incredibile come possano esistere dei geni in grado di ideare e progettare cotanta tecnologia avanzatissima. Strano che non abbia pensato di isolare i terminali del led, che penzolano in aria col rischio di andare in corto in fase di assemblaggio. Strano che non si sia provveduto ad un controllo qualità nel realizzare le stagnature che appaiono connesse per miracolo. Strano...vabbè..scherzo ovviamente. Lo spazio all'interno sembra sufficiente per inserire un circuito in grado di trasformare l'involucro un una vera telecamera di sicurezza, magari azionabile con movimenti di tilt e pan, connessa in rete e perché no... wireless, con tanto di illuminatore con led ad infrarossi. Per i servomeccanismi, ho sentito un appassionato di aeromodellismo che è possibile costruirseli...devo informarmi meglio e sto pensando di utilizzare dei motori stepper da floppy. Per le lenti nessun problema, ammesso che possono servire solo per ingrandire o mettere a fuoco nel caso si utilizzi dei sensori CCD privi di ottica. Per il momento metto da parte il tutto, pensando d utilizzare il circuito rinvenuto all'interno per qualche applicazione (un allarme?) sostituendo il motorino con un relè che azioni delle luci... magari delle luci scala che devono restare accese solo per il tempo necessario. Alla prossima.

P.S. Occhio non vede, cuore non duole. Ripeto: Occhio non vede, cuore non duole.

domenica 28 giugno 2009

Alimentatore con PT78ST112H - finito

Detto, fatto. Ecco com'è venuto. Soluzione su 1000 fori per non star lì a progettare e realizzare il circuito stampato. In compenso ho dovuto allargare con il "simildremel" alcuni fori, per il ponte, i morsetti e l'aletta di fissaggio degli integrati, quest'ultima fuori passo nella distanza fra i pin. Ho preferito per l'uscita delle due alimentazioni, adottare dei morsetti (non ricordo recuperati da dove), così in caso di sostituzione, non devo star lì a dissaldare i fili collegati direttamente alla basetta. E' la soluzione che preferisco. Il circuito non ha funzionato alla prima accensione. Mi ero dimenticato di collegare il terminale comune alla massa per i 5 volts, così ho potuto sperimentare il funzionamento dell'integrato. Appena davo alimentazione, il led di segnalazione si accendeva per mezzo secondo per poi spegnersi, segno che qualche circuito interno provvede a regolare correttamente l'erogazione della tensione ed intervenire in caso di malfunzionamenti (c'è anche, integrata, la protezione da cortocircuito e protezione termica in caso di sovraccarico). Ho effettuato due misurazioni di tensione a vuoto. L'integrato PT78HC205H eroga esattamente i 5 volts promessi, mentre l'integrato PT78ST112H fa registrare 11,98 volts in uscita al posto dei dichiarati 12 volts, entro comunque i valori di tolleranza promessi dal costruttore. Dalle foto si nota che nello stadio primario del trasformatore di tensione, ho inserito un filtro EMI (DR-EMI01), per le interferenze elettromagnetiche, non si sa mai. Proviene da un vecchio alimentatore switching per PC, anch'esso fatto a pezzi nei momenti di "svago" che mi servono per tranquillizzarmi. Per "sicurezza", nel secondario del trasformatore c'è anche un fusibile, originariamente previsto per prevenire eventuali "disastri". Ecco dimostrato per l'ennesima volta, a chi ancora non volesse capirlo, come far tornare a nuova vita dei componenti che altrimenti sarebbero finiti in discarica o presso qualche baracca in cina o india, dove provvedono a staccare i componenti sul fuoco ed avvelenare gli abitanti.
Ora devo pensare a "boxarlo" nel contenitore che ho già predisposto. Mi serviranno degli spaziatori e delle viti. Devo fissare il circuito su una base di plexyglass da 4mm e mi serviranno delle viti con la testa svasata, per non fare spessore. Sto pensando ad un modo per costruirmeli da solo, della misura che mi serve, non dovrebbe essere difficile. Ok. Ora, una piccola pausa che me la merito. Alla prossima.

P.S. Basta pasta. Ripeto: Basta pasta.

venerdì 26 giugno 2009

DIY Hot air rework (II° tentativo)

Dopo il fallimento del primo tentativo (vedi post precedente) ed il successo del ferro da stiro capovolto (vedi altro post PCB Iron desolder) che però funziona solo se il PCB è piatto da un lato senza componenti TH (Thru hole - a foro passante), stante la promessa di non demordere ho deciso di approntare alcune misurazioni per teorizzare la costruzione di un dissaldatore ad aria calda atto al recupero dei componenti SMD. L'ultima visita dal meccanico mi ha visto rientrare con un riscaldatore dell'aria di non so quale modello di autovettura. Per la verità sono uscito anche con la plancia completa di un lettore CD e Radio, giusto per recuperare alcuni led SMD che sicuramente mi serviranno per altri progetti. Il riscaldatore monta al suo interno quattro resistenze a filo, avvolte in aria. Ed ecco com'è nata l'idea. Pensavo ad altro. Mi era venuto in mente che nella progettazione degli alimentatori stabilizzati basati sul regolatore della serie 78xx, occorre, per aumentare l'amperaggio in uscita, una resistenza dal valore molto basso in grado di dissipare una buona potenza. Nel cassetto ne avrò una cinquantina ma nessuna del valore che mi serve. Allora ho pensato bene di recuperare delle resistenze a filo da accorciare a piacere a seconda del valore che mi serve. Ma, dato che le stesse sono usate per scaldare l'aria, perché non usarle per costruire un dissaldatore?? Prima di procedere, ho deciso di effettuare delle misurazioni e sperimentare varie tensioni di alimentazione. Ecco la tabella con i valori:
Alimentazione a 12 volts
0.4 ohm 30A 360W
0.6 ohm 20A 240W
0.9 ohm 13.3A 160W
1.5 ohm 8A 96W
Alimentazione a 5 volts
0.4 ohm 12.5A 62W
0.6 ohm 8.3A 42W
0.9 ohm 5.5A 28W
1.5 ohm 3.3A 17W

Tralascio i calcoli effettuati per le tensioni di 30, 9 e 3.3 volts. Mi sono concentrato sui 12 e sui 5 volts in quanto, date le correnti in gioco e l'assenza di un serio alimentatore da laboratorio (da autocostruire), devo ripiegare su un alimentatore da PC da 250Watt, che eroga 20 ampere per i 5 volts.
Ho scelto di alimentare la resistenza più alta e quella più bassa. Mi interessa la temperatura ed avere un idea di quanto scalda. L'obiettivo è raggiungere almeno i 250 gradi se voglio fondere lo stagno (o forse qualcosa di più).
Alimentando la resistenza da 0,4 ohm a 5 volts, la corrente teorica è di 12.5A, teorici in quanto il mio tester può misurare solo sino a 10 ampère e la misura della resistenza varia a seconda della temperatura. Con questi valori, non ho potuto tenere alimentato il circuito per più di 10 secondi in quanto i cavetti di alimentazione hanno cominciato a squagliare la plastica sino al punto di fumo. In 10 secondi la temperatura è salita sino a circa 100 gradi circa. Nota: la tensione dell'alimentatore è scesa a 3.5 volts... alla faccia dell'alimentatore "stabilizzato"
La resistenza da 1.5 ohm, dopo un minuto di alimentazione ha fatto registrare una temperatura di 164 gradi, ancora insufficiente ma che fa ben sperare nella riuscita del progetto a tensioni e correnti non di molto più alte. A questo amperaggio, ci si scotta le dita a tenerle a 3/4 centimetri dalla resistenza.
OK. Con questi valori, dovrei ottenere dei buoni risultati alimentando a circa 12 volts (8 ampere) la resistenza da 1.5 ohm. Mi serve solo un alimentatore progettato ad hoc, cui inserirò anche la possibilità di variare la tensione al ribasso, per ottenere circa 100-110 watt. Se usasi invece a 12 volts la resistenza da 0,4 ohm, mi servirebbe un alimentatore da almeno 30 ampère per produrre 360 watt, sicuramente sufficienti, ma considerato che ho deciso di utilizzare solo componenti di recupero, mi sa di non avere dei transistor che supportino correnti così elevate.
Per procedere, comunque, dovrei trovare dei supporti ceramici e della plastica siliconica per alte temperature. Per la ceramica potrei fare un salto da chi vende ricambi per i forni o per le cucine. Ho già del nastro in Kapton (recupero gratis in extremis da un fallimento) che resiste anche a più di 300 gradi, per cui posso sperare in un risultato nei prossimi mesi... disponibilità di componenti permettendo. Per la ventola, sto pensando di costruirmene una, del tipo "a centrifuga", su un motorino in cc a velocità variabile, così potrò modulare la velocità dell'aria per variare la temperatura in uscita. Pian piano, vedrò di procedere. Alla prossima.

P.S. Giorgio ha trovato posto. Ripeto: Giorgio ha trovato posto.

martedì 6 gennaio 2009

Serbatoio sottovuoto (parte 9)

Collaudo ok. Il macchinario per l'aspirazione dell'inchiostro dalle cartucce a spugna è finalmente terminato e funziona alla grande. Dopo aver sperimentato numerosi materiali per creare la tenuta dell'aria attorno alla testina durante l'aspirazione, ho optato per una gomma morbida, recuperata dal materiale di protezione di un tamburo nuovo che avevo tempo fa acquistato per una stampante laser Brother hl700 ora in fase di rottamazione. Tutto il materiale utilizzato è di recupero, a parte il pannello frontale in plexyglass. Per la realizzazione ho utilizzato:
  • un serbatoio trasparente cilindrico con fori per il circuito pneumatico
  • una pompa a palette (220 volts ) per l'aspirazione dell'aria dal serbatoio
  • tre elettrovalvole, una per lo scarico dell'inchiostro esausto, una per creare il vuoto ed una per la fase di aspirazione dell'inchiostro
  • un alimentatore industriale a 12 volts raffreddato ad aria (ventola interna)
  • tre pulsanti illuminati (Verde, rosso e giallo). Quello blu in foto è inutilizzato in quanto rotto.
  • un interruttore manuale che sostituisce il pressostato mal funzionante.
  • un manometro che misura il livello di vuoto nel serbatoio
  • un relè a 12 volts e 2 deviatori per l'azionamento delle elettrovalvole
  • una morsa per cartucce HP (di tipo diverso da quella in foto ma utilizzabile comunque)
  • un tubo di gomma per lo scarico dell'inchiostro esausto, dotato di fascetta metallica stringi tubo
  • cavi elettrici di collegamento intestati a fast-on
  • una morsettiera industriale montata su rail DIN
  • quattro piedini in gomma per sollevare il macchinario dal piano di appoggio
  • tubi per l'aria ed innesti rapidi per i collegamenti della parte pneumatica
  • pannelli in multistrato e compensato assemblati con spine di legno

Per l'azionamento di agisce sull'interruttore manuale che aziona il relè di scambio e si preme il pulsante giallo sino a quando non si raggiunge il vuoto desiderato (-0,8 bar / -9 psi). Si commuta il deviatore manuale in modo da chiudere il condotto per creare il vuoto ed abilitare il circuito pneumatico di aspirazione. Si posiziona la cartuccia nella morsa e si agisce sul pulsante verde per l'aspirazione. Il metodo migliore consiste nel dare dei colpetti (due o tre) in rapida successione al pulsante di aspirazione. In questo modo ho rigenerato un paio di cartucce nere che in precedenza non stampavano su alcuni ugelli. Le cartucce colore sono un pò più critiche. Sono riuscito a rigenerarne solo una su un totale di tre (ulteriori prove sono in corso per verificare a fondo il funzionamento). In linea di principio il tutto funziona e si vede chiaramente scendere l'inchiostro dal condotto di scarico, a dimostrazione che le mie intuizioni iniziali si sono rivelate esatte. Il serbatoio assicura un aspirazione (con cartuccia installata) di circa 10 secondi alla pressione di -9 psi, dipende da quanto si preme la cartuccia nella morsa. Per non creare un aspirazione troppo forte si lascia defluire un pò d'aria dalle fessure attorno la testina o in alternativa premere forte la morsa in modo che l'unica via di "sfogo" sia rappresentata solo dagli ugelli. Importante che ad aspirazione terminata non si formi della schiuma sulla tstina, segno che è fuoriuscita dell'aria dagli ugelli che rendono il lavoro inutile. Ovviamente l'operazione vaeffettuata a cartuccia totalmente piena (al limite della sua capacità massima).

Il galleggiante per il troppo pieno è stato escluso, così come il pressostato. Non escludo in futuro di provvedere ad installare l'elettronica di comando con un microprocessore dedicato. L'utilizzo dei cavi elettrici di recupero ha notevolmente appesantito i collegamenti interni. Il filo utilizzato, a mio avviso, è di sezione esagerata. Com'é ovvio, la realizzazione presenta dei margini di miglioramento molto ampi, ma tanto il macchinario lo devo usare io e non è in vendita, per cui "chissenefrega" delle norme di sicurezza. Pensavo inoltre di dover realizzare una specie di vaschetta raccogli inchiostro sotto la morsa, ma ho verificato che così come realizzata, l'inchiostro non fuoriesce e va a finire tutto dentro la canaletta di aspirazione. Il fatto poi di aver posto l'elettrovalvola di aspirazione sotto il livello del serbatoio non comporta alcun tipo di problema relativo al ritorno indietro dell'inchiostro. Per pulire il condotto di aspirazione ho spruzzato dell'acqua che è andata tutta aspirata dentro il serbatoio di raccolta. Perfetto. Ora voglio procedere con la combinazione centrifuga + vuoto per procedere con un lavaggio completo e totale (con acqua distillata) delle cartucce, specialmente quelle a cui manca inspiegabilmente del tutto un colore su tre (il giallo sembra essere quello che più frequentemente da dei problemi, seguito dal blu). Il rosso sino ad ora non mi ha mai preoccupato e non mi spiego perché. Anche se i risultati ottenuti non rappresentano una base statistica attendibile per poter cantare vittoria, mi accontento per ora del risultato, in attesa di approfondire la rigenerazione della scorta di cartucce che è in stand-by per essere sistemata. Preferisco procedere con due cartucce alla volta in modo da evitare di dover lasciare le altre per lungo tempo nel cassetto. Credo infatti che in mancanza di un adeguato confezionamento, tenere le cartucce a lungo all'aria aperta (anche con la clip di protezione) crei dei problemi che posso comunque risolvere in quanto, tempo fa, ho recuperato e restaurato una termo saldatrice a filo per confezionare le cartucce nei sacchetti di plastica. Ad ogni modo sono proprio contento e felice. Alla prossima.

P.S. La Befana ne ha per cinque. Ripeto: La Befana ne ha per cinque.

domenica 4 gennaio 2009

Serbatoio sottovuoto (parte 8)

Dopo una lunga pausa sul progetto temporaneamente messo da parte per ragioni di lavoro, decido di completare l'opera. Sto costruendo un macchinario per "succhiare" l'inchiostro dalle cartucce di stampa a spugna per le stampanti a getto. L'operazione si chiama "priming" e serve a ripristinare il flusso di inchiostro nei condotti che lo portano alla testina piezo. Dopo aver smanettato per due ore a tappare le falle d'aria (con nuova intestazione dei tubi pneumatici) e aver ri-collegato il filo di alimentazione del circuito a 12 volts (staccatosi per sbaglio), mi imbatto in un problema inaspettato. Il pressostato non lavora come mi aspettavo. Il pressostato dovrebbe aprire un contatto che diseccita il relè che commuta l'aspirazione, dalla pompa principale al serbatoio, tramite due elettrovalvole. Nonostante riesca ad arrivare a -9 psi (-0,8 bar), il contatto del pressostato non si apre. Ho tentato di agire sulla vite di regolazione, in modo da renderlo più sensibile e scattare a -4 psi. Il problema è che quando la depressione scende a valori quasi nulli, il pressostato non ri-chiude il contatto. Anche se scatta manualmente (agendo sulla vite di regolazione), non ne vuole sapere di lavorare a modo. Mi aspettato una certa isteresi di funzionamento ma così proprio non va. Quando la depressione va a zero, il contatto non si richiude e non posso azionare la pompa per ripristinare il vuoto. Devo apportare una ulteriore modifica al circuito di comando, bypassando il pressostato ed aggiungendo un interruttore. Così il macchinario diventa totalmente manuale e dovrò stare attento ad azionarlo come si deve. Peccato. Ora che sto per finire le cartucce, ne ho proprio bisogno. Vedrò di sbrigarmi. Alla prossima.

P.S. Neve e ghiaccio in ombra. ripeto: Neve e ghiaccio in ombra.

mercoledì 12 novembre 2008

Stampante seriale (etichette)

Il risultato, a meno di alcuni modesti aggiustamenti, è da ritenersi soddisfacente. La dimensione del riquadro è da aggiustare e le lettere accentate necessitano di un font diverso da quello utilizzato.

Programmare una stampante seriale che utilizza il linguaggio Monarch(R) è stata un esperienza nuova. Dopo aver realizzato il cavo "giusto" (vedi post precedenti) si passa alla codifica delle istruzioni che dovranno essere inviate alla stampante. Nel seguito un breve esempio. Il linguaggio usa dei campi formattati secondo una codifica pre-impostata e con una sequenza fissa di parametri. Un esempio che produce il risultato visibile in foto è questo:

{I,A,0,0,0,1,3 'slash zero cp850'|}
{I,D,7,0,2 'currency symbol italy 2 decimal'|}
{I,B,0,1,1,0,0 'supply type,ribbon_on,feed_mode,sup_pos,cut_pos'|}
{F,25,A,R,M,690,1000,"FMT-6X10" |
C,550,30,0,1,2,1,W,C,0,0," RAGIONE SOCIALE ",0 'mis in decimi di millimetro' |
C,490,30,0,1,1,1,O,L,0,0,"Slogan dell'azienda",0 |
C,450,30,0,1,1,1,O,L,0,0,"Via taldeitali, 99",0 |
C,420,30,0,1,1,1,O,L,0,0,"99999 località (PR) ITALY",0 |
C,360,30,0,1,1,1,O,L,0,0,"Item :Descrizione del contenuto ",0 |
C,310,30,0,1,1,1,O,L,0,0,"Colli: 01 - broken sample",0 |
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Come si può capire, la comprensione non è propriamente di facile assimilazione, ma con il manuale sottomano anche se in inglese, il lavoro è agevolato. Ogni campo è preceduto da una lettera che ne identifica il significato, L per Line, C per Character, B per barcode, F per format ecc... Devo ancora trovare il modo di memorizzare le risposte della stampante, quali ad esempio i codici di errore. Con un minimo di impegno dovrei riuscire a comprendere meglio il funzionamento del processore interno, magari ricavare e de-compilare il firmware per alcune migliorie che ho in mente. E' un vero peccato che questo hardware sia closed source. Infatti, in mancanza di possibilità di apportare migliorie, l'hardware diventa rapidamente rifiuto speciale pericoloso ed è destinato ad ingrossare i canali di smaltimento clandestini. Già, corre voce che alcune associazioni spediscano l'hardware usato in africa con un apparente scopo umanitario. In realtà è un modo per aggirare la legge sui rifiuti speciali e far diventare l'Africa la discarica del mondo. Ma questo è un altro discorso che raramente viene trattato dalla stampa prezzolata per non infastidire i poteri forti.
In mancanza di uno specifico tool di sviluppo, ho proceduto con la scrittura del codice con un semplice editor di testo con successiva prova di stampa. Una volta assimilato il linguaggio, si procede con la pre-codifica dei formati necessari. Per stampare un etichetta alla volta, si fa molto prima ad aprire il sorgente e modificare direttamente il contenuto, a mano, per poi copiarlo sulla porta seriale utilizzata dal sistema (ttyUSB0 nel mio caso). I formati non sono poi molti. La etichette maggiormente utilizzate sono: spedizione materiale con imballo voluminoso, spedizione lettere e buste, mittente e destinatario. Per i più evoluti, etichetta trasparente per il protocollo della posta con codice a barre (che richiede però un ribbon speciale). Per lavori più intensi, che richiedono un elevato livello di personalizzazione e dinamicità ad adattarsi a diversi formati, si sente un pò la mancanza di un programma grafico per linux, che non deve essere poi molto difficile da produrre...Sarà oggetto di studio e ricerca per i momenti di tempo libero. Alla prossima.

P.S. Il punto per punto è solo presunto. Ripeto: Il punto per punto è solo presunto.

domenica 9 novembre 2008

Stampa libri (fai da te 2)

Ora che abbiamo stampato i fascicoli in formato A5 (2 a4 per ogni facciata di ogni foglio piegato in due), possiamo passare all'incollaggio dei fogli. Ho scelto il metodo a colla in quanto per rilegare a filo occorre più tempo, pazienza e materiali che per adesso non ho, in attesa che un mio amico provveda a procurarmeli. Avrei inoltre dovuto stamparli a quinterni (gruppi di cinque fogli). sarà per il prossimo manuale. Ok. Al pacco vanno aggiunti, prima e dopo, due fogli a4 da 120 gr/m2. La facciata di questi (risguardi) andrà incollata alla copertina come vedremo più avanti. Nella piegatura, passare un attrezzo di plastica dura per chiudere per bene le due metà, per evitare spessori indesiderati. Il risultato deve essere un bel parallelepipedo compatto e diritto.
Si prende il pacco stampato così composto, lo si stringe fra due listelli di legno tenuti assieme da due morsetti e si cosparge sul dorso un abbonante passata di colla vinilica diluita con acqua al 30%, per renderla liquida al punto giusto (deve penetrare un pò fra foglio e foglio se vogliamo ottenere un risultato duraturo). Il pacco ovviamente va preventivamente pareggiato dal lato che si sfoglia, in quanto il dorso verrà nascosto dalla copertina. Si appoggia sul dorso una striscia di garza, leggermente più larga del dorso stesso e la si incolla. Il lato che sporge va incollato ai risguardi. Lo scopo della garza è di rinforzo, anche per tenere unito il tutto se per caso si dovesse staccare qualche fascicolo. Lasciare asciugare almeno una giornata.
Procediamo con la realizzazione della copertina del libro (vedi post precedenti), in modo da darci un aspetto più che decente, per non dire prestigioso ed autorevole. Per procedere, mi sono aiutato con un buon libro, che spiega l'abc dell'arte della rilegatorìa. L'opera è stata scritta da Paola Rosati, insegnante e scrittrice, che opera da alcuni anni come rilegatrice nel laboratori fiorentino con l'artista Lea Bilanci, così almeno è riportato nel libro. Si intitola "Rilegatura - Tecnica, Idee e Progetti, Fabbri Editori ISBN 88-450-7910-4 per chi volesse acquistarselo e scoprire altri metodi. Voglio però lo stesso riportare qui la mia personale esperienza.Terminata la procedura di incollaggio dei fogli che ci siamo stampati, rinforzati nel dorso con una garza, si procede con reperire i materiali. Voglio realizzare una copertina rigida, con rinforzi in tela e carta da pacco. Frugo un pò fra le cianfrusaglie che mi ingombrano apparentemente inutilmente una casa enorme e mi procuro il seguente materiale:
  • Un cartoncino rigido spesso circa 2 millimetri, recuperato da un raccoglitore ad anelli rivestito in plastica..perfetto
  • Della carta da pacchi, quella marrone che si usa nelle spedizioni, ne conservo anche i pezzettini più piccoli, non si sa mai
  • Della tela di lino, uno scampolo microscopico recuperato da un paio di pantaloni troppo lunghi per mia mamma che ha provveduto ad accorciarseli
  • Della colla spray... non proprio adatta per il lavoro da fare ma adattabile allo scopo
L'attrezzatura? Forbici, taglierina a ghigliottina, una stecca in plexyglass sagomata a coltello per le rifiniture, penna biro (o matita) sponsorizzata (e che sono matto a comprarle quando le regalano?)
Iniziamo a ricavarci i pezzi necessari con delle misure.
Dimensioni del Libro Dl= Hl x Ll = 210x148 mm
Spessore del libro = Sl = 9mm
Dimensioni della copertina Dc= Hc x Lc = (Hl+7mm) x (Ll-1mm)
Dimensioni del dorso Dd= Hd x Ld = Hc x (Sl-1mm)
Dimensioni della tela Dt= Ht x Lt = (Hc+60mm) x (Ld + 40mm)
Dimensioni della carta Dcc= Hcc x Lcc = (Hc+40mm) x (Lc-10mm)
Dimensioni degli angoli Da = 30mm x 100mm
Si parte dal dorso di tela. Lo si cosparge di colla vegetale o colla spray (quella che ho usato io) e ci si incolla al centro il dorso di cartone, perfettamente al centro e perfettamente perpendicolare. Prima che la colla asciughi si posizionano a 6 mm dal dorso specularmente le copertine, avendo cura di posizionarle perfettamente in squadra col dorso. Si ripiegano le sbordature all'interno, aiutandosi con un righello per fare in modo che la stoffa aderisca perfettamente anche sullo spessore del cartoncino. Con una stecca di plastica si "incidono" gli spazi vuoti fra dorso e copertine (basta una pressione sufficiente) per fare in modo che la colla aderisca anche nella parte dove la stoffa è a contatto con se stessa. Capovolgendo il tutto si incide anche il bordo intero e si incolla la stoffa nel bordo del cartoncino.
Si cosparge di colla la carta e la si posiziona in modo che sporga sui lati e si sovrapponga alla stoffa di circa un centimetro. Si ripiegano le sbordature e si incolla accuratamente il tutto in modo che aderisca anche sullo spessore del cartoncino. Prima di ripiegare i bordi, si taglia il triangolo sugli spigoli ad una distanza dagli stessi pari allo spessore del cartoncino. Stesso procedimento per gli spigoli in tela, con ripiegatura all'interno e lavoro di stecca per coprire perfettamente sia lo spigolo che la giunzione. Si esercita una pressione per "arrotondare" gli spigoli ed incollare perfettamente la tela. La copertina è pronta. Si procede con il lavoro di "incassatura", ovvero di incollaggio dei risguardi alla copertina. Prima di procedere si fanno delle prove senza colla, per trovare la posizione giusta. La copertina si deve chiudere senza sforzi o difficoltà.
Per l'incassatura si posiziona il libro dentro la copertina, si inserisce un foglio protettivo fra i risguardi e si cosparge di colla la prima facciata. Sempre tenendo fermo il libro, si richiude la copertina e si preme per farla aderire bene. Si capovolge il tutto e si effettua la stessa operazione dall'altra parte. Nel richiudere, fare in modo che l'unghiatura (la parte della copertina sporge dal libro) sia uguale per entrambe le parti. La colla che ho utilizzato asciuga in soli 5-10 minuti, anche se per un risultato ottimale occorre aspettare 24 ore. Il risultato è quello che si vede in foto. Non male, Bravo. Veramente un ottimo lavoro. Ora, basta crearsi un etichetta in stile retrò, magari leggermente ingiallita con font che sembra scritto a mano con penna stilografica ed incollarla alla copertina. Il risultato non è davvero niente male. Mancano, per mancanza di materia prima, i capitelli ed una fettuccia segnalibro. I capitelli sono delle fettucce che vanno incollate al dorso per abbellirne la parte superiore ed inferiore. La fettuccia segnalibro è più adatta ad un agenda o ad un libro di preghiere, almeno questa è la mia impressione. Ora, giusto per esagerare, vorrei dipingere il bordo delle pagine con una tinta dorata, come i libri di prestigio "di una volta", che quando si facevano le cose a mano i risultati erano davvero stupefacenti e non si badava a spese in quanto i libri erano una cosa da ricchi, dottori allora rispettabili e gente di cultura (specie estinta ormai). Comunque, il lavoro è finito, sono soddisfattissimo. Alla prossima.

P.S. Sassi cadenti su piano giacente. Ripeto: Sassi cadenti su piano giacente.