mercoledì 29 ottobre 2008

Hardware usato

Durante una delle mie visite periodiche in aziende manifatturiere, mi sono ritrovato in uno di quei luoghi ove vengono "immagazzinate" le apparecchiature elettroniche dismesse. Lo stoccaggio di hardware "obsoleto" è un fenomeno che si manifesta nella totalità delle aziende italiane. Un apparecchio, dopo l'utilizzo quotidiano, viene "temporaneamente" sostituito da hardware nuovo, più performante, più compatibile con le nuove versioni di software. Tralascio qui la discussione sul susseguirsi di versioni di programmi modificati per compiacere unicamente le necessità dei nuovi sistemi operativi proprietari, rilasciati solo per esigenze di marketing. L'hardware dismesso, spesso, funziona egregiamente. Per tale motivo viene accantonato con l'idea che "...può sempre tornare utile...". Con il tempo ci si dimentica di averlo, la polvere si accumula, la cura con cui viene inizialmente riposto sugli scaffali va via via scemando. La speranza è sempre quella di "venderlo" a metà prezzo a "qualcuno" che possa ri-utilizzarlo. In questo modo, anno dopo anno, il materiale si accumula all'inverosimile e sempre più viene maltrattato in quanto si pensa che il suo valore sia pressochè a zero. Più polvere ha, meno vale. Le parti poi giudicate meno importanti, quali CD, drivers, manuali, cavi ed alimentatori, chiavi, adattatori vari, vengono inevitabilmente "perse" nei meandri dell'azienda, in qualche cassetto ed alla fine non ci si ricorda nemmeno più a cosa serve. E' già una fortuna trovare tutto alla rinfusa dentro uno scatolone in un groviglio inestricabile di cavi e cavetti sporchi e pieni di ragnatele. Un vero peccato. Ci si imbatte spesso in articoli che parlano del trashware, della mole di apparecchi da smaltire (a volte illegalmente) come rifiuti speciali. In realtà, il 90 % dell'hardware obsoleto, può trovare un utilizzo. Ma l'odierna società spinge più al consumo, all'acquisto del nuovo, anche per ragioni di immagine più che per ragioni pratiche. I rivenditori lo sanno. Preferiscono decantare le doti del nuovo che fa guadagnare di più a scapito del costo di smaltimento che è distribuito sulla comunità. E' un atteggiamento incosciente, egoista, che elogia l'avidità a scapito dell'attenzione all'ambiente in cui viviamo quotidianamente. Contrastare questo fenomeno? E' dura ma si può fare. Fa guadagnare?? No. Decisamente no da un punto di vista economico immediato. Si, se si pensa al risparmio ambientale che però, per alcuni, non si traduce in guadagno economico. Ad ogni modo, si riescono a trovare apparecchi che hanno un valore commerciale di parecchie migliaia di euro al nuovo, ed un discreto valore commerciale nel mercato dell'usato. La cosa dura, se si procede con onestà, è convincere dati alla mano, che si risparmia rischiando però la rottura in ogni momento. Per le stampanti termiche ad esempio, la parte più delicata è la testina, garantita a parte solo per 9 mesi in alcune stampanti. Una stampante di etichette, industriale e del valore di 1500-2500 euro, con 10 km di etichette stampate (nei modelli evoluti il contatore è memorizzato), può funzionare almeno per altrettanti km se si procede con un adeguata manutenzione. Alcol isopropilico, manualità, competenza tecnica e tanta pazienza. Può essere riportata "a nuovo". La probabilità di un guasto alla parte elettrica è prossima allo zero. Proporla a 250 euro è un affarone, dopo la manutenzione straordinaria. Proporla ad una piccola azienda, che non ha molte pretese, è un varo affare. Il valore dell'usato poi sale notevolmente se la dotazione originale è conservata nell'imballo originale. Manuali, alimentatori, cavi, adattatori, CD driver e software di utilità, documentazione varia... L'ordine non sembra una dote degli informatici d'oggi. Il valore di cose acquistate da altri (l'azienda) è percepito dai giovani come pressochè nullo. Non è raro imbattersi in PC presi a calci, stampanti maltrattate al limite del sadismo tecnologico, apparecchi cannibalizzati senza cura su cui delle menti malate hanno inutilmente infierito dopo aver scaricato la rabbia repressa. Deficienti.

C'è anche un aspetto interessante da valutare, per comprendere l'atteggiamento delle aziende che decidono di ri-utilizzare l'usato. L'aspetto è psicologico. Si pensa, si immagina, che usare hardware usato sia da barboni, da poveracci che non si possono permettere l'acquisto del nuovo. I commerciali questo lo sanno e fanno leva proprio su questo aspetto per piazzare le stesse apparecchiature, ma nuove e dal valore 10 volte superiore. Usare l'usato dà un senso di povertà, di inefficienza, soprattutto di arretratezza, non solo tecnologica. A mio avviso tale pensiero è ingiustificato. Molte (tutte le) aziende che acquistano hardware e software nuovi di zecca, li utilizzano al 10 massimo 20% delle loro potenzialità. Riutilizzare l'usato al 100% delle possibilità può permettere di recuperare quella che superficialmente viene definita obsolescenza ed essere più efficienti di chi sotto utilizza il nuovo. Se poi si spinge sull'organizzazione interna, sulla corretta comunicazione delle informazioni, sull'ottimizzazione dei tempi e dei metodi, anche per aziende piccole o microscopiche, ecco che il gap di funzionalità può essere facilmente colmato se non superato. Basta un pò di ingegno, di intelligenza, di volontà... tutte cose ormai scomparse e rintuzzate da campagne di marketing dissennate, menzognere,disoneste ed inutili. Io preferisco spingere l'utilizzo al 100% piuttosto che promuovere nuovi acquisti. Sono deriso e denigrato dai venditori, che se potessero mi avrebbero già ammazzato di botte, ma io continuo così. Ho dalla mia parte i clienti che mi sono scelto, perchè sono io a decidere a chi dare la mia professionalità, non loro che comandano solo perchè pagano. E' una questione di scelte e di coraggio. Alla prossima

P.S. Buttare le mele marce. Ripeto: Buttare le mele marce.

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