sabato 5 marzo 2011

Autopsia batteria Nokia BL-5C

Una batteria di un cellulare che "resiste" in stand-by per 24 ore ma garantisce 30 secondi in conversazione, è una batteria che ha fatto più che egregiamente il suo dovere e che è stata sfruttata sin troppo per troppo tempo. E' venuto il momento di sostituirla con una nuova (sic!) ma anche l'occasione per aprirla e vedere com'è fatta al suo interno. Sto parlando della Batteria Nokia ricaricabile modello BL-5C capacità 1020mAh 3,7Volts LI-Ion (ioni di litio). Voglio provare l'esperimento del litio in acqua (osservare la reazione chimica esotermica) e per fare questo dovrò aprire l'involucro ai minimi termini (disassemblaggio estremo). Per iniziare, si toglie la pellicola esterna che riporta i dati tecnici, le raccomandazioni d'uso, il QR code  e l'ologramma che attesta l'originalità del prodotto.  L'ologramma è un foglietto trasparente (olografato) sovrapposto ad un etichetta riflettente che conferisce il tipico aspetto tridimensionale. Una volta tolto l'involucro incollato, si nota una sigla stampata nel corpo della batteria (P0530489 probabilmente la codifica del modello o l'anno luogo di produzione...boh), un frame di plastica che tiene assieme il corpo batteria con un minuscolo circuito elettronico, sorretto da una spugnetta che fa da "ammortizzatore", e due linguette metalliche per i poli positivo e negativo. Un terzo contatto esterno (fra i due estremi + e -) è il terminale "T" che dovrebbe fare capo al termistore NTC usato per il regolatore di carica. Il termistore è una resistenza variabile in funzione della temperatura. Il valore della resistenza viene monitorato dal regolatore di carica per evitare il surriscaldamento dell'elemento al litio sottoposto a ricarica. Questo per evitare il surriscaldamento con produzione di gas che in casi estremi possono incendiare o far esplodere la batteria....ricordate qualche episodio di cronaca??
Per ora procedo con l'esame del circuito che nel retro riporta la sigla Cn-3650.  Due integrati a tre terminali e cinque resistenze... il termistore non ho idea di quale e dove sia. Una lacca nera impedisce di ricostruire visivamente il circuito e la mancanza di sigle rende estremamente difficoltoso intuire il funzionamento dello stesso... magari googlando un pò si riesce a trovare qualche schema di principio, un datasheet o alla peggio, pazientemente, si gratta la vernice con dei micro abrasori e si cerca di seguire il percorso delle piste. Non mi è ancora chiaro se per la ricarica è sufficiente l'azione del circuito interno o se occorre prevedere un micro esterno (probabilmente all'interno del cellulare c'è sicuramente qualche regolatore DC/DC) per fornire i giusti valori di tensione / corrente necessari alle fasi di ricarica. Le batterie al litio infatti, pur rappresentando tutto sommato un ottima soluzione per la conservazione ed erogazione dell'energia, sono un pò "permalose" nella fase di carica che richiede, batteria per batteria, un preciso e predefinito profilo da rispettare per evitare la distruzione della stessa. La mancanza di sigle è un vero ostacolo, anche se il circuito è estremamente semplice.
Aggiornamento (wikipedia):
Una pila al Li-Ion singola non va mai scaricata sotto una certa tensione, per evitare danni irreversibili. Di conseguenza tutti i sistemi che utilizzano batterie al Li-Ion sono equipaggiati con un circuito che spegne il sistema quando la batteria viene scaricata sotto la soglia predefinita. Dovrebbe dunque essere impossibile scaricare la batteria "profondamente" in un sistema progettato per funzionare correttamente durante il normale uso. Questa è anche una delle ragioni per cui le pile al litio non vengono mai vendute da sole ai consumatori, ma solo come batterie finite progettate per adattarsi ad un sistema particolare.
Quando il circuito di monitoraggio della tensione è montato all'interno della batteria (la cosiddetta "batteria intelligente") anziché come equipaggiamento esterno, e consuma continuamente una piccola corrente dalla batteria anche quando non è in uso, la batteria non va a maggior ragione immagazzinata per lunghi periodi completamente scarica, per evitare danni permanenti.

Ora devo pensare a come aprire il pacco che contiene il litio... e' una scatoletta metallica apparentemente priva di giunture ed apparentemente affogata in resina solidificata. Sarà un impresa. Alla prossima. 

P.S. la quaglia è nel nido ed il fagiano ha fatto l'uovo. Ripeto: la quaglia è nel nido ed il fagiano ha fatto l'uovo.

lunedì 7 febbraio 2011

derattizzazione

E' periodo di primavera, aria frizzante, giornate che si allungano, ed immancabile la periodica pulizia del bunkerlab. E' da un paio di settimane che sto impazzendo per capire il protocollo USB di un mouse ottico. Complice l'arrivo da oltreoceano di una super guida esaustiva, voglio capire come decodificare i dati che arrivano nella porta USB e poter così usarli a fini sperimentali per delle applicazioni embedded che sto sviluppando. Inevitabilmente, per iniziare ho dovuto riesumare lo scatolone che contiene i mouse usati in trentanni di attività e messi da parte per ragioni "affettive" (l'affetto per l'ambiente e l'avversione alla pratica dell'usa e getta). Mi piange il cuore e confesso la lacrimuccia di nostalgia dei tempi andati. Ma Dio riciclo vuole e comanda, per cui, plastica con plastica, cavi con cavi, viti con viti ed elettronica al recupero componenti. Una cinquantina di PCB che comprendono almeno un quarzo oscillatore (da 6 a 14 Mhz), micro capacità elettrolitiche, led ad infrarossi, transistor IR fotosensibili, encoder (la rotellina) su cui dovrò indagare circa il loro funzionamento... al primo ritaglio di tempo, parte il dissaldatore e via a catalogare componenti. I chip per il protocollo seriale sono fra i più disparati, ma la fa da padrone la Logitech, anche dentro i mouse IBM model.33G5430, HP, Apple (family number G5431 E89826I LR87493) e tantissimi altri di marche "minori".
Ecco alcune sigle dei chip di comunicazione PS/2 rinvenuti:
  • LSC507201P Motorola
  • LSC507804P Logitech
  • SC88931P Motorola - Logitech
  • DX360096-00 (mouse DEXXA)
  • EM84510EP (EMC)
  • 331054-1010 Logitech
  • 331021-2001 Logitech
  • 331115-1001 Logitech
  • 361125-1010 logitech
  • 42C40P1924 Logitech'88

Notevole il Logitech MouseMan Wheel (model M-CW47) uno fra i modelli dell'epoca abbastanza costosi rispetto alle cifre ridicole di oggi. E' rimasto invece intatto il Logitech TrackmanMarble Wheel mod.number T-BB13, a cui non mi ci sono mai abituato con quella "palla" da azionare col pollice per muovere il cursore... troppo "strano" come mouse...non vedo l'ora di aprirlo per capire come è fatto all'interno, ma al momento resisto.
Allora, cosa ci possiamo fare con tutto questo "ben di dio"?? I cavi vanno sicuramente riutilizzati, magari assieme alle prese delle mother board. I led all'infrarosso? come fine-corsa ovviamente, abbinati ai fototransistor, ma possono andare benissimo anche per rilevare dei movimenti. Gli encoder? dato che hanno la caratteristica di segnalare i movimenti in due direzioni possono trovare applicazione quando si ha la necessità di qualche retroazione a degli azionamenti. Dovrò inventarmi qualcosa o portare avanti uno dei progetti in sospeso. Gli unici componenti che non trovano un uso "elettronico" sono le palle del topo. Sto già pensando di costruirmi una marble machine interamente fatta con pezzi di recupero. Cos'è? Sono quei meccanismi che fanno girare le palle all'infinito...appropriata come applicazione, non c'è che dire visti i tempi cupi che stiamo vivendo. Alla prossima.

P.S. Le palle del topo sono da sostituire. Ripeto: Le palle del topo sono da sostituire.

martedì 25 gennaio 2011

Ri-uso

Troppo spesso le idee che mi vengono in mente, vengono poi tradotte sul piano pratico nell'ennesimo business... per gli altri. Mi sa che c'è qualche microspia nel mio bunkerlab e la devo smettere di parlare da solo ad alta voce.  Ma del resto, le idee che ho, sono frutto dell'ovvietà che deriva dall'inevitabile conseguenza di scelte governate dall'unico disgraziato desiderio di fare profitti.
Da "Repubblica" un articolo che cita una nuova "moda". Alcune multinazionali si sono accorte che esistono su questo pianeta delle persone che riescono a rigenerare, riparare, rimettere a nuovo, ingegnarsi per non buttare e risparmiare. Ecco che allora, sempre pronte a danneggiare i più piccoli e togliere loro quello che a volte è una boccata di ossigeno, le multinazionali, i "big", hanno pensato si fare proprio quello che per i deboli è un micro business, trasformandolo egoisticamente in una fonte di guadagno. Ladri di idee, ladri di futuro, ladri e basta. Che le multinazionali siano maledette per l'eternità.
Se fino a qualche anno fa concentravano il loro sforzi per indurre le persone a consumare rapidamente e gettare in discarica con leggerezza, oggi sono concentrati a completare la loro sfera di interesse (il lucro) anche nel settore dell'usato, diventato improvvisamente prezioso...per loro ovviamente. Di noi poveri mortali che importa?
Ma... credono davvero che ce ne staremo con le mani in mano a guardare l'ennesima rapina del lavoro?. Ormai la miniaturizzazione e la tecnologia ci impedisce di produrre in proprio l'hardware (ma non è proprio vero del tutto), ma nulla ci impedisce di scrivere software. Per reagire, concentreremo i nostri sforzi nel settore IT per riscrivere "from scratch" il firmware delle loro apparecchiature tecnologiche. Vedremo quindi, presto, apparecchi "obsoleti" che funzionano meglio, più pratici, più veloci. E' già successo con GNU-linux per i PC, sta accadendo con router e modem o per le console da gioco, accadrà per i telefonini. E' solo questione di tempo. Riusciremo quindi a liberarci per sempre dalle licenze d'uso, il cancro della tecnologia, e disporre liberamente di ciò che ci appartiene di diritto, senza vincoli contrattuali....liberi! Parallelamente, in rete, senza capi e senza arruffapopolo sempre pronti a comandare, la comunità hacker penserà a boicottare certi prodotti osannati dal marketing, ma che in realtà sono delle ciabatte senza valore. La qualità di un prodotto la si verifica dai materiali, dalle scelte progettuali, dalle caratteristiche dei componenti elettronici usati. Solo aprendo, smontando, riparando si può capire se un apparecchio è ben fatto, se alla base ci sono delle buone idee e delle scelte ragionate, giustificate, condivisibili. Il più delle volte ci si accorge che alla base, come obiettivo principale, c'è la massimizzazione del profitto, e mi spiace per quei progettisti che vorrebbero fare di più ma sono costretti a certe scelte scellerate in nome del risparmio sui materiali. Anche il firmware soffre di questa visione miope del progresso. Fior di sviluppatori costretti a consegnare programmi scritti in fretta, già sottopagati ovviamente. I risultati i tecnici li percepiscono ed hanno perfettamente ragione nel modificare, migliorare, smontare e sostituire...sarà per noi ancora più facile continuare a trovare nuovi sbocchi verso nuovi mercati, sino a quando i consumatori non si sveglieranno per reagire... ma per questo non c'è pericolo visto il coma profondo in cui sono stati portati.
Buona fortuna imbecilli. 

P.S. il bagno è sporco e manca la carta. Ripeto: il bagno è sporco e manca la carta.