mercoledì 5 settembre 2012

Energia solare in viaggio

Ferie in bicicletta, attrezzato come un cosmonauta in missione verso marte. Ordine del medico, causa operazione al ginocchio che, causa immobilità prolungata (servizio sanitario e medici di m*rda), ha perso il 50% delle funzionalità motorie. Imbottito di potenti antidolorifici (poco efficaci sotto sforzo), ho percorso più di 500Km in bici, stringendo i denti e pensando che il dolore è solo uno stato mentale come altri... Fra l'attrezzatura che mi sono tirato dietro, ed a volte spinto in salita, ho optato per dei pannelli solari (Geonaute made in china) trovati da D*cathlon a 29,95 euro cadauno. Sono dei pannelli fotovoltaici portatili, 18X22 cm, che promettono una carica sufficiente per le emergenze... tenere in carica il cellulare (per le emergenze), il navigatore GPS (il G*rmin Nuvi200 è troppo avido di energia) o nel mio caso per ricaricare le batterie delle e-cig EGO510 (che a rimanere senza è come restare senza accendino per i fumatori 1.0). Promette una corrente di 1 ampère (dichiarati), più che sufficiente per gli scopi prefissati. 

La prima cosa che ho fatto, appena rientrato dal giro di acquisti delle ultime necessità legate ad una lunga trasferta cicloturistica, è stata quella di aprire, smontare ed analizzare l'attrezzo. Il "contenitore", una bustina di materiale idrorepellente (non a tenuta stagna purtroppo) con all'estremità inferiore un apertura a velcro, contiene un pannello fotovoltaico (abbastanza fragile all'apparenza), una piccola batteria ed un circuito dotato di due prese USB, una per la ricarica via computer (alternativa al pannello) ed un uscita di ricarica dei dispositivi. Il circuito elettronico ("protetto" da un foglietto di plastica trasparente) è quindi diviso in due. Una parte commuta l'energia in ingresso (pannello fotovoltaico o sorgente di rete a 5V) e regola la corrente di ricarica della batteria. Un altra parte regola la corrente di uscita stabilizzandola a 5V (La tensione di 3,7 V della batteria viene elevata, tramite un commutatore DC/DC, a 5V). Non dovrebbe essere troppo difficile costruirsene uno di artigianale. 
Vediamo alcuni dati tecnici:
  • Batteria a 3.7V (non si sa se al litio o cosa) sigla 063450 1000mA/h. Batteria a 3 fili che porta a pensare alla presenza del termistore di allarme per evitare le cariche eccessive (litio?)
  • PCB sigla ON300 con integrato ST 8 pin sigla 393 eZ108 (forse un LM358) ed un anonimo 5056 1213 a 8pin a cui sono collegati i 2 led rosso e verde.


La classica domanda stupida che i vari curiosi incontrati per strada formulano, attratti dalla "novità", in lingua tedesca o inglese è..."funziona?". Allora... durante il giro quasi tutti ci hanno rivolto domande in lingua straniera... ci scambiano per tedeschi. Ciò dimostra l'arretratezza di voi italiani nei confronti di chi si sposta in bici con un minimo di attrezzatura...bici + carrello e l'immancabile caschetto. Quest'ultimo sembra che gli "itagliani" non lo portino che "fa poco figo". Tornando a noi ed al quesito, la risposta è sì, funziona. Giusto quel poco che serve per le emergenze (lavatrice, TV portatile, asciugacapelli e forno a microonde esclusi) ma con alcuni punti di demerito (o margini di miglioramento). Vediamoli:

  • Il contenitore non è rigido e non protegge il pannello fotovoltaico dagli urti o dalle accidentali sollecitazioni quando lo si ripone nelle borse (che non vanno prese a calci e tanto meno buttate per terra quando si è stanchi morti) 
  • Il tempo di ricarica della batteria è dichiarato in 6-8 ore con sole a picco (che picchia a 90° di incidenza sul pannello fotosensibile) il che è quasi impossibile mentre si pedala con i pannelli agganciati alle borse. 2-3 ore per la ricarica via USB se ci si trova presso qualche fonte di energia alternativa al sole. Entrambi i tempi sono incompatibili per lunghe trasferte in bici a meno che non si ricarichi il tutto durante le pause notturne a scapito delle emissioni di CO2 conseguenti. 
  • Il tempo di scarica dipende fortemente dal pannello. Nel mio caso uno dei due non funziona bene, si carica e scarica troppo in fretta probabilmente a causa di una batteria difettosa... provvederemo a riparare e modificare.
  • Durante la carica sotto il sole, l'elettronica e la batteria si scaldano parecchio (e sappiamo quanto male faccia la temperatura alle batterie). Il circuito e la batteria andrebbe isolato con dei fogli di silicone e non a diretto contatto con il pannello (capisco, problemi di spazio ma possiamo rinunciare a qualche millimetro vero?). Andrebbe studiato un isolamento termico per elettronica e batteria, magari remotizzandolo per riporlo dentro le borse "al fresco".

Bene per la tasca a rete porta cavetto USB (in dotazione) e l'elastico con moschettone, utilissimo. La proverbiale "qualità" cinese ben si sposa con i prezzi al pubblico, tralasciando il ricarico gigantesco del rivenditore. Conviene cercarne uno in cina e farselo spedire a casa, secondo me si risparmia qualcosa o si trova qualcosa di meglio. Si sente il bisogno di un autonomia maggiore per la ricarica (una batteria leggermente più capiente?), di un indicatore di carica alternativa al led rosso e verde "tutto o niente", di minori tempi di ricarica, di un area leggermente più grande per l'elemento fotovoltaico (compatibilmente con lo spazio a disposizione nel portapacchi o nel carrello portabagagli).
Tutto sommato, per ora, sono soddisfatto. I pannelli hanno svolto il loro lavoro ed il ginocchio ora è operativo al 90%.  Alla prossima.

P.S. Prugne e mele sono sotto spirito. Ripeto: Prugne e mele sono sotto spirito. 

sabato 30 giugno 2012

Honeywell VK4105C autopsy

Ieri è venuto l'idraulico che, dopo vari armeggiamenti e riti sciamanici su una caldaia che perdeva acqua ed andava in blocco, termina il lavoro con un pezzo in mano, imputato del malfunzionamento. Un elettrovalvola del gas... cosa c'entri con la perdita d'acqua dio solo lo sa. La sostituzione è "gratis" in attesa che venga a breve installata la caldaia nuova, elettrica stavolta, che sicuramente con quello che ci guadagna non si sta certo a formalizzare per il lavoro visto che poi il ricambio se lo porta via assieme ai preziosi tubi di rame della caldaia vecchia e di tutti i ricambi usati ancora funzionanti. Mi faccio consegnare il pezzo "guasto", per mera curiosità ovviamente, mica per sfiducia ovviamente. Voglio capire e vedere cosa c'è dentro. Si tratta di un elettrovalvola per gas marca Honeywell  VK4105C con doppio solenoide a 220V (costo stimato dai 150 ai 200 euro!).
L'apertura è facilitata dalla presenza di viti Torx. L'interno non svela poi chissà quali sorprese. Un solenoide (quello più grosso) aziona un pistone a molla che apre o chiude il condotto di ingresso, su cui si trova una retina metallica per trattenere eventuali corpi estranei. Il secondo solenoide è la valvola di sicurezza comandata dalla centralina ad intervenire in caso di malfunzionamenti.  Il gas in entrata passa poi attraverso dei condotti ed attraverso delle membrane e delle guarnizioni di regolazione della pressione (tramite delle viti) fluisce verso l'uscita. Niente di particolarmente complicato ma se non c'è elettronica mi diverto poco. All'apparenza tutto sembra a posto e la sostituzione sembra più una scusa per vendere una nuova caldaia e durante la sostituzione imbonire commercialmente la cliente (un anziana signora che a conti fatti risparmia a prenderne una nuova che mantenere per anni questi scienziati dell'idraulica). 
L'unica parte delicata sembrerebbe essere la membrana di gomma ma all'ispezione è risultata perfetta e priva di segni di usura o rottura. Forse, spezzo una lancia in favore del tecnico, il solenoide presenta dei problemi di contatto a caldo per cui se lo si prova a freddo sembra funzionare. E vabbè. Ieri c'è stato l'aumento del gas in misura molto maggiore dell'aumento dell'elettricità e la nuova caldaia elettrica forse permetterà un risparmio maggiore. L'unico cruccio è il carico. Tra frigoriferi e congelatori, server, condizionatori, ventilatori, stufette elettriche per i vani isolati, lampadine varie ed elettrodomestici... mi sa che 3Kw non basteranno ma di chiedere l'aumento all'enel della potenza disponibile giammai.  Piuttosto rinuncio al congelatore e sfrutto la cantina per tenere al fresco la roba che non ha bisogno di temperature tipiche del frigo. Ragionandoci poi un pò mi sono chiesto: d'inverno che senso ha un frigorifero che posto in una stanza a 18-20 gradi raffredda l'aria calda quando la temperatura esterna è sicuramente inferiore o prossima allo zero? Mi sembra una tonteria, una sciocchezza e sicuramente uno spreco. Riscaldare la cucina e tenerci un elettrodomestico che raffredda l'aria calda quando fuori fa freddo... pensiamoci... siamo proprio dei deficienti. E' un pò come riscaldare l'acqua fredda per la lavatrice quando fuori ci sono 40 gradi o usare l'acqua potabile per lo sciacquone del WC. Geniale no? Alla prossima.

P.S. la marmellata è pronta ed i vasetti sterilizzati. Ripeto: la marmellata è pronta ed i vasetti sterilizzati.

domenica 24 giugno 2012

Termografia con webcam

Oggi, complice l'impossibilità a deambulare causa infortunio già descritto, mi ritrovo ad intripparmi con un idea che mi frullava da tempo. Decido quindi di documentarmi meglio per trasformare una webcam in un apparecchio in grado di rilevare le temperature, una webcam termografica. 
Pessima idea. Scordiamoci sin dall'inizio che si possa ottenere qualcosa di decente. I sensori CCD di una webcam sono inadatti per rilevare qualcosa di utilizzabile nel campo della termografia. Ci hanno già provato in tanti ma niente da fare, nemmeno pensando di elaborare le immagini con un software ad-hoc. Il problema è dato dalla gamma di sensibilità dei CCD commerciali e la frequenza della luce infrarossa di temperature "elevate". Se qualche bimbominkia pensa di esserci riuscito, che si vada a documentare, così magari la smette di parlare "ad penis" di "webcam a raggi infrarossi" o telecamere "antinebbia". L'unico esperimento percorribile è la rimozione del filtro ad infrarossi, un vetrino che blocca la componente infrarossa della luce catturata dal sensore. Così si ottiene una webcam più sensibile alla radiazione infrarossa ma siamo ben lontani da una termografica. L'effetto risultante è una variazione dei colori. Gli indumenti neri appaiono grigio chiaro o addirittura bianchi. Altri colori virano in dipendenza del materiale, a volte la plastica rossa diventa rosa, il verde e l'azzurro cambiano tonalità e così via. Un paille nero diventa bianco, ad eccezzione dei bottoni che si vedono ancora neri. Ma l'aumento della sensibilità alla radiazione IR ne fa un interessante strumento per la ripresa notturna. Basta illuminare la scena con un led che emette luce IR e la scena, ad occhio nudo al buio, appare illuminata. Per grandi spazi serve un illuminatore abbastanza potente  mentre per vani dentro casa, ingressi o garage, ne basta solo uno, magari recuperato da qualche vecchio telecomando. In queste condizioni, vorrei provare anche con un laser ad infrarossi per captare le conversazioni puntandolo sui vetri delle finestre... ci hanno già provato ma sono abbastanza scettico si possa ottenere qualcosa di decente senza ottiche professionali. Vabbè. Stanotte, complice il buio, voglio provare a verificare se si riesce a fare qualcosa di interessante. Per ora provo a vedere se una bibita ghiacciata mostra qualche differenza con una bibita uguale ma a temperatura ambiente o magari calda... non credo ma la curiosità è tanta e poi mi diverte il pensiero di sperimentare per smentire chi enfaticamente afferma di esserci riuscito. Alla prossima.

P.S. l'avvocato mangia l'aringa. ripeto: l'avvocato mangia l'aringa. 

domenica 10 giugno 2012

Phantom ecig cartomizer (parte 18 - a look inside)

E non potevo fare a meno di verificare visivamente cosa accade all'interno di un cartomizer, per cui ho chiesto ad "unaltroamico" di verificare con un piccolo microscopio usb, appoggiando la lente in prossimità della resistenza... dovrò decidermi di costruirmene uno prima o poi.
Nel video (http://www.youtube.com/watch?v=mccoqhXEUao) la ripresa "live" del funzionamento, dove si notano tre esempi di resistenza a tre livelli di usura ed utilizzo. 

Il cartomizer in questione è il Phantom V2 per la serie 50x, dal serbatoio trasparente ed abbastanza capiente per soddisfare accaniti svapatori in cerca di qualcosa da succhiare che soddisfi il palato e la lingua. 
Si nota chiaramente la formazione delle goccioline di vapore che restano in sospensione nell'aria seguendo i movimenti convettivi o precipitando sulla resistenza stessa appena si raffredda. Si nota inoltre che:

  • le resistenze non sono tutte uguali ed il vapore si forma solo in prossimità del filo a contatto con il wich assorbente non ricoperto da incrostazioni. 
  • la formazione del vapore è pressochè istantanea (al click del bottone) e particolarmente "abbondante" in questo modello di cartomizer anche in caso di uso intenso
  • le incrostazioni ovviamente, se particolarmente spesse, impediscono la formazione corretta del vapore
  • non tutte le resistenze appaiono avvolte a contatto con il wick  impedendone un corretto funzionamento
  • non tutte le resistenze hanno lo stesso numero di spire di avvolgimento
  • le fibre del wick si spezzano e così contribuiscono poco all'assorbimento completo del liquido
In sintesi... sembra che il concetto di "qualità" in oriente sia molto aleatorio e soggettivo. A questo si aggiunga il problema dei liquidi fatti in casa. Sembra (voci di corridoio) che una minima percentuale di acqua in più o meno rispetto alla glicerina vegetale, provochi enormi differenze in termini di resa sia aromatica che di produzione di vapore corposo e pieno. Per cui... acquistare i liquidi preconfezionati? Giammai! C'è poco da fidarsi. La ormai proverbiale avidità e disonesta di certi commercianti senza scrupoli (che sembra si riproducano velocemente nel vostro paese delle banane), ha creato un circuito commerciale di liquidi preparati alla meglio, magari in cantina e nel sottoscala, in condizioni igieniche sconosciute (ma a pensar bene, sicuramente precarie), complice anche gli altissimi ricarichi praticati e gli ampi margini di guadagno. Conviene, sicuramente, farseli in proprio cercando di dosare al meglio le quantità degli ingredienti e degli aromi come suggerito dai produttori delle materie prime. Alla prossima. 

P.S. il brodo di giuggiole è in caldo. Ripeto: il brodo di giuggiole è in caldo.