giovedì 5 agosto 2010

Progettazione alimentatore (parte1)

Devo sostituire un alimentatore switching guasto che, per ora, non voglio riparare (lo metto comunque da parte). Mi serve per alimentare il dissaldatore ad aria calda autocostruito che ho interamente realizzato da me, descritto nei post precedenti. 24 Volts 4 - 6 A. Mi servirà inoltre per alimentare un taglia polistirolo, usato per formare dei fogli su cui infilo gli integrati TH previo rivestimento con la carta stagnola (per le scariche elettrostatiche che potrebbero danneggiarli). Lo sto realizzando e presto, forse, pubblicherò le foto.
L'assorbimento di corrente suggerirebbe di progettare un alimentatore switching, sia per eigenze didattiche personali che pratiche, date la "alte" correnti in gioco. Ma ho da parte dei componenti di recupero, dei trasformatori, regolatori di tensione ed una montagna di condensatori che voglio ri-utilizzare. Inoltre, gli switching li sto studiando ma ho difficoltà con le bobine ed induttanze di filtro e trasformatori in alta frequenza che vanno costruiti sulla base di dati che non ho (ferriti di recupero che permeabilità hanno?) Per cui, decido di procedere con un alimentatore lineare, a trasformatore, e memorizzare qui, nel mio diario personale, i dati che mi servono per realizzarne altri. In giro si trovano parecchi schemi, quasi tutti inutilizzabili per due motivi. O la tensione non è quella che mi serve, o la corrente si limita a poche centinaia di milliampère, o vengono usati transistor o componenti che difficilmente si trovano di recupero, ma soprattutto nessuno spiega come calcolare il valore dei componenti, quasi fosse un segreto di stato da custodire gelosamente. Forse siamo considerati delle scimmiette che copiano quello che c'è e comprano quello che non si trova pronto. Io voglio solo capire, arrangiarmi, sbagliare e soprattutto imparare. Solo così posso spingermi oltre. Allora. Partiamo. L'approccio non è la partenza da dei dati di targa per poi sceliere i componenti. Per un "recuperatore elettronico" occorre fare il contrario, ossia partire dai componenti ed usare quello che si ha, adattando il progetto di conseguenza (per questo è indispensabile sapere cosa si fa). Ho per le mani un vecchio alimentatore di un apparato ISDN, un classico +5 1A e +/- 12V 200ma. L'alimentazione duale dei 12 volts mi suggerisce che il secondario del trasformatore è a doppio avvolgimento con presa centrale, che possono essere usati in serie per ottenere i 24 volts necessari. Parto già dal dubbio che il trasformatore in questione probabilmente a pieno carico inizierà a friggere, ma per ora non è un problema...ci penserò più avanti Per la cronaca, 24 volts per 6A serve un trasformatore da almeno 150VA. 
Decido di raddrizzare la tensione di uscita con un classico ponte a 4 diodi. La corrente che questi devono supportare (I diodo) dovrà essere del 20% superiore alla corrente massima erogabile (I max carico) nel caso di raddrizzatore a ponte (50% per raddrizzatore a semionda), per cui:
I diodo=I max carico +20%
Negli alimentatori da PC si possono facilmente reperire ponti raddrizzatori anche da 10 ampere e più, perfettamente recuperabili. Devo ancora frugare per controllare cosa ho per le mani. 
La tensione raddrizzata che si ottiene dopo il ponte raddrizzatore sarà data dalla formula:
Vponte=(V trasf - 1,4) * 1,41
dove Vtrasf è la tensione alternata nominale del secondario del trasformatore (24V), che darà nel nostro caso 31,87 Volts e 1,4 la caduta di tensione su due diodi del ponte che lavorano in coppia per ogni semionda. Nel caso di raddrizzatori a singola semionda, occorre sottrarre 0,7V. 
Condensatore di livellamento: Appena dopo il ponte, è meglio inserire un condensatore che abbia una capacità data dalla relazione:
C1= 20.000/(Vponte/I max carico)
La tensione di lavoro di questo condensatore dovrà essere abbondantemente superiore alla tensione calcolata dopo il ponte raddrizzatore. 
Lo stabilizzatore di tensione: Ho a disposizione un certo numero di 7812, stabilizzatori per 12 volts positivi. Bisogna ricordare che per farlo lavorare correttamente, occorre che in ingresso sia presente una tensione 1,4 volte superiore alla tensione dello stabilizzatore. Questo per gli stabilizzatori della serie 78xx da 12, 15, 18 e 24 volts.
Come ottenere in uscita i 24 volts?? Basta inserire in uscita un partitore di tensione composto da due resistenze che chiamaremo R3 ed R4 ed il cui valore si calcola nel seguente modo: 
R3= Vintegrato/0.025 dove Vintegrato nel nostro caso è 12Volts.
R4= (Vout-Vintegrato)/0.025 ed otteniamo due resistenze del valore di 480 ohm che andrà arrotondato al valore disponibile più vicino. 
Il valore 0.025 è la corrente (25 milliampère) che si decide di far scorrere nel partitore. Per variare la tensione  in uscita si varia la R4 usando un potenziometro o un trimmer di valore adeguato. Il piccolo condensatore (C5) in parallelo ad R4 sarà di valore standard di 10pF. 
E' meglio inserire fra i terminali in e out dello stabilizzatore, due capacità (C3 e C4) da 100.000pF che andranno posizionate più vicino possibile all'integrato per evitare fenomeni di autooscillazione. 
Dato che l'integrato U1 che stiamo usando (7812) può erogare al massimo un ampère...dobbiamo trovare una soluzione per farlo lavorare come stabilizzatore e nel contempo permettere l'erogazione della corrente che ci serve. Adotteremo la soluzione in figura, decidendo a priori di far passare nell'integrato 200mA ed il resto nel transistor PNP Q1. Si possono usare dei vetusti TIP32 da 10A e 400V, reperibili facilmente negli alimentatori da PC un pò datati. Quando la corrente assorbita supera il valore che abbiamo deciso, si polarizza la base del transistor che entra in conduzione e lascia passare su di sè la corrente in più. La resistenza R1 si può calcolare con delle formule che però dipendono dal guadagno del transistor. Dato che questo valore varia da transistor a transistor, si sceglie un valore che va da 9 a 12 ohm. In ogni caso, per calcolarla, usare le seguenti formule:
I base q1= Imax/Hfe dove Imax è la massima corrente erogabile dall'alimentatore ed Hfe il guadagno misurato del transistor Q1 (o preso come valore medio dal datasheet). Un valore prossimo a 40 per i transistor di potenza è comunque una buona partenza.
Ir1=0,2 -Ibase dove 0,2 sono i milliampère che lasciamo passino nel regolatore.
R1=0,7/Ir1 dove 0,7 è la tensione necessaria a portare in conduzione il transistor Q1.
La potenza di questa resistenza andrà calcolata con :
Watt r1= (Ir1*Ir1) / R1

Meglio inserire anche una protezione dai cortocircuiti. Per farlo occorre un altro transistor PNP Q2 uguale a quello già usato ed una resistenza a filo R2 in grado di supportare la corrente massima. La resistenza andrà calcolata con :
R2=0,7/Imax (verrà fuori un valore molto basso)
R2 può anche essere del tipo autocostruito, avvolta magari su un materiale isolante che resiste ad alte temperature...vetro, ceramica, pietra ecc....
Alla fine, verso l'uscita si inserisce un condensatore di livellamento C2 del valore 10 volte inferiore a quello usato subito dopo il ponte radrizzatore:
Cout=Cin/10  o C2=C1/10 con tensione nominale almeno doppia rispetto al valore di tensione progettato. 
Può essere cosa utile inserire un paio di led (ingresso ed uscita) per monitorare la presenza o meno della tensione necessaria, un interruttore principale ed un fusibile in ingresso. Per il calcolo della resistenza di caduta del led rimando ai tantissimi calcolatori on-line. 
OK. Montaggio su 1000fori, collaudo e tutto dovrebbe funzionare a meraviglia, ricordando di montare regolatore e transistor su un aletta di raffreddamento di dimensioni generose (quelle dei PentiumII intel sono ottime e si può tenere anche la ventolina per migliorare la dissipazione). 
Ora, pian piano, con moooolta calma e flemma dato che non ho nessun padrone aguzzino che mi frusta, passo alla realizzazione, dopo aver messo assieme i componenti che mi servono, adattando il tutto in base a quello che trovo.  Posso recuperare tiutti i componenti, compresa la presa VDE 220V, l'interruttore da pannello, i led, il dissipatore in alluminio...se tutto va bene posso recuperare anche un case ventilato...vedremo. Alla prossima.

P.S. Oreste chiama la pioggia e le nuvole arrivano da Est. Ripeto:Oreste chiama la pioggia e le nuvole arrivano da Est.

giovedì 29 luglio 2010

Riparazione alimentatore Fonera (parte 2)

Temporali, tuoni e fulmini... e l'alimentatore della fonera salta di brutto. E' lo stesso che avevo riparato in precedenza, descrito in un post apposito. Rimando a quella pubblicazione per le considerazioni generali, compreso il metodo di apertura del guscio. Stavolta, non sembrano evidenti segni di bruciature...brutto affare, il fusibile è ok, ma l'alimentatore completamente morto...si sarà rotto lo stadio finale? In questi casi come si opera? Come si procede per individuare il guasto? Io ho fatto così. Tester, scala prova diodi e dall'ingresso in avanti si cerca di procedere provando uno ad uno i componenti. Per ora sono riuscito ad individuare il Filtro di ingresso (L3) ma credo che dovrò dare un occhiata anche al condensatore in poliestere già sostituito in precedenza. Il problema reale, una volta dissaldata la doppia bobina montata su un nucleo di ferrite, si nota immediatamente... c'è una bruciatura sul circuito stampato. Il componente riporta una sigla 30C050098-01 ma, per ora, una ricerca in rete non ha dato esito positivo. Nella scatola dei componenti di recupero non ne ho nemmeno una di simile per dimensioni... Temo che dovrò rifare gli avvolgimenti a mano, se si riesce di smontare il tutto e contare il numero di spire che, spero, non sia particolarmente critico.... tentar non nuoce. Alla peggio, posso prevedere un classico alimentatore da 5V 2 A, progettato ad hoc attorno ad un regolatore 7805 recuperato da qualche alimentatore da PC. La sfida però mi alletta e sono tentato di procedere... vedremo. Alla prossima.

Aggiornamento. Ho rifatto gli avvolgimenti della bobina di filtro. E' sufficiente avvolgere 138 giri di filo di rame smaltato da 0,1mm di diametro. e risistemare le due ferriti ad "U". Con un pò di pazienza si può. Il problema è che appena inserisco l'alimentatore nella presa, scatta il differenziale. L'alimentatore non dà segni di bruciature, scintille, fumo o altro ed il fusibile resta integro. Scatta solo il differenziale generale dell'impianto elettrico di casa. Probabilmente i due avvolgimenti non sono perfettamente bilanciati, forse ho sbagliato a contare le spire. Devo rassegnarmi in attesa di reperire il componente. Pazienza.

P.S. Il liquido è limpido. Ripeto:  Il liquido è limpido.

sabato 17 luglio 2010

Logitech Bluetooth Hands Free Head Set, F-0179A F0179A (in riparazione)

L'auricolare bluetooth in foto proviene da un operazione di "sgombero cantina" di un amico che, conoscendo la mia mania di recuperare tutto il recuperabile, della mia ossessione di voler fare la mia parte nel salvare il pianeta e rendere inutili gli inceneritori e dello sciopero della spesa che ho indetto e che prosegue ad oltranza, mi ha invitato a ritirare delle scrivania d'ufficio. Con l'occasione, un rifiuto tira l'altro, me ne sono uscito con l'aurocolare, 5 scrivanie praticamente nuove, due sedie rotte con le ruote, una scopa elettrica, una taglierina professionale, un cellulare sony ericsson...il tutto accompagnato dall'esortazione..."vedi se riesci a farli funzionare". Partiamo con l'autopsia dell'auricolare che sembra l'oggetto più "semplice" e che se rimesso a nuovo, mi potrebbe servire (valore attuale di mercato stimato: dai 15 ai 30 euro).
Nel sito della Federal Communication Commission, grazie al numero stampigliato sull'etichetta FCC ID F-0179A, possiamo reperire il manuale d'uso ed altre interessanti caratteristiche... 7 ore di conversazione e 200 ore in stand by, 4,2 volts tensione di ricarica, batteria al litio interna... non sostituibile... dicono. Il difetto sembra essere il carica batterie. Se si inserisce l'auricolare nell'alloggiamento (che fa anche da custodia protettiva), si accende il led verde e poi si spegne dopo pochi secondi. 
Decido comunque di aprire l'auricolare per capire che tipo di batteria c'è, ipotizzando che con il tempo, abbia perso la sua capacità originale e che comunque è meglio sostituirla. Per forza di cose, dato che l'apertura non è prevista, occorre "rompere" qualcosa e forzare con dei cacciaviti la parte in plastica superiore, partendo dal pulsante del volume. Per i danni alla plastica ci penseremo in fase di rimontaggio (lo stucco per modellisti fa miracoli). La batteria è incollata e fissata sotto il poerchio, collegata con un connettore rimovibile (illogico dato che non si prevede sostituzione ed il microfono invece è saldato direttamente al PCB).
La batteria si trova facilmente in commercio per pochi euro, è una LIR2450 (2€ per 1 pezzo + trasporto), tempo di ricarica 8 ore. La cosa difficile è trovarla asemblata con i pin metallici saldati ed il connettore. Con un pò di ingegno comunque, si può provvedere con un portapile a bottone SMT, un pò di guaina termorestringente apposita per pacchi batterie o un paio di punti di termocolla....si può fare insomma, con un pò di ingegno.
Procedo a controllare la base....per accedere al PCB, che contiene i componenti elettronici del carica batteria, occorre scollare l'etichetta sottostante il contenitore e scoprire 2 viti con testa a stella. Appena rimosse, la parte dove si appoggia l'auricolare viene via con facilità. Il circuito presenta pochi componenti. Un solo circuito integrato con sigla AZN 3AW ZC55 (credo,la scritta non è leggibile facilmente), un diodo, 2 condensatori elettrolitici, uno ceramico e qualche resistenza. L'integrato è ricuramente un regolatore di carica per celle al litio. In mancanza del datasheet, posso ipotizzare che prenda a riferimento la tensione da una rete resistiva (prendere con le pinze l'info). I componenti su cui ci si deve concentrare sono com molta probabilità i condensatori elettrolitici (quei blocchetti arancione) o l'integrato.In ogni caso, in mancanza di strumentazione adeguata, meglio non tentare di sostituire nulla in attesa che qualche anima pia mi faccia dono di un oscilloscopio e di un analizzatore di stati digitale. Per ora mi fermo qui in attesa mi venga l'ispirazione... nel frattempo procedo a cercare i dati dell'integrato per verificare come funziona. Alla prossima.

P.S. Giulio è in bilico e il carbone scarseggia. Ripeto: Giulio è in bilico e il carbone scarseggia.

domenica 11 luglio 2010

Wireless ethernet ZD1211 (riparato)

Stavolta tocca ad una chiavetta wi-fi, una porta ethernet per i collegamenti wireless alla rete. il tutto su una chiavetta con spina USB. La chiavetta è basata sul processore Zydas ZD1211, oggi supportato sia da quel sistema che non voglio nemmeno nominare che da Linux kernel 2.6.x. Il "problema" di queste chiavette è che a volte gli utenti le attaccano direttamente alla porta usb senza usare il cavo schermato di prolunga. Non è un vero problema della chiavetta ma semmai di un uso poco accorto, dovuto anche al fatto che oggi il costo è crollato e pertanto ci si può permettere di rompere o di usare senza particolari cure. Che è successo?? In questo caso si tratta della classica rottura meccanica, dovuta ad un colpo preso dal dispositivo che sporgeva dal PC portatile. La spina USB è saldata al circuito stampato tramite 4 piedini a contatto superficiale e da due "perni" passanti solidali con lo shield metallico che supporta anche il peso di tutto il dispositivo. Se si guarda la foto, si nota che i 4 piedini sono in posizione "innaturale", ovvero i contatti non sono paralleli alle piste di rame come dovrebbero essere, mentre lo shield metallico è crepato in prossimità delle saldature. Complice anche delle stagnature leggere, la tenuta meccanica è venuta meno, la spina "balla" nella sua sede ed il contatto elettrico dei segnali non è più garantito. C'è da scommettere che l'utente abbia più volte tentato di sistemare l'inconveniente piegando ripetutamente la chiavetta, peggiornado il problema. 
Comunque, poco male, si può provvedere. L'ideale è sostituire la presa, ma purtroppo non ho in casa delle prese usb a teconolgia SMT (ne ho solo un paio a foro passante). Devo pertanto procedere con una stagnatura. Il dubbio è la temperatura per scaldare la massa metallica esterna alla presa. Occorre infatti stagnare le crepe con un abbondante goccia di stagno e poi procedere con la stagnatura dei contatti. Per quest'ultimi non c'è problema... un pò di flussante, temperatura a 245 gradi, non più di 4 secondi per ogni terminale et voilà, saldati perfettamente, senza nemmeno bisogno di raddrizzarli per riportarli orizzontali e paralleli alle piazzole di saldatura. Per lo shield, temperatura a 310 gradi, mano ferma, non più di 5 secondi per non danneggiare i componenti vicinissimi ai punti di saldatura ed il gioco è fatto. Una chiavetta wi-fi usb fa sempre comodo ed un rifiuto in meno in discarica non sarà poi molto ma comunque ho fatto la mia parte, io. Alla prossima.

P.S. Oreste non passeggia più in centro. Ripeto: Oreste non passeggia più in centro.