martedì 21 aprile 2015

Saldatrice fai da te con MOT (parte 1)


E' periodo di trasformatori e... e... è venuto il momento di iniziare la costruzione della saldatrice a punti con un MOT (Microvawe Oven Transformer) ossia il trasformatore del forno a microonde. 
Per la verità, da tempo, si trovano in rete un sacco di soluzioni, non è una novità, per cui voglio documentare qui le "difficoltà" incontrate,  poco mi importa delle brutte figure, sono pazzo, per cui. 
Allora, andiamo con ordine. Il trasformatore proviene da un forno a microonde buttato da un ristorante, produttore DONG YANG Power Systems Co, LTD DMC-M Class 200 YS-450. Non certo un modello economico, che ormai si trovano a meno di 40 euro dai cinesi, anche se è di produzione cinese. L'ho tenuto proprio per questo, fatto a pezzi e recuperato il recuperabile, compresa la ventola, i microinterruttori, il condensatore ad alta tensione (quest'ultimo da sperimentare). Il magnetron e relativo magnete l'ho buttato. Sì, contiene quel collarino rosa che è una sostanza altamente tossica, velenosa, per cui preferisco rinunciare al magnete toroidale e tenermi la salute. Non scherzo, non è nemmeno da toccare per nessun motivo (#sapevatelo). 
Il trasformatore va modificato, per ottenere sul secondario una bassa tensione ma una corrente poderosa, sufficiente a fondere in pochi secondi dei piccoli lamierini da saldare assieme. Con due trasformatori modificati messi in serie o parallelo, è possibile ottenere anche una saldatrice ad elettrodo, opportunamente ventilata ovviamente perchè non si scaldi troppo e lo smalto del rame sugli avvolgimenti vada a farsi friggere (diventa scuro e perde le sue capacità isolanti).
Come si fa a riconoscere l'avvolgimento da togliere? E' quello con il filo più sottile e maggior numero di spire (è un trasformatore che "alza" la tensione e non come quelli tradizionali degli alimentatori che la abbassano). Per cui è quello usato come "primario" a 230V da tenere, quello con meno spire e filo più grosso. Per togliere il secondario ci sono varie scuole di pensiero. C'è chi taglia con un flessibile le lamelle in corrispondenza della saldatura e poi risalda il tutto dopo aver pulito per bene l'interno. Altri invece tagliano, sempre con il flessibile, il secondario facendo bene attenzione a non rovinare il primario. Il primo sistema è più "pulito" e sicuro ed assicura la costruzione del secondario più facilmente. Il secondo metodo è più rischioso e difficoltoso ma almeno non si deve usare una saldatrice che magari uno nemmeno ce l'ha. Io ho preferito tagliare delicatamente col simildr*mel e disco diamantato l'avvolgimento e sfilare pian piano il tutto, compreso l'avvolgimento ausiliario ed alcune lamelle aggiuntive poste fra primario e secondario del MOT. Ci ho messo di più, certo, ma nessuno mi corre dietro. 
Ora devo trovare il filo per rifare il secondario... non so dove recuperarlo... qualche cantiere? boh, vedremo. I collegamenti e gli elettrodi prevedo di farli con delle barre di alluminio, meno costose, più facilmente reperibili e comunque sempre un buon conduttore, al limite ho dei profili di ottone...valuterò il dafarsi. Per il supporto penso di utilizzare una vecchia colonnina porta trapano (quelle da hobbisti che sono delle vere ciofeche). Così mi assicuro un movimento lineare nella discesa dell'elettrodo superiore e non radiale come per la versione a cerniera. Inizialmente opterò per un collegamento grezzo... voglio verificare fino a cosa riesco a saldare. Se tutto mi soddisfa procederò con un contenitore adeguato, e se mi gira...lo faccio portatile per saldature al volo (in giardino serve sempre una puntatrice per i supporti dei pomodori e delle melanzane. Come primo progetto? devo saldare dei fili di ferro per crearmi delle grucce su misura da usare nell'asciuga biancheria a sacco, quella ad aria calda. Vedremo. Alla prossima. 
P.S. L'involtino plimavela è plonto. Ripeto: L'involtino plimavela è plonto.

sabato 18 aprile 2015

Trasformatore (esperimenti)


Mi accingo a riparare un alimentatore a 24 volts 6 ampère (non switching) da me progettato e realizzato e dal mucchio dei trasformatori ne salta fuori uno che sembra fare al caso mio. 12+12 con presa centrale, dimensioni generose (per non avere sorprese a carico)... prima di installarlo provo a misurare le tensioni in uscita. Purtroppo solo uno dei due avvolgimenti del secondario funziona....strano, non sembra bruciato, consumato o danneggiato. Decido allora di smontarlo e vedere quanto è mai difficile ricostruire gli avvolgimenti. Senza l'attrezzatura idonea, senza un avvolgitore ma soprattutto senza un bobinone di filo smaltato della sezione giusta... la vedo dura. Metto quindi da parte l'alimentatore e penso di moddizzare il trasformatore, un pò come si fa per quelli installati nei forni a microonde per costruire la saldatrice a punti (oggetto di un futuro progetto che ho in mente), ma di potenza più piccola, magari per la saldatura a punto dei terminali delle batterie che a saldarle con lo stagnatore ci si riesce ma il calore non gli fa certo bene alla chimica. 
Il nucleo del trasformatore sotto sperimentazione è lamellare, costruito inserendo alternativamente delle lamelle di materiale ferromagnetico isolate l'una dall'altra, di forma rettangolare "I" ed a forma di "E" maiuscola. L'estrazione delle lamelle rettangolari non è poi un operazione tanto difficoltosa. Con un coltello da cucina, o una lama sottile almeno verso la parte della lama che può essere (meglio se) dentellata, si aprono delicatamente le lamine in mod da far saltare il sottile strato di resina gialla. Poi si fa leva da una parte e si toglie il lamierino a forma di I da una parte e dall'altra. Man mano che si crea spazio, l'operazione è sempre più agevole, facendo attenzione a non piegare troppo o per niente i lamierini che dovranno essere poi reinseriti. Per quelli a forma di E la cosa è un pò più difficile, soprattutto per i primi due o tre. Si mette il trasformatore in morsa (senza stringere troppo altrimenti si creano dei corti sulla superficie esterna) e con la lama inserita nel corpo centrale facendo attenzione a non rovinare gli avvolgimenti,  si picchietta con un martello sino a quando la resina salta e si sfila la lamiera. Non è cosa risultata facile ma con molta pazienza, manualità e delicatezza ci si può riuscire. Tolto il corpo centrale (l'avvolgimento) si toglie il secondario, riconoscibile per il fatto di avere un numero di spire inferiore al primario e di sezione più grossa (è un trasformatore che abbassa la tensione). Durante lo svolgimento si prova a contare le spire: 85 circa per ognuno dei due avvolgimenti. Quindi con la formula Vp/Vs=Np/Ns posso calcolare il numero degli avvolgimenti del primario, in modo da calcolare il numero di spire sul secondario per ottenere la tensione desiderata. In questo caso, per 4 volts in uscita dovrei avvolgere 21 spire nel secondario. Ho preso del filo elettrico rigido da un millimetro, recuperato dall'impianto dei casa di 50 anni fa, quando era previsto lo sdoppiamento di impianto luce e forza motrice (qui non si butta nulla, qui si ricicla). Con un trapano si allargano i fori di supporto dei terminali in uscita e si avvolge ordinatamente cercando di tenere il filo a ridosso (il più possibile) del primario... 10 spire, non di più, per cui mi dovrei aspettare in uscita 2 volts circa ed un generoso amperaggio inversamente proporzionale a quello sul primario. 
Si rimonta il tutto inserendo alternativamente le E e poi le I, con un martelletto si riporta tutto in pari e se c'è qualche corto fra lamierini...pazienza, scalderà un pò ma sempre entro i parametri di sicurezza (spero:-). 
Di "E" ne ho avanzate solo quattro ma sono convinto che con un pò di pazienza e calma si può rimettere tutto dentro senza avanzare nemmeno un pezzettino. Impaziente del risultato, ho inserito le viti originali serrandole alla meglio, consapevle che con un lavoro non perfetto il trasformatore emetterà il tipico ronzio a pieno carico. 
Con mia sorpresa, a lavoro ultimato nel misurare la tensione in uscita...mi ritrovo 36,7 volts... why?? i casi sono due:
  • ho sbagliato a contare le spire secondarie in fase di smontaggio
  • ho il tester che fa un pò quello che vuole. 

proprio non mi capacito del risultato.  (AGGIORNAMENTO) misurando la tensione sotto carico la tensione misurata scende a circa 1 volts ed in mancanza di un amperometro che misuri più di 20A non riesco a sapere a quanto ammonti. Fatto sta che con una tensione così bassa non si riesce a fare poi molto, la potenza è insufficiente per qualsiasi lavoro. Cortocircuitando l'uscita si notano solo delle deboli scintille ma niente di che. Forse dovrei dimezzare la sezione del filo e raddoppiare il numero di spire sul secondario...l'esperimento condinua. 
Cmq... il lavoro è in corso d'opera. Voglio collegare in uscita un terminale di grafite o di rame per verificare se si riesce ad incidere l'acciaio... ricordo che a scuola in laboratorio si usava un trasformatore per incidere i pezzi all'ora di meccanica. Vedremo se riuscirò a bruciare qualcosa... senza calcoli più accurati le sorprese sono dietro l'angolo...poco male. Alla prossima

P.S. il gufo è a caccia e l'asino raglia. Ripeto: il gufo è a caccia e l'asino raglia.

giovedì 16 aprile 2015

White LED 8mm

10 LED bianchi da 8mm ad alta luminosità... ritrovati nei cassetti dopo averli inseriti in un ordine di materiale di cui si sono perse le tracce. Il che significa niente datasheet, niente caratteristiche, niente di niente (e niente foto per ora che le batterie della digitale sono a terra). Allora, come si fa ad accenderli? Un pò di intuito può bastare. Se si ricercano in rete le caratteristiche di prodotti simili, qualcosa si trova. Dovrebbe essere da mezzo watt, corrente 120mA, e tensione da min 3,0 max 3,6 volts. Con questi parametri e con la legge di ohm non è difficile calcolare la resistenza necessaria per varie tensioni di alimentazione. 
Ho assunto che la corrente ideale sia proprio da 120mA, contrariamente a quella per i led flash che ne richiedono da 20 a 40mA, mentre ho assunto una tensione di 3,5 volts... rischio, tanto i valori si assomigliano un pò tutti su vari modelli apparentemente simili. I valori della resistenza da mettere in serie sono quindi nella tabella che segue:

12V 70,83ohm 1,02Watt
9V 45,83ohm 0,66Watt
5V 12,5ohm 0,18Watt

Se si va a spulciare sui valori Standard delle resistenze in commercio, assunto lo si voglia far funzionare a 5 volts, la resistenza da 12,4ohm 1% serie E96 è l'ideale ma difficilmente reperibile dai componenti di recupero. Ho quindi ripiegato su una da 12 ohm (serie E24 5% - bande colorate marron rosso nero oro), leggermente inferiore nel valore nominale ma a misurarla con la tolleranza... 12,3 ohm... perfetta. 
Il risultato? è ok,  è un led che illumina bene ed in modo uniforme, complice anche la piccola lente frontale, tanto da farmi pensare ad un utilizzo nel microscopio analogico... vedremo (e perchè, pezzenti, non mi si regala un microscopio decente di quelli bonoculari e digitali?). 
Ora devo provare a metterne più in serie o parallelo, sino a metterne assieme 5 da inserire sul faro della bici. Il problema sarà trovare un contenitore adeguato... non dispero, magari recupero un vecchio fanale per le lampade ad incandescenza e lo modifico. Un altra prova (distruttiva) sarà quella di spremere la massima efficienza luminosa dal LED, compatibilmente con la tensione di batteria.... litio o alcaline? Per il litio mi mancano molti passaggi sperimentali, ma la cosa non mi spaventa. Pensavo di utilizzare delle vecchie batterie da cellulare, che ormai le si trovano a pochi euro se non addirittura recuperate da qualche telefono pronto per la discarica (continuate a buttare dai che mi serve materiale, grazie). Credo inoltre che mi servirà un regolatore di carica e scarica e, perchè no, un sistema per i lampeggi flash (utilissimi per le trasferte ciclistiche in notturna contro i guidatori ubriachi e strafatti)...vedremo cosa si riesce a recuperare. Alla prossima. 

P.S. la tana del tasso è calda. Ripeto: la tana del tasso è calda.