lunedì 27 aprile 2015

Castelgarden XP 41 EL (manutenzione straordinaria)

Gli impegni di lavoro sono tanti, a volte inderogabili, e nel frattempo... l'erba in giardino cresce sino a raggiungere un altezza che la foresta pluviale amazzonica ci fa una sega. Viene il giorno che ci si decide di mettere mano al giardino e ci si rende conto dei mille problemi dimenticati e lasciati in disparte per altre stupidissime "priorità". Un rasaerba elettrico da 1300W, progettato appunto per rasare l'erba e non certo disboscare una jungla, si rivela insufficiente a tal punto da richiedere una piccola manutenzione. Il rotore fa fatica a girare affaticando il motore, le croste di erba risecchita sotto il vano lame appensantiscono la struttura assieme all'attrito delle rotelle di plastica ormai quasi bloccate. 
Stiamo parlando di un rasaerba Castelgarden XP41EL, prodotto da GGP Italy (di un paese chiamato Castelfrancoveneto in provincia di Treviso) e rivenduto da un certo GUSI (sempre nel Veneto a tradizione agricola). 
Non è certo un modello "professionale", concepito per piccoli prati "inglesi" tutti perfettini che sembrano sintetici, privi di erbacce e graminacee dure come l'acciaio, un modello abbastanza economico per farla breve. Il Corpo di supporto è interamente in plastica ed è dotato di un motore elettico ad induzione da 1300Watt  FEVILL Electric KFT mod KUC 752F7N13-P02 da 2800 giri al minuto (lento, troppo lento). 
L'apertura è estremamente facile e ciò significa facilità di manutenzione periodica. Con un cacciavite a stella si smonta la calotta superiore nera copri motore, fissata su un punto ed agganciata dalla parte opposta con un dentino a scorrimento che si aggancia al corpo di supporto. Una leggera trazione verso l'alto spingendo in direzione frontale ed il coprimotore viene su con facilità. Sotto scopriamo il motore ed il condensatore (tutti i collegamenti elettrici sono a fast-on per cui non serve tagliare nulla). Si scollegano i fili, magari segnando con un pennarello le corrispondenze in modo da ricollegare il tutto esattamente come era prima. Prima di togliere il motore, occorre smontare la lama. Un dado centrale tiene le lame ed un supporto plastico che assicura la ventilazione del motore (soffiando inevitabilmente nel tempo particelle d'erba all'interno del motore) e che va sfilato (è sufficiente tirare).
Dalla parte superiore si svitano 4 viti autofilettanti con testa esagonale ed il motore viene via (attenzione a non afferrarlo per gli avvolgimenti). Fare attenzione che le 4 viti sono avvitate con il tramite di 4 parti di plastica nera che presumo facciano da "ammortizzatore" o "cuscinetto" (segnare il loro alloggiamento). Non c'è altro da smontare (l'interruttore di sicurezza è ok per chi non vale la pena smontarlo). 
Come si può notare l'interno è ben invaso da residui, terra, foglie, erba e dio solo sa cos'altro (e forse qualche merdina dei cani che si sa non sotterrano la merda come i gatti). Con una spatola si rimuove l'erba secca, le croste di terra e tutta la sporcizia interna. Se si vuole esagerare...un panno umido per il verde che colora la plastica rossa. 
La manutenzione del motore: Ho provato a togliere le 4 viti Torx T30 che uniscono i due supporti a croce dei cuscinetti. L'intento era quello di pulire il tutto internamente e sostituire i cuscinetti (controllando l'eventuale formazione di ruggine). Niente da fare. Sembra che lo statore lamellare sia saldamente fissato ad incastro con delle specie di "chiodini" frapposti con il supporto esterno, per cui ho deciso di procedere solo con la lubrificazione dei cuscinetti....un abbondante innaffiata con un pò di Svit*l (nei cuscinetti) ed una notte ad agire hanno fatto un mezzo miracolo...solo mezzo, ma meglio di niente. Una bella soffiata con l'aria compressa ed il motore può tornare al suo posto. L'apertura totale non è impossibile ma la regola "ciò che funziona non si tocca" è d'obbligo. 
Le ruote:... sono di plastica con perno metallico filettato (rotazione ad attrito)... vanno leggermente "lubrificate" per renderle un pò più scorrevoli e pulite per evitare che i residui del taglio vadano ad appesantire la rotazione. Hanno tre fori dove possono essere montate, per "regolare" l'altezza di taglio...erba molto alta = altezza massima ovvero prato inglese  = altezza minima. 
Un ispezione finale per verificare se ci sono crepe o rotture sui supporti e si rimonta il tutto. 
La lama: va affilata un pò. Dopo anni a frantumare pigne, sassi, radici, terra ecc... si riduce ad uno schifo, non taglia più ma strappa, affaticando ulteriormente il motore che si scalda, brunisce lo smalto degli avvolgimenti ed è solo questione di tempo... il motore muore e di cambiarlo nemmeno a parlarne. Per affilarla...a mano con una lima da metalli, un flessibile con mola vetrata grana 80 o alla peggio con disco per taglio metalli. Si passa sul filo sino a togliere dentellature o parti pestate dai sassi. non serve un affilatura giapponese... basta che sia affilato al tatto senza badare tanto all'angolo di affilatura. 
Alcuni accorgimenti: Il rasaerba andrebbe pulito per bene appena terminato l'uso (e chi ci ha la forza dopo una giornata in giardino?) per evitare la formazione delle croste ed andrebbe riposto in luogo asciutto dopo averlo asciugato al sole (lo si adagia su un fianco al sole). 
Recensione gratuita: il ciottolo non è poi un disastro come credevo (compatibilmente con quello che ci si aspetta), seppure in presenza di tanti margini di miglioramento. Il corpo di supporto per essere irrobustito presenta delle "camere" vuote che si riempiono di tutto (dai ragni all'erba sminuzzata) rendendone un pò difficoltosa la pulizia. Il motore... è troppo lento, si affatica facilmente. Vale la pena eventualmente di farlo riavvolgere?? non lo so, dipende. Il costo si aggirerebbe dagli 80 ai cento euro, credo di più del valore dell'attrezzo... per cui forse è meglio pensare ad un motore da recupero preso magari da un altro con i supporti rotti. La lama...non guasterebbe una di qualità leggermente superiore a parità di fascia di prodotto. Di positivo ha che è silenzioso (93dB) ben al di sotto del rasaerba a scoppio del vicino di me***, con un motore Tupolev di fabbricazione sovietica in epoca della guerra fredda, acceso sempre nell'ora del riposo pomeridiano o al mattino presto, bastardo! Alla prossima. 

P.S. il grillotalpa non rode. Ripeto: il grillotalpa non rode.

martedì 21 aprile 2015

Saldatrice fai da te con MOT (parte 1)


E' periodo di trasformatori e... e... è venuto il momento di iniziare la costruzione della saldatrice a punti con un MOT (Microvawe Oven Transformer) ossia il trasformatore del forno a microonde. 
Per la verità, da tempo, si trovano in rete un sacco di soluzioni, non è una novità, per cui voglio documentare qui le "difficoltà" incontrate,  poco mi importa delle brutte figure, sono pazzo, per cui. 
Allora, andiamo con ordine. Il trasformatore proviene da un forno a microonde buttato da un ristorante, produttore DONG YANG Power Systems Co, LTD DMC-M Class 200 YS-450. Non certo un modello economico, che ormai si trovano a meno di 40 euro dai cinesi, anche se è di produzione cinese. L'ho tenuto proprio per questo, fatto a pezzi e recuperato il recuperabile, compresa la ventola, i microinterruttori, il condensatore ad alta tensione (quest'ultimo da sperimentare). Il magnetron e relativo magnete l'ho buttato. Sì, contiene quel collarino rosa che è una sostanza altamente tossica, velenosa, per cui preferisco rinunciare al magnete toroidale e tenermi la salute. Non scherzo, non è nemmeno da toccare per nessun motivo (#sapevatelo). 
Il trasformatore va modificato, per ottenere sul secondario una bassa tensione ma una corrente poderosa, sufficiente a fondere in pochi secondi dei piccoli lamierini da saldare assieme. Con due trasformatori modificati messi in serie o parallelo, è possibile ottenere anche una saldatrice ad elettrodo, opportunamente ventilata ovviamente perchè non si scaldi troppo e lo smalto del rame sugli avvolgimenti vada a farsi friggere (diventa scuro e perde le sue capacità isolanti).
Come si fa a riconoscere l'avvolgimento da togliere? E' quello con il filo più sottile e maggior numero di spire (è un trasformatore che "alza" la tensione e non come quelli tradizionali degli alimentatori che la abbassano). Per cui è quello usato come "primario" a 230V da tenere, quello con meno spire e filo più grosso. Per togliere il secondario ci sono varie scuole di pensiero. C'è chi taglia con un flessibile le lamelle in corrispondenza della saldatura e poi risalda il tutto dopo aver pulito per bene l'interno. Altri invece tagliano, sempre con il flessibile, il secondario facendo bene attenzione a non rovinare il primario. Il primo sistema è più "pulito" e sicuro ed assicura la costruzione del secondario più facilmente. Il secondo metodo è più rischioso e difficoltoso ma almeno non si deve usare una saldatrice che magari uno nemmeno ce l'ha. Io ho preferito tagliare delicatamente col simildr*mel e disco diamantato l'avvolgimento e sfilare pian piano il tutto, compreso l'avvolgimento ausiliario ed alcune lamelle aggiuntive poste fra primario e secondario del MOT. Ci ho messo di più, certo, ma nessuno mi corre dietro. 
Ora devo trovare il filo per rifare il secondario... non so dove recuperarlo... qualche cantiere? boh, vedremo. I collegamenti e gli elettrodi prevedo di farli con delle barre di alluminio, meno costose, più facilmente reperibili e comunque sempre un buon conduttore, al limite ho dei profili di ottone...valuterò il dafarsi. Per il supporto penso di utilizzare una vecchia colonnina porta trapano (quelle da hobbisti che sono delle vere ciofeche). Così mi assicuro un movimento lineare nella discesa dell'elettrodo superiore e non radiale come per la versione a cerniera. Inizialmente opterò per un collegamento grezzo... voglio verificare fino a cosa riesco a saldare. Se tutto mi soddisfa procederò con un contenitore adeguato, e se mi gira...lo faccio portatile per saldature al volo (in giardino serve sempre una puntatrice per i supporti dei pomodori e delle melanzane. Come primo progetto? devo saldare dei fili di ferro per crearmi delle grucce su misura da usare nell'asciuga biancheria a sacco, quella ad aria calda. Vedremo. Alla prossima. 
P.S. L'involtino plimavela è plonto. Ripeto: L'involtino plimavela è plonto.

sabato 18 aprile 2015

Trasformatore (esperimenti)


Mi accingo a riparare un alimentatore a 24 volts 6 ampère (non switching) da me progettato e realizzato e dal mucchio dei trasformatori ne salta fuori uno che sembra fare al caso mio. 12+12 con presa centrale, dimensioni generose (per non avere sorprese a carico)... prima di installarlo provo a misurare le tensioni in uscita. Purtroppo solo uno dei due avvolgimenti del secondario funziona....strano, non sembra bruciato, consumato o danneggiato. Decido allora di smontarlo e vedere quanto è mai difficile ricostruire gli avvolgimenti. Senza l'attrezzatura idonea, senza un avvolgitore ma soprattutto senza un bobinone di filo smaltato della sezione giusta... la vedo dura. Metto quindi da parte l'alimentatore e penso di moddizzare il trasformatore, un pò come si fa per quelli installati nei forni a microonde per costruire la saldatrice a punti (oggetto di un futuro progetto che ho in mente), ma di potenza più piccola, magari per la saldatura a punto dei terminali delle batterie che a saldarle con lo stagnatore ci si riesce ma il calore non gli fa certo bene alla chimica. 
Il nucleo del trasformatore sotto sperimentazione è lamellare, costruito inserendo alternativamente delle lamelle di materiale ferromagnetico isolate l'una dall'altra, di forma rettangolare "I" ed a forma di "E" maiuscola. L'estrazione delle lamelle rettangolari non è poi un operazione tanto difficoltosa. Con un coltello da cucina, o una lama sottile almeno verso la parte della lama che può essere (meglio se) dentellata, si aprono delicatamente le lamine in mod da far saltare il sottile strato di resina gialla. Poi si fa leva da una parte e si toglie il lamierino a forma di I da una parte e dall'altra. Man mano che si crea spazio, l'operazione è sempre più agevole, facendo attenzione a non piegare troppo o per niente i lamierini che dovranno essere poi reinseriti. Per quelli a forma di E la cosa è un pò più difficile, soprattutto per i primi due o tre. Si mette il trasformatore in morsa (senza stringere troppo altrimenti si creano dei corti sulla superficie esterna) e con la lama inserita nel corpo centrale facendo attenzione a non rovinare gli avvolgimenti,  si picchietta con un martello sino a quando la resina salta e si sfila la lamiera. Non è cosa risultata facile ma con molta pazienza, manualità e delicatezza ci si può riuscire. Tolto il corpo centrale (l'avvolgimento) si toglie il secondario, riconoscibile per il fatto di avere un numero di spire inferiore al primario e di sezione più grossa (è un trasformatore che abbassa la tensione). Durante lo svolgimento si prova a contare le spire: 85 circa per ognuno dei due avvolgimenti. Quindi con la formula Vp/Vs=Np/Ns posso calcolare il numero degli avvolgimenti del primario, in modo da calcolare il numero di spire sul secondario per ottenere la tensione desiderata. In questo caso, per 4 volts in uscita dovrei avvolgere 21 spire nel secondario. Ho preso del filo elettrico rigido da un millimetro, recuperato dall'impianto dei casa di 50 anni fa, quando era previsto lo sdoppiamento di impianto luce e forza motrice (qui non si butta nulla, qui si ricicla). Con un trapano si allargano i fori di supporto dei terminali in uscita e si avvolge ordinatamente cercando di tenere il filo a ridosso (il più possibile) del primario... 10 spire, non di più, per cui mi dovrei aspettare in uscita 2 volts circa ed un generoso amperaggio inversamente proporzionale a quello sul primario. 
Si rimonta il tutto inserendo alternativamente le E e poi le I, con un martelletto si riporta tutto in pari e se c'è qualche corto fra lamierini...pazienza, scalderà un pò ma sempre entro i parametri di sicurezza (spero:-). 
Di "E" ne ho avanzate solo quattro ma sono convinto che con un pò di pazienza e calma si può rimettere tutto dentro senza avanzare nemmeno un pezzettino. Impaziente del risultato, ho inserito le viti originali serrandole alla meglio, consapevle che con un lavoro non perfetto il trasformatore emetterà il tipico ronzio a pieno carico. 
Con mia sorpresa, a lavoro ultimato nel misurare la tensione in uscita...mi ritrovo 36,7 volts... why?? i casi sono due:
  • ho sbagliato a contare le spire secondarie in fase di smontaggio
  • ho il tester che fa un pò quello che vuole. 

proprio non mi capacito del risultato.  (AGGIORNAMENTO) misurando la tensione sotto carico la tensione misurata scende a circa 1 volts ed in mancanza di un amperometro che misuri più di 20A non riesco a sapere a quanto ammonti. Fatto sta che con una tensione così bassa non si riesce a fare poi molto, la potenza è insufficiente per qualsiasi lavoro. Cortocircuitando l'uscita si notano solo delle deboli scintille ma niente di che. Forse dovrei dimezzare la sezione del filo e raddoppiare il numero di spire sul secondario...l'esperimento condinua. 
Cmq... il lavoro è in corso d'opera. Voglio collegare in uscita un terminale di grafite o di rame per verificare se si riesce ad incidere l'acciaio... ricordo che a scuola in laboratorio si usava un trasformatore per incidere i pezzi all'ora di meccanica. Vedremo se riuscirò a bruciare qualcosa... senza calcoli più accurati le sorprese sono dietro l'angolo...poco male. Alla prossima

P.S. il gufo è a caccia e l'asino raglia. Ripeto: il gufo è a caccia e l'asino raglia.