lunedì 1 dicembre 2014

Neon Starter Ballast Spark!

Durante un lavoretto di falegnameria, tipo trasformare due sedie in una scaletta ripiegabile, mi accorgo che il tubo al neon sopra il bancone da lavoro fa fatica ad accendersi. La scarica non si innesca... penso immediatamente al tubo esaurito (strano ha solo 10 anni) e procedo a frugare nella scorta di tubi recuperati da vari smantellamenti di negozi nella fase di post-fallimento (una manna dal cielo questa crisi prolungata). Strano che nessuno di questi funzioni... penso quindi immediatamente allo Starter... è domenica, negozi chiusi (per fortuna) e ... che faccio? Mi viene in mente che in lavanderia ho degli scaffali recuperati da un negozio di fotografia, erano illuminati e per forza ci deve essere qualcosa che fa al caso mio... infatti, all'interno c'è ancora l'impianto elettrico, reattori, starter, interruttori... taac! Prendo lo starter, sostituisco lo starter e... luce fu. Ok. Nella pausa non posso resistere.... devo aprire lo starte rotto e verificare cos'ha! Il problema viene immediatamente all'occhio... usato troppe volte, lo scintillio fra i contatti nell'ampolla hanno consumato le lamine bimetalliche che non stanno più facendo il loro dovere. Bene. Di riparare lo starter nemmeno a parlarne (per ora) ma di spendere due parole su come funzioni si, questo lo si può fare. 
Starter usato vendesi come nuovo
Il tubo al neon è un tubo di vetro, ricoperto internamente da materiale fluorescente, che contiene dei gas (di solito Neon) e una piccola quantità di mercurio. Per accendersi occorre una tensione di innesco della ionizzazione del gas molto più alta di quella necessaria per mantenere acceso il tubo. Inoltre è necessario che i filamenti ai capi del tubo raggiungano una temperatura di 100-200 gradi prima di iniziare ad emettere elettroni che ionizzano il gas e quindi eccitino la sostanza fluorescente che ricopre l'interno del tubo di vetro. Per ottenere l'innesco si usa quindi uno strarter ed un reattore (l'insieme è anche chiamato "ballast"). Lo starter, in sostanza,  è un interruttore che rimane chiuso all'accensione per circa uno o due secondi (il tempo di riscaldare i filamenti). Al passaggio della corrente, le lamine dell'interruttore si scaldano e si piegano (lamine a bimetallo aventi diversi coefficienti di dilatazione) interrompendo la continuità. All'apertura del contatto entra in gioco l'energia accumulata dal reattore (che sostanzialmente è un induttanza) che viene rilasciata ai capi della lampada sotto forma di sovratensione in grado di innescare la scarica ionizzante fra gli elettrodi. Quindi lo starter serve solo a far partire il processo di accensione, tanto che una volta accesa la lampada, può tranquillamente essere tolto senza spegnere nulla in quanto una volta "scaldato" ed aperto, anche se si raffredda ed il contatto si richiude, la maggior parte della corrente passerà per la scarica del tubo fluorescente e pertanto non riuscirà a riaprirlo.
Ma.... il condensatore in parallelo al bulbo dello starter a che serve? E' per ridurre le interferenze EMI generate dall'arco che si sviluppa ai capi del contatto. Ma... che succede se collego uno starter in serie ad una lampadina ad incandescenza?? Boh... dovrebbe lampeggiare con una frequenza che dipende dalla potenza della lampadina stessa suppongo... perchè non provare?... dubito però che i contatti a forza di aprirsi e chiudersi con conseguenti scintille facciano durare a lungo il gioco... alla prossima

P.S. il ravanello è pallido e la bruschetta è pronta. Ripeto: il ravanello è pallido e la bruschetta è pronta.

venerdì 28 novembre 2014

Sapone fai da te (homemade soap)

Stringi stringi, si arriva al punto in cui il risparmio va estremizzato oltre i limiti. Povero si, sporco e puzzolente no, mai, la dignità non sono disposto a sacrificarla. E sono arrivato ad un punto di povertà ove devo recuperare, riciclare e moddizzare l'impossibile. Stavolta è toccato ad una montagna di saponette da albergo, pazientemente messe da parte con la solita premura di chi sa che prima o poi tutto può tornare utile. Provengono dal periodo in cui, nel paese delle banane dove nacqui ma che abbandonai (capirete perchè...chi mi legge ci vive), lavoravo come tecnico di manutenzione, sistemista, installatore, riparatore, parafulmine... quello che arriva con borse ricolme di attrezzi, cavi, strumenti e risolve problemi, compresi quelli che derivano dall'utonto di turno. 
L'azienda con la quale collaboravo ha assunto un cazzone di idiota al quale il concetto di organizzazione era sconosciuto ma la cui responsabilità era assegnata. Per cui, mentre mi trovavo a Lecce dopo una "sveglia" alle tre di notte per arrivare puntuale dopo una massacrante trasferta in auto fra unani incazzati e senza patente, il pupone telefonava con aria serafica chiedendo..."per caso...potresti fare un salto sino ad Aosta?"...(@!##!*)... no problem, ero ggiòvane e potevo farcela. Solo che ad Aosta arrivava la chiamata per recarsi nell'ordine (non sto scherzando) a Roma, Torino, Bolzano, Messina, Trieste, Salerno e via dicendo a ping pong in giro come uno zingaro con un solo cambio di mutande, uno spazzolino ed una quantità industriale di cartine stradali (navigatore?? non esisteva all'epoca.... tutte ovviamente località ad un tiro di schioppo l'una dall'altra e senza mai rientrare a casa ovviamente. Così passavano le settimane a girare con una Panda 30 e dormire negli hotels presi senza prenotazione (internet non esisteva all'epoca).... il primo che si trovava in strada all'ora giusta andava bene per qualche ora di sonno. Chiaro che le saponette della camera avanzavano e visto che erano pagate, finivano nella scorta, assieme allo shampoo liquido fatto gocciolare nel contenitore comune le rare volte che si rientrava. 
Oggi, quelle micro-saponette ho deciso di riutilizzarle, ma non una ad una....sono minuscole e appena si rimpiccioliscono  un pò diventano inutilizzabili (uno spreco inaccettabile). Così, per recuperarle ho deciso di sminuzzarle con un frullino a motore da cucina (che nell'operazione si è pure rotto il perno di plasticone, maledetta mulinex e la vostra plastichetta di m*rda). Ridotte ad una povere tipo borotalco, ho mischiato il tutto con dell'acqua distillata a bagno maria, in modo da ottenere una pasta liquida al punto giusto per essere versata in degli stampini... dei porta saponette o delle scodelline da soprammobile (almeno a qualcosa servono). Poi si lascia raffreddare ed indurire per un mese, meglio se sul termosifone così si profuma l'ambiente (quando si accende il riscaldamento). 
Semplice ed efficace. Ora, per un pò, non dovrò preoccuparmi di acquistare saponette.... ci penserò quando saranno terminate queste....magari farò un giro per gli alberghi della zona a chiedere se per caso buttano quelle lasciate in camera dagli ospiti. Ho finito i soldi, non mi restano molte soluzioni....olio e grasso, cenere, soda, metodo a freddo o a caldo... Alla prossima.

PS Fanculo ai ricchi. Ripeto: Fanculo ai ricchi. 

sabato 22 novembre 2014

Hoover TC4210 Dust Manager Cannister (rigernerato)

Nuovo... o quasi. Un Hoover Sensory Dust Manager TC4210 (product code 3900385 link) è tornato praticamente nuovo, dopo averlo adottato prima che finisse in discarica e dopo un pò di lavoro, E' pronto per fare il suo dovere per chissà ancora quanti anni. E' un aspirapolvere di quelli a carrello che si trascina con il tubo di aspirazione, cavo avvolgibile (comodissimo), 2000 watt di potenza (da non usare assieme alla lavatrice in funzione se non si ha un impianto fotovoltaico), filtri lavabili che permettono un risparmio nei consumabili, senza sacco (così anche i sacchetti di carta usa e getta diventano un ricordo). 
Era in condizioni a dir poco pietose, trascurato e impolverato all'impossibile. L'aspirapolvere di questo tipo è in realtà abbastanza semplice. Un potente motore, una scheda elettronica a processore e poco di più. Se meccanicamente è a posto, l'elettronica funziona ed il motore gira... è facilmente risistemabile. Come? E' suffucuente pulirlo internamente smontandolo ai minimi termini e la semplicità costruttiva agevola molto l'operazione. Iniziamo.
Si apre il coperchio frontale che può essere facilmente sganciato per poterlo pulire sotto l'acqua corrente. Si rimuovono i filtri anche quelli da passare sotto l'acqua tiepida con un pò di sapone. 4 viti tengono fisso il coperchio che alloggia un filtro quadrato e copre il motore, l'elettronica e l'avvolgicavo (sono le uniche viti da togliere). 
Dentro si nota immediatamente un cilindro nero (grigio se ricoperto da strati di acari morti e polvere sottilissima). E' il contenitore del motore che va rimosso per procedere alla sua completa pulizia. Un gommone nero in testa da togliere e dopo aver tagliato i fili elettrici (da riunire successivamente aggiungendo dei morsetti a vite) il motore si sfila facilmente dal suo alloggiamento, essendo tenuto in sede da dei fogli di gommapiuma (lavabili) che assorbono le vibrazioni durante il funzionamento. Con un pennello morbido (ed un altro aspirapolvere) si toglie quanta più polvere possibile (meglio non smontare gli alloggiamenti delle spazzole a meno che non siano consumate all'osso e no, non usare liquidi per il motore). 
Osservando attentamente si nota, dalla parte della ventola, un coperchio metallico a forma di "pentola". Questo è ribattuto leggermente su due punti lungo la circonferenza che si incastra al corpo motore. Con un cacciavite, facendo attenzione a non crepare la plastica, si allargano delicatamente le due ribattute e aiutandosi con dei leggeri colpetti sul perno ed un cacciavite piatto, delicatamente e lentamente lungo la circonferenza in progressione, si può rimuovere la copertura e mettere in luce la ventola. Per togliere quest'ultima si prende una chiave a bussola da 13mm e si svita il dado che la fissa al perno motore. Occorre ricordare che il filetto del perno è "rovescio", ovvero per svitare occorre ruotare il dado come se lo si volesse avvitare normalmente. Una volta aperto il tutto, si può procedere a lavare le parti o spolverarle con uno straccio umido dopo aver rimosso il più grosso con spazzole e pennelli. Un paio di gocce (non di più) di  lubrificante minerale bianco (quello per le macchine da cucire) è utile per ravvivare la parte in movimento ed agevolare le bronzine. Per rimontare fare le operazioni inverse senza dimenticare nulla. Può essere utile prima di procedere, fare delle foto per memorizzare la posizione dei componenti.
La parte elettronica è relativamente semplice. Un triac per carichi induttivi elevati, un FAGOR FT1216MH da 12Ampère / 600 Volts in TO220-AB montato su un aletta dissipatrice regola la velocità del motore (AC switching) al variare della resistenza di un trimmer  comandabile dalla manopola esterna di on-off. Il resto è regolato dal firmware di un microprocessore 8bit Motorola MC68HC908QY2  architettura Von Neumann CISC Complex Instruction Set Computer (non RISC).  Bisogna ricordarsi, rimontando l'elettronica, di ricollegare il tubicino dello switch di pressione della camera di aspirazione. 
Nel caso la scheda elettronica si dovesse rompere e non si abbia a disposizione la cifra necessaria per la sua sostituzione... alla peggio si usa solo l'interruttore on/off e si fa andare il motore alla massima potenza. sostituire il processore? non credo.... occorrerebbe avere anche il suo firmware. Ad ogni modo la parte che è più probabile che si guasti, oltre al codensatore, può essere il triac, da cambiare con uno equivalente. Che altro dire? Una volta rimossa la polvere all'interno, che in verità non dovrebbe esserci se non fosse che le varie guarnizioni di isolamento non hanno fatto il loro dovere, l'aspirapolvere torna operativo. Per un lavoro eccellente sarebbe opportuno cambiare tutti i filtri e soprattutto le guarnizioni poste in prossimità delle chiusure dei vari coperchi...ci penseremo quando avrò un pò di disponibilità economica, che in questo periodo di merda non è delle migliori. alla peggio, appena trovo una striscia di gomma a sezione quadrata o rettangolare la uso per la sostituzione. Con quest'ultime a posto, non si dovrebbero più verificare acumuli di polveri sottili all'interno dei vani non interessati dal flusso d'aria. L'assenza del sacchetto è dovuta alla presenza di una vaschetta di separazione che funziona col principio che sfrutta la forza centrifuga impressa ai detriti aspirati in un flusso d'aria rotante. Non male come idea, ad oggi sfruttata da altri modelli, alla faccia di quelli che invece usano ancora i sacchetti consumabili, maledetti cultori del consumismo capitalista ed imperialista. Le altre parti e gli accessori sembrano integri, nulla da riparare o acquistare. Ottenuto gratis (all'epoca acquistato per poco più di 300.000 lire) e operativo al 100%...un affare. alla prossima. 

P.S. Lella è sola, Ripeto: Lella è sola.