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martedì 1 settembre 2020

Il curriculum che nessuno legge


Il curriculum vitae, quel documento di autocelebrazione dove un disoccupato aspirante schiavo condensa le proprie speranze su un futuro da lavoratore vessato da managers tossici strafatti di colla vinilica. Credo sia questa la definizione più realistica.

Confesso, l'ho compilato pure io ovviamente, quando il lavoro stupidamente lo cercavo come fanno tutti. Ora ho fatto in modo che sia il lavoro a cercare me e si, lo confesso, me la tiro pure, my turn.

Comunque, per i disoccupati "normali", il curriculum lo richiedono e bisogna in qualche modo presentarsi. C'è un problema però. La rete abbonda di suggerimenti e consigli su come predisporlo al meglio, consigli e suggerimenti che ci svelano un amara verità: alla "lettura" del curriculum vengono dedicati non più di 5 o 6 secondi, un inezia se si pensa all'impegno profuso per predisporlo al meglio, specie per chi ha 40anni di esperienza da condensare in una paginetta. 

Questa noncuranza verso l'individuo ci dice una cosa importante: al selezionatore non gli frega un caxo di cosa hai fatto in passato. Gli importa solo che tu sia ubbidiente, ammaestrato, assertivo (yes man), proattivo e generoso nel rinunciare anche ai tuoi diritti fondamentali.

Se poi ad arricchirci la vita ci si mette pure il curriculum in formato "europeo" allora le cose si complicano. In realtà il curriculum vitae in formato europeo è una burocratizzazione delle operazioni di selezione del personale che vorrebbero standardizzato per diminuire lo sforzo di selezione, per lavorare meno nella scelta fra centinaia di profili, in pratica per fare meno fatica... complimenti davvero, un bell'esempio da dare ai candidati ai quali invece viene chiesto il contrario, ovvero proattività, capacità di gestire il cambiamento, impegno oltre l'orario concordato, autonomia nel problem solving, presenza e disponibilità totale e via dicendo.

In pratica, ai recruiters, della PERSONA, delle sue sfaccettature, delle sue ambizioni, del suo stile di vita desiderato #nonglienefregaunamazza.  Il CV è solo un abitudine alla quale dedicare un attimo, un nulla. L'impatto è già una mancanza di rispetto nei confronti di chi spera e si rende disponibile, complimentoni davvero... recruiters, siete delle vere merde. Siete incoscienti dei danni che state provocando.

Nel curriculum europeo da una o due paginette vengono cancellate le specifiche caratteristiche individuali, il “racconto di una vita” - passato, presente e futuro - diventa una mera “compilazione” che uccide la creatività, forza fondamentale del “racconto di vita”. Diventa così più difficile trovare un #lavoro e per molte aziende difficilissimo trovare i giusti profili in quanto non ci sono “celle” e “campi” per scrivere le cose più importanti: ambizioni, aspirazioni, desideri e sogni professionali. In pratica i candidati sembrano tutti uguali.

Ricordate sempre una cosa: chi cerca lavoro in realtà sta cercando un modo dignitoso per vivere, sentirsi utile senza doversi umiliare e sentirsi una nullità. Sta cercando soprattutto il #rispetto che merita, come essere umano, come individuo sociale, come persona. Chiunque uccide queste aspirazioni, in qualsiasi modo, va messo da parte, esiliato in condizioni da non nuocere, ignorato ed isolato, almeno per fargli provare in prima persona cosa si prova.  Mavaffanchiulo. 

P.S. il bidello è in corridoio. Ripeto: il bidello è in corridoio.


domenica 1 marzo 2020

La chiave a pappagallo

Nel settore IT o digitale o tecnologico... quando si ha a che fare con l' "Informatica", tutto sembra più complicato.

Forse è il caso di ricordare che hardware e software, le fondamenta, altro non sono che attrezzi, niente di più, al pari di un martello, un cacciavite o di una chiave inglese.

Se si deve avvitare un bullone, va da sè che è necessaria una chiave inglese. Per una vite con testa a croce servirà un cacciavite con testa a croce, è ovvio vero? Avvitare un dado esagonale con un cacciavite a croce si può anche fare,  a patto di usare anche un martello, modificare e/o rovinare il dado e comunque non garantire un serraggio corretto. Ovvio no?

Esistono poi una moltitudine di varianti ai cacciaviti, ai martelli, alle chiavi inglesi e via dicendo. In ogni contesto servirà l'attrezzo più adatto. I martelli usati dai falegnami sono ben diversi da quelli usati dai calzolai, dagli idraulici, dai fabbri, dagli orafi, per forma, dimensione, peso...
C'è poi un attrezzo particolare, la chiave a pappagallo, pure questa soggetta ad una moltitudine di varianti ma che principalmente viene utilizzata dagli idraulici, i quali sanno perfettamente quando, come, dove e perchè usarla.

Credo sia pacifico pensare che nessuno si sognerebbe mai di chiedere all'idraulico, chiamato per una perdita di acqua, di usare una specifica variante di chiave a pappagallo e tanto meno imporre che venga utilizzato un attrezzo di una specifica marca.

Eppure, quando si parla di informatica... le cose cambiano.  In alcune realtà, i committenti assumono il ruolo di autorità che impone le proprie scelte in termini di hardware e/o software, sconfinando nel suggerire metodologie e modalità di svolgimento di una commessa, quale che sia, consulenza, fornitura, sviluppo.

Ma allora perchè all'idraulico nessuno dice nulla, mentre con gli informatici ci si sente autorizzati ad imporre gli attrezzi da usare? Un esempio banale...a chi non è mai capitato di sentire "richieste" di utilizzo, solo per fare un esempio, di whatsapp, skype, Windows, Office e via dicendo? A chi non è mai capitato che il committente richiedesse di usare specifici strumenti di misura o acquisizione, di marche particolari o specifici software? Anche per un semplice PDF, che è un formato ormai universalmente riconosciuto, ci si mette a discutere su quali strumenti usare per leggerlo o per crearlo. Per non parlare dei linguaggi di sviluppo o, più oltre, degli ambienti (o IDE) di sviluppo.

Sia chiaro, sto semplificando, forse troppo, ma lo schema resta sempre quello. Nessuno si mette a polemizzare su quale chiave a pappagallo cadrà la scelta dell'idraulico, forse perchè ci si focalizza più sull'allagamento in corso e sull'urgenza della soluzione, della serie "...non mi importa come, ma ferma la perdita!".
Ecco, quotidianamente le aziende hanno delle perdite a volte importanti. Perdite di dati, di fatturato, di reputazione, di tempo sprecato in disorganizzazioni e scelte scellerate. Ma l'urgenza, se e quando percepita al pari di un allagamento, si tramuta nella chiamata di un consulente tecnico al quale impartire una sequenza di direttive, l'uso di specifici strumenti e metodologie per risolvere il problema.

Allora, facciamo così. Se sai già cosa fare e come farlo, incarica un tuo impiegato o assumi, a tempo determinato, qualcuno che si fa chiamare Consulente ma accetta anche incarichi di lavoro subordinato e ripete tutto quello che gli ordini di fare.
Se invece credi ti serva uno specifico prodotto, rivolgiti ad un commerciante che sarà lieto di proporti un preventivo, mega sconti esclusivi e 3x2.

A volte vien voglia di fare come certi idraulici, rispondere alle chiamate come e quando ci pare e piace, praticare prezzi esorbitanti per le parti di ricambio e per la fattura... si certo, come no. L'importante è avere sempre con sè una chiave a pappagallo. Buona fortuna.  

P.S. questo articolo non è mio, l'ho preso in prestito dall'autore, ma mi sembrava troppo giusto per non riportarlo qui.

venerdì 21 settembre 2018

Dottore mi salvi, ma poi...

C'è brutta gente in giro, ma davvero brutta, cattiva, in malafede, disonesta ma sempre pronta a fare le vittime. Sono i bambini viziati da piccoli che sono diventati "grandi". Sono ex bambini che li vedi urlare, strepitare, piangere, urlare e frignare quando non hanno quello che vogliono, poi crescono e il vizio resta ma esercitato in modo più sottile. 
Quando hanno bisogno di assistenza tecnico-legale, finiti nelle maglie della giustizia per motivi facilmente intuibili, conseguenza del loro brutto modo di fare, sono a piagnucolare e fare le vittime. Sanno di aver bisogno di aiuto, da soli non possono certo procedere in quanto di solito ignoranti come lombrichi. Dottore la prego mi salvi, Dottore la prego mi aiuti, Dottore la supplico sto male, Dottore mi deve aiutare... ok, nessun problema. 
Ad intervento finito, l'atteggiamento cambia totalmente, soprattutto quando arriva il conto da pagare. L'assistenza SPECIALISTICA si sa ha un costo elevato rispetto a quella di primo livello (quella dello spegni e riaccendi per intenderci). La specialità è frutto di moltissimi anni di lavoro e studio, soprattutto di molta, molta, molta esperienza. La specialità si paga come si paga un oggetto raro non certo alla portata di tutti. Ma a questo punto, a conto presentato, iniziano i capricci del povero piccino viziato. Il problema è risolto, assoluzione certa, per cui... Dottore è troppo, non pago perchè non ho soldi, l'avessi saputo non l'avrei chiamata preferendo la condanna. Il tutto poi viene condito con una serie di pretesti assurdi ed inconsistenti, sino a finire a "dotte" disquisizioni sui diritti fondamentali dell'uomo. Francamente il "non pago perchè non ho soldi" è la scusa più assurda e stupida che si sia mai sentita. Diventasse di uso comune ( e pare lo stia diventando) ci solleverebbe tutti dall'obbligarci ad onorare gli impegni presi, autorizzandoci a mangiare e bere gratis tutti i giorni (fico, no?).
Eppure, per quelli con la faccia al posto del chiulo, la motivazione è più che valida, tanto da ripeterla all'infinito senza pudore alcuno. Che dire? Nulla. Occorre fare molta attenzione a non raccattare cani e porci come clienti. Prima di accettare qualsiasi incarico occorre capire se il potenziale cliente è un bugiardo disonesto o una persona che riconosce la professionalità ed è disposto a retribuirla. Sono io che decido se accettare o meno. Ma per l'insoluto come facciamo? No problem. Tieniti i tuoi maledetti soldi che tanto a me servono a poco, mentre brucia un pò il tempo sprecato, quello certo non lo posso recuperare. Certo è che arriverà il mio turno e non sarò per niente morbido. Alla prossima. 

P.S. la zecca si attacca. Ripeto: la zecca si attacca.

venerdì 6 luglio 2018

Delusione professionale

Dopo aver impegnato l'anima per un incarico professionale davvero "difficile", ovvero prendere la difesa come consulente tecnico di parte di un imputato con i suoi sacrosanti diritti in una causa disperata, dopo aver anticipato le spese per trasferte, pernottamenti fuori sede, benzina e pasti frugali (pure frettolosi), dopo aver ricevuto i complimenti dagli avvocati di parte civile, dall'investigatore della polizia postale, dal pubblico ministero ed anche dal giudice per l'ottimo intervento in udienza (un ora di discussione che nemmeno una discussione di una tesi di laurea), dopo ore ed ore di preparazione, ricerche in rete, studio di leggi e sentenze, studio di manuali, prove e simulazioni tecniche, riunioni con avvocati e Colleghi... dopo averci messo davvero l'anima... la mazzata: il cliente contesta l'avviso di fattura, con le scuse più assurde. Complice anche la scarsa conoscenza della lingua e grammatica italiana, si inerpica con delle contestazioni corredate di termini offensivi, denigratori, che sminuiscono la professionalità e la offendono profondamente... niente da fare, si aspettava di spendere due mentre il conto è dodici... Grazie davvero. 
Più che una delusione professionale è una delusione "sociale", ovvero constatare quale sia la percezione del valore di una prestazione professionale a dir poco eccellente, da parte di chi per principio crede di comandare avendo i cordoni della borsa e valuta tutto in base al "costo". Rispetto per gli altri = ZERO! 
La motivazione principale della contestazione è "Non me l'aspettavo". Embè? mica è colpa mia se non sai fare i conti. Sapevi la tariffa giornaliera, sapevi il tempo necessario... due più due lo sai fare? 
Sembra un pò come quei furboni che al ristorante, a fine pasto, dopo essersi scolati un paio di bottiglie si lamentano che il vino sapeva di tappo ed iniziano la trattativa per ridurre il conto... manco al mercato del pesce.
Chi si ricorda quando con mille lire si comperara un cono gelato con tre palline? Ecco, se oggi si va in gelateria e si pretende un gelato due gusti con 50 centesimi di euro, come minimo si viene buttati fuori a calci nel sedere, BARBONE! mentre nella migliore delle ipotesi, con quella cifra, si ottiene un cucchiaino di assaggio.
Ma forse dovrei fare anch'io come altri... vuoi spendere poco?, vuoi un cono gelato tre gusti da 50 cent?? ok, no problem, avrai il corrispettivo di 50 cent in gelato, tanto in galera ci vai tu, mica io. 
Vaffanchiulo, questa me la paghi. 

P.S. Gli str°nzi galleggiano. Ripeto: Gli str°nzi galleggiano.

venerdì 29 settembre 2017

Licenziata per furto

No, non è tollerabile!. Prendo spunto dal licenziamento di un operatrice ecologica, rea di aver preso tra i rifiuti un monopattino da regalare al figlio, per esternare la mia indignazione e totale disapprovazione. L'argomento non è nuovo e ne avevo già parlato tempo fa, quando dei vigili multarono dei soggetti che avevano perfezionato un baratto all'esterno di una discarica (oop...ecocentro come vorrebbe qualche laureatino o sedicente spin doctor). 
Uno schifo che rivela un amministrazione da azzeccagarbugli, la perdita totale del buon senso, della comprensione oltre al senso di "coesione sociale".  Qui mi sa che è invece, forse, una questione di becero razzismo o forse una meschina vendetta per chissà mai quale terribile torto subìto da qualche dirigente magnaschèi, leso nell'onore (si certo, certo) perso nei meandri di anni di inciuci e porcherie varie. 
Ma restando più sul generico, e generalizzando come piace a noi "populisti", vengono in mente alcuni ragionamenti, fatti da noi che non siamo avvocati e nemmeno siamo managers dallo stipendio di giada.
Un oggetto finito in discarica, percepito quindi dall'utente come "senza valore", diventa "proprietà" di un azienda a partecipazione pubblica. Per il conferimento è stato pure pagato un tributo o tassa (non sottilizziamo sulla differenza tecnica fra i due termini), soldi pubblici quindi. Ma sta storia delle municipalizzate non è molto chiara. Quando fa comodo sono privati e l'area di conferimento è proprietà privata e ciò che c'è dentro è proprietà privata...e quindi le regole, lì, sono private e plasmate a loro esclusivo diletto e consumo. Quando invece legittimamente (ed a buon ragione) ci si lamenta del servizio o si criticano gli importi in bolletta...allora è cosa pubblica e bisogna rivolgersi al comune. Di sicuro è una gran presa per il culo e noi qui a strali ad ascoltare.
Ma la cosa peggiore è che in mezzo alle interpretazioni mutevoli fra pubblicoo privato, ci si affretta a considerare un bene privato ciò che è un rifiuto destinato a chissà quale parte dello smaltimento o riciclo. Di sicuro molte municipalizzate raccolgono i rifiuti e li rivendono con profitto a chi ricicla. Ma i profitti vengono redistribuiti ai comuni? Sono soldi pubblici o privati? Non lo so, lo confesso ma a pensar male si fa peccato, però a volte ci si azzecca. A chiedere chiarimenti non si ottengono risposte chiare. Certo è che la tassa di smaltimento aumenta anche quando la multiutility di turno fa profitti ed i bilanci sono in attivo. Quel fiume di soldi dove va realmente?? fra le mille pieghe dei bilanci? viene in toto reinvestito? boh!
Ad ogni modo abbiamo capito che il conferimento di un oggetto all'azienda privata ma a partecipazione pubblica conferisce allo stesso un valore e che questo valore si genera nel momento in cui si oltrepassa il cancello dell'ecocentro, così come automaticamente passa di "proprietà" nell'istante in cui viene estratto dal mezzo privato all'interno dell'area privata.  Un delirio legislativo degno del più pazzoide dei pazzi. Dove vivo io è il contrario. Ci pagano per conferire i rifiuti a chi li ricicla realmente. 
Sorvoliamo anche sul fatto che nel vostro paese spesso si vedono "gli operatori" scambiarsi o caricare in auto "rifiuti" di varia natura. Forse qualcuno addirittura li vende agli utenti o li usa come merce di scambio per chissà quali favori. Se non si fa parte del "cerchio magico" il prelievo di oggetti aventi utilità pratica è assolutamente vietato e fisicamente impedito da corpulenti operatori scrupolosissimi nell'applicare delle regole ferree che però valgono solo nei confronti di chi non è loro amico. Ma lasciamo perdere, noi siamo tolleranti di fronte a queste cose... noi. Alla prossima.

Fedele non è un cane. Ripeto: Fedele non è un cane. 

sabato 20 giugno 2009

Philips C242 Hair trimmer

Da qualche giorno, ho mandato in pensione il taglia capelli che, gloriosamente e pazientemente, mi ha accompagnato e supportato nella mia personale lotta (vittoriosa) contro parrucchieri, barbieri, coiffeur per uomo, shampoo, gel, balsami, pettini, spazzole e via dicendo. Funzionava anche come regola-barba e non mi sono mai lamentato. Da un pò di tempo però, aveva iniziato a dare qualche segno di insofferenza. Forti vibrazioni e calo di giri. Pensando fosse causato da qualche rottura interna, dopo una caduta, ne ho acquistato un altro, guardacaso della stessa marca. Nella solita pausa sigaretta, mi prende il solito desiderio ricorrente, che non riesco a frenare. Devo smontare e vedere com'è fatto dentro. Per aprirlo, occorre sfilare la parte a punta, dove si infila il cordone di alimentazione e togliere la sommità fatta ad "U" che si trova in prossimità del perno motore. Poi si sgancia il lamierino flessibile che regge le lame e gentilmente, con un cacciavite piatto, si inizia a forzare l'apertura dall'alto verso il basso. Non ci sono viti, solo ganci in plastica, ai quali bisogna prestare molta attenzione per non danneggiarli. All'interno trovo la sorpresa. Il motorino, il pulsante di accensione e la presa di alimentazione, sono collegati ad un circuito stampato, con tanto di piste e connessione per i componenti. Incuriosito, giro la basetta e, sorpresa, di componenti elettronici nemmeno l'ombra! Solo uno stupido interruttore on-off che alimenta uno stupido motorino cinese. Che delusione. La macchinetta era un regalo, mi aspettavo qualcosa di più "corposo", magari una regolazione del numero dei giri, non so cos'altro, ma mi sembra molto stupido far pagare un circuito stampato per nulla. Eliminatelo, dato che non serve a nulla e fatemi pagare un euro in meno. Progettisti dei miei stivali. Mi immagino già la scena. Riunione con l'AD, il commerciale e l'ingegnere progettista. Quest'ultimo che cerca di proporre il suo progetto per un circuito di regolazione a microprocessore, con tanto di carica batteria al litio con controllo di soglia, spia di segnalazione bicolore lampeggiante, micro display blu che a leggerlo occorre una lente ma fa tanto tecnologico ed altre diavolerie elettroniche necessarie a riempire un ora di presentazione e dare percezione che il reparto R&D lavora alla grande per una grande azienda. l'AD ed il responsabile marketing, dopo una pausa di riflessione interminabile di trenta secondi, concordano per un "....naaaa..." e decidono di togliere, aggiustare, mettere, giustificando le scelte con teorie accademiche sui consumatori, sulle preferenze psico-attitudinali dei clienti, sull'andamento finanziario dei mercati globali, il tutto condito con citazioni di studi sull'ergonomia ecc. Alla fine, decidono di mettere in produzione l'oggetto apportando le modifiche suggerite: niente display altrimenti occorre mettere le scritte in dodici lingue, niente batterie altrimenti il costo sale troppo, niente spia di accensione, tanto si sente quando è acceso... L'ingegnere, che ha approntato il progetto lavorandoci anima e corpo, allora prende una decisione. Presa, interruttore, motorino, vaffanculo e stop. Ma, per soddisfare l'orgoglio personale, lascia il circuito stampato, giusto per ricordarsi in futuro che laurearsi, impegnarsi a fondo per 900 euro al mese quando si lavora con degli stupidi ed ignoranti, non ne vale proprio la pena.
Ciao

P.S. Inutile spingere. C'è posto. Ripeto: Inutile spingere. C'è posto.

domenica 14 giugno 2009

Sono esaurito dal blog

Sono esaurito. Non chiedermi perché ma sto tenendo in piedi ben 6 blog. Fosse per me lo farei per lavoro (inutile). Ma i ritagli di tempo non vanno riempiti dall'ozio. Una pausa sigaretta può aiutare a distrarsi da un lavoro di 15 ore giornaliere ovviamente pagato per due (ore). Ma a scrivere qualcosa da chi è fissato con la precisione è quasi un obbligo. Ora poi che il regime sta in tutti i modi di soffocare le voci libere ed indipendenti, ora più che mai è il caso di sfogarsi (forse per l'ultima volta) e dire la propria opinione, in un angolino di libertà che ci stiamo tenendo stretto con i denti. Anche l'attività di divulgazione è stressante, non fosse per la mole di stronzate che giornalmente ci vengono rivoltate e scaricate addosso. Ma la rete è un invenzione bellissima. Si può infatti prendere la merda che ci arriva e rimandarla al mittente. Straordinario. Come me esistono una moltitudine di persone, indipendenti e libere, non organizzate, che inconsciamente agiscono di concerto e senza direttive od imposizioni fanno la stessa cosa, segno che il sentimento di libertà è unico, irrinunciabile, sacrosanto, indispensabile e condiviso da tutti. Che poi i soliti approfittatori cerchino di interpretare il concetto di libertà a proprio uso e consumo, è un altra storia. Comunque lo scopo è nobile e l'attività socialmente utile. Senza le voci libere ed indipendenti, dato che la stampa finanziata con danaro pubblico non lo è più, ci troveremmo in una situazione di dittatura, governata da abili manipolatori, imbonitori e venditori di fumo. E' un attività usurante, che ci costringe a dedicare tempo e risorse altrimenti impiegate per la propria crescita personale o, perchè no, ad oziare e bearci del tempo libero che il progresso (quello buono) ci ha regalato.
Chiedo pertanto che venga riconosciuta l'attività di "blogger", con tanto di stipendio mensile, previdenza e fondo pensione. Una nuova professione. Stiamo facendo un vero lavoro che richiede impegno e passione. Non vedo perchè debba essere considerato un passatempo. Divulgare informazioni è a vantaggio di tutti, propedeutico alla crescita della società alfaabetizzata. Pretendo il riconoscimento della professione di Blogger!

P.S. Il popolo chiede sesterzi. Ripeto: Il popolo chiede sesterzi.

domenica 29 marzo 2009

Autopsy di un hard disk (2)

Sto eseguendo un analisi di un disco per conto di un cliente. 1TeraByte di dati da anlizzare senza sapere nemmeno cosa cercare esattamente. Un vero incubo. Da qualche giorno il mio fedele PC da 2.4 Ghz monoprocessore sta sbatacchiando il disco di destinazione, giorno e notte, per creare il datafile su cui poi generare la timeline. Spero solo in un colpo di fortuna, anche se l'esperienza mi insegna di focalizzare l'attenzione, per prima, su due o tre cose. La sterilizzazione, la clonazione dei dati, la generazione delle impronte md5 e sha1 ha richiesto quasi una settimana, per non parlare del fatto che ho dovuto acquistare i supporti ed un banco di ram da 1GB (odio spendere soldi). Speravo, anche questa domenica, di potermi riposare un pò. Invece eccomi qui a lavorare (per fortuna). Mi riposerò nei periodi di stanca, nei quali approfitto del tempo libero per studiare cose nuove e sperimentare nuovi hack mai intrapresi da chicchessia. Mi spiace solo aver dovuto accantonare molte cose in sospeso e dover ritardare ancora i risultati. Pazienza. alla prossima.

PS. ACAB. Ripeto: ACAB.

martedì 17 febbraio 2009

Non pago per lavorare, grazie.

Oggi mi sono recato presso un'azienda di servizi, prospettando una possibilità di acquisire qualche incarico professionale. Così almeno al telefono mi si era prospettato l'appuntamento. Barba rasata, vestito buono per le occasioni, scarpe lucide, puntuale come un cronometro svizzero. Dopo un ora di fuffa e chiacchiere della serie, "siamo grandi", "siamo i migliori" ecc.ecc inizio ad insospettirmi. A poco valgono le lusinghe, i complimenti per il mio status professionale, so esattamente quanto valgo e non mi propongo mai ad un centesimo di più di ciò che posso offrire. Mi parlano addosso di appalti, gare, del settore pubblico, di incarichi a sei cifre... tutte cose allettanti sicuramente, il desiderio è emerso e la tecnica per farlo è a me nota. Ottenuto uno scontatissimo "sì, potrebbe interessarmi" , che se non lo si pronuncia l'imbonitore è costretto a continuare ad oltranza, si arriva finalmente al nocciolo della questione. Cosa dovrei fare per ottenere tutto quel ben di dio?. Ma pagare ovviamente! Un abbonamento annuale ad una banca dati... dati pubblici ovviamente, facilmente reperibili in rete agratis. Ma che mi stanno a pigliare per i fondelli? com'è possibile che esistano attività del genere? Dovrei pagare per lavorare? Un pizzo annuale per un servizio di consultazione di gare pubbliche per servizi di consulenza... non ho nemmeno chiesto "quanto costa?". Trovo disonesto usare le tecniche di manipolazione per ottenere un consenso alla sottoscrizione di un abbonamento e pagare per consultare dei dati già disponibili. Probabilmente qualcuno già sta pagando, qualcuno si è abbonato, buon per lui, forse si è trovato nella condizione di non sapere dire di no. Così ho sprecato tempo, benzina e pazienza. Vaffanchiulo.

P.S. Ciccio Paletta torna all'ovile. Ripeto: Ciccio Paletta torna all'ovile.

domenica 25 gennaio 2009

Erori

Una delle attività più dispendiose,e quindi trascurate, nello sviluppo dei siti web, è il controllo ortografico dei contenuti. Nonostante ormai siano onnipresenti i correttori ortografici "automatici", non è raro (è frequente) imbattersi in strafalcioni ortografici o errori di battitura. In un blog la cosa può essere perdonata. Un blog è prevalentemente un diario on-line ova l'autore dispone dei contenuti come meglio crede. Generalmente non c'è fine commerciale, un blogger infatti non ha l'obbligo di dimostrare ai lettori la propria serietà e cura nei contenuti. Poco importano gli errori ortografici, la semantica, la grammatica... non deve vendere nulla e non deve certo convincere nessuno che dietro al blog c'è un gran lavoro di sviluppo per dimostrare di essere una grande azienda. Ad ogni scrittura di ogni post, non segue l'attività di debug, di controllo, di analisi. La lettura può risultare anche poco scorrevole, a volte confusa, poco importa. Diversamente, i siti aziendali o commerciali che presentano errori, rappresentano un boomerang per l'attività. Si pensi ad una grande azienda, con centinaia di dipendenti, che non considera importante l'offerta di contenuti chiari e corretti. Cosa si può pensare di un sito aziendale che è infarcito di errori di ortografia?. Quale immagine ci si fà di un attività commerciale che non cura la comunicazione con i potenziali clienti? Compreresti un on-line un "prosiutto" a cui vengono abbinate pagine di descrizione che ne decantano le virtù? Di esempi se ne possono fare a iosa. Di certo, c'è che gli errori di ortografia compaiono dove meno ci si aspetta. Se già l'approccio all'azienda afflitta da questa piaga era avvicinata con il sospetto che deriva dalla mancanza di poter toccare con mano i prodotti, un errore ortografico nel sito di presentazione rappresenta un ottimo motivo per non comprare nulla e rivolgersi ai concorrenti più attenti e meglio organizzati. Personalmente, quando mi imbatto in un sito di qualche azienda e riscontro degli errori ortografici, immediatamente mi faccio un immagine di questa. Un titolare grezzo ed ignorante (la quasi totalità degli imprenditori), di quelli che comandano, danno ordini che devono essere eseguiti senza discutere e che è abituato a seguire direttamente l'ufficio acquisti, incarica il solito cuggino brufoloso di sviluppargli il portale di presentazione promettendo in cambio il lauto compenso di 10 euro a pagina sviluppata. Il cuggino informatico, che si sente in dovere di accettare in cambio del lauto compenso anche per dimostrare le proprie abilità acquisite in ben tre anni di studi universitari, inizia immediatamente a lavorare per dare risultati il più presto possibile. Lo scrupolo di rileggere e controllare i contenuti viene immediatamente soffocato e represso dalla fretta del titolare che ha "urgenza" di pubblicare il sito. Un dipendente dell'azienda, un ragazzetto sveglio che si sta diplomando alla scuola serale, segnala al titolare che il sito contiene degli errori. Il ragazzetto viene licenziato in quanto non si deve permettere di sputare nel piatto dove mangia e per sentenza della Cassazione non deve criticare il datore di lavoro. Complimenti. E'un classico, con qualche variante ma un classico, un evergreen qui in "itaglia", popolata da webmaster "diplomnati" ignoranti grezzi e cretini, da imprenditori ignoranti, miopi, stupidi ed avidi, da laureati ignoranti, arroganti e presuntuosi, da ingegneri ignoranti ed impreparati che hanno preso un "laura", da gente onesta che per paura se ne sta zitta e nascosta, in attesa che l'orda barbarica termini la distruzione ed il saccheggio. Ciao

P.S. Ripulire il garage di notte. Ripeto: Ripulire il garage di notte.

domenica 11 gennaio 2009

Recuperare dati da supporti danneggiati

Per chi ha un attività o gestisce un impresa, l'evento più disastroso che scatena il panico è la sorpresa data dalla perdita dei dati elettronici dai supporti usati per memorizzarli. Mi accorgo di ciò quando entro in ufficio e trovo una moltitudine di chiamate perse al cellulare. Il disastro si verifica solitamente negli orari meno opportuni, quasi sempre nei giorni festivi e spesso quando sono oberato di impegni inderogabili. Solo allora divento indispensabile ed oggetto di suppliche, mai accompagnate dalla promessa di retribuire adeguatamente la mia disponibilità a risolvere la situazione. Stavolta è toccato ad una chiavetta usb, con gli archivi dei clienti di un dentista. Non mi chiedo come mai i dati dei clienti siano memorizzati in un archivio di lavoro su una chiavetta usb invece del PC dello studio dentistico. Accetto l'incarico "agratis" e, dato che non è la mia attività principale ma solo un favore fatto in funzione di un lavoretto che dovrei far fare alla mia arcata dentale superiore, sperando nella disponibilità futura ad un pagamento "in natura" (cambio merce), decido di dare un occhiata al supporto. A volte mi arrivano dei casi veramente disperati, supporti danneggiati a tal punto che il recupero è quasi impossibile. Ecco qui gli strumenti che utilizzo per riportare il sorriso a chi si affida a me, anche se non sempre la fiducia riposta trova una vera soluzione.
Gli strumenti che uso per il recupero dei dati? Sono dei programmi in ambiente GNU-linux. Vediamoli:

dd_rescue
È una variante dell'utility unix “dd”. Estrae i dati dal supporto e trasferisce ciò che è leggibile su un file o su un device a blocchi. Crea un "clone" dei dati con blocchi a zero se non riesce a leggerli dall'origine.

fsck
E' uno strumento di unix per la manutenzione dei filesystem. È composto da una suite di programmi, ciascuno dei quali lavora su uno specifico filesystem: per esempio fsck.ext3 lavora su filesystem ext3, fsck.vfat su FAT16/FAT32, ecc… Verifica la consistenza della struttura del filesystem e risolve gli eventuali problemi. Può lavorare sia su device a blocchi (es. /dev/sdb /dev/hda ecc...) che su file immagine (creati ad es. con dd_rescue).

testdisk
E' un programma di recupero dati interattivo che ricostruisce in modo "semi-automatico" una tavola di partizione danneggiata. Legge i settori iniziali di ciascun cilindro del disco e cerca quelli che potrebbero assomigliare ad una partizione. E' in grado di rilevare in automatico il tipo di filesystem (ne riconosce davvero moltissimi) e le sue dimensioni provando anche a volte di correggere problemi di consistenza.

photorec
L'interfaccia è simile a testdisk. Recupera i files direttamente dall'area dati senza affidarsi al filesystem. È utile quando il filesystem è pesantemente danneggiato e/o non è supportato dagli altri strumenti. Sarebbe da impiegare come ultima spiaggia dato che è in grado di recuperare solo alcuni tipi di file. Ovviamente non può mantenere i nomi originali dei files, per cui ci si potrebbe trovare nella situazione di aprirli uno ad uno per comprendere cosa contengano aiutandosi con l'estensione.

La procedura
Do per scontato che nelle operazioni di recupero si utilizzi uno strumento predisposto a farlo, ovvero un PC con gli strumenti software installati, spazio sufficiente per trasferire i dati da recuperare, eventualmente delle porte ide libere (evito, se posso, gli adattatori usb-ide), collegato ovviamente in rete per scaricare eventuali aggiornamenti.


Controllo il partizionamento del supporto per individuare quali partizioni contiene. Se il device è /dev/sdb:

fdisk -l /dev/sdb

Se l'MBR è corrotta non si può effettuare il mount in sola lettura, altrimenti provo a montare in read-only la partizione in esame (SDB1 per la prima):

mkdir -p /mnt/dati
mount -o ro /dev/sdb1 /mnt/dati

Se il mount non va a buon (MBR è corrotta) o non è leggibile, devo clonare l’intero disco:

ddrescue /dev/sdb /mnt/immagine_chiavetta.img

Con il comando precedente, estraggo tutto il dispositivo con tutte le sue partizioni.

Se dd_rescue va a buon fine senza errori, occorre ripristinare una tavola di partizione corretta:

testdisk /mnt/immagine_chiavetta.img

che esegue una scansione dell’immagine alla ricerca dei possibili punti di inizio delle partizioni. Se esce il messaggio "partition sector don't have the end mask 0xAA55" significa che la tabella delle partizioni è completamente andata (salta al passo photorec direttamente) e difficilmente è possibile ripristinarla a mano (in alcuni casi si può fare).
Se tutto va bene, testdisk ripristina il tutto e si può procedere a salvare la nuova MBR. Quando si lavora con testdisk può essere necessario impostare a mano la geometria del disco CHS Cilindri - testine - settori per traccia: sui dischi vecchi i dati sono riportati sull'etichetta, mentre in quelli più attuali è riportata solo la dimensione in blocchi: in questo caso il firmware del disco usa una geometria fittizia per mappare l’indirizzo LBA dei blocchi: i settori per traccia sono sempre 63 e le testine 255: il numero di cilindri si calcola dividendo la dimensione in blocchi per 16065.

Dopo la ricostruzione della tavola di partizione, si può estrarre l’immagine solo della partizione che ci interessa: Per sapere dove inizia e dove finisce:

sfdisk -d /mnt/spazio/immagine.img

Ci si annota “start” e “size” della partizione: supponendo che i valori siano rispettivamente 63 e 156296322 posso estrarre l’immagine sovrascrivendo quella completa ottenuta in precedenza:

ddrescue -i (numero_inizio)b -s (numero_size) /dev/sdb /mnt/immagine_partizione.img

Si può così tentare un fsck: supponendo un filesystem di tipo FAT:

fsck -t vfat /mnt/immagine_partizione.img

e montare in loopback l’immagine:

mkdir -p /mnt/chiavetta
mount -o loop,ro /mnt/immagine_partizione.img /mnt/chiavetta

Il lavoro è terminato e si può procedere con l'analisi dei dati. Se, come nel mio caso la FAT è completamente andata, l’ultima possibilità consiste nell’uso di photorec:

mkdir -p /mnt/chiavetta/files
cd /mnt/chiavetta/files
photorec /mnt/immagine_partizione.img

Il supporto di origine può essere inutilizzabile o inaffidabile per memorizzarci altri dati. Se si desidera comunque riutilizzarlo, va formattato con il comando:

dd if=/dev/zero of=/dev/sdb bs=1

A meno di spiacevoli sorprese, in molti casi si riesce a recuperare qualcosa, magari non tutto. Possono però capitare dei comportamenti "strani". Con dd possono comparire errori di I/O che interrompono il processo di recupero. Anche dd_rescue può conteggiare errori di lettura. A volte l'errore di I/O è volatile, nel senso che si verifica saltuariamente ed imprevedibilmente in settori diversi. E' comunque indispensabile riuscire a salvare il maggior numero di blocchi (tutti se possibile) altrimenti il tentativo è inutile. A volte l'errore deriva da una chiavetta "consumata", ovvero utilizzata oltre il numero di cicli di scrittura consentiti. In altri casi può essere un problema hardware del circuito di interfaccia alla porta usb che si manifesta solo in particolari condizioni di temperatura. In questi casi essere un pò maghi e conoscere qualche rito sciamanico può aiutare. Alla prossima

P.S. Invertire il 7 con l'8. Ripeto: Invertire il 7 con l'8.

martedì 16 dicembre 2008

Recupero crediti

In tempi di "crisi" fioccano in ufficio le chiamate di solerti signorine dalla voce suadente (ma a volte con accento straniero tipico dei paesi dell'est), incaricate di concordare a tutti i costi degli appuntamenti per i commerciali delle agenzie di recupero crediti. Ne ricevo una, la settimana scorsa. La curiosità di conoscere la remota possibilità di incassare quanto mi spetta, dato che i debitori visto l'andazzo si permettono di non onorare i propri obblighi, mi spinge a concordare un appuntamento con la persona che, guarda caso, è sempre in zona nei giorni che scelgo quando ho un buco nell'agenda. Alla data ed orario stabilito il rappresentante non si fa nemmeno vivo. Cominciamo bene. Dopo una settimana ricevo delle chiamate al numero fisso ed al cellulare. E' il rappresentante che per giustificare l'assenza dà la colpa al computer. E due. E' ovviamente in zona e sta cercando di riempire un buco di trenta minuti fra un appuntamento e l'altro. Mi chiede di mollare tutto e incontrarlo. Accetto, ma gli do appuntamento al bar, giusto per de-formalizzare l'incontro e renderlo una chiacchierata senza impegno ovviamente. Appena si presenta, inizia a lamentarsi del suo navigatore satellitare nuovo, che a suo dire non funziona bene in quanto interpreta a proprio piacimento una modalità di utilizzo. E tre. Ordina due caffè e comincia a presentare l'attività. Ho le idee chiarissime su cosa voglio. Pagare solo ad incasso avvenuto. Non vedo infatti perchè mi devo accollare io il rischio di buttare i soldi. Se siete così efficaci come mi stai dicendo, il rischio ve lo assumete voi, eventualmente valutando a priori la solvibilità del cattivo pagatore. Niente da fare. Mi dice che ad ogni pratica vogliono 150 euro (ma non lo leggo da nessuna parte) e poi un 30% sull'incasso. Apperò. E quattro. Durante la conversazione, mi interrompe tre volte, mi contraddice due volte, sovrasta la conversazione alzando leggermente il tono della voce. Non ascolta. E cinque. Parla con le mani in tasca e dopo 20 minuti mi mette pure fretta perchè ha appuntamento con un azienda e deve interrompere. E io chi sono, il figlio della serva?. E sei. Tutti segnali negativi. Questo ha qualcosa da nascondere. "Le farò sapere, ci devo pensare" è la frase che uso sempre per tagliare corto e mandare a quel paese questi rappresentanti del cazzo. Nella fretta e nel congedarsi salutando, aggiunge..."ai caffè ci pensa lei vero?". Certo come no ci mancherebbe, posso fare qualcos'altro? Se vuoi ti lavo la macchina anche se piove. Il contatore continua a salire. Ma vaffanculo. E' tempo di crisi, molte aziende lavorano cercando di raccattare pochi spiccioli a destra e sinistra. Più volumi, più fatturato. Della qualità dei servizi chissenefrega, basta incassare qualcosa, tanto anche se il lavoro non va a buon fine, un minimo di introiti è assicurato (viene anche il dubbio che poi il lavoro venga svolto effettivamente). Vado a pagare anche il caffè del morto di fame e la titolare del bar mi guarda con uno sguardo di solidarietà misto a tristezza dicendo..." anche a te capitano questi personaggi?". Lo so. il 99% dei rappresentanti vende fuffa. Niente di più. Da parte mia preferisco perdere un incasso piuttosto che mantenere certi imbecilli. Ci rimetterò economicamente ma almeno ho la soddisfazione di contribuire a mandarli in malora concretamente. Non sono i mercati in crisi ma le persone. Alla prossima.

P.S. Noi non si compra nulla, noi si vende. Ripeto: Noi non si compra nulla, noi si vende.

martedì 18 novembre 2008

Server, sistemisti e smanettoni IT

Ultimamente sono stato contattato da un informatico d'assalto, un self made man, che mi sta fracassando i marroni con delle richieste che mettono in chiara evidenza la sua incompetenza retribuita. E' un sedicente "sistemista" attualmente in carico come dipendente presso una grande industria. Sedicente in quanto "dice di sè" che è un sistemista. Nell'ambiente scientifico degli informatici, un ristretto gruppo di esperti che guardano con un pò di disprezzo i principianti che strombazzano le loro abilità, il termine "sistemista", espresso così genericamente, è inteso come colui che interviene nei "sistemi" informatici (tutti) e risolve, configura, installa, fa funzionare ecc... Per sistema si intende l'insieme di hardware e software che compone un sistema informativo. Un sistema informativo che necessita di un sistemista è composto come minimo da una rete in configurazione client/server, da un insieme di funzionalità quali database, intranet, internet, mail server, web server, ecc...
La definizione di "sistemista" non è concentrata in un particolare sistema hardware o prodotto software, altrimenti sarebbe più corretto parlare di "specialista". Pertanto un sistemista, se così si definisce genericamente, deve saper configurare un firewall, indipendentemente dal sistema operativo o dall'interfaccia grafica usata per gestirlo. Deve saper amministrare un database, indipendentemente dal tipo. deve saper agire sui parametri di rete per farla funzionare, deve saper configurare un mail o web server. Infatti, in tutti i casi esposti, dato che ormai le funzionalità sono "standard" per via di protocolli univoci, ovvero si somigliano tutte e cambia solo il nome delle cose, un "sistemista" è in grado di agire, configurare, risolvere ecc... tenere in piedi il sistema informativo e sapere cosa fare in caso di guasto... già, servono pure delle approfondite conoscenze dell'hardware, dato che sono capaci tutti di chiamare il tecnico esterno in caso di guasto.
Data la situazione "traballante" di questa economia ed al fatto che i soliti ne stanno approfittando per licenziare, il nostro sistemista decide di mettersi in proprio e di approfittare delle proprie conoscenze per vendere soluzioni a destra e sinistra. Il problema è che non è in grado di risolvere autonomamente, dato che le sue conoscenze tecniche sono basate su un sistema informativo gestito per anni, conosciuto a memoria ma apparentemente diverso da quello che si trova in giro. Basta cambiare prodotto o imbattersi in un sistema linux e crolla tutta l'aurea di conoscenza sino a poco tempo prima usata a sostegno del proprio entusiasmo. L'uso massiccio e prolungato di windows ha inoltre impigrito, nel tempo, il nostro sistemista, paragonabile più ad un pigiabottoni che ad in tecnico informatico che si rispetti.
L'attività in proprio non è facile nella fase di start-up e risulta naturale, oltre che appetibile, offrire soluzioni chiavi in mano per le problematiche più disparate. Da una server appliance ad un centralino voip, da un sistema di trasmissioni wireless ad un sistema di videosorveglianza, tutto fa bilancio e occorre rassicurare i propri contatti di essere in grado di fornire...il bilancio è sacro. Questa è la situazione. Mancano i sistemisti quelli veri, quelli che le cose le sanno fare davvero. Ed allora il nostro wannabe sistemista trova la soluzione più scontata, che ormai ci sono passati tutti quelli che si trovano o trovavano nella stessa situazione. Creare una rete di informatici in grado di intervenire alla bisogna, da pagare il minimo per massimizzare i guadagni e da non assumere data l'occasionalità degli incarichi. Ci hanno provato in centinaia, è un pò il sogno di molti raccattare incarichi, sbolognarli al primo pirla disponibile e lucrare un buon margine, salvo poi scaricargli addosso le colpe quando qualcosa non va. Si nota però da subito il tipo di richiesta che viene conferita ai collaboratori usa e getta selezionati col criterio del primo che capita. Voglio un server con le funzionalità A,B,C, ma (udite, udite) che sia facile da usare e configurare, in quanto voglio proporre e rivendere la soluzione ad altri sistemisti o smanettoni... cooosa? Qui casca il palco. Il pigiabottoni si rivela per quello che è, un pigro commerciante approfittatore, un promotore di nuovi smanettoni, non certo un sistemista e tanto meno un informatico. L'attività di "informatico" per come la intendo io, è fatta di sacrifici, (tantissimo) tempo dedicato all'aggiornamento ed alla formazione continua, alle prove, alla ricerca ed agli esperimenti in casa. Non che la gestione debba risultare difficile, per carità, anche io amo le comodità, le scorciatoie e le soluzioni "semplici", ma non disdegno di capire a fondo cosa sto facendo, in modo da essere pronto ad affrontare e risolvere gli imprevisti, per problemi che escono dalla normalità, in due parole devo essere preparato e competente. Credere che un server sia una scatola con quattro bottoni da pigiare, che funziona tutto e si può dimenticarla nel sottoscala, significa credere ai soliti rivenditori commercianti di informatica che fanno tutto sempre facile, rapido e soprattutto che "funziona" sempre. I tribunali sono pieni di questi creduloni ignoranti che hanno ceduto al miraggio di facili guadagni. Temo che dovrò suggerire l'uso di windows a questo sistemista, e di cercare fra i numerosissimi informatici dell'ultima ora qualcuno disposto a svendersi per pochi spiccioli. Vuoi una soluzione facile da gestire per sistemisti e smanettoni? Linux non fa al caso tuo...linux è per i clienti seri che vogliono soluzioni serie ed io non installo server windows. Ma il sistemista insiste, concentrato com'è più sul proprio profitto che sulle necessità dei propri clienti. Linux "è gratis" (così crede, essendo caduto nell'inganno della traduzione italiana del termine "free") e permette margini più ampi. Windows è a pagamento, così come ogni componente aggiuntivo necessario a una seria configurazione client-server. Linux è un ambiente più "robusto" e sicuramente più adatto per ciò che devi proporre, ma per i principianti è un sistema "difficile". Le cose sembrano difficili quando non le si conoscono. Una volta imparato, diventa facile. Ma allora impara anche tu visto che "non costa nulla" e di documentazione in rete ce n'è a iosa... No. Fammelo tu che ti pago ed ho un sacco di clienti che lo vorrebbero. Eh?? Guarda che lavoravo per i "padroni" mooolto tempo fa e mi sono messo in proprio per evitare questi atteggiamenti arroganti. E poi... non lavoro per i commercianti smanettoni, sono capaci solo di piantare grane e scaricare sempre la colpa sul tecnico. Lasciamoperderedai, non insistere per favore che ho altro da fare. Ciao.


P.S. Aldo riempie il bicchiere. Ripeto: Aldo riempie il bicchiere.

giovedì 18 settembre 2008

linux vs windows

Ho appena finito di leggere alcuni commenti su una notizia apparsa su punto-informatico. Che pena. Sono "iscritto" a PI da quando è nato, ma sto decidendo di smetterla di subire la superficialità dei contenuti che giornalmente mi vengono recapitati via mail. Punteggio 2--. La qualità di certi articoli è scarsissima ed i contenuti penosi.
Nel leggere i commenti dei moltissimi troll che impestano quella testata di "giornalisti" (ma dubito che quelli che scrivono siano iscritti all'ordine) mi soffermo a volte ad osservare quelli relativi alle disquisizioni fra sostenitori di windows e sostenitori di linux. Sono arrivato ad una "conclusione" temporanea (segno che sono disposto a cambiare idea se riesco a cogliere segnali diversi che mi smentiscono). Windows ha una moltitudine di sostenitori perchè è un sistema "operativo" facile e che, data la sua instabilità e per come è stato concepito, fa vendere molto e quindi guadagnare. E' ideale per coloro che vendono, vendono, vendono e la qualità un mucchio di chiacchiere da vendere. Come sistema chiuso, permette solo la possibilità di vendere aggiornamenti, vendere pacchetti aggiuntivi, vendere software che necessita di continui aggiornamenti obbligatori, tanto i clienti si comprano di tutto perchè percepiscono un bisogno conseguente alla scarsa qualità del prodotto. Chi pontifica windows ha da tempo chiuso le porte alla ricerca, allo sviluppo di applicazioni "serie" e ragionate in cambio della piacevole sensazione che da la pigrizia e l'ozio mentale. Chi difende a spada tratta windows non è un informatico, ma un commerciante di sogni, una persona vuota e superficiale, un pigro che ama le scorciatoie, un cultore del CTRL+ALT+CANC, un seguace del formatta & reinstalla, un venditore di antivirus e firewall minimali (inutili), uno schiavo che crede di essere libero (ed a queste affermazioni ha un solo modo di reagire). La cattiveria con cui tenta di denigrare gli altri sistemi, ci dimostra solo che inizia a sentire minato il business facile di chi vuole le cose banali. E nell'attaccare linux, dimostra solo la sua scarsa cultura tecnico-informatica, di non conoscere la storia dell'informatica in quanto non l'ha mai vissuta veramente, di essere un esserino inutile e meschino. Non sto parlando male di windows ma delle persone che lo seguono come pecoroni. E' qui che si misura lo scontro. Trovo stupido ridurre il tutto nell'analisi del sistema "migliore" fra i due. Sono due sistemi diversi, punto. Ma certe persone sono manovrate dalla propria ignoranza, schiave della propria avidità e della propria pigrizia.
Conosco un sacco di amici che lavorano e sviluppano su piattaforma windows. Tutti, ripeto tutti, dichiarano di essere "costretti" a "scegliere" quel sistema in quanto "tutti i clienti usano windows". Bella motivazione atecnica. Complimenti. Mi aspettavo una motivazione dettata da scelte tecniche, suffragate da disquisizioni tecnico scientifiche condivisibili, sul piano tecnico. Sento invece motivazioni "commerciali" che nulla hanno di tecnico. E' qui che lo scontro si fa sentire e dove i toni salgono e sfociano in offese ed epiteti poco edificanti.
Quindi questa generazione di giOOvani ha sancito un principio: il cliente impone la scelta del sistema operativo (in base a criteri stupidi) e i "tecnici" devono eseguire e sobbarcarsi la responsabilità dei fallimenti causati dalle scelte del cliente. E' stupido, molto stupido, soprattutto perchè è colpa nostra. Quando dico che il "tecnico" deve scegliere il sistema operativo e realizzare le soluzioni che ritiene adatte, lo dico pensando ai colleghi (i pochi veri informatici esistenti in questa povera nazione) e pensando al nostro futuro, al nostro ruolo che, credo sia giusto, vada ritagliato in base ad esigenze TECNICHE e non in funzione dei capricci di chi di informatica non sa nulla ma è sempre pronto a scaricare le proprie responsabilità sugli altri.
Nei progetti invece di più ampia portata (grosse aziende, pubblica amministrazione, ecc...) entrano in gioco interessi diversi. Grosse commesse vengono proposte solo per soddisfare esigenze economiche (di entrambe le parti). In questo caso la scelta ricade su qualcosa che garantisca continuità negli interventi di assistenza e manutenzione, quest'ultimi di solito relegati ai giOOvani ingegneri sottopagati e sfruttati (ben vi sta, imparate a sfruttare meglio le vostre conoscenze ed a fare un uso migliore della vostra intelligenza). Quindi niente linux in quanto non giova al profitto commerciale.
Nel trattare contenziosi in ambito informatico, noto come il prezzo della fornitura sia sempre inferiore ai costi di assistenza, manutenzione. Come mai? Noto anche le resistenze degli informatici aziendali ad accettare sistemi linux, spesso perchè hanno il parente - amico - cuggino che fornisce PC e sistemi operativi all'azienda stessa. E giù allora a denigrare linux con le falsità più assurde...ma questo è un altro argomento.
In estrema sintesi, la motivazione di base che alimenta lo scontro linux - windows, quella più gettonata se ci si fa caso, è che il sistema linux "è difficile" mente windows "è facile". E' un messaggio che commercialmente fa presa. Chi vorrebbe mai uno strumento difficile se esiste quello facile? Windows è facile ed è a prova di cretino. Già. Ma chi assumerebbe mai dei dipendenti cretini? La maggioranza....sembra.

P.S. Sara dice 21 e non più mille. Ripeto: Sara dice 21 e non più mille.

mercoledì 17 settembre 2008

Geroglifici nei tribunali

Sembra che il progetto di affossare il sistema giudiziario italiano, sia agevolato in qualche modo dalle "talpe" che lavorano dall'interno. Sono note, solo per i più informati che non guardano la TV di regime e i giornali dei soliti editori interessati a manipolare le notizie, le azioni e manovre di questo governo di rendere inefficaci le azioni della magistratura.
Lo sforzo, nemmeno tanto nascosto dai proclami smentiti il giorno dopo, si concentra nel togliere silenziosamente risorse e strumenti alla magistratura, alle forze di polizia, a chi ha il compito (non si sa quanto ancora in modo indipendente) di controllare, giudicare e punire gli illeciti.

Attorno a queste strutture, lavorano a vario titolo una moltitudine di realtà. Impiegati, cancellieri, avvocati, giudici, consulenti tecnici, fornitori, uscieri, ecc...
Entrare nel mondo dei tribunali, non come imputato o testimone, significa conoscere una realtà parallela, dove il concetto di spazio - tempo è sovvertito ed ancora oscuro ai più. La mia attività con questa realtà, inizia quasi 20 anni fa. L'impatto è stato "devastante". Ma una cosa in particolare mi ha colpito. Il computer nei tribunali è utilizzato male, malissimo, a volte per nulla. Nel corso delle udienze, il giudice scrive ancora a mano i verbali, a volte li fa scrivere a uno degli avvocati presenti, a volte c'è un impiegata che lo fa.
Scrivere a mano ciò che viene dettato è un compito arduo che mal si concilia con la calligrafia e con lo scopo primario di comunicare decisioni importanti. Gli avvocati dopo uno smarrimento iniziale, hanno imparato a decifrare i geroglifici impressi sulla carta. L'uso ricorrente di frasi e modi di dire, permette una "facile" interpretazione, a senso, dei simboli trascritti. Per me, la prima volta, ed ancora oggi a distanza di quasi 15 anni, trovo delle "difficoltà".
Alcune grafìe sono obiettivamente indecifrabili. Vedere gli esempi per credere. Da buon informatico mi chiedo... cosa costerà mai dotare di un portatile l'impiegato o il giudice. Sarei disposto ad insegnargli ad utilizzarlo... gratis pur di vedere un verbale comprensibile, pur di vedere un pò di ordine.
Siamo nel 2008 ed ancora si blatera in tema di spese di giustizia. Sarà sbagliato il sistema di approvvigionamento delle attrezzature, saranno gli scarni trasferimenti statali, sarà che chi deve giudicare le offerte e gli appalti non ne capisce una mazza, ma sicuramente qualcosa che non va c'è, oltre ai gravi problemi accennati in esordio a questo post. Lascio il compito di "tirare a indovinare" cos'è scritto negli esempi qui riportati. Potrei istituire un concorso a premi. Chi li indovina tutti vince un computer portatile (Giudici e impiegati dei tribunali sono agevolati, nella speranza che capiscano almeno la loro scrittura). Ciao


P.S. ljlvf sfdòljfiit òdcldoq 4kdkc9. Ripeto: ljlvf sfdòljfiit òdcldoq 4kdkc9.

lunedì 1 settembre 2008

il tuttofare (informatico)

Sono stato in visita presso l'abitazione di un Collega, di quelli che si occupano di incarichi di alto livello come auditor in sicurezza informatica e certificazioni iso 27000. E' un caro amico e mi trovo volentieri a discutere con lui della professione di informatico, del futuro di questo lavoro, fantastico e bastardo allo stesso tempo. Lui ha un figlio appena laureato ed è inevitabile che le nostre preoccupazioni siano rivolte ai giovani. Durante la conversazione, il figliolo inizia ad intervenire per raccontare le sue esperienze di ingegnere nei rapporti con i clienti. Inevitabile, dopo i racconti delle richieste più assurde e i suggerimenti per come evitarle, visto che cambiano i tempi ma le persone restano sempre dei deficienti e si riproducono pure, spostare il discorso sui compensi (sempre miseri in rapporto all'impegno profuso) ed alla fine sulla "concorrenza".
Sembra strano, ma gli informatici sono quella categoria che vede l'operato dei 'concorrenti' come lo schifo più totale. Ipercritici all'inverosimile. Infastiditi sempre dalle soluzioni altrui con la presunzione di poter offrire la soluzione migliore. Si va sempre a finire con il giudicare certi informatici come smanettoni, incompetenti, tirafili... improvvisati. Il problema nasce dal fatto che l'informatica è una scienza molto giovane e gli informatici difficili da riconoscere, data l'enorme mole di specializzazioni. A contribuire a questa confusione, che lo ricordo spesso parte da noi stessi, contribuiscono quelle persone che si buttano nell'informatica in quanto si crede sia un vero affare. Ed ecco fiorire le iniziative pubblicitarie più bizzarre che relegano il lavoro dell'informatico come un attività di ripiego, facile da intraprendere e gestibile come "riempitivo". Basta vedere il volantino pubblicitario che mi è stato consegnato in visione quella sera.
Lui:"Guarda come siamo ridotti!.." esordisce il giovane con un gesto quasi di stizza. Mi è venuto da sorridere ed ho detto "Boh, mi sembra che sia ridotto male chi quella pubblicità la fa, mica è un concorrente quello...tu lo vedi come un concorrente??"
Lui: "certo che no! io sono ingegnere! ma così si crea confusione nel mercato e ci vedono tutti come quello lì"
io:"...ma non avrai intenzione di specializzarti nel creare paginette web vero? che hai studiato a fare allora?"
Lui: "ok, ma la gente si fa un idea sbagliata degli informatici".
io:"Certo, e sta a te cogliere l'occasione per far comprendere che lo è, se sei un informatico di quelli tosti..."
Quest'ultima risposta deve averlo fatto riflettere e ripensare al suo atteggiamento. Sono stato giovane anche io, principiante come tanti e per di più senza un titolo di studio specifico (che il diploma in informatica ai miei tempi nemmeno esisteva). All'inizio, per emergere e ritagliarmi il mio spazio, ho dovuto inventarmene di tutti i colori, lottare contro certi informatici idioti (che a descriverli si potrebbe scrivere un enciclopedia) e sto lottando ancora oggi per il mio posticino. Non mi sono mai svenduto come tuttofare informatico ma sicuramente ho sempre dimostrato un grande rispetto per i concorrenti, cercando di fare meglio e di più con lo studio, l'aggiornamento, i sacrifici. Non mi sono certo soffermato a denigrare gli altri per dire che ero più bravo, ma ho sempre cercato di dare dimostrazione delle mie capacità, con i fatti. Purtroppo è una buona abitudine ormai scomparsa. I giovani d'oggi pensano che la laurea dia loro chissà quale diritto e di fare qualche sforzo nemmeno a parlarne. Che tristezza. Dimenticano che la "pappa pronta", col tempo occorre prepararsela da soli e che ciò che hanno è spesso frutto di sacrifici e rinunce dei genitori. Nell'informatica c'è talmente tanto spazio per tutti che trovo assurde certe lamentele. Comunque, c'è sul mercato un nuovo informatico tuttofare, che fra un lavoro di giardinaggio, di idraulica o muratura, realizza software gestionali, pagine web e ti ripara pure il computer. Che vuoi di più dalla vita? Un abbraccio.

P.S. Spingere il carro davanti ai buoi. Ripeto: Spingere il carro davanti ai buoi.

venerdì 22 agosto 2008

DELL Inspiron 6000 II

Un intervento "sfortunato". Il tecnico incaricato di effettuare la sostituzione della mother board non ha avuto molta fortuna. Smonta la macchina, tenuta assieme da una miriade di viti di varie misure, rimonta il tutto, preme il pulsante di accensione e.... nulla. La macchina è morta. Ho assistito alle operazioni di montaggio e posso assicurare che le operazioni di collegamento dei cavi e di assemblaggio sono state eseguite a regola d'arte. Resta plausibile che si tratta di un pezzo difettoso... capita. La mother board è arrivata imballata perfettamente, impossibile pensare ad un pezzo "refurbished", riciclato da chissà quale altro intervento. In ogni caso nulla di fatto. Dato che l'operazione di sostituzione aveva valore più "politico" che tecnico (dovuto ad una serie di considerazioni fatte direttamente con la casa produttrice), decido di lasciare perdere ed accettare comunque la sostituzione del masterizzatore. Dopo un paio d'ore dalla fine dell'intervento mi chiama il supporto tecnico DELL, una persona che si premura di informarmi del motivo per cui non sia stato possibile sostituirmi la batteria. Una piacevole conversazione di circa 45 minuti con una persona ben addestrata a trattare con i clienti. La cosa che più si premurava di sapere era il mio giudizio in merito alla persona che mi aveva dato supporto via e-mail. Era preoccupato che dessi un giudizio negativo. Lì mi sono sentito un pò irritato. In caso di inconvenienti di questa natura, non ci si prende mai con i dipendenti del fornitore. C'è una regola non scritta (per chi ha ben chiare le regole etiche della propria professione), "...mai prendersela con i colleghi...", semmai prendersela con la casa madre e lì andare pure giù di brutto. Sono stato dipendente anch'io e so che purtroppo alcune persone grette e meschine insultano i dipendenti quasi fossero loro la causa dei guasti elettronici. Prendersela con i dipendenti è inutile, inefficace, stupido e da stupidi. Preferisco esprimere solidarietà alle persone e prendermela con i capoccioni del marketing, ovvero i bottegai che decidono come presentare i prodotti senza ammettere i limiti e le magagne degli stessi
Ora, so che mi arriverà un questionario dalla casa produttrice. Nella sezione del giudizio all'operato dell'addetto darò un voto eccellente (se lo merita). Nella sezione dei "suggerimenti", consapevole che probabilmente andranno a finire in chissà quale casetto di chissà quale scantinato, scriverò: "Visto che la durata media di una batteria al litio difficilmente supera i 18 mesi e che è quindi garantita per 1 anno, al posto di Winzozz preinstallato preferirei una batteria di ricambio". La batteria è l'elemento che sicuramente occorre sostituire in breve tempo e che viene sempre esclusa dalle estensioni di garanzia. So in anticipo che avrà una durata inferiore alla vita media del prodotto hardware nel suo insieme (che mediamente si aggira dai 3 ai 5 anni per i portatili), mentre il sistema operativo di M$ so in partenza che è già bacato, che necessiterà di continui aggiornamenti, che se mi serve qualche programma devo pagare la licenza d'uso (uso parziale considerati i bachi). Pertanto preferirei una batteria di scorta al posto di un sistema operativo bacato.
Ad ogni modo, non ricordo dove ho trovato le istruzioni per la sostituzione delle celle di alimentazione. Ho letto un articolo (ben documentato) di un pazzo che ha aperto il pacco batteria, ha acquistato le celle su "ebai" e le ha sostituite. Non è impossibile, quindi è possibile. Credo che farò così, non mi sembra difficile. Tanto per tenere fede al principio del "Fai da te" e rispettare lo sciopero della spesa indetto da me (ad oltranza) tempo orsono, per protestare contro la politica dissennata del profitto sfrenato a tutti i costi, praticata dalla maggior parte delle aziende produttrici. Dovrei spendere circa un quarto di quello che chiede il pezzo originale. Alla prossima.

P.S. Sara dice Cinque dopo dodici. Ripeto: Sara dice Cinque dopo dodici.

mercoledì 6 agosto 2008

e io compro dai cinesi

Un pò per prendere una boccata d'aria, un pò per vedere un pò di umanoidi, un pò per muovere l'auto che sono tre mesi che è ferma in garage, oggi ho deciso di rivolgermi ai negozi per acquistare un paio di gadgets. Una memoria Sd da 2 giga ed una cuffia microfono col cavo avvolgibile. Già da tempo deluso dai negozietti del tipo "di tutto e di niente" decido per due target: Unieuro e Brico con annesso negozio per l'informatica. Entro. E' pieno di gente che guarda, tocca, palpa, soppesa, annusa, pondera, considera ed alla fine sembra non compri nulla, alla cassa passano come si passa sotto il telepass. Cerco di incrociare lo sguardo di un commesso, che sembrano tutti indaffarati ma in realtà a guadarli bene stanno solo perdendo tempo. Chi continua a spostare le stesse scatole di quà e di la negli stessi scaffali (da non credere), chi continua a camminare con passo spedito senza meta con qualcosa in mano che dovrebbe giustificare un aria "indaffarata". Niente per quasi 45 minuti. Allora tendo un agguato in una strettoia, sottovento, riparato da uno scaffale, dove l'addetto al reparto è passato già tre volte lasciando orme evidenti ed appena passa gli impedisco l'accesso bloccandolo con una semplice domanda. Avete per caso delle memorie SD?... L'umanoide, forse addestrato per l'occasione risponde, "Si...sono lì..." e mentre mi giro da buon ingenuo per seguire con lo sguardo la direzione del suo dito, questi con un dribbling da maestro riesce a trovare un pertugio e sgusciare via alla velocità di una lepre... Azz. Devo affinare la tecnica delle trappole. Comunque mi avvicino alla zona indicata ed inizio a cercare ciò che voglio. L'occhio cade inevitabilmente sui prezzi... 29.95 euro !! Troppo, decisamente troppo per 2 giga, almeno il doppio di quello che valgono. Nello stesso posto, 3 mesi fa ho acquistato una sd da 8 giga in offerta a 12 euro... com'è possibile?? Ripeto la tattica del cacciatore per chiedere delle cuffie. Stesso risultato nelle indicazioni, ma purtroppo non tengono l'articolo. Cambio negozio. stesso risultato, con la differenza che stavolta lo scaffale delle memorie non sono proprio riuscito a trovarlo. Vaffanculo. Rientro a casa, deciso di restarci per i prossimi tre mesi e inizio una ricerca su ebai. Ebai "itaglia" ha dei venditori impazziti, prezzi alle stelle e spese di imballo e spedizione da capogiro... affino la ricerca. Trovo delle schedine SD da 2 giga a 3,99 euro e spese di spedizione a 3 euro e 20. ?? non capisco. Se Acquisto qualcosa da 'HonKong' o da Taipei, praticamente dall'altra parte del mondo spendo per il trasporto 3,20 euro mentre se ordino lo stesso materiale in Italia per l'Italia costa 19,95 euro. nel caso più favorevole.. come mai?? Decido di comperare dai cinesi, la scheda SD, le cuffie estensibili, una cover per il telefonino ed alla fine ho speso molto meno di quanto avei speso qui solo per la memoria in negozio. Penso a quei commercianti (bugiardi) che si lamentano della crisi, del calo dei consumi, del mercato, della concorrenza cinese... andatevene a fanculo di brutto... Non avete internet?, non sapete che cosa accade in giro?? contate sul fatto che la gente resterà ignorante a lungo??? Mi spiace per voi ma se non imparate a lavorare come si deve, soffrirete a lungo. Io nel frattempo compro dai cinesi, da chi mi pare, ma mai più in "itaglia". Auguri

P.S. terremoto a ore 12. Ripeto: terremoto a ore 12.

martedì 13 maggio 2008

Il pitale del nonno

Fra le "cianfrusaglie" che mi ostino a non buttare, sia per spirito ecologico che per combattere il consumismo dilagante che imperversa in questi tempi, ho trovato un vecchio mobile dall'aspetto strano. Era un pò che campeggiava sugli scaffali della falegnameria di casa. Mi sono sempre chiesto da dove venisse e cosa fosse. Dopo essermi informato presso i parenti, scopro che è il "cesso" che utilizzava mio nonno.
A quei tempi, quando i bisogni si andava a farli all'esterno, avere i servizi in casa era un lusso per pochi ricchi. Quello di cui parlo è il modello che usava prima di installare la tazza con lo sciacquone che utilizzava l'acqua piovana raccolta in una cisterna in granaio (soluzione davvero ecologica). Anche quest'ultima soluzione era una novità all'avanguardia per quei tempi ed un lusso per pochi.
"La tazza" è un cubo di legno, con all'interno un supporto che porta il vaso di porcellana, chiuso da un coperchio esterno incernierato e con all'interno due coperchi rotondi. Nell'indagare, scopro inoltre che quel pirla di mio cognato ha bruciato in un falò delle vecchie imposte di legno della casa di mio nonno, di quelle con cerniere e maniglie in ferro battuto a mano. Deficiente! Ora che in una vecchia casa "ristrutturata" hai le persiane di plastica ed i mobili dell'ikea dovresti sentirti contento ed orgoglioso no? (cretino di un giometra!).
Purtroppo, per il pitale miracolosamente salvato dal piromane, qualcuno ha in precedenza tentato di recuperarlo, passandoci la carta vetrata e togliendo così la patina originale che gli conferiva un aspetto "antico". Il restauratore "faidate" mi ha detto che l'odore "di piscio" era troppo forte ed ha preferito abbandonare (per fortuna) il massacro. Francamente, dopo più di cinquant'anni, non si sente nessun odore. Il pitale è stato per lungo tempo il ristorante dei tarli più grossi del mondo. Un paio di piedini sono corrosi dall'umidità e richiedono una ricostruzione. Le cerniere del coperchio esterno sono in ferro arrugginito, fissate con dei chiodi fatti a mano. Decido di conservare il più possibile, senza eliminare i buchi dei tarli (ho sentito che danno valore al pezzo). Ci passo però delle abbondanti pennellate di "tarlistop" per porre fine al banchetto a sbafo. Per i piedini, non ho attrezzature e legni da restauro. Decido di stuccare e ricostruire.
Il legno e la struttura sono comunque solidi e ben fissati da non richiedere incollature extra o fissaggi particolari. Lascio tutto com'è e ci passo un paio di mani di vernice impregnante all'acqua. Poi due mani di vernice satinata e dovrei riuscire a conferirci un aspetto decente per arricchire l'arredo della casa della mia compagna (tat). Nelle prossime puntate alcune foto e i passi di come procede il lavoro. In attesa..un abbraccio.

P.S. La mensa è imbandita. Ripeto: La mensa è imbandita.

lunedì 12 maggio 2008

Riparazioni IV

L'informatica, lo sviluppo di software, l'elettronica e la progettazione... sono lavori stressanti se protratti per lungo periodo senza riposo. Allora, per distrarmi, ho deciso di restaurare una vecchia sedia di legno che la mia compagna, sapendo dei miei hobbyes e dei miei interessi nel lavoro manuale, mi ha affidato "per darci una sistemata".
Il mio carattere estremamente pignolo e metodico, il perfezionismo e la mania di strafare hanno scatenato una serie di scelte che hanno prodotto un buon risultato.
Di ri-impagliare la vecchia sedia nemmeno a parlarne. Non lo so fare (per ora). Decido allora di restaurare il legno e dargli una tonalità noce. Smontaggio pezzo per pezzo (facilitato dal fatto che una volta non si usavano le colle sintetiche di oggi) e carta vetrata. Dopo aver riportato il legno al suo stato naturale (togliendo anche alcune macchie di vernice) mi accorgo che la parte delle gambe che poggia a terra è rovinata dall'umidità. La seggiola (che usava la mia compagna per giocare quando era piccina) è rimasta per molto tempo a contatto con la terra battuta, accanto una cisterna di acqua potabile (cisterna che non tiene nemmeno tanto bene). Il legno pertanto tende a sgretolarsi. Decido di adottare la tecnica conservativa e impregnare il tutto con un prodotto apposito, che dovrebbe dare un pò di consistenza. Una mano finale di vernice color noce ed il tutto è fatto. Manca la seduta. La seggiola si dovrà inserire in un arredamento rustico. Travi (a vista) e pavimento in legno. Pareti in arancio anticato veneziano (un lavoraccio che per regalo ho fatto da me in un paio di giorni) in un salotto con arredamento in ferro battuto. Serve una seduta importante, antica e preziosa allo stesso tempo. Vado dal mio tappezziere/fornitore e mi procuro uno scampolo di stoffa rosa damascato (spettacolare). Già che ci sono mi faccio regalare anche una fettuccia per il bordo e la stoffa per coprire la parte inferiore della seduta. Un paziente lavoro di intaglio del legno, posizionamento della gommapiuma e conseguente fissaggio della stoffa con la graffettatrice, completa quello che per me è un vero capolavoro.
Ancora una volta una vecchia sedia che a vederla veniva voglia di buttare in discarica, diventa un pezzo d'arredamento prezioso e stupendo. Ne sono orgoglioso e quasi quasi mi dispiace di restituirla. E' una sorpresa che farò alla mia donna. Ci è affezionata a quella seggiola. Amore mio....quanto ti amo.

P.S. Le fragole sono mature. Ripeto: Le fragole sono mature.