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lunedì 16 luglio 2018

Stevia in polvere (DIY fai da te)


Un paio di piantine di stevia che superano miracolosamente l'inverno (sembravano morte ad inizio primavera) ed una germogliazione rigogliosa... da non credere. Sono bastate esposizione al sole e innaffiature regolari. Cresciute oltre il limite del loro vaso ho dovuto potarle quasi a raso e mi ritrovo con quasi mezzo kilo di foglie di stevia. Masticate a crudo, ancora verdi, lasciano in bocca un buonissimo sapore dolce, con un fondo di liquiriza. Un paio di foglioline e passa subito quel languorino pre-pasto che ci dirotta sempre verso l'aperitivo con salatini od altre schifezze. Sono un dolcificante potentissimo (e buonissimo per me).
Decido allora di trasformarle come dolcificante da usare al posto dello zucchero. Ma dato che non posseggo un impianto idustriale per raffinarla e portarla allo stato bianco cristallino (e dio solo sa che schifezze di processi utilizzano), mi basta polverizzarla ed usarla "tal quale", un pò come lo zucchero di canna grezzo (non quello marrone col caramello che fa da colorante).
Il procedimento è semplicissimo e prevede solo poche fasi:
  • potatura
  • essiccazione delle foglie
  • micronizzazione 
Potatura: gli steli di stevia si diramano un pò come le piante dei pomodori. In prossimità di una coppia di foglie si diramano due rametti. Basta tagliare appena sopra e la piantina col tempo diventerà più folta. Potare all'alba.
Essiccazione: si sceglie per il metodo naturale o forzato. Il primo prevede il raggruppamento dei rametti legati a testa in giù o distesi sparpagliati su un ampio piano, che verranno esposti al sole. Il secondo prevede l'uso di un essiccatore a torre e 8-12 ore di energia elettrica, possibilmente proveniente dai pannelli solari (così la stevia diventa più buona). L'importante è che sia ben essiccata e croccante da polverizzarsi con le mani. L'essiccazione appena dopo colte le foglie conserva meglio il colore verde che tende a diventare un pò più scuro con il metodo di essiccazione all'aria. Di quale sia il metodo migliore non ne ho idea.
Micronizzazione: ovvvero riduzione in polvere sottilissima, per evitare di veder galleggiare sul caffè dei pezzettini di foglioline. Basta un buon tritatutto, con le lame affilatissime, affilate a pietra 8000grit o più poi lappate con la pasta diamantata. Occhio ad usare un buon sminuzzatore a tenuta stagna, altrimenti la polverina verde micronizzata vi trasformerà presto in un ramarro.
Con un passino delle dimensioni desiderate si ottiene la "grana" desiderata. Quello che resta (rametti duri) io l'ho buttato (ma ne resta davvero poco

Costo totale? Praticamente zero. 

False controindicazioni: Ad alcuni puristi del gusto ma divoratori di zucchero, ed obesi come balene, non piace il retrogusto della stevia grezza, che assomiglia un pò alla liquiriza e va inevitabilmente ad alterare il gusto della bevanda che si intende dolcificare. In realtà anche lo zucchero altera il sapore ma ci siamo abituati. Dopo un pò che si usa la stevia naturale non ci si accorge nemmeno. Personalmente a me non dispiace (de gustibus), anzi, rafforza il caffè appena macinato. Piace anche sapere cosa sto ingerendo...foglie tritate (bio-compatibili), non certo della polverina bianca trattata non si sa bene con cosa, a che percentuali e soprattutto come, alla faccia dei segreti industriali. Volete tenere segreto il metodo di raffinazione e gli additivi? nessun problema, noi non si compra e tenetevelo per voi. Alla prossima.

P.S. Il protocollo si è rotto. L'etichetta è bianca. Ripeto: Il protocollo si è rotto. L'etichetta è bianca.

venerdì 16 febbraio 2018

Farina vegana

Sia chiaro, non sono Vegano ma onnivoro, con qualche rarissima eccezione. Di cosa penso dei Vegani è meglio sorvolare, preferisco i vegetariani. 
Il problema è che ho la poco condivisa (ma sana) abitudine di leggere le etichette dei prodotti. Come consumatore consapevole, voglio sapere cosa contiene ciò che mangio quando sono "costretto" a comperare il prodotto già "confezionato" dalle multinazionali del male. 
Ero a casa di amici, intento ad osservare le fasi di preparazione del pane fatto in casa. Come agente lievitante ho notato l'uso della farina di malto tostato attiva, che conferisce al prodotto una tonalità marron scuro ed un sapore piacevolmente diverso dal solito. Per puro caso mi capita per le mani la busta che lo conteneva ed inizio a leggere un pò distrattamente, sino quando noto il marchietto di prodotto vegano con tanto di logo (fronte retro alla confezione). Ciò dovrebbe rassicurarmi sul fatto che nessun animale è stato ucciso o maltrattato nella produzione. Proseguo con l'elenco dei valori nutrizionali sino a quando... ma... ma...  hoibò, poffarbacco!, santa paletta!!... noto una scritta, piccola piccola, in una posizione di solito riservata nei contratti assicurativi alle clausole vessatorie... " il prodotto potrebbe contenere tracce di latte, uova ... " eh?? latte e uova sono di origine animale!! vietatissimi per i veri vegani!!
Com'è possibile che ci sia una scritta del genere? Come mai i talebanvegan non hanno ancora organizzato una violentissima protesta di fronte alla sede del produttore, con tanto di minacce di morte e fantocci wodoo dati alle fiamme?
Personalmente, seppur onnivoro, resto perplesso e come mio solito, da ignorante incallito e convinto, inizio a frullare pensieri a raffica, uno dietro l'altro, ad penis:
  1.  il produttore è obbligato a scriverlo perché "non si sa mai" che a qualcuno venga in mente di intentare una causa milionaria per una qualsiasi intolleranza ad un prodotto non documentato in etichetta
  2.  lo stabilimento di produzione è talmente disordinato che i prodotti sono accatastati come meglio viene, senza alcuna precauzione o sono etichettati in cinese o cirillico, per cui è difficile distinguerli
  3.  i dipendenti dello stabilimento di produzione o sono stranieri sottopagati o unani analfabeti sottopagati e quindi demotivati, ai quali frega una mazza di mescolare gli ingredienti, per cui l'errore ci può stare
  4.  nessuna legge vieta di pubblicare il marchio "vegano" il quale potrebbe tranquillamente figurare anche sulle confezioni di costolette di maiale senza pericolo di sanzioni
  5.  l'uso del logo non è regolamentato, per cui da voi in itaglia se manca la legge si può fare un pò come 'azzo vi pare.
  6.  i vegani non sanno leggere
  7.  il logo "prodotto vegano" non è protetto dai diritti di autore per cui è di libero utilizzo
  8.  il responsabile marketing è un furbone che sa perfettamente a quanto ammonta il fatturato globale dei prodotti vegani, per cui...piatto ricco mi ci ficco
  9. in fin dei conti i vegani non sono riconosciuti nemmeno come minoranza etnica e tantomeno come religione (a differenza dei pastafariani), pertanto pubblicizzare per vegano un qualsiasi prodotto "incompatibile" si può fare
  10. la dicitura dice "potrebbe" e non attesta in modo incontrovertibile la presenza di ingredienti non vegani, per cui sino a prova contraria il prodotto è vegano!
  11.  ...aggiungi nei commenti la tua ipotesi...
Ecco... non sono infastidito per la presa in giro. Lo sono perchè sempre più spesso troviamo la pubblicità scorretta, falsa, tesa a manipolare le decisioni di acquisto. Lo sono di più perchè gli unani sono superficiali e non dedicano nemmeno 5 secondi per leggere le etichette prima di comprare. Comprare ormai è diventato un fatto automatico, dove si danno per scontati un infinità di fattori importanti e fortemente impattanti sulle nostre esistenza. Pretendere di rimettere in funzione il cervello? giammai! disse l'unano. 

P.S. il topo è in gabbia. Ripeto: il topo è in gabbia.

martedì 26 aprile 2016

Scarti estrattore di succhi

Mela, rapa rossa, fragola, pera.
Qui non si butta nulla. Dopo il salasso dovuto all'acquisto di un estrattore di succhi, occorre rimettersi in pari e cercare di ridurre a zero gli scarti, o meglio quelli che altri considerano scarto. L'estrattore l'ho preso presso un arrotino che, grazie alla sua cortesia, gentilezza e preparazione tecnica, mi ha "convinto" all'acquisto. Preso! ... e regalato... si, io so preparare il cibo ma mi piace concentrarmi su cose più tecniche, per cui meglio cedere l'attrezzo il cui posto è la cucina, non certo un laboratorio pieno di ciarpame, solventi, vernici, polvere e altre schifezze. 
Il ciòttolo funziona da dio. Estrae i succhi con tutti i vantaggi che ne derivano, mooooolto meglio di una banalissima centrifuga. Ma, assistendo all'operazione di estrazione, con l'occhio clinico del tecnico che cerca di capire come prodursi in casa una coclea e replicare l'oggetto (migliorandolo ovviamente), noto che la fatina dei succhi getta nell'umido gli scarti!. ORRORE! Come osi!?? con quello che costa la frutta e la verdura! ASSASSINA!! 
Cazziatone a parte, urge una soluzione. Gli scarti (chissè perchè li chiamo così, forse perchè è più comprensibile di "sottoprodotto di lavorazione") sono in realtà polpa e buccia senza liquidi, asciutti e consistenti. Per conservarli, basta essiccarli e sono perfettamente commestibili oltre che saporiti. Possono essere usati nel preparare dolci o pane, oppure per insaporire arrosti, condire l'insalata o nello iogurt della colazione mattutina, magari mescolandoli con miele. L'essiccatura è per conseervarli meglio ed un vasetto ermetico aiuta. Detto, fatto. 
Essiccando la polpa dello zenzero e riducendola in  polvere, si può ottenere un condimento per la carne o per le patate lesse. Proprio ieri mi sono imbattuto al supermercato in polvere di zenzero in confezione. 2 grammi per due euro e cinquanta! fanchiulo. Faccio da me e lo zenzero me lo coltivo in vaso così come i frutti di bosco, la frutta, le aromatiche. Ciao imbecilli. 

P.S. le castagne sono sul fuoco. Ripeto: le castagne sono sul fuoco.