giovedì 25 febbraio 2016

Forno fusione elettrico (Klim parte 2)

Bene, la copertura posteriore è ok, niente male. L'ho rimontata senza metterci la lana di roccia originariamente presente. Ero troooppo ansioso di provare. Accendo il tutto, inverto i fili della termocoppia e con il termometro laser (preso al lidl) aspetto che la temperatura salga. Immediatamente mi accorgo che la parete destra è fredda. Dannazione! la resistenza è parzialmente interrotta. Le altre due invece sembrano funzionare (quella superiore non so se deve scaldare o meno, ma non ho ancora verificato). Temperatura massima raggiunta? poco più di 200 gradi, un pò pochino per l'uso che ne devo fare. Il fondo scala dello strumento frontale arriva a 1000 gradi. Me ne basterebbero 750 per fondere il vetro. 200 gradi sono davvero troppo pochi, giusto per il rinvenimento dell'acciaio dopo la tempra, ma di temprare con questo fornetto...nisba!. Peccato davvero. Ora lo metto da parte. Smontare la parte con i mattoni refrattari non è uno scherzo. Sostituire la resistenza?? mmm... boh. Spero si possa tirare la molla ed agganciarla in qualche modo (al momento non mi viene in mente nulla. Vedremo in futuro, nei ritagli di tempo. Ora mi metto a fare una lavagnetta da cucina, per liberarmi della vernice ardesia presa qualche mese fa. Alla prossima.

P.S. il fabbro ha finito il carbone. Ripeto: il fabbro ha finito il carbone.

AGGIORNAMENTO: ripreso in mano il forno e la brutta sorpresa si manifesta. Ho aperto la camera riscaldante... ruggine, ruggine dappertutto!. Quattro resistenze interrotte e di sostituirle... nemmeno per scherzo, sono affogate nella malta refrattaria. I mattoni...quasi disintegrati... praticamente da buttare e rifare completamente. Tanto vale tenere solo la base con termostato a termocoppia e rifare il forno. Per ora, no, niente soldi, niente ricerca, niente realizzazione (ma la cosa è fattibilissima). Credo che recupererò le mattonelle integre per lavori di saldatura (alluminio ed ottone, brasatura forte). Per la base con il termometro analogico... vedremo cosa fare in futuro. Ciao

lunedì 22 febbraio 2016

Termometro da cucina digitale

Solo un piccolo appunto. Domenica, nel tragitto verso il solito impegno che in condizioni tipiche di un paese normale, popolato da persone "civili" e rispettose degli altri, normalmente verrebbe programmato nelle giornate lavorative, mi fermo presso un piccolo centro commerciale, a lato della statale che attraversa campi e frutteti vari. Entro animato dalla curiosità e mi accorgo che è il classico capannone pieno all'inverosimile di articoli che vanno dall'abbigliamento alla ferramenta, senza trascurare le scarpe, gli articoli da cucina, i prodotti per la pulizia, illuminazione, bigiotteria... sembrano tutti uguali... cinesi ovviamente. Ci deve essere dietro una mega spectre del commercio riservata ai cinesi. 
Ora...diciamolo, è troooppo facile prendersela con gli stranieri che vengono qui a lavorare. Il commercio lo hanno praticamente inventato loro moooolto prima di noi. E se nell'esercitare l'attività commettono qualche ellole, mettendo la elle al posto della erre, non è il caso di usare lo svarione come cassa di risonanza per vomitare addosso a loro tutta la rabbia repressa tipica di qualche leghista bigotto paleomedievale. 
Viene però sì da "sollidele" quando si trovano, tra gli asiatici in genere, gli errori erre/elle nelle confezioni stampate in tipografia, oltre ai bigliettini autoprodotti. Deve essere qualche tipografia cinese, non voglio pensare ad una nostrana che non segnala l'ellole al cliente (ma forse mi sbaglio ma quasi tutte eseguono quello che il cliente ordina, errori ortografici compresi). 
Nel "gilale" tra gli scaffali, mi imbatto nella corsia prodotti da cucina. Trovo dei piccoli termometri. Una serie è digitale (batterie incluse) ed un altra meccanica, quella con la molla all'interno di materiale termodilatante il cui capo centrale è solidale con una lancetta... 4,50...presa!! anzi due. Mi servono (futura realizzazione) per fare il sapone a freddo (che poi tanto a freddo non è in quanto la soda caustica con l'acqua raggiunge i 70/80 gradi), per sciogliere il sapone di recupero e per misurare la temperatura della cera per candele, giusto per evitare di metterla nello stampo troppo calda e veder poi comparire gli affossamenti a raffreddamento avvenuto. Intanto mi metto da parte gli strumenti, poi vedremo.
Ma perchè mi annoto questo promemoria? A casa mi accorgo che la confezione dei due termometri riporta la caratteristica "digitale", mentre il modello acquistato è chiaramente ed inequivocabilmente analogico. Poco male, il prodotto è a vista, impossibile sbagliarsi o essere indotti in confusione. Ma se la cosa venisse posta all'attenzione di qualche stupido funzionario dello stato in carriera, mai promosso proprio per l'eccesso di zelo, quest'ultimo mal visto nel vostro  paese, verrebbe da sentenziare "frode in commercio"! Vietatissimo esporre e comunicare ai consumatori qualità e caratteristiche difformi dal prodotto venduto. E sono pure multe abbastanza salate. Sappiamo che una piccola parte della popolazione italica è infervorata da un tipico atteggiamento ultranazionalista intransigente integralista e fascista (è quello che più si nota vivendo fuori). Purtroppo certi mentecatti cerebrolesi ancora riescono a sopravvivere...non date da mangiare agli imbecilli. Complice il progressivo degrado sociale, l'impoverimento anche culturale dei ceti sociali più deboli, il contagio delle idee stupide ed inutili, questi illuminati imbecilli non vedono l'ora di potersela prendere con chiunque commetta il minimo errore che sia propedeutico a dimostrare le loro "ragioni" (leggi "idee bigotte e stupide" contro tutto ciò che è da loro classificato come "diverso" rispetto alle loro convinzioni). 
A noi invece resta un sorriso di comprensione. Lasciamoli lavolale, almeno loro le tasse le pagano anche per gli altri che vorrebbero essere dalla parte "del giusto". Alla plossima.

P.S. una lala lana losa. Ripeto: una lala lana losa.  

lunedì 15 febbraio 2016

Forno fusione elettrico (Klim parte1)

Un sabato mattina, tanta voglia di ordinare il ciarpame che da tempo campeggia al limite dell'accumulo compulsivo, un pezzo di lamiera di alluminio che viene per le mani quasi per caso ed il risultato, per ora, è soddisfacente. Da una ristruttirazione di uno studio dentistico, dallo scantinato adibito a laboratorio protesi (S.A.E.D. Pinerolo), salta fuori un forno per la cottura, elettrico... preso! In realtà il recupero è da un pò che è successo ed il motivo per cui non mi ero mai prima cimentato nel suo "restauro" era dovuto alla lavorazione necessaria per sistemarlo. Difetto? La lamiera paracalore posteriore, quella che sorregge la termocoppia è in parte disintegrata. Occorre ricostruirla. La ruggine ed il tempo hanno fatto la loro parte, complimenti. Ma il mestiere del lattoniere non rientra fra le mie competenze ed abilità, per cui occorrono tre cose... fantasia, coraggio ed attrezzature adatte. Le prime due non mi mancano certo. Le attrezzature... mmm... pian piano, ricordando il lavoro in sospeso, ho preso l'indispensabile, rinunciando a millemila altre comodità che mi mancano, tipo calzini, mutande, magliette, medicinali specifici, benzina, ecc,ecc...
Come al solito ci si arrangia. Con una forbice da lattoniere si taglia a misura la lamiera, non prima di aver preso lo "stampo" con un forglio di carta fatto aderire alle piegature (ci si aiuta con delle mollette) per determinare la lunghezza giusta del pezzo. Si segnano con un pennarello, dopo pulizia con una levigatrice, le piegature, sperando che alla fine il raggio di piegatura non accorci troppo il prodotto finito. Con un pò di intuito si segnano le posizioni dei fori, quelli di fissaggio della termocoppia (un pò ad intuito vista la distruzione della vecchia copetrura) e quelli di passaggio dei cavi. La posizione critica è quella della termocoppia che deve corrispondere esattamente al foro nel cemento refrattario. Lasciamo stare i commenti su come ho svitato delle viti incrostate di ruggine e le bestemmie in aramaico antico... nulla che alla fine un pò di WD4* + pazienza non possano fare... successo.
Per i fori grandi ho usato una fresa a gradini, in mancanza di punte da trapano da 20mm per il metallo. Alla fine la foratura è riuscita alla grande, con solo due errori nel posizionamento (mascherati alla fine con un pannello aggiuntivo rivettato). 
Per la piegatura... semplice... un pezzo di sedia avanzata dal modding per i tre sgabelli (vedi post precedenti) due morsetti, una morsa da falegname rinforzata con due "L" di un vecchio telaio metallico e tanto sforzo, facendo attenzione al punto di piegatura che deve corrispondere alla distanza segnata (perfettamente orizzontale ed a 90° in squadra) più mezzo raggio di piegatura dato dallo spessore della lamiera... insomma... si va un pò ad occhio che non sono un ingegnère. 
Alla fine... mica ho finito!... occorre infatti fissare il pannello al retro. Inizialmente la copertura di lamiera più sottile, era incastrata nella parte superiore con due alette sporgenti e nella parte inferiore con due viti che premevano due levette che si potevano ruotare. Ho dovuto sostituire le viti e sto pensando ad un sistema per tenere meglio fermo il tutto. Che dire ancora? Mi manca ancora un quadrato 20X20 di lana di roccia... dubito che mi venderanno mai un pezzettino così piccolo...dovrò ingegnarmi un pò per recuperarlo non so ancora dove...cmq...  Un ottimo recupero in attesa del collaudo. 
Ma a che mi servirà mai un forno che può raggiungere i 1000 gradi ed oltre? Sto pensando alla fusione del vetro per finalità "artistiche", tipo pendenti in vetro dicroico, vassoi fatti con le bottiglie di recupero o ancora piccoli oggetti di ceramica. Oppure per la tempera dell'acciaio, dato che da un pò mi sto documentando sulla metallurgia di lame e taglienti da tornio... frese fai da te... una goduria ;-)
Vedremo. Alla prossima.

P.S. Ugo taglia la corda e la scimmia scappa. Ripeto: Ugo taglia la corda e la scimmia scappa.

sabato 6 febbraio 2016

Yankee Candle (recupero/recycling)

Maledetti Yankee verrebbe da dire, che certo innocenti non sono. E maledetti chi butta i soldi in un barattolo di vetro pieno di cera, coloranti sintetici ed olio chimico profumato (tanto ve lo respirate voi, chissenefrega). E le chiamano pure "candele americane". Sarà, ma preferisco i ceri ricostruiti, modellati dentro i tubi di cartone per le spedizioni, magari in cera d'api, che i produttori ne hanno da vendere anche a cifre accessibili ai più "poveri". La comodità di avere la cera dentro un barattolo è data dalla praticità di non dover comprare un candelabro, dalla sicurezza che la cera non se ne vada in giro per il piano di appoggio e dalla vastissima scelta di aromi sintetici con cui sono prodotte. Se si trova un negozio ben fornito, la tentazione di prenderne una cinquantina è molto forte, vista l'ampia scelta.... ed i maledetti del marketing lo sanno bene, anche perchè non trascurano di aggiungere il colorante giusto per stimolare corteccia ed amigdala, si sa mai che qualche unano dalle fragili capacità mentali ci caschi e compri (e pare proprio che funzioni con gli unani). L'unico deterrente? il costo (anche quello calcolato ad arte assieme alla presentazione). Provate ad andare a vedere quanto costa il vaso più grande... fatti due conti la cera al grammo costa più del caviale (e non la si può nemmeno mangiare!).
Così, quando inevitabilmente il livello della cera nel vaso arriva a poco più della metà, l'ossigeno fatica ad arrivare, lo stoppino troppo sottile si piega annegando nella cera fusa, l'aroma fatica a diffondersi... praticamente un barattolo pagato a peso d'oro, all'inizio vita è quasi da buttare.... grazie geni del "marcheting", che qualcuno vi fulmini. 
 Allora che si fa? si butta? Certo che no. Si recupera con un paio d'ore di preziosissimo tempo, meglio impiegarlo così che andare al family day (tanto per fare un esempio). 
Ma...lo stoppino? Semplice. Si prende lo stoppino già pronto (consumate maledetti unani, consumate dai) o lo si fa in casa con una cordicella di cotone del diametro giusto. Troppo grosso e la candela fa fumo, troppo sottile e la fiammella nemmeno scioglie la cera attorno producendo un cratere nel quale affogherà... e poi lo stoppino deve stare in piedi... come si fa? semplice. Si smonta un motorino da buttare (magari bruciato in qualche esperimento ove si studia come distruggere gli unani dal pianeta) si smonta il filo di rame del  rotore e lo si avvolge a spirale attorno al cotone. Il filo di rame, sottile al punto giusto, terrà in piedi la fiamma ed impedirà che lo stoppino si pieghi affogando nella cera fusa, consentendo nel contempo che si consumi più lentamente. Se la fiamma dovesse risultare troppo alta, basta accorciarlo con un tronchesino. 
Una volta fuso a bagnomaria la cera (non scaldarla troppo altrimenti fuma e l'aroma si disintegra) si svuota il barattolo, lo si pulisce per bene (anche in acqua bollente), si trova un modo per tenere in piedi lo stoppino e si versa la cera fusa evitando che eventuali residui dello stoppino bruciato ed altre porcherie ci finiscano dentro (se è troppo calda è facile si formino delle cavità, attenzione alla temperatura). Con l'occasione si può aggiungere altro aroma o altri coloranti per ottenere risultati diversi. Da altre candele si possono recuperare (oltre alla cera per rabboccare quella mancante) anche i bottoncini di metallo che servono a tenere in piedi lo stoppino quando lo si piazza al centro del contenitore e che ha anche la funzione di tenerlo in piedi verso la fine della sua vita, quando è circondato solo da cera liquida. 
Ecco fatto. Continuo però a preferire l'alternativa, più economica, sicuramente più naturale. Con un pò di manualità, un pò di cera d'api ed il barattolo giusto (rigorosamente di recupero) a mio avviso il risultato è superiore, nettamente superiore anche per l'aroma naturale nettamente più sano di chissà quale composto chimico usato nelle candele "ammericane". Vedremo in futuro, se riuscirò a procurarmi il distillatore giusto di crearci in casa l'olio di lavanda (è un pò che ci penso e visto quello che costa...) o altri olii essenziali dalle piante officinali. Qualcuno ha delle candele da buttare? Grazie, datele a me, che non vanno nell'umido, nemmeno nel secco non riciclabile, nè vetro, nè carta e cartone, plastica o metalli.... Alla prossima. 

P.S. c'era la cera. Ripeto: c'era la cera.