domenica 26 ottobre 2014

Samsung ML1210 (autopsy)

Certe stampanti arrivano ad un tale livello di usura (o di cattivo stato dovuto ad incuria) che non vale la pena di ripararle. Porta parallela (ormai scomparsa), 600dpi, 12 ppm... nell'usato si trova di meglio. Questa, una Samsung ML1210 è ormai giunta a fine vita, così almeno ho deciso che sia, non fosse per il fatto che ho trovato lo schema elettronico e così posso recuperare i componenti per i quali non si trovano quasi mai le caratteristiche o i data sheet. Ho deciso di studiarla a fondo e, perchè no, recuperare qualcosa per il miliardo di progetti che ho in sospeso, compresi quelli futuri. 
Il problema più grave di questa stampante è il solenoide... la carta entra a pacchi, quando entra, non un foglio alla volta. 
Ad aggravare la situazione è anche un pick-up roller, davvero semi distrutto. Lucido in alcune parti ed addirittura crepato. Dal service manual, la sua vita è di 60.000 fogli, ma il foglio demo della stampante mi riporta appena poco più di 15.000 fogli stampati....qualcosa non torna, esattamente come il modello Samsung di qualche post fa... mi sto convincendo che il gommino che fa frizione e trascina dentro la carta nel percorso iniziale, prima che la carta stessa sia presa dai rulli, sia di scarsa qualità... dai, un pò di cattiveria gratuita... obsolescenza programmata... chi si sogna di portare in riparazione una stampante simile, pagata poco e usata per anni, quando non si vede l'ora, da perfetti consumisti indotti, di comprare un modello nuovo? E si che questo modello ha un costo per pagina molto contenuto ed inoltre consuma poco...40Watt in stampa ed appena 20W a riposo. Vabbè, sono stanco, oggi, di rimproverare una massa di unani spendaccioni e spreconi, solo che il pianeta non ce la fa più e su questo a volte ci vengo a vivere per brevi periodi. 
Il componente che più mi intrippa è la lampada alogena all'interno del fuser. 22 centimetri a 220 volts... come non pensare ad una lampada geek? Si ma mica una lampada normale... un modello con termistore e resistenza NTC, comandata da un microprocessore che ne regola la luminosità se si scalda troppo (misurando la temperatura ambiente) o la spegne quando supera i 150 gradi centigradi... magari da usare all'esterno per il vialetto o per gli angoli bui del giardino... 
A proposito di NTC e termostato... in foto si vede una resistenza NTC (quella rivestita con il Kapton... il nastro arancione). E' direttamente a contatto con il tubo di alluminio (in foto non c'è l'ho tolto) che riscaldandosi fonde il toner sulla carta al suo passaggio (si trova sempre nel percorso finale, verso l'uscita)...notato niente? è sporca ed incrostata... sicuramente non stava facendo egregiamente il suo lavoro. Se pertanto la carta della vostra stampante scotta troppo... c'è l'NTC da pulire....auguri. 
Il circuito che accende la lampada è già fatto, comandabile tramite un segnale on-off a 24Volts ed un diac.... si può pensare ad un PWM per regolare l'intensità luminosa... ma anche ad un riscaldatore per il percloruro ferrico (per i PCB), basta mettere la lampada sotto una piastra di alluminio ed il gioco è fatto (alle estremità la lampada ha due occhielli di fissaggio a vite... basta pensare ad un supporto ceramico, i fili sono già quelli rivestiti in tessuto... troppo facile. Andiamo avanti.
Lo schema mi permette di studiare il driver del motore passo passo (il circuito è praticamente già fatto, pronto per essere riutilizzato), compresi i due stadi di pilotaggio del solenoide e della ventolina a 24 volts (fosse stata da 12 sarebbe stato meglio)....perfetto per la stampante 3D. 
Fra le altre cose, una serie interessante di Zener, solenoidi, filtri, condensatori, ponti raddrizzatori, foto accoppiatori, condensatori per alto voltaggio, leds (una striscia di led rossi farà da stop per la bici), e poi dissipatori, switch, barriere ad infrarossi,  componenti introvabili facilmente in commercio, una miniera...
L'unico componente "misterioso" è l'LSU, la scatola nera con il motore a specchi ed il laser. Niente schema per quella (maledetti cinesi :-). Dovrò provare per tentativi, dato che ho la piedinatura dei connettori, due, uno per il laser ed uno per il motore. Con una telecamenra ho provato a vedere se si riusciva a notare il raggio laser uscire dal diodo ad infrarossi e diramarsi a cono verso la lente curva che si drova subito prima dello specchio deflettore che devia i raggi sul tamburo fotosensibile della cartuccia piena di toner... nulla, non si riesce a vedere nulla anche se le telecamere, nonostante i filtri, dovrebbero riuscire a registrare qualcosa....nulla di nulla, una dilusione diludente. Vabbè, pazienza..l'autopsia prosegue. alla prossima.

P.S. il dito è unto. Ripeto: il dito è unto. 

domenica 12 ottobre 2014

Pasta protettiva per legno

Da un pò, mi ritrovo in un periodo in cui devo distrarmi dalle preoccupazioni inutili che mi assillano. L'unico metodo efficace che conosco, contro la ciclica carenza di soldi, è quello di fare delle cose, possibilmente con le mani e possibilmente che coinvolgano la creatività, giusto per non far avvizzire il cervello ed evitare di diventare come la maggiornanza degli unani che popolano il vostro stupido pianeta. Vorrei riprendere, e lo farò, l'interesse per lo sviluppo software oltre alle attività di reverse engineering che tanto mi appassionano. Ma.... devo contemporaneamente liberare un pò di spazio per predisporre il laboratorio al fine di portare a termine alcuni progetti in sospeso. Un pò di cose alla volta e porterò a termine tutto quello che mi incuriosisce e che mi tiene la mente occupata in cose utili (tipo impara l'arte e mettila da parte). 
Mi ritrovo quindi per le mani dei fogli di cera d'api, quei fogli con le tracce esagonali che si mettono nelle arnie per favorire le api a costruire le cellette dove mettono il loro miele. Il nonno aveva un pezzo di terra enorme (beato lui) e si autoproduceva tutto quello che permetteva alla famiglia di vivere più che decorosamente (il terreno era il suo centro commerciale privato). Io, della generazione del consumismo, non ho le arnie ed avrei delle difficoltà ad "allevare" delle api praticamente in centro al paese dove abito... per cui... la cera d'api a buttarla nemmeno a parlarne. Ne farò delle candele. 
Ma una parte la riuso per produrre una crema protettiva impregnante per il legno. Nei miei lavoretti di falegnameria, un trattamento alla cera d'api è un tocco che conferisce una finitura eccellente. La cera d'api, per essere utilizzata a tale scopo, deve essere mescolata con dell'olio minerale. Non ricordo le dosi, sono andato un pò ad occhio, ma il risultato è una pasta tenera e malleabile anche quando si raffredda. Con una spugnetta, un panno o della carta la si può spalmare finemente sulle superfici in modo da otturare la naturale porosità del legno e proteggerlo dall'umidità, senza usare vernici, solventi o altri prodotti definiti "ecologici", che di ecologico non hanno nulla. L'aspetto finale, dopo che l'olio e la cera si "asciugano" (un paio di giorni) è una superficie satinata, piacevole al tatto, superba. I balsami alla cera d'api che si trovano in commercio costano un occhio della testa. Questa invece, praticamente a costo zero. Me ne sono prodotto un barattolo (a chiusura ermetica) e sicuramente lo userò in futuro evitando l'acquisto di altri prodotti, godendo come un riccio per aver contribuito al tracollo economico di quelle aziende inquinanti che si mascherano dietro l'etichetta dell'ecologia per mere ragioni di markerting...bastardi...alla prossima.

P.S. i fiori rossi sono profumati. Ripeto: i fiori rossi sono profumati. 

sabato 11 ottobre 2014

Candele fai da te (esperimenti)

Non è proprio un argomento tecnico, ma lo scopo di questo diario è quello di annotare i miei esperimenti a futura memoria personale. Se poi qualcuno, sparso nel mare del web, farà uso dei trucchi imparati da me...tanto meglio. Da anni tengo in un sacchetto una quantità industriale di candele usate, racimolate nel tempo con la solita richiesta.... "ma quella la butti?
Sembra incredibile ma famiglie, bar e ristoranti a lume di candela e più in generale degli autentici spreconi, gettano nella spazzatura le candele che sono considerate "a fine vita". Pensate a quei ceri enormi di tutte le forme e colori che si vedono come complemento di arredamento in molti locali GLAM. Cera a base di paraffina il più delle volte...cera d'api qualche volta, una vera rarità che costa un occhio della testa ed è un peccato solo accendere la candela (è roba per raffinati, non certo per unani dell'ikea). Proprio ieri mi sono recato dai cinesi. Due teglie da dolce (quelle più economiche ovviamente) di dimensione concentrica ed il bagnomaria è fatto (3 euro in totale). Prima, usavo una pistola ad aria calda. Funziona lo stesso, si fa prima ma è molto probabile che la cera si surriscaldi troppo (a volte fa anche fumo se si insiste). Una cera troppo calda, versata in uno stampo, può creare dei vuoti all'interno della candela dopo che si solidifica. Mi è successo in un occasione. Appena lo stoppino ha raggiunto il vuoto, il cero praticamente si è incendiato tutto, producendo una fiamma molto alta, subito pronta ad aggredire i mobili in legno e gli oggetti inevitabilmente infiammabili di cui ci circondiamo. Solo la presenza durante l'accaduto ha impedito andasse a fuoco la casa. L'esperienza insegna. Ora tocca ai punti critici... 
Scioglimento della cera:...bagnomaria forever. Per l'elemento riscaldante ho usato il ferro da stiro capovolto, modificato per altri scopi, già descritto per dissaldare i componenti elettronici SMT dai PCB e recuperare i componenti. La temperatura della piastra non è elevata ma è sufficiente a far bollire l'acqua nel bagnomaria. Venti minuti al massimo ed un cero da un kilo si scioglie alla temperatura giusta, senza bollire. 
Lo stampo: per lo stampo, io uso un tubo da spedizione di cartone (riutilizzabile infinite volte ed apribile sul fondo), ma può andare bene anche il cartone del vino, il rotolo della carta igienica, il contenitore del medicinale o qualsiasi contenitore che si possa aprire per togliere la cera solidificata o che comunque permetta agevolmente i togliere il pezzo. L'avvertenza per il cartone è quello di ungerlo all'interno con vaselina o olio minerale (anche quello per bambini) o glicerina vegetale, così da evitare fastidiosi appiccichi fra cera e cartone. Il tetrapack, per ovvie ragioni, non soffre dello stesso problema. Ovviamente, gli stampi in cartone (ex contenitori) sono usa e getta, così che una candela sarà sempre diversa dalle altre a meno di non avere una serie di contenitori tutti uguali. 
Lo stoppino: Per i più pigri e ricchi, al brico vengono venduti stoppini già incerati che però non sono mai della lunghezza giusta se si improvvisano gli stampi di recupero...sono uno spreco. Io, in sciopero della spesa, uso uno spago di cotone avvolto con una spirale abbastanza larga di filo di rame smaltato sottile, recuperato da qualche avvolgimento di un motorino rotto. 
Lo stoppino che produco in realtà è composto da tre fili avvolti a mò di treccia, per creare una fiamma più consistente in relazione alle dimensioni del cero. Il filo di rame irrigidisce lo stoppino, lo tiene in piedi quando brucia e impedisce che si accorci troppo durante la combustione, fondendosi e dissolvendosi man mano che la cera si consuma. In capo allo stoppino resterà una pallina fusa di rame che va tolta di tanto in tanto. Senza filo di rame lo stoppino resterà cortissimo, appena sopra la cera fusa. Basta una folatina di aria e la fiammella si spegne. Più lo stoppino è grosso e più consistente sarà la fiamma, accorciando però la durata della candela. 
Profumi: Per i più sboroni... si compra olio essenziale al gusto preferito e lo si mescola alla cera fusa (meglio se il contenitore è un vaso di vetro a chiusura). Per i veri geek si mescola alla cera la pianta essiccata preferita, sbriciolata finemente (rosmarino, cannella, erba luigia o limone, arancia, chiodi di garofano, ecc)...la fiamma farà il resto (attenzione a non esagerare con la dimensione dei pezzi essiccati...pericolo di incendio). L'olio essenziale è più consistente come resa mentre le piante restituiranno un profumo leggero e delicato (sconsigliato agli ex fumatori con il naso bruciato dalla nicotina). 
Il porta cero: qui ci si può sbizzarrire. Poco tempo fa ho avviato le sperimentazioni di taglio delle bottiglie di vetro proprio per pensare di realizzare dei porta candela o dei porta ceri. Lo step successivo sarà la foratura del vetro per creare dei porta candele a sospensione. Vedremo, tempo e voglia permettendo, non sarò rapido.
PERICOLO: occorre sempre fare attenzione quando si usano fiamme libere (sembra strano ma c'è sempre bisogno di ricordarlo). Nel nostro caso, uno stoppino non perfettamente centrato potrebbe causare la fuoriuscita incontrollata di cera fusa con conseguente incendio dello stoppino scoperto che prenderà aria e inizierà a bruciare la cera di cui è imbevuto... il cero potrebbe inoltre cadere, rotolare, andare a finire sotto il letto dove si conserva la polvere da sparo fatta in casa o il C4 auto prodotto ed addio a tutto il condominio ed all'asilo accanto affollato di orfanelli poveri e malati...avvisati...azzi vostri... magari producetele per regalarle al vostro nemico in segno di "pace"... bastardi. 

P.S. Le feste sono vicine, è finito il vino. Ripeto: Le feste sono vicine, è finito il vino. 

mercoledì 8 ottobre 2014

Avvitatore PT CD006 (batterie parte 2)

Ed alla fine, mi ritrovo con un avvitatore più potente (vedi parte1). Il giro in negozio è stato fruttifero. Appena entro, mi fiondo con sicurezza verso gli scaffali delle batterie e ne scelgo una al piombo che entra nel vano come un pisello nel suo baccello. Al bancone, il commesso solleva alcune perplessità. Le batterie al piombo non danno agli avvitatori lo stesso spunto delle nikel-cadmio o nichel metalidrato. Cerco di capire perchè, se la capacità è la stessa... riesco solo ad ottenere una dichiarazione... "le nichelcadmio sono più cattive"...forse intendeva "brutali" riferendosi all'amperaggio allo spunto....boh... Mi fa notare inoltre che le Ni-Mh da 2000 mAh (Kinetic N2000SC1P) sono più grosse di quelle da 800 rinvenute nel pacco, ma le loro dimensioni sono perfette per riempire gli spazi vuoti. In sintesi, il pacco batterie "standard" degli avvitatori è dimensionato per alloggiare solitamente le batterie più grandi di quelle di tipo AAA usate dai cinesi. Segue una sequenza di battute in valutazione del concetto di "qualità" dei cinesi e sull'estremizzazione dei prezzi al ribasso nel settore utensileria da hobbisti. 
Ergo... alla fine della chiacchierata, decido di prendere le batterie più grandi. Torno in laboratorio e mi accingo all'assemblaggio. Le linguette le ho puntate con dello stagno (punta a 350° ed un pò di flussante agevolano molto il lavoro). Dopo un oretta di lavoro il pacco batterie è installato ed in carica. Tre ore dopo misuro 16 volts circa... wow... l'avvitatore va che è una meraviglia. Ora lo devo testare sotto carico, per verificare se riesco ad utilizzarlo abbastanza a lungo per i lavoretti in falegnameria. Unico neo...la spesa... ogni batteria costa circa 4 euro e ce ne vogliono 10. Certo avrei potuto tranquillamente cercare in rete e trovare una soluzione più economica ma, dato il prezzaccio di acquisto dell'avvitatore (meno di dieci euro), trovato in offerta, direi che la spesa ci può stare. 
Il tutto risulta un pò più pesante ma è il prezzo da pagare per una maggiore autonomia, poco meno che tripla rispetto a prima. Alla prossima. 

P.S. I topi rosicchiano le provviste. Il mulo è in sciopero. Ripeto: I topi rosicchiano le provviste. Il mulo è in sciopero.

martedì 7 ottobre 2014

Avvitatore PT CD006 (batterie parte 1)

La domenica, tra i tanti giretti di esplorazione del territorio, ci si ritrova a fare l'immancabile giretto al Brico di zona. L'ultimo, visitato con la curiosità di chi è alla ricerca di attrezzi e strumenti utili per le riparazioni domestiche, ha dato i suoi frutti. Tra gli scaffali ripieni di utensili, è in bella vista una pila di avvitatori a batteria ad un prezzo davvero scontato. Meno di dieci euro per un avvitatore con allegato controllo di coppia, set di punte da legno e inserti per avvitare. Da tempo ero alla ricerca di un avvitatore perchè con il trapano, anche se regolato in velocità è un casino. Il trapano è pesante, non è bilanciato, si fatica a tenerlo con una sola mano, ha troppa potenza (e le viti affondano nel legno se non si fa attenzione), ha il cavo che ingombra non poco ed è un problema se si eseguono dei lavori al volo. Il prezzo medio di un avvitatore "serio", con batteria al litio + una di scorta, caricabatteria decente, controllo di coppia, magari a 48 volts... va da più di 159 euro in su, dipende dalla dotazione e dalla marca. La roba seria la si paga è ovvio ma... io non sono un carpentiere e se la batteria si scarica...pazienza, aspetto che si ricarichi e riprendo con i miei hobby. 
Dell'acquisto non sono pentito, anzi. L'utensile è un PT Primer Tool mod. CD006 da 550 g/min e classico mandrino da 10mm, fabbricato in cina e importato da una ditta brianzola. Come tutte o quasi le cose cinesi.... il problema è in agguato. Da 3 alle 5 ore di ricarica della batteria (che purtroppo scalda troppo) e si riesce ad avvitare dalle 5 alle 10 viti se va bene. Poi muore. Evidentemente la batteria non sta facendo il suo dovere, per cui urge disassemblaggio e conseguente delusione (e devo dire che me l'aspettavo). 
Il pacco batterie è formato da elementi da 1,2V 8mm mAh Ni-Cd ricaricabili (ovviamente) in serie da 10 per i 12 volts. Alcune presentano la classica formazione di cristalli bianchi che ci indicano come siano già da sostituire... già! "nuove"? no, ovvio che no. Chissà per quanto tempo l'utensile è rimasto in magazzino, ed in quali condizioni, prima di trovare un rivenditore in cerca dell'affarone (per sè stesso ovviamente, bastaldo di melda). 
Almeno è stato "onesto" da pensare ad un prezzo "umano", sapendo che le batterie non sono mai coperte da garanzia ed i resi per valori così modesti, statisticamente, avvengono raramente. 
Un pò di biadesivo tiene fermi gli elementi per evitare che se ne vadano in giro per il contenitore. Già. La cosa che stupisce è lo spazio vuoto... ce n'è a iosa, abbastanza per pensare ad una modifica e potenziare l'autonomia dell'utensile, visto che è l'unica problematica che presenta al momento. In fin dei conti è solo un motorino in cc ed alcuni ingranaggi fatti in serie (spero non di plastica). Parto alla ricerca di una batteria di ricambio e poi vediamo cosa si può fare. L'avvitatore mi serve che devo realizzare una sedia/scaletta pieghevole con due sedie di recupero... hihihi, mi diverto ogni giorno di più. Alla prossima. (parte2)

P.S. l'affare si ingrossa e la dispensa è vuota. Ripeto: l'affare si ingrossa e la dispensa è vuota.