sabato 30 aprile 2011

Batterie scopa elettrica

E visto che è la giornata delle batterie, così lunedì faccio un unico giro, meglio provare a sostituire anche queste. Mi è capitata per le mani una scopa elettrica a batterie. La si trova su ebèi (o ibei) a 22 euri!
Ecco come la descrivono: "La Nuova Scopa Ruotante 2G combina l'eccezionale potere pulente della tecnologia Quad-Brush - potenti spazzole rotanti che raccolgono lo sporco su tutti e quattro i lati della testa di aspirazione - con un attacco snodabile a 360 gradi, che permette di manovrarla facilmente intorno a mobili e altri oggetti." ed ancora "La tecnologia innovativa di cui è dotata, fa sì che le particelle di polvere e sporco, una volta aspirate, restino nel contenitore di raccolta trasparente senza disperdersi nell'ambiente." WOW!!! persino una tecnologia innovativa!!!!!! che raccoglie lo sporco e non lo disperde nell'ambiente!!! ma come avranno mai fatto?? incredibile!
Una schifezza di elettrodomestico che solo ad una malata di mente in vena di buttare i soldi può venire voglia di comprarla. Impara a scopare come si deve, cretina! 
Un motorino alimentato da una batteria ricaricabile fa girare delle spazzoline disposte su un perimetro rettangolare, ciascun lato ingranato con l'altro in modo da creare un movimento rotatorio che convoglia lo sporco dentro una vaschetta di plastica. All'ingennere progettista diamo il 110 e lode della vergogna, ma forse è meglio conferire la prestigiosa onoreficenza a qualche mente malata del marketing. Non so ancora se è la pubblicità potente o se è la mente fragile. Questi ciottoli durano giusto il tempo di vita delle batterie (6 mesi??), poi vengono buttati ed a tutti tocca pagare i costi di smaltimento e subire i danni all'ambiente. Maledetti idioti! smettetela di comprare queste schifezze!. Se avete soldi da buttare, dateli ai poveri ed ai bisognosi o a chi invece lavora veramente. Dopo un pò di tempo che si usano, le scope elettriche si bloccano a causa dei capelli che si arrotolano nelle spazzole. Il grasso per terra della cucina (inevitabile) fa il resto e così alla fine ci si ritrova con le spazzole impastate di una m*rda che a toglierla c'è da bestemmiare in turco. Ora che si sa, c'è un buon motivo per non comprare. Ma, dato che l'aggeggio c'è, io porto i capelli cortissimi, la uso solo in camera da letto, le batterie le ricarico col sole, allora posso tenermela e provare a ripararla, così evito di buttare. Le batterie?? 6 elementi al Ni-mH AA in serie da 1.2V cadauna (7,2V totali) 1500mAh. Ho tentato di provare con le normali Dur*cell ricaricabili, ma le dimensioni non sono le stesse. Poi c'è la difficoltà di saldarle in serie con una piattina. Lo stagno fa comunque spessore ed alla fine le celle non entrano nel vano che dovrebbe portarle. Urge una soluziona alternativa, magari delle ricaricabili messe assieme con un sistema diverso (asportabili facilmente per la ricarica e fissate al manico con del velcro. Boh, magari in un ritaglio di tempo. Alla prossima.

AGGIORNAMENTO: ho acquistato le 6 batterie necessarie alla riparazione e le ho sostituite, collegandole in serie. Ho usato delle batterie AA 1,2 volts da 2400mAh già predisposte per la saldatura dei terminali di collegamento, per cui l'operazione di riparazione non è stata particolarmente difficile. Occorre stare attenti ad assemblarle alla distanza giusta che ne permetta l'inserimento nell'alloggiamento originale. Basta poco per unirle "storte" e vanificare tutto il lavoro. Spesa totale: 6 batterie 18,00€ (3,00€ l'una) ma credo che ad ordinarle via internet si possa spendere meno.  

P.S. Una rana verde salta il fosso. Ripeto: Una rana verde salta il fosso.

Nilox UPS Easy 8 (riparazione)

Dopo l'aspirabriciole, tocca agli UPS di recupero. Me li hanno regalati con il seguente sintomo: Non si accendono, sono entrambi morti. OK. Alla peggio ci recupero un pò di componenti che mi servono per esperimenti vari di elettronica. Li porto in laboratorio e provo a collegarci l'alimentazione a 230V. Niente, sono proprio morti e già mi prometto di cercare il guasto nella scheda inverter. Quattro viti con testa a croce accessibili dalla fiancata sinistra ed il coperchio viene via con estrema facilità. Dentro il classico circuito inverter e la classica batteria tampone. In questi casi conviene sempre fare estrema attenzione in quanto potrebbe essere presente la tensione di rete anche con il cavo di alimentazione scollegato e l'ups spento (apparentemente). Meglio procedere con prudenza. Scollego la batteria e misuro la sua tensione...1,2 volts e non i 12 di targa. Penso che siano stati tenuti a lungo fermi e la tensione si sia azzerata a causa delle sue perdite interne. Prendo una batteria nuova (non importa se diversa ma della stessa tensione) e provo ad accendere l'ups....beep beep beep.... funziona!! L'elettronica è salva ed il problema è la batteria. Il secondo subisce lo stesso trattamento...funziona anche quello. Fantastico. Due UPS da 400Va praticamente nuovi. Basta solo trovare delle batterie che entrino nel contenitore, con caratteristiche simili ed il gioco è fatto. Allora, vediamo alcuni dati, tipo marca modello e codicilli vari. 
UPS: Nilox modello UPS Easy 8 codice UP2001 da 400VA-230 Volts.
Batteria interna: Sealed lead battery (Center Power Tech Co.ltd) Vision CP 1245SLE 12V 4,5Ah (Pat.n°ZL00 2 02810.7) Valve regulated Rechargeable battery, Constant voltage charge cycle use 14,5 - 14,9V Stand by use 13,6 - 13,8V Initial current less than 1,8A
Potrei ordinarla direttamente dal produttore/rivenditore in cina (http://www.vision-batt.com/) ma preferisco prima provare in zona se ne trovo di simili. La dimensione della batteria all'interno non sembra di quelle "standard" che si trovano in commercio da noi. Al limite, ne prendo un paio anche di dimensioni diverse e col dremel taglio i divisori interni del contenitore che mi sembra già predisposto per accoglierne di dimensioni diverse. Bene. Un paio di UPS in più fanno comodo, magari per alimentare la radiosveglia che mi accompagna da oltre 20 anni ma se manca la corrente perde l'orario. Oppure per alimentare un paio di portatili con le batterie defunte. Alla peggio li rivendo con un modesto ricarico, giusto per qualche caffè che credo di meritarmelo, non fosse altro per aver ancora una volta contribuito a salvare l'ambiente e sfanculare quei maledetti gestori delle discariche. Alla prossima.

AGGIORNAMENTO: Ho trovato le batterie di sostituzione a 15,00€ l'una. Sono di marca Winner da 12Volts 4Ah Rimontate e già in esercizio funzionano alla grande. Risultato due UPS praticamente nuovi per trenta euro, non male unamico, non male. 

P.S. Il sindaco magna magna. Ripeto: Il sindaco magna magna.

Aspirabriciole Valex APL36 (riparazione)

lo so, la foto fa schifo

Nel raccolgiere il ciarpame che il dissennato consumismo sfrenato produce, mi sono capitati due UPS ed un aggeggio che a definirlo "aspirapolvere" è troppo. Meglio classificarlo come aspirabriciole portatile a batterie. E' un ciottolo di plastica con un motorino a 3,6 volts ed una ventola centrifuga che crea una modesta aspirazione del flusso d'aria attraverso una strozzatura nel corpo di aspirazione...una ciofeca che però sembra aver avuto successo fra le massaie depresse. In molti lo comprano, dimenticando che per le briciole basta una spazzola ed una paletta, niente di più, che non inquinano, non consumano e durano in eterno.. Dopo un anno di uso, ci si stanca dell'aggeggio che comincia a perdere potenza (quasi da subito) e non aspirare più a dovere...si torna quindi alla spazzola e paletta e il magico elettrodomestico oggetto di un desiderio indotto dalla maledetta pubblicità e dal marketing più schifoso, finisce o in discarica o nello sgabuzzino a marcire del tutto. Il problema risiede nelle batterie che dopo un pò di cicli di scarica e ricarica, perdono capacità. Ovviamente, l'azienda produttrice ha progettato questo inutile ciarpame senza dare all'utente la possibilità di sostituire le batterie. Mandarlo all'assistenza tecnica nemmeno a pensarla..."conviene prenderne uno nuovo" è la risposta che ci si sente dire senza specificare di dire a chi conviene, ovviamente. 
Allora, 5 viti laterali con testa a croce e si apre l'involucro. Due viti tengono fissate le batterie con un coperchio nero. I fili che fuoriescono sono "termo incollati". Li si taglia e si va alla ricerca delle batterie ricaricabili. 4 elementi in serie al Ni-Cd da 1200mAh per una tensione totale di circa 3,6 volts (ripeto, circa) L'alimentatore da muro riporta i dati di targa a 6 volts 200mA per la ricarica delle batterie interne. L'aspirabriciole non funziona con l'alimentatore collegato, è previsto il suo funzionamento solo a batterie. Se trovo degli elementi compatibili con quelli originali procederò a sostituirli e restituire il tutto al proprietario, altrimenti si può sempre modificare l'interno collegando il motorino direttamente all'interruttore on-off e creare un aspirafumi per le saldature a stagno. Alla peggio si disassembla il tutto, si recuperano interruttore, componenti elettronici, alimentatore e la plastica la si manda al riciclo. Dovrebbero vietare le apparecchiature che non offorno la possibilità di sostituire le batterie. Alla prossima.
AGGIORNAMENTO: ho acquistato le 4 batterie necessarie alla riparazione e le ho sostituite. L'accrocchio è tornato in esercizio, da usare come aspirafumi e come attrezzo per la pulizia del piano di lavoro. Ho usato delle batterie  Kinetic N2000SC1P da 2000mAh. Sono già predisposte per la saldatura dei terminali di collegamento, per cui l'operazione di riparazione non è stata particolarmente difficile. Occorre stare attenti ad assemblarle alla distanza giusta che ne permetta l'inserimento nell'alloggiamento originale. Basta poco per unirle "storte" e vanificare tutto il lavoro. Spesa totale: 4 batterie 14,40€ (3,60€ l'una) ma credo che ad ordinarle via internet si possa spendere meno. 
AGGIORNAMENTO II° Il ciòttolo ha trovato una nuova padrona, dopo un anno. E' felicissima del regalo che le ho fatto, ma sono più contento io che ho tolto alla discarica l'ennesimo "rifiuto", alla faccia dei mafiosi che li "gesticono" e che vorrebbero che noi buttassimo per aumentare i loro profitti a scapito delle nostre tasche. Maledetti schfosi, morirete prima o poi.

P.S. Sono arrivati due cigni neri. Ripeto: Sono arrivati due cigni neri.
P.P.S. le foto fanno schifo perchè ho finito le batterie della digitale ed ho finito i soldi.

lunedì 25 aprile 2011

Kod*k ZD710 battery pack (parte 0)

Mi sono messo in testa di costruirmi un add-on per la mia fotocamera Kod*k. Nonostante la bassa considerazione dell'azienda produttrice, cultrice dei formati chiusi e proprietari, sono riuscito ad accaparrarmela a prezzo di saldo da un negozio impestato da commessi stronzi, maleducati e ladri, costringendoli a recuperarla dal magazzino dov'era stata nascosta in attesa di poter farla sparire. Ho già raccontato la vicenda, inutile tornarci su. L'altro giorno dovevo fare delle foto e mi sono recato al supermercato di zona per acquistare 4 batterie AA Dur*cell, sperando che la marca e la "serietà" dell'azienda (di m*rda) mi garantissero una discreta autonomia di alimentazione, superiore a quella di certe batterie ricaricabili NiMh cinesi da 1,2 volts acquistate tempo fa. Tempo tre foto senza flash e la fotocamera si spegne automaticamente per insufficienza di alimentazione. Cambio le prime due con altre due nuove e faccio in tempo a fare altre tre foto poi stop. Vaffanculo! Urge una soluzione. Mi voglio costruire un contenitore da attaccare sotto la fotocamera, sfruttando l'attacco filettato del cavalletto ed una presa a tre volts laterale prevista per l'alimentazione esterna. In commercio esistono già degli adattatori di rete per questo modello di fotocamera, ma prevedono l'alimentazione a 230volts. E se me ne vado in campagna che faccio, mi porto dietro un pannello solare collegato ad uno zaino moddato? No, voglio realizzare un pacco batterie, leggero e trasportabile senza difficoltà, ovviamente ricaricabili. Ho optato per due batterie in serie, marca Ultrafire modello BRC18650 3000mAh 3,7 volts li-ion. Perchè due in serie? Ok. La fotocamera accetta 3 volts e non dovrebbe accadere nulla se alimento a 3,7, aspettandomi un regolatore interno. Ma a causa di qualche ingegnere imbecille e qualche progettista in vena di rispetto sacrale per le specifiche, preferisco non rischiare e realizzare un regolatore esterno basato sul classico LM317. Per la stabilizzazione a 3 volts, occorre alimentare il regolatore con una tensione superiore, ovvero in base alla formula Vin=Vout+0,6V+2,5V. 
3,7 volts non verrebbero stabilizzati (figurarsi poi se la batteria si scarica un pò), per cui meglio prevederne due in serie e contare su un autonomia superiore. La capacità di 3000mA/h è più che sufficiente per garantire un buon periodo di alimentazione (dovrò fare delle misure per essere più preciso). Ma per il contenitore?? Scarti di legno multistrato! Si, assemblati in fogli incollati sino a raggiungere lo spessore desiderato e seguire la forma dell'impugnatura (sto aspettando che la colla asciughi). Poi con delle punte di adeguato diametro si scavano i vani per le batterie e per l'elettronica di regolazione. Lo spinotto di alimentazione l'ho già recuperato da una serie di adattatori di un vecchio alimentatore. Dovrebbe funzionare, anche se sono alla ricerca di un sistema per fare gli sportellini di ricambio batterie e le molle per i contatti elettrici... ci penserò. Questa è l'idea di un aggeggio che non sembra essere in commercio ma che anche ci fosse non lo comprerei di sicuro. Già, oltre allo sciopero della spesa da me indetto ad oltranza, non credo esista al mondo un commerciante in grado di vendermi la soddisfazione di fare da me, di divertirmi e di metterlo in quel posto alle multinazionali. Alla prossima. (Segue nella parte 1)

P.S. Gli scarafaggi neri amano sporco, buio e umidità. Ripeto: Gli scarafaggi neri amano sporco, buio e umidità.

giovedì 21 aprile 2011

Orologio II°

Un altro "ovovogio" fine '900 che non funziona è un altro rifiuto tossico destinato alla discarica. Viene da un omaggio di chissà quale promozione commerciale. Già, credo che nessuno si sognerebbe mai di comprarlo. Spiace però vedere che non funziona, per cui bisogna aprirlo e vedere cos'ha. In realtà mi interessava il sensore di umidità ed il sensore di temperatura, ma dopo aver visto l'interno e capito il problema, ho preferito riparare e ripristinare le funzionalità. L'orologio ha una doppia sorgente di alimentazione. Due AAA 1,5V e 2 pile a bottone G13 da 1,55Volts, quest'ultime credo previste come batterie tampone per tenere l'orario anche in caso di sostituzione delle altre due dedicate al display LCD, alla suoneria ed ai led di retroilluminazione. 
Le due pile a bottone non fanno contatto quando si richiude lo sportellino a vite. Dato che la tensione tampone è pressochè uguale a quella delle due stilo, decido di collegare il filo positivo dell'alimentazione tampone al positivo dell'alimentazione a stilo ed il gioco è fatto. L'orologio torna come nuovo. Il sensore di umidità è nient'altro che una piastrina su cui è disegnata una pista di rame ciascuna per uno dei due terminali saldati al circuito ed isolati fra loro. L'umidità varia la resistenza fra i due terminali ed un processore fa il resto. Stessa cosa per il sensore di temperatura, composto da un "volgarissimo" termistore. Niente di speciale, niente cannibalizzazione stavolta. Prossimno modding sarà la sostituzione dei tre led verdi di retroilluminazione con tre led blu, giusto per dare un tocco un pò geek. La cosa che mi piace di questa semplicissima e banale modifica è data dal fatto che non occorre più cambiare anche le pile a bottone ma solo quelle a stilo. Così si risparmia e si inquina di meno, dato che le G13 sono ad ossido di mercurio ed una volta depositate all'ecocentro non c'è alcuna garanzia che vengano smaltite correttamente...meglio produrre meno rifiuti che costruire nuove discariche, no?? Alla prossima.

P.S. Il carro è davanti ai buoi. Ripeto: Il carro è davanti ai buoi.

sabato 16 aprile 2011

DIY Hot air rework (VI° new one)

Il dissaldatore ad aria calda realizzato tempo fa ha smesso di funzionare. Mi è caduto a terra, la punta è rientrata nel corpo metallico e la resistenza a filo che avevo realizzato è andata. Di ripararlo, purtroppo neanche a parlarne. Il silicone per caminetti che avevo usato per l'isolamento termico è diventato duro e consistente come il cemento e non riesco più ad aprire il tutto per la sostituzione. Così, complice un buco di tempo libero, provo a recuperare la resistenza ceramica di un vecchio saldatore e realizzare un nuovo manico....di legno! Brucerà? Boh, vale la pena di provare. Il dissaldatore mi serve assolutamente. Quello di prima funzionava sin troppo bene e l'alimentatore con ventola termo-regolata faceva il suo dovere.
Tempo un oretta di fresa, trapano ed altri attrezzi ed ecco l'ultimo nato. Il tubo di metallo è della misura giusta per il cappuccio che porta la punta cava che sputa l'aria calda. L'interno è scavato in modo da alloggiare i collegamenti elettrici a 220V e lasciare un pò di posto per far defluire l'aria verso la punta. 4 viti da legno per fissare le due metà del manico e tenere l'aria ed il gioco è fatto. In prossimità del tubo, ho steso un sottile strato di silicone resistente alle alte temperature e le rondelle metalliche servono per dissipare un pò di calore in prossimità del manico e prevenire eccessivi surriscaldamenti. Il problema è però l'elemento ceramico riscaldante...scalda troppo poco e la temperatura dell'aria in uscita non supera i 145 gradi, troppo pochi per fondere lo stagno. Mi si ripresenta pertanto il problema dei materiali per isolare una resistenza a filo, già realizzata in precedenza, dal tubo metallico che regge l'ugello di uscita. Se solo avessi un tubicino di ceramica della lunghezza e diametro giusto sarebbe un gioco da ragazzi. Purtroppo non ho idea di dove recuperarne uno e di acquistare un altro stagnatore da sacrificare non se ne parla nemmeno (la cassa è a secco. Ripeto: la cassa è a secco). Vedrò di inventarmi qualcosa, al limite aspetto di mettere da parte qualche euro. Ci sarà anche da verificare se la scelta del materiale di supporto (il legno) è fattibile. Il legno è un ottimo isolante per il calore ma ha la tendenza a carbonizzare. Gli esperimenti continuano. Alla prossima.

Aggiornamento: sono riuscito a recuperare la resistenza a filo con i supporti ceramici. I due terminali li ho inseriti da una parte  in un tubicino di alluminio e dall'altra ho infilato i due conduttori dell'alimentazione. Così dovrei isolare il calore lontano dalla guaina plastica ed evitare che si fondi. Ora aspetto che asciughi il silicone per caminetti e poi provo a dare alimentazione. Deve funzionare. Ciao.

P.S. pipistrelli all'orizzonte da nord. Ripeto: pipistrelli all'orizzonte da nord. 

domenica 10 aprile 2011

CCD sensore di scansione a linee (parte 2)

C'è un "cinese" a cui devo un favore. Non è stato per nulla facile, ma alla fine ho trovato degli appunti, mai pubblicati in rete, su come tentare di far lavorare il sensore di immagini a contatto (Toshiba CIPS218CF600 - CIS Contact Image Sensor). Alcuni dati li avevo "indovinati" con dei ragionamenti logici, altri invece sono specifici. 

Procediamo con ordine partendo dalla piedinatura del connettore e poi vediamo i segnali da applicare. 
  1. OS Tensione analogica di uscita
  2. Mode (300/600dpi switch)
  3. GND
  4. VOD Power supply
  5. GND
  6. TR (impulso di start)
  7. M (clock)
  8. LEDCA (anodo comune dei tre led RGB)
  9. Led blu
  10. Led verde
  11. Led rosso
  12. GND
Alcune caratteristiche dei segnali da applicare:
La tensione di uscita OS è di 800 mV (tipico) e 1,2 - 1,5V al massimo in condizioni di saturazione non lineare. Il VO tipico è misurato su un foglio bianco riflettente dall'80 al 90% con corrente per ogni led a 20mA e tempo di esposizione di 5mS. In condizioni di nero, il VO è di 40mV.
La modalità 300-600 dpi si ottiene applicando rispettivamente tensione o massa al piedino 2. Se il piedino 2 è a massa la risoluzione selezionata è 600 dpi. Per controllare l'esposizione, basta applicare un PWM ai tre diodi RGB sui quali non dovrà scorrere una corrente superiore ai 20mA.
L'alimentazione tipica del CIS è di 5V (minimo 4,5V massimo 5,5V) con un consumo di 60mA (max 100mA).
La frequenza del clock e del data rate in uscita è minimo 0,1 Mhz e massimo 2.5Mhz. Raccomandato 1Mhz. con ampiezza pari alla tensione di alimentazione. 
Per la lettura di una linea occorre applicare un impulso di start ed aspettare 5 impulsi di clock, trascurare le letture dei successivi 17 impulsi  di clock e successivamente leggere OS ad ogni impulso di clock per 5152 volte (i pixel dell'immagine vera e propria). Quindi per una lettura di una singola riga, occorreranno 5173 impulsi di clock. Si converte la lettura analogica OS in un valore binario e quello sarà il valore dell'intensità luminosa riflessa. Questo ciclo andrà ripetuto tre volte, per la stessa linea di lettura, accendendo alternativamente i led rosso blu e verde se si effettua una scansione a colori. Se si desidera una lettura in BN allora si accendono tutti e tre i led contemporaneamente (luce "bianca") e si legge per un solo ciclo ad ogni riga di lettura. Poi si avanza di una riga e si legge la successiva. E' chiaro che lo step di avanzamento andrà sincronizzato. Si può quindi predisporre un motore passo passo (stepper) o usare un encoder per rilevare il movimento del sensore se si vuole trascinare il CIS a mano. Un encoder di un mouse potrebbe andare bene, anche se va verificata la sensibilità in funzione della necessità di spostamento del sensore rapportata alla risoluzione adottata.
Bene, ce n'è abbastanza per cominciare a fare degli esperimenti e sbattere la testa con un problema mai trattato ad oggi nella pratica. Per pilotare il CIS ho a disposizone la Fox board 832 GNU-linux embedded system. Per generare un clock di 1Mhz dovrò creare un modulo apposito e lavorare a livello di kernel space...mai fatto prima d'ora, per cui mi servirà parecchio tempo per studiare e procedere per tentativi (e non è detto che ci riesca). Al limite proverò alla frequenza più bassa a livello di user space, dove dovrei raggiungere una frequenza di circa 130Khz (sufficienti). Sebbene si trovi della documentazione, devo dire che questa è a volte inutile in quanto imprecisa e poco dettagliata, come questo mio diario del resto. Ma preferisco così, non mi è mai piaciuta la pappa pronta così come odio pigiare bottoni senza sapere cosa sto facendo e cosa succede.
Per la conversione da analogico a digitale, mi sa che dovrò tribolare un pò. Non ne ho "di recupero" per le mani (sembrano abbastanza rari nelle apparecchiature che tratto) e vige l'obbligo di recuperarli da qualche parte, giusto per onorare lo sciopero della spesa e dato che a casa mia vige da anni l'auto embargo volontario. Ne ho trovato un paio in una scheda di un vecchissimo hard disk ma la tensione di alimentazione è a 12 volts e mi sa che è troppo "lento". Pensavo anche di usare un convertitore AD preso da una mother board di un paio di PC. Sono i chip codec audio (AC97) ma credo che siano troppo lenti anche questi in quanto progettati per le frequenze audio e noi siamo un pò oltre la gamma delle frequenze udibili. Vedrò cosa inventarmi, devo indagare. Un alternativa (un ripiego) potrebbe essere la seguente. Chissenenfrega di voler ricostruire uno scanner professionale. Se applico il segnale analogico (opportunamente amplificato) direttamente su una porta logica di input (3,3volts tolerant), quest'ultima interpreterà il valore binario in base alle soglie dichiarate nel datasheet. O zero o uno, o bianco o nero e basta. In caso di uso come sensore lineare generico potrebbe andare bene. Immaginiamo, per assurdo, un sensore che mi deve dire a che livello è posizionata una tapparella, oppure per indicare i gradi di apertura di un varco (un cancello ad esempio), o il posizionamento di un carrello o, ancora, il livello di un liquido con precisione "millimetrica"... in questi casi mi basta lo zero o l'uno ed i toni di grigio che vadano a farsi f*ttere, tanto alla fine quelli che se ne stanno un pò di quà ed un pò di là non mi sono mai piaciuti tanto, maledetti opportunisti. Alla prossima.

P.S. La gallina ha fatto l'uovo nero. Ripeto: La gallina ha fatto l'uovo nero.

venerdì 1 aprile 2011

CCD sensore di scansione a linee (parte 1)

Allora, che cosa posso fare con le parti di un vecchio scanner? Non ho ancora deciso ma dicono che l'ispirazione può venire dalle idee più strane. La cosa certa è che devo trovare una scusa per non fare quello che dovrei ma non vorrei fare e che devo consegnare tra un pò. Così, dato che tempo fa ho sezionato delle stampanti multifunzione (HP mod V40 credo di ricordare), mi salta l'ideona di riprendere i sensori per la scansione delle immagini e capire come sono fatti all'interno. Le stampanti multifunzione sono una piccola miniera di componenti che si possono recuperare e riutilizzare...motori, sensori ottici, lampade CCFL con inverter (per le più datate) e una moltitudine di parti che con un pò di fantasia possono ancora svolgere i loro compiti senza subire l'ingloriosa sorte della rottamazione, che tanto ingrassa i profeti dell'usa e getta.  Nelle stampanti che ho sezionato, la lampada a CCFL è sostituita da una striscia luminosa apparentemente bianca ma in realtà illuminata da tre micro led rosso, blu e verde (RGB). Il tutto racchiuso dentro un contenitore a parallelepipedo che contiene anche il sensore CCD lineare vero e proprio (questo modulo è chiamato Contact Image Sensor o CIS module.). E' come una fotocamera dove però il chip invece che rettangolare è lineare. La messa a fuoco è già regolata meccanicamente all'interno, così si evitano pesanti ottiche, specchi, regolazioni e altri componenti costosi e delicati. Quello che analizzo qui è anche a colori, il che mi complicherà la vita non poco,  anche se trovo la sfida interessante e molto stimolante. La parte più dura è capire la piedinatura del connettore esterno...urge un autopsia completa, aiutata dalla disponibilità di una decina di sensori. Qualcuno lo posso anche rompere.
Credo di aver capito, leggendo alcune info sommarie usando "gògol" che un sensore a linea CCD  agisce come un registro a scorrimento analogico. 
Si alza un pin (SP) per dire al CCD di 'prendere  l'immagine', poi si avanza di un clock su un altro pin (CP). Ogni volta che il successivo impulso di clock arriva, il CCD invierà un valore analogico (Vout) che rappresenta il livello di luce che colpisce il pixel successivo. Poiché il CCD è un elemento dinamico, non è possibile abbassare il segnale di clock troppo presto e se si smette di leggere il frame, il dispositivo riparte da capo a leggere dall'inizio. Dovrebbe esserci anche un pin per regolare, con una tensione DC variabile, la sensibilità. Wow....devo assolutamente hackarlo.
Non ho mai interfacciato un microcontrollore con sensori di luce e sto pensando che sarebbe una buona scusa per rimandare di ottemperare ai miei doveri. La parte più dura è capire la corrispondenza dei pin nel pettine dove va infilato il cavo piatto flessibile. Sono 12 contatti. sicuramente avremo 2 per l'alimentazione generale, forse 4 di alimentazione per i led di illuminazione (una massa led ed uno per ogni colore RGB)... ne restano 6. Posso desumere quindi gli altri segnali presenti nella maggioranza di CIS analizzati:
  • SP - Start pulse
  • CP - clock pulse
  • Vout - Segnale analogico in uscita
Ne restano tre (forse Vout è diviso per 4 sezioni del sensore fotosensibile come in certi CIS), per cui dovrò testare se c'è qualche massa in comune o sdoppiata. L'ideale, in questi casi e per le misure, sarebbe testare con un analizzatore logico di stati il sensore durante il suo funzionamento, ma purtroppo non posso rimettere assieme l'hardware originale, per cui le cose si complicano ancora di più. Forse, potrei avere un idea seguendo le piste del sensore messo a nudo (vedi foto). All'interno si nota un chip scoperchiato (nudo, probabilmente  lo shift register / video amplificatore del fotosensore o un convertitore AD, impossibile saperlo) da cui partono dei fili d'oro ed una linea iridescente su cui sono collegati, a gruppi intervallati, sei microscopici collegamenti (sempre in oro).  Un altra difficoltà è sapere quanti impulsi di clock per leggere una linea? a quale frequenza deve lavorare il clock? la lettura si deve intendere per singolo colore per tre passaggi o viene inviata la lettura RGB intervallata per ogni punto? Ed a che risoluzione lavora il sensore????? Probabilmente occorre fare tre letture per linea illuminata alternativamente con un led alla volta e far decidere al firmware la sequenza dei colori. Il software di post processing farà il resto componendo l'immagine a colori sovrapponendone tre.
Visto che ne ho un pò, potrei tentare anche di procedere con il metodo "o la va o si spacca". 
Fornisco alcuni dati tecnici, giusto per documentazione, riportando qui le sigle sul circuito:  nella parte esterna CS600B e meno visibile Toshiba 218CS600B 3291193 Taiwan. Sempre nella parte esterna verniciata di nero ci sono in prossimità del connettore 12 piazzole dorate, sicuramente usate come test point nei macchinari che testano il prodotto finito. Nella parte interna accessibile solo dopo lo smontaggio completo: CIPS218-CS600B REV:A1 2-10-44R-041-A1
All'estremità, 4 punti di contatto, 3 per i led RGB e 1 per l'alimentazione positiva (configurazione ad anodo comune) che dovrebbe attestarsi sui  3.3 - 5 volts. Per ora basta così, che provo a documentarmi meglio ed aggiornare periodicamente questo post. Quasi dimenticavo. Se hai il pinout di questo componente o il datasheet completo...pubblicalo, per cortesia, l'ambiente e l'umanità te ne sarà grata. Grazie.  Alla prossima. 

P.S. I coleotteri neri sono in volo. Ripeto: I coleotteri neri sono in volo.